        Una botta di Vitas. In tutte le molteplici accezioni, alcune un passo oltre la soglia del proibito, che ogni lettore vorr&agrave; individuare in questo incipit. C'entra il gioco di parole con il nome, quasi scontato; c'entrano quelli che agli occhi degli altri erano eccessi, che sarebbero stati giudicati tali anche se non si fosse trattato di un atleta di alto livello; c'entra soprattutto l'esistenza, quella che a volte non basta nemmeno a se stessa, che certamente in questo caso traduce quel tanto, troppo di incompiuto che resta quando la clessidra contiene gi&agrave; in partenza cosi pochi granelli; con tutto quello che in pi&ugrave; avremmo voluto raccontare nel caso di uno i cui giorni hanno sempre avuto la densit&agrave; di un litro e mezzo di acqua gasata compressa in una bottiglia da un litro. Ci perdoner&agrave;, il protagonista, se per una volta adoperiamo l'acqua. Sullo sfondo sta il tennis, non inteso come disciplina sportiva ma in quanto compendio di filosofia esistenziale con una rete in mezzo, a delimitare il confine tra ci&ograve; che &egrave; stato e quello che sarebbe potuto accadere; tra l'esibizione di un talento cristallino e la malinconia per ci&ograve; che a esso sarebbe sempre mancato. Le imperfezioni di un genio risaltano sempre pi&ugrave; rispetto a quelle degli altri, negli occhi degli altri. Il genio resta di per s&eacute; inconsapevole sia del talento che delle mancanze, altrimenti non sarebbe un genio.   &nbsp; Dalla Lituania a New York Oggi compirebbe settant'anni Vitas Gerulaitis, nato a Brooklyn il 26 luglio del 1954, da genitori lituani e tennisti di ottimo livello, in particolare il padre che era stato numero uno in patria. Nel cognome le radici d'una sponda geograficamente e ideologicamente opposta dell'oceano; nel tracciato familiare la pratica di uno sport per il quale la sottigliezza delle sue fibre muscolari sarebbe stata al tempo stesso croce e delizia: mobilit&agrave; elegante e flessuosa, un diretto mai troppo potente al punto da risultare decisivo. In compenso, il suo rovescio sin dall'esordio avrebbe offerto la similitudine con gli effetti di un affilatissimo rasoio, di quelli la cui lama basta sfiorarla con il polpastrello per dover poi tamponare le chiazze di sangue.  Gerulaitis, lo stratega Non aveva la solidit&agrave; di Jimmy Connors, l'intensit&agrave; di McEnroe nelle giornate migliori e nemmeno la completezza di Bj&ouml;rn Borg; era per&ograve; in grado di scegliere la strategia migliore per fare filo da torcere a ognuno dei tre, indipendentemente dal fondo sul quale si sarebbero affrontati, perch&eacute; la sua versatilit&agrave; favoriva l'adattamento a ogni tipo di superficie. La sua partita pi&ugrave; fulgida per quanto riguarda il picco delle prestazioni &egrave; stata probabilmente quella culminata in una "memorabile" sconfitta, ossia la semifinale di Wimbledon del 1977, contro Borg, risoltasi in cinque set sotto lo sguardo attentissimo di mezzo mondo. Un paradosso magnifico, per uno che incarnava mille e una contraddizioni. Gerulaitis ha vinto gli Australian Open nel 1977, gli Internazionali d'Italia nel '77 e nel '79; &egrave; stato finalista all'Us Open nel '79 e al Roland Garros nel 1980. Aveva vinto il doppio a Wimbledon nel 1975. Numeri, statistiche; buoni per quella parziale versione della storia che passa attraverso gli almanacchi, i quali rendono l'idea della competitivit&agrave; e della soglia agonistica di un atleta, ma ai quali mancheranno sempre tutte le sfumature utili a rendere la grandezza di un personaggio; la sua completezza che passa attraverso la complessit&agrave;.    &nbsp; Una &ldquo;Vitas&rdquo; tra racchette e champagne &nbsp; Gerulaitis viene ricordato come uno dei grandi irregolari della storia dello sport, per una serie di eccessi degni del miglior (o peggior, a seconda dei punti di vista) George Best, per affidarci a una similitudine calcistica. Certamente, in ragione dei suoi fiumi di champagne e di qualche altro eccesso meno riferibile, del coraggio di presenziare in un locale notturno in accappatoio o di una collezione di fuoriserie da far invidia a un emiro, Ferrari comprese. Ridurre le sue intemperanze al tradizionale solco rappresentato da promiscuit&agrave; sessuale, stravizi e lussi vari vorrebbe dire relegare la sua irregolarit&agrave; in un ambito troppo banale e per nulla originale. Ci sono ex colleghi di Gerulaitis che ricordano ancora oggi che hanno conosciuto le mostre d'arte e i grandi romanzieri del Novecento grazie a lui; del resto trovate un altro sportivo che tra le sue frequentazioni abituali poteva annoverare Andy Warhol o Truman Capote. Aveva quarant'anni soltanto, quando i suoi polmoni si riempirono di monossido di carbonio a causa di una stufetta difettosa, a casa di un amico, a Long Island; tanta filosofia esistenziale da distillare a beneficio di chi avrebbe saputo coglierne l'unicit&agrave;; tante battute da elargire anche come commentatore televisivo, brillante e mai banale. Al funerale, quel giorno di settembre del 1994, la sua bara la portarono Jimmy Connors, Bjorn Borg e John McEnroe: tutta gente che nella giornata giusta lui sarebbe stato in grado di sconfiggere. Se non accadde come sarebbe potuto accadere, in tutte le occasioni in cui c'era andato vicino, &egrave; perch&eacute; attraverso le crepe dell'imperfezione passa a volte la luce che resta addosso ai re senza corona, diversamente indimenticabili.       

Tennista di origini lituane, ma nato e cresciuto a New York, Gerulaitis un&igrave; genio e sregolatezza, vinse ma si divert&igrave; anche nell'era dei grandi che si chiamavano Borg, McEnroe e Connors

Una Vitas al massimo

        &laquo;Tu per me sei una sfida, una sfida a non avere paura, a essere pi&ugrave; libero, e se non lo sar&ograve; io, lo saranno i miei figli&raquo;, sono queste le parole che Arthur Ashe si sente rivolgere il 21 novembre del 1973. Siamo allo Shakespeare Palace di Johannesburg, dove il tennista americano si trova per un incontro con i giornalisti neri in Sudafrica, dove lo stesso Ashe &egrave; diventato il primo tennista nero della storia a poter giocare a tennis, negli anni dell&rsquo;apartheid. Basta questo per capire come, il ragazzo nato in Virginia il 10 luglio del 1943, sia stato molto pi&ugrave; di un semplice tennista. Non solo in quanto campione, che chiuder&agrave; la carriera con tre titoli Major in bacheca, ma in quanto simbolo di libert&agrave;, per citare anche il sottotitolo del libro a lui dedicato da Alessandro Mastroluca. Quasi 50 anni dopo quella giornata allo Shakespeare Palace, Ashe purtroppo non c&rsquo;&egrave; pi&ugrave;, spentosi nel febbraio del 1993, cinque anni dopo aver scoperto la positivit&agrave; al virus HIV. Eppure, proprio per le ragioni di cui sopra, abbiamo deciso di ricordare lo statunitense proprio in occasione di quello che sarebbe stato il suo 80&deg; compleanno. &nbsp; &nbsp;Ashe, l&rsquo;uomo del trionfo in Coppa Davis &nbsp; Le testimonianze di quell&rsquo;epoca raccontano come qualcuno, tra quei giornalisti, fosse convinto che l&rsquo;arrivo di Ashe in Sudafrica non avrebbe cambiato nulla per i neri. Anzi, avrebbe solamente restituito al paese simbolo della supremazia dei bianchi la possibilit&agrave; di tornare a giocare in Coppa Davis, dopo la squalifica arrivata dall&rsquo;ITF l&rsquo;anno prima. Ma ad avere ragione sar&agrave; l&rsquo;allora trentenne di Richmond: &laquo;Il progresso arriva un po' per volta. Quando me ne sar&ograve; andato, qualcosa rester&agrave;&raquo;. D&rsquo;altronde, gi&agrave; negli Stati Uniti Ashe aveva lasciato segni indelebili del suo passaggio. Nel 1963 era stato il primo afroamericano della storia convocato dagli USA in Coppa Davis. Il tutto, giusto cinque anni prima di imporsi nella prima edizione effettivamente &ldquo;open&rdquo; del torneo a Forest Hills, dopo una battaglia in cinque set contro l&rsquo;olandese Tom Okker. Un&rsquo;annata, il 1968, in cui il destino gli riserver&agrave; l&rsquo;onore, proprio in Coppa Davis, di portare alla squadra americana il punto del successo definitivo, nella finale contro l&rsquo;India, battendo in tre parziali Ramanathan Krishnan.  &nbsp; &nbsp;Un&rsquo;esistenza straordinaria tra Wimbledon, il Vietnam e l&rsquo;AIDS &nbsp; Dopo quel successo, tra le altre cose, si render&agrave; anche conto &ndash; in seguito ad un viaggio in Vietnam con i compagni di Davis &ndash; dell&rsquo;insensatezza della guerra. Un sentimento perfettamente riassunto da un passaggio nel suo libro del 1981, &ldquo;Off the court&rdquo;: &laquo;Vedo la mia fuga dalla guerra come una delle grandi mancanze della mia vita. Potrebbe suonare barbarico, disumano,&raquo; si legge, &laquo;ma ho sempre voluto andare a combattere. Forse &egrave; un qualche tipo di desiderio di morte. Credo che ogni uomo desideri segretamente un&rsquo;opportunit&agrave; di andare a combattere e tornare con tante medaglie e solo qualche graffio. La guerra &egrave; il simbolo definitivo della mascolinit&agrave; occidentale.&nbsp;Purtroppo&raquo;. &Egrave; fortissimo, in fondo, anche il richiamo dei campi da tennis, che probabilmente gli salvano la vita, oltre a renderlo leggenda. Perch&eacute; nel 1970, per Ashe, arriva il secondo Slam &ndash; l&rsquo;Australian Open vinto in finale su Dick Crealy. Al Roland Garros, invece, al massimo due quarti di finale tra il 1970 ed il 1971. Le grandi doti capacit&agrave; negli scambi brevi ed anche nelle vol&eacute;e, e la sua enorme creativit&agrave;, raggiungeranno per&ograve; una nuova vetta il 5 luglio del 1975, nella finale di Wimbledon contro Jimmy Connors. &laquo;Ne ho viste tante da non ricordare una finale pi&ugrave; sorprendente sul Centre Court&raquo;, dir&agrave; Gianni Clerici. Uno stupore derivato non solo dal dominio dei primi due set della testa di serie numero, grazie ad un tennis vario, fatto di servizi esterni e continui cambi di ritmo con lo slice, ma anche dalla reazione nervosa per respingere la rimonta del combattente Jimbo. Sotto 1-3 nel quarto set, Ashe si aggiudica cinque degli ultimi sei giochi, laureandosi campione ai Championships col punteggio di 6-1 6-1 5-7 6-4. Il suo best ranking, nel 1976, sar&agrave; di numero 2. Il carisma di chi prende posizione e traccia una strada da seguire, fino a precorrere i tempi, sono sempre state tuttavia qualit&agrave; da numero 1, per Ashe. Anche fuori dal campo, anche nella malattia. Rompendo, quasi un anno prima di morire, un altro tab&ugrave; quando, nel 1992, rivel&ograve; al mondo di essere sieropositivo dopo una trasfusione di sangue infetto, dimostrando cos&igrave; al mondo come l&rsquo;AIDS potesse colpire chiunque, non solo tossicodipendenti o omosessuali. Dando dunque un&rsquo;ultima prova straordinaria di coraggio. Pi&ugrave; di un qualcosa, infatti, &egrave; rimasto del campione classe 1943, anche a quasi 30 anni dalla sua scomparsa. Qualcosa che di lui vive ancora oggi, anche su quel Centre Court dove domenica si conoscer&agrave; il nome del campione del 2023 a Wimbledon.        

Il 10 luglio 2023 il leggendario tennista campione sull&rsquo;erba londinese nel 1975 avrebbe compiuto 80 anni: fu simbolo del popolo afroamericano, della lotta all&rsquo;apartheid, alla guerra e all&rsquo;AIDS

Arthur Ashe: campione di Wimbledon, icona e precursore

        Corrado Barazzutti, nella storia dello sport e del tennis nostrano, sar&agrave; per sempre ricordato come uno dei membri della formidabile squadra che vinse, per la prima (e finora unica) volta nella storia dell&rsquo;Italia, la Coppa Davis, nella finale di Santiago del Cile del 1976. Oltre a questo, per&ograve;, il campione nato a Udine &egrave; stato molto di pi&ugrave;, pertanto vale la pena ricordare le tappe pi&ugrave; importanti della sua vita come uomo di sport, i suoi record, ma anche il suo legame senza precedenti, ed onorato in pi&ugrave; vesti, con la maglia azzurra.  Barazzutti, dagli inizi ai record negli anni Settanta Sebbene non gli venisse riconosciuto lo stesso cristallino talento di Adriano Panatta, il friulano si conquist&ograve; subito l&rsquo;attenzione degli addetti ai lavori, diventando il primo italiano nella storia a vincere uno Slam juniores, l&rsquo;Open di Francia del 1971. Col gi&agrave; citato connazionale, sono inevitabili certi raffronti, per contrapposizione sia dal punto di vista caratteriale che tecnico-tattico. Perch&eacute;, come spesso accade, il modo di fare riflette anche il modo di giocare. E i meriti di Barazzutti, calmo e sempre pronto a lottare, sono tutti nell&rsquo;aver saputo sfruttare sin da subito la propria intelligenza tattica. Una lenta ma inesorabile ascesa la sua che, pur senza un successo Slam, lo ha proiettato nella storia. Le sue qualit&agrave; da fondo campo, che pian piano lo resero uno dei migliori al mondo, sposavano alla perfezione la terra battuta. Superficie sulla quale si fece notare anche nella prima vittoria da professionista, al Foro Italico, 1972. Purtroppo per lui, per&ograve; si cominciava a far strada proprio in quei giorni l&rsquo;imbattibile Bj&ouml;rn Borg, ostacolo insormontabile nonostante le tante soddisfazioni. Tra le quali quella del 1974, quando diventer&agrave; il primo in assoluto nel nostro Paese a battere un numero 1 del mondo nell&rsquo;era del ranking computerizzato, Ilie Nastase, nel torneo di Monaco di Baviera. Per il primo trofeo, tuttavia, Barazzutti dovr&agrave; attendere l&rsquo;aprile del 1976, superando in finale a Nizza il tre volte campione Slam cecoslovacco Jan Kode&scaron;.  L&rsquo;anno magico della Davis vinta avr&agrave; un significato anche pi&ugrave; speciale per lui, che entrer&agrave; per la prima volta nella Top-20. I risultati di quella stagione, fecero inoltre da preludio al miglior biennio della sua carriera in singolare, quello 1977-78. Sar&agrave; appunto l&rsquo;Orso svedese a negargli due grandi gioie, battendolo sia nella finale di Monte-Carlo del 1977, sia nella semifinale del Roland Garros 1978. Nel mezzo, un&rsquo;altra semifinale Major, la prima di un italiano allo US Open, in cui si arrese a Jimmy Connors. Nel 1977, poi, Barazzutti &egrave; divenuto l&rsquo;unico italiano ad aver vinto, in una singola stagione, tre titoli su tre superfici diverse: a Charlotte sulla terra &ldquo;har-tru&rdquo; (la variante americana di quella europea), a Bastad sul rosso, e a Parigi sul tappeto indoor. Tutto questo gli valse anche il best ranking assoluto, di numero 7 al mondo (con annessa qualificazione al Masters di fine anno), il terzo miglior piazzamento di sempre dopo Panatta (numero 4 nel 1976) e Matteo Berrettini (numero 6 nel 2022). Da l&igrave;, arriv&ograve; anche un ultimo titolo a Il Cairo nel 1980, prima del ritiro definitivo nel 1984.  Barazzutti, gioie e dolori con la maglia azzurra: dal campo alla panchina&nbsp; Con la Nazionale, la sua storia da giocatore prima e da capitano poi merita senza dubbio una trattazione a parte. Una storia che ebbe inizio nel 1972, quando l&rsquo;allora capitano Giordano Maioli si affid&ograve; a Barazzutti e Paolo Bertolucci (protagonista anche in doppio con Nicola Pietrangeli) per la sfida all&rsquo;Austria nel primo turno della Zona A europea, giocatosi a Reggio Calabria. Nel tempo, poi, andr&agrave; consolidandosi quella squadra che, completata da Panatta e Tonino Zugarelli, con Pietrangeli passato al ruolo di capitano, regal&ograve; all&rsquo;Italia l&rsquo;unica Insalatiera della sua storia. Tra loro, Barazzutti era il pi&ugrave; giovane, ma ebbe un ruolo decisivo al pari di tutti gli altri. A lui si arresero gli jugoslavi Zeljko Franulovic e Niki Pilic nel primo match, e lo svedese Kjell Johansson nella semifinale europea. Contro l&rsquo;Australia, nella semifinale al Foro Italico, il tennista classe 1953 sconfisse poi John Newcombe. Per sua fortuna, il match perso due giorni dopo contro John Alexander si rivel&ograve; invece ininfluente grazie al successo nella quinta partita di Panatta. Al netto di un avversario meno blasonato, per&ograve;, il successo pi&ugrave; importante della vita tennistica di Barazzutti &egrave; quello del 17 dicembre 1976, nel primo singolare della finalissima a Santiago del Cile contro Jaime Fillol. Una vittoria che, in fondo, sblocc&ograve; la squadra di Pietrangeli anche dal punto di vista mentale, evitando che il pubblico cileno potesse diventare un fattore.  Gioie e dolori &egrave; stata, tuttavia, nel complesso, la storia con l&rsquo;Italia di Barazzutti, che sar&agrave; protagonista di altre tre finali tra il 1977 ed il 1980, tutte perse. Nel 1977, verr&agrave; sconfitto ancora da Alexander, mentre nel 1979 - contro gli Stati Uniti - dovette ritirarsi contro Vitas Gerulaitis. E pensare che a quella partita arrivava con un parziale di 10-1 in singolare in Davis, avendo battuto anche il giovane Ivan Lendl in una splendida maratona di cinque set. Nel 1980, invece, l&rsquo;ultima finale, fu dominata dalla Cecoslovacchia, con la vendetta di Lendl proprio su Barazzutti. Il nuovo matrimonio con i colori azzurri avverr&agrave; per&ograve; 17 anni dopo, con l&rsquo;incarico di capitano di Coppa Davis, e dal 2002 anche di Fed Cup. Al maschile, ha guidato la squadra in anni davvero difficili, riportandola nel World Group dal 2012, dopo un decennio di assenza. Il miglior risultato prima dell&rsquo;addio alla panchina nel 2020, sar&agrave; la semifinale del 2014, persa contro la Svizzera di Roger Federer. La rivincita personale di Barazzutti arriver&agrave; tuttavia come capitano della squadra femminile, che alzer&agrave; ben quattro volte la Fed Cup al cielo (2006, 2009, 2010 e 2013) portando nella storia dello sport italiano il gruppo formato da Francesca Schiavone, Flavia Pennetta, Roberta Vinci e Sara Errani (al cui posto, nel 2006, c&rsquo;era ancora Mara Santangelo).         

Icona indimenticabile del tennis azzurro, ha fatto parte della mitica squadra campione in Cile ed &egrave; stato anche capitano in Fed Cup

Barazzutti, l’Italia e la Coppa Davis 1976: storia di umiltà e rivalsa

        Un&rsquo;eccellenza dello sport italiano. &Egrave; difficile trovare una perifrasi pi&ugrave; efficace e che pi&ugrave; si addice alla figura di Giorgio De Stefani. Il tennista veronese, ma a tutti gli effetti romano d&rsquo;adozione, appartiene per&ograve; ad un tempo e ad uno sport lontani anni luce dalla nostra concezione del mondo. Appartiene ad un tempo andato in cui sul cemento o sulla terra rossa si gioca con i pantaloni lunghi di flanella bianca, la camicia sportiva a maniche corte e i capelli sempre in ordine, quando il tennis &egrave; davvero uno sport d&rsquo;&eacute;lite, inaccessibile ai pi&ugrave;. De Stefani per questo sport nutrir&agrave; sempre una passione genuina, e non a caso utilizziamo questa parola, perch&eacute; lui, soprannominato&nbsp;Il Gentleman, di tennis professionistico non vorr&agrave; mai sentir parlare. Nonostante il suo grande impegno sui campi di tutto il globo, Giorgio aborrisce la concezione di sport come professione, soprattutto il tennis, e appena pu&ograve; torna nella sua Roma, dove finalmente nel suo habitat, si diletta a tirar di racchetta. Tra la sua dimora di Via Crispi alle corsette mattutine a Villa Borghese, fino al Tennis Roma di Piazzale Flaminio o al Parioli di Viale Tiziano, De Stefani passer&agrave; gioiosamente tutte le sue parentesi tra un torneo e l&rsquo;altro, vivendo l&rsquo;amore per la citt&agrave; che sentir&agrave; per sempre sua, arrivando a dire: &rdquo;Sono romano, romano genuino&rdquo;.&nbsp; I primi anni e la passione per lo sport I primissimi anni De Stefani li passa in una grandissima villa sulla sponda bresciana del Lago di Garda, acquistata da suo padre, dirigente di banca e poi Ministro delle Finanze, e inizia presto a dilettarsi con quegli hobby di lusso, o diporto come amava definirli D&rsquo;Annunzio, che i signori di mezza Europa iniziano a praticare con divertimento, in un momento in cui tutto il Vecchio Continente sembra vivere una parentesi di benessere e pace. Prima della racchetta da tennis, il De Stefani bambino impara a destreggiarsi con bici e remi, affidato spesso all&rsquo;intraprendente giardiniere della villa, che gli insegna anche a pescare. Fondamentale per il piccolo Giorgio &egrave; il rapporto con sua madre Maria Bonanome, donna incredibilmente dinamica e fuori dall&rsquo;ordinario che gi&agrave; ad inizio novecento pratica sport e guida un&rsquo;automobile. Mam&agrave;, come affettuosamente l&rsquo;appella Giorgio, lo accompagner&agrave; sempre, dalle tribune del Parioli fino a New York e Parigi, sempre presente durante le partite del figlio.&nbsp; L&rsquo;arrivo a Roma e la consacrazione come tennista Ben presto, l&rsquo;ombra della guerra si posa sulla spensierata e sgargiante favola della Belle Epoque, l&rsquo;attentato di Sarajevo cambia gli scenari europei e i De Stefani decidono di lasciare le sponde del Garda e trasferirsi a Roma, luogo che il piccolo Giorgio non vorr&agrave; lasciare mai pi&ugrave;. Qui incontra una figura fondamentale per il suo futuro da tennista: Gino De Martino, primo grande tennista italiano e fondatore del del Circolo Tennis Roma, che lo prende sotto la sua ala e lo inizia alla racchetta. Giorgio stringe una forte amicizia con i figli di De Martino, James e Gigi, praticamente suoi coetanei, e appena pu&ograve; accorre a casa loro, dotata di un campo perfetto, e gioca a tennis. Gli anni romani fanno molto bene al giovane Giorgio, che ben presto si dimostra il pi&ugrave; forte di tutti con la racchetta in mano, mettendo le basi per quella carriera che lo consacrer&agrave; come il tennista pi&ugrave; forte della sua generazione. Nel 1930 diventa campione italiano assoluto, e si appresta alla ribalta internazionale: durante quel decennio sconfigger&agrave; per ben due volte Fred Perry, vincendo nel 1932 gli Internazionali d&rsquo;Egitto e nel &rsquo;35 quelli in Argentina. Giocatore dall&rsquo;incredibile resistenza, &egrave; ricordato da molti per una sua prerogativa unica: De Stefani non usa il rovescio. Nato mancino, diventa ben presto ambidestro, cambiando mano all&rsquo;occorrenza e giocando sempre di dritto. Nel suo palmares vanta anche le finali degli Internazionali di Francia del &rsquo;32, quando si arrende a Henri Cochet, quella del 1934 a Monte-Carlo e infine quella di Roma, dove viene superato dal connazionale Giovanni Palmieri. Grande il suo impegno anche in Coppa Davis, competizione in cui vanta ben 44 vittorie. Dopo la carriera di tennista, intraprende con successo quella di dirigente sportivo, diventando negli anni membro del Comitato Olimpico Internazionale e Presidente della ITF, prima di spegnersi ad ottantotto anni nella sua Roma, il 22 ottobre di 30 anni fa.&nbsp;       

Nato a Verona ma romano d&rsquo;adozione, fu uomo di sport e di grande prestigio internazionale. A fine carriera intraprender&agrave; un&rsquo;ottimo percorso come dirigente sportivo&nbsp;

Giorgio De Stefani, il tennista gentiluomo protagonista degli anni ’20 e ’30

        Era il 2 settembre del 1991, quando Jimmy Connors giocava l&rsquo;ottavo di finale allo US Open. Era il giorno del suo 39esimo compleanno, e dall&rsquo;altra parte della rete c&rsquo;era Aaron Krickstein. A Flushing Meadows, Jimbo, cos&igrave; era soprannominato, c&rsquo;era soltanto grazie ad una wildcard, perch&eacute; ormai era ampiamente fuori dalla Top-100. Quel che &egrave; accaduto quel giorno, per&ograve;, &egrave; a posteriori il manifesto della trasformazione che &ndash; a partire dal 1972 &ndash; l&rsquo;americano &egrave; riuscito ad innescare nel mondo del tennis. Sono passati 31 anni, da quella storica partita, ed oggi, di anni, il fenomeno di Belleville ne compie 70. In questa occasione speciale, dunque, vale la pena ripercorrere le tappe che hanno permesso a Connors di essere quel che &egrave; stato: per lo sport che ha amato e per gli appassionati.  Il tennis come la boxe: genesi e storia del combattente Jimbo Il pubblico, a New York, lo conosceva gi&agrave; perfettamente, nel 1991. Ma nessuno si aspettava che a 39 anni potesse lottare contro Krickstein, (in Top-10 fino a pochi mesi prima), dando di nuovo vita ad uno spettacolo dei suoi. Connors, al tennis, era stato avviato dalla mamma Gloria, all&rsquo;et&agrave; di 4 anni. Quest&rsquo;ultima, insieme alla nonna Bertha, &egrave; stata capace di inculcare nel bimbo alcuni concetti chiave della sua carriera e della sua esistenza: resistere alla difficolt&agrave;, non arrendersi, combattere sempre. Fino a trasformare una partita di tennis in qualcosa di pi&ugrave;: &ldquo;Ognuno gioca come meglio crede - dir&agrave; anni dopo Jimmy - ma al di l&agrave; di questo, &egrave; il desiderio che hai, il tuo cuore, il tuo stato mentale prima del match, queste cose fanno la differenza. Mi piaceva sentire questo, mettere tutto me stesso per vincere, lottare sul campo come fosse l&rsquo;ultimo giorno, senza seguire una particolare direzione&rdquo;. E ancora: &ldquo;Io da bambino non capivo, ma insieme con mia nonna, mia madre ha trovato il modo di trasmettermi la passione per il tennis, mi ha dato sempre credito. Cos&igrave; che ho finito per amare questo gioco&rdquo;. E per rivoluzionarlo, probabilmente, perch&eacute; negli anni Settanta la consuetudine voleva che quel gioco tanto amato fosse ancora, per antonomasia, quello dei giovani ricchi, delle buone maniere, dell&rsquo;eleganza nei gesti e del rispetto certosino delle regole. Ma lui non era uno di loro, era diverso. Per questo motivo, negli anni della sua ascesa, aveva spaccato il pubblico. Perch&eacute; era stato il primo ad affrontare gli eroi del &ldquo;serve and volley&rdquo; giocando da fondo campo, affidandosi alla regolarit&agrave; e alla precisione del proprio rovescio e della propria risposta. E soprattutto perch&eacute; aveva reso le partite di tennis una guerra, di nervi ancor prima che di colpi. Il campo, con lui, diventava un ring. E non a caso Rino Tommasi lo definiva &ldquo;un pugile prestato al tennis&rdquo;. Che era dunque capace di incassare e di rialzarsi, di affidarsi alla sua impareggiabile furia agonistica per compiere tutte le sue pi&ugrave; grandi imprese. Le sue smorfie, le sue urla e le sue esultanze plateali hanno cambiato il linguaggio del corpo del tennista. Le sue provocazioni all&rsquo;avversario e le sue proteste contro l&rsquo;arbitro hanno sfidato il &ldquo;sistema&rdquo;. In fin dei conti, era un tennista mai visto prima, che a 39 anni del pubblico ne era per&ograve; diventato l&rsquo;idolo e che sapeva ancora lottare come ne avesse 20.  Krickstein, per &ldquo;abbatterlo&rdquo;, le ha provate davvero tutte, quel giorno. E sul punteggio di un set pari, vincendo il terzo per 6-1, sembrava fatta. Ma non contro Connors. Che dal punto di vista atletico &egrave; stato pi&ugrave; longevo di tanti atleti che si vedono in campo oggi, e che dopo cinque ore di partita, ed un break di svantaggio al quinto, riusc&igrave; a qualificarsi per i quarti. E tre giorni dopo, riusc&igrave; a compiere forse un&rsquo;impresa ancor pi&ugrave; grande, l&rsquo;ultima della sua carriera. A lui, infatti, si arrese in quattro parziali, in rimonta, anche Paul Haarhuis.  Non solo Borg e McEnroe: l&rsquo;insaziabile amore per la competizione Quella semifinale raggiunta allo US Open, la 14esima in 17 partecipazioni, fu l&rsquo;ultimo grande risultato della sua storia tennistica, in grado di rilanciarlo ancora una volta nella Top-50 del ranking ATP. L&rsquo;anno dopo, a 40 anni compiuti, parl&ograve; cos&igrave;: &ldquo;Finch&eacute; potr&ograve; stare in piedi combatter&ograve;. Perch&eacute; dovrei ritirarmi? Mi piace competere. Io vivo per competere. Per di pi&ugrave; mi piace dimostrare alla gente che si sbaglia quando dice che non sono pi&ugrave; in grado di farcela&rdquo;. Ed in effetti, la sua carriera &egrave; stata contraddistinta dalla costante volont&agrave; di dimostrare quanto la sua ricetta (ma anche della madre Gloria) fosse quella vincente, quella pi&ugrave; resistente al tempo e all&rsquo;ascesa dei nuovi rivali. Quella in grado di portarlo al numero 1 quasi ininterrottamente dal 1974 (anno del primo dei due trionfi a Wimbledon) fino al 1979. E poi di nuovo per qualche altra volta nel corso degli anni, fino ad un totale di 268 settimane sul trono. Quella che gli ha permesso di gettare la spugna quando prima Bj&ouml;rn Borg e poi John McEnroe si erano dimostrati a lui superiori. Fino al 1982, quando poco prima del ritiro del glaciale svedese Connors ha conquistato il suo secondo titolo ai Championships nel match pi&ugrave; epico della sua vita, in finale contro l&rsquo;acerrimo rivale Mac. Borg, come lui, impostava il gioco da fondo campo; McEnroe invece aveva maggiore eleganza, ma aveva lo stesso atteggiamento presuntuoso e sprezzante nei confronti delle regole.  Nessuno dei due sopracitati, tuttavia, ha retto la competizione come Jimbo. Dal punto di vista mentale Borg &egrave; stato &ldquo;vittima di s&eacute; stesso&rdquo;, ritirandosi a 27 anni. Connors, invece, ha avuto la capacit&agrave; di continuare. Era amore puro per la lotta il suo, che gli restituiva stimoli per andare avanti. Tanto da regalarsi qualche battaglia anche con i giovanissimi Ivan Lendl e Andre Agassi, accendendo una breve rivalit&agrave; anche per via di dichiarazioni come al solito molto provocatorie. E la racchetta al chiodo, ufficialmente, la appender&agrave; solo nel 1996, a 44 anni.  Connors davanti ai &ldquo;Big Three&rdquo;: modello di longevit&agrave; con record insuperabili I giorni delle sue gesta sono lontani, ma la sua impronta sul gioco &egrave; ancora visibile. E quando si guarda alla straordinaria longevit&agrave; di Rafael Nadal, Roger Federer e Novak Djokovic, il modello non pu&ograve; che essere proprio il campione dell&rsquo;Illinois. Prima dell&rsquo;avvento dei Big Three, infatti, erano suoi tutti i record di permanenza nelle zone alte della classifica (dalle settimane sul trono passando a quelle in Top-5 e Top-10). Quasi tutti quei primati sono stati riscritti. Eppure, due in particolare, pesantissimi e apparentemente inscalfibili, gli appartengono ancora. Nessuno come lui ha vinto 1274 partite riconosciute dall&rsquo;ATP, e lo stesso vale per il numero di trofei alzati, 109. Spesso, queste due statistiche vengono sminuite facendo riferimento alle partite giocate da Connors nei tornei di livello minore, di alcuni con un tabellone a 10 o a 17 giocatori, o altri con un formato a gironi e un punteggio sperimentale mai pi&ugrave; tentato (come il set a 6 giochi, ma senza tie-break). La verit&agrave;, per&ograve;, &egrave; anche un&rsquo;altra. Perch&eacute; i suoi numeri sono indice di un&rsquo;integrit&agrave; fisica che &ndash; non bisogna dimenticarlo &ndash; &egrave; sempre un merito, e tra gli anni Settanta e Ottanta era sicuramente pi&ugrave; complicata da conservare rispetto ad oggi.  Inoltre, riafferma ancora una volta il suo amore per il tennis, a tutti i livelli: &ldquo;Non mi pesava giocare per quattro, cinque o sei ore tutti i giorni, non pensavo ad altro che al tennis, il tennis &egrave; sempre venuto prima di ogni altra cosa&rdquo;. Una dedizione totale, dunque, che si sposa con la sua encomiabile capacit&agrave; di crederci sempre, di soffrire e di lottare. Con un pensiero continuamente rivolto alla vittoria. Non sempre &egrave; stato il pi&ugrave; forte, quel ragazzo venuto dalla provincia, ma grazie alle sue peculiarit&agrave; ha resistito pi&ugrave; degli altri al top. Ha vinto &ldquo;solo&rdquo; otto Grand Slam, ma ha riscritto le regole del gioco e i concetti &ndash; tecnici e mentali &ndash; ad esso applicati. Insomma, auguri per le sue (prime) 70 primavere a Jimmy Connors, da rivoluzionario presuntuoso a modello per i campioni.        

Il 2 settembre del 1952 nasceva Jimbo. In 24 anni ha rivoluzionato il tennis dal punto vista tecnico e temperamentale, oggi &egrave; un modello per i campioni

I 70 anni di Jimmy Connors, l’uomo che ha riscritto le regole del gioco

        La storia e la carriera sportiva di Margaret Smith Court ci consegnano una tennista straordinaria, una donna battagliera oltre che un&rsquo;atleta tenace e vincente. Nata in Australia, nel Nuovo Galles del Sud il 16 luglio del 1942, &egrave; stata un&rsquo;instancabile e metodica esponente di un tennis molto muscolare, privo di lob o palle corte o fantasia, ma estremamente efficace. Il suo gioco rispecchia al meglio anche il suo rapporto con il tennis, non ne era ossessionata, ma lo praticava con sana e cauta passione, forse non avendolo mai considerato pi&ugrave; di un ottimo impiego: nella vita di Margaret Smith Court, infatti, ai primi posti ci sono sempre stati la sua fede incrollabile, l&rsquo;impegno con la Chiesa Pentecostale e la famiglia.  Una carriera costellata di vittorie Margaret Smith Court sar&agrave; stata anche una giocatrice non particolarmente spettacolare, ma senza alcun dubbio &egrave; stata la pi&ugrave; vincente di sempre: con le sue 64 vittorie in prove del Grande Slam, di cui 24 nel singolare femminile, ha di certo i numeri dalla sua parte. La carriera di Margaret parte prestissimo, a 18 anni vince il suo primo Australian Open, nell&rsquo;edizione del 1960, dimostrandosi gi&agrave; una delle giocatrici pi&ugrave; promettenti del circuito. A casa sua si riveler&agrave; imbattibile, vincer&agrave; tutte le successive 6 edizioni, prima di ritirarsi temporaneamente: il tennis pu&ograve; aspettare, d&rsquo;altra parte ha gi&agrave; all&rsquo;attivo diversi trionfi anche a Wimbledon, Roland Garros e US Open, anche se ancora non &egrave; riuscita, a volte per un soffio, a portarsi a casa il Grande Slam. Nel 1966 dunque si ferma, convoglia a nozze con Barry Court, ne prende il cognome e contribuisce a renderlo immortale accanto al suo. Ricomincia a giocare nel 1968, ma ingrana a fatica. L&rsquo;anno successivo ritorna ai suoi livelli, manca di nuovo il Grande Slam per pochissimo, infrangendosi contro la britannica Ann-Haydon Jones in semifinale a Wimbledon ma preparandosi a quello che sar&agrave; l&rsquo;anno della sua definitiva consacrazione: il 1970. L&rsquo;annus mirabilis della ragazza australiana inizia con la vittoria su Kerry Melville Reid nella finale dell&rsquo;Australian Open, continua con quelle su Helga Niessen Masthoff al Roland Garros e Billie Jean King a Wimbledon, e si conclude splendidamente con il trionfo su Rosemary Casals all&rsquo;US Open. &Egrave; la prima tennista a riuscire nell&rsquo;impresa nell&rsquo;Era Open, raggiunta solamente da Steffi Graf diciotto anni pi&ugrave; tardi. Nel frattempo la sua carriera &egrave; costellata di vittorie sia nel doppio che nel doppio misto, ma &egrave; destinata a subire un altro stop dovuto a cause di forza maggiore: gioca e perde la finale di Wimbledon dell&rsquo;anno seguente incinta di qualche settimana del suo primo figlio, contro la connazionale Evonne Goolagong.   Il fine carriera e le controversie La sua carriera sta volgendo in un&rsquo;altra fase, di pari passo con la sua vita: va di nuovo ad un passo dal Grande Slam nel 1973, mancando anche questa volta l&rsquo;appuntamento con la vittoria a Wimbledon, dove si ferma in semifinale contro l&rsquo;enfant prodige Chris Evert. Poi si ferma di nuovo nel 1974 per la nascita della sua secondogenita, torna a giocare, vince il suo ultimo US Open nel 1975 prima di ritirarsi definitivamente nel 1977, una volta appreso della sua terza gravidanza.  Conservatrice e fervente cristiana, non ha mai nascosto la sua avversione nei confronti dell&rsquo;universo LGBT, fatto che spesso la rende protagonista di controversie e dibattiti in patria. Nel 2003 &egrave; stato intitolato in suo onore lo Show Court One del Melbourne Park , tasto dolente di molti dei suoi detrattori, che preferirebbero un profilo pi&ugrave; politically correct a cui dedicare il nome della struttura. Polemiche a parte, Margaret Smith Court con i suoi 11 titoli &egrave; la tennista pi&ugrave; vincente della storia dell&rsquo;Australian Open, e nessuno pi&ugrave; di lei ha il diritto di prestare il nome allo stadio di Melbourne.        

Nasceva 80 anni fa la giocatrice pi&ugrave; vincente della storia, prima nel conquistare il Grande Slam nell&rsquo;Era Open

Margaret Smith Court: moglie, madre e tennista di ferro

        Rafael Nadal &egrave; il pi&ugrave; grande tennista di sempre? La pazzesca finale degli Australian Open 2022 vinta al quinto set (2-6, 6-7, 6-4, 6-4 7-5 il punteggio) contro Daniil Medvedev &egrave; una delle partite pi&ugrave; importanti della sua vita, paragonabile alla finale di Wimbledon 2008 contro Federer ma con un sapore del tutto diverso. Perch&eacute; a 35 anni e mezzo Nadal era stato dato per finito ancora una volta ed ancora una volta ha saputo non soltanto vincere, ma anche rinnovarsi, cambiando un po' gioco, prendendo pi&ugrave; rischi ed accorciando gli scambi. A dire il vero contro Medvedev si sono visti anche tanti momenti di vecchio Nadal, quello che recuperava palle impossibili e che costringeva anche i pi&ugrave; grandi a giocare uno, due, tre colpi vincenti in pi&ugrave; per chiudere il punto. &Egrave; stato cos&igrave; anche con un Medvedev perfetto nel primo set ma di livello molto alto anche negli altri quattro, fra un litigio con il pubblico (che per&ograve; non lo deconcentra, lui ha la testa di McEnroe) e l'altro. Un pubblico di Melbourne schierato quasi totalmente dalla parte del vecchio campione, come di solito avviene, senza contare la simpatia di Medvedev per Djokovic.&nbsp; Non ci siamo ancora ripresi dalle 5 ore e mezzo di partita, ma gi&agrave; ci chiediamo se la discussione sul pi&ugrave; grande di sempre si riaprir&agrave;. La risposta &egrave; s&igrave;. Vincendo l'Australian Open 2022, da sfavorito secondo i bookmaker e secondo quanto si era visto fin qui, Nadal &egrave; diventato l'uomo con il maggior numero di tornei dello Slam vinti, 21 contro i 20 di Federer e Djokovic, ma anche uno dei quattro ad avere vinto per almeno due volte tutti e quattro i tornei dello Slam, insieme a Djokovic, Laver ed Emerson. Il suo primo successo a Melbourne risaliva addirittura al 2009, in finale su Federer. E con i record potremmo andare avanti a lungo, ma senza citare la storia del tennis le statistiche valgono poco. Perch&eacute; fino al 1987 l'Australian Open &egrave; stato un torneo di Serie B. A volte l'avevano giocato e vinto alcuni campioni, di solito australiani quando l'Australia era la potenza del tennis, ma gli altri ci andavano poco o addirittura mai. Bjorn Borg l'ha giocato una volta sola, a 17 anni, ed &egrave; presumibile che per lui manchino all'appello almeno cinque vittorie (all'epoca si giocava sull'erba, come a Wimbledon che Borg vinse appunto cinque volte). Jimmy Connors nella sua pi&ugrave; che ventennale carriera ci and&ograve; solo due volte: una volta vinse ed un'altra arriv&ograve; in finale. Insomma, prima della svolta verso il cemento ed il trasferimento a Flinders Park (oggi Melbourne Park) del 1988 quello australiano era il torneo dello Slam che si poteva disertare senza perdere status. La carriera di Nadal si pu&ograve; confrontare quindi con quelle dei campioni dagli anni Novanta in poi, senza contare che da inizio millennio superfici e palline sono cambiate di molto, riducendo le differenze ed anche il numero dei cosiddetti specialisti. Nel vecchio tennis Nadal lo sarebbe stato della terra battuta, in quello moderno &egrave; stato ed &egrave; un campione ovunque anche se &egrave; chiaro che il suo regno rimane il Roland Garros vinto 13 volte. Si pu&ograve; senz'altro dire che lui &egrave; stato penalizzato dal fatto che due Slam su quattro si giochino su quello che continuiamo a chiamare cemento (in realt&agrave; Green Set in Australia e Laykold agli US Open), rispetto a Djokovic e Federer. E si pu&ograve; dire senza timore di smentita che lui sul veloce sia stato rispettivamente pi&ugrave; forte e molto pi&ugrave; forte di Djokovic e Federer sulla terra. Insomma, affermare che Nadal sia il miglior tennista di tutti i tempi non &egrave; una bestemmia, cos&igrave; come non lo &egrave; dirlo di Djokovic e Federer. Magari senza aver cambiato il tennis come lo ha cambiato Borg o avere la classe pura di Laver. Ma quello che sta facendo Nadal rimane da brividi.       

Vincendo agli Australian Open un'epica finale contro Medvedev lo spagnolo ha conquistato anche il ventunesimo titolo di uno Slam, superando Federer e Djokovic e riaccendendo una discussione eterna...

Nadal il più grande di sempre

        Matteo Berrettini quasi come Rafa Nadal. Appunto, quasi. Perch&eacute; un campione del presente non &egrave; un fuoriclasse che ha fatto e sta facendo la storia del tennis, uno che vincendo la finale arriverebbe a quota 21 Slam vinti, record assoluto staccando Federer e Djokovic. Con il suo splendido Australian Open, chiuso in semifinale perdendo in quattro set da Nadal, Matteo Berrettini &egrave; diventato il tennista numero 6 del mondo e a pensarci a mente fredda &egrave; una cosa pazzesca se pensiamo ai decenni in cui ci siamo esaltati, magari anche per marketing editoriale, per giocatori che nei tornei veri non esistevano e che ogni tanto battevano qualche pari grado in Coppa Davis. Questo non toglie che che Berrettini debba ancora migliorare tecnicamente, soprattutto sul rovescio, se vorr&agrave; essere vincitore di Slam nel momento in cui Djokovic e Nadal non esisteranno pi&ugrave;. La citazione del serbo non &egrave; casuale, perch&eacute; senza il cinema messo in piedi dal governo australiano e dal giocatore nei quarti invece di Monfils l&rsquo;avversario sarebbe stato Djokovic: giusto dirlo, anche valutando il cammino di Nadal, perch&eacute; un torneo dello Slam senza il numero uno del mondo, reduce da un&rsquo;annata in cui di Slam ne aveva vinti tre su quattro, va asteriscato. La dimensione di Berrettini Tornando a Berrettini, bisogna sottolineare la sua nuova dimensione perch&eacute; una semifinale in uno Slam la possono raggiungere buoni giocatori che trovano un buco in tabellone, ma tre sono un&rsquo;altra cosa: quella agli US Open 2019, prima di Melbourne unico incrocio con Nadal, la finale di Wimbledon dell&rsquo;anno scorso persa con Djokovic e adesso questa semifinale in Australia. Tre semifinali Slam, come Adriano Panatta in tutta la carriera, senza dimenticare per&ograve; che una delle tre, tutte al Roland Garros, Panatta la trasform&ograve; nel trionfo del 1976. Berrettini - Nadal Ma rimanendo sull&rsquo;attualit&agrave;, cosa ha detto Berrettini-Nadal? Il discorso tattico &egrave; scontato: per tutta la partita il miglior colpo di Berrettini, il diritto ad uscire, si &egrave; scontrato con il diritto di Nadal, e in pi&ugrave; nei primi due set lo spagnolo &egrave; stato molto dentro al campo prendendo pi&ugrave; rischi, cosa che del resto fa da almeno due stagioni e che gli ha consentito di allungarsi la carriera sotto la supervisione di Carlos Moya. Quello tecnico &egrave; invece pi&ugrave; insidioso, perch&eacute; &egrave; facile dire che Berrettini deve migliorare nel rovescio e soprattutto nel lungolinea di rovescio, ma in realt&agrave; con tutti i pi&ugrave; forti tranne che con Nadal e Djokovic l&rsquo;italiano se la gioca gi&agrave; adesso alla pari. Avere margini di miglioramento non significa migliorare: anche se McEnroe dovesse allenarlo 24 ore al giorno, dubitiamo che Sinner si metta a fare 50 stop volley a partita. Il Berrettini attuale soltanto con i suoi colpi di entrata ha davanti almeno quattro o cinque anni in cui poter alzare un grande trofeo: all&rsquo;appassionato occasionale, che magari si esalta per il calciatore numero 10.000 del mondo se gioca nella sua squadra, bisogna dirlo proprio nel momento della sconfitta.       

Battuto dallo spagnolo nella semifinale degli Australian Open, l'azzurro diventer&agrave; il numero 6 del mondo. Ormai va sotto solo con i grandissimi...

Berrettini quasi come Nadal

        Tutto il mondo sta parlando di Novak Djokovic e della sua partecipazione agli Australian Open 2022, che inizieranno il 17 gennaio: notizia comunicata dallo stesso numero 1 del mondo su Instagram, citando una esenzione medica i cui dettagli non verranno mai resi noti, vista l&rsquo;ossessione di Djokovic per la privacy. L&rsquo;esenzione non riguarda la vaccinazione da Covid in senso stretto, anche se &egrave; probabile che Djokovic non sia vaccinato (ed in ogni caso non ha intenzione di dirlo in pubblico), ma la sua certificazione. In concreto poco cambia ed in ogni caso il lasciapassare &egrave; stato rilasciato da commissioni mediche dell&rsquo;Australia e dello stato di Victoria, cio&egrave; quello di Melbourne, certo non dagli organizzatori degli Australian Open. Negli scorsi giorni il direttore del torneo, Craig Tiley, aveva spiegato che non avrebbe derogato dalle indicazioni del governo riguardanti l&rsquo;ingresso nel paese da non vaccinati. E cos&igrave; &egrave; stato, un po&rsquo; per scelta e molto per non aprire contenziosi infiniti con altri giocatori No Vax o comunque scettici riguardo all&rsquo;obbligatoriet&agrave; del vaccino (cio&egrave; la posizione di Djokovic). In Australia sono pochi i casi di esenzione dalla vaccinazione: problemi di salute almeno da ricovero, positivit&agrave; recente, effetti collaterali gravi nella vaccinazione precedente, problemi mentali collegabili al vaccino. Citare questi casi &egrave; accademia: il vero motivo dell&rsquo;esenzione di Djokovic non lo sapremo mai, a meno che non sia lui a renderlo pubblico. Ed &egrave; difficile che lo faccia durante le conferenze stampa del torneo, quando invece del suo possibile ventunesimo Slam gli chiederanno soltanto del Covid. Veniamo al punto: Djokovic ha goduto di un trattamento di favore? L&rsquo;Australian Open sarebbe rimasto il quarto torneo pi&ugrave; importante del mondo anche senza la sua partecipazione: ha fatto a meno di Federer, ormai di fatto ritirato, stava per fare a meno di Nadal (positivo al Covid lo scorso 20 dicembre, ma in recupero) ed inevitabilmente negli anni prossimi far&agrave; a meno di Djokovic, che ha 34 anni e mezzo vissuti spingendo sempre al massimo. &Egrave; chiaro che gli organizzatori sono contenti di avere il numero 1 del mondo, ma l&rsquo;esenzione medica in uno stato da sempre, ben prima del Covid, severissimo con le questioni sanitarie di chi ci arriva anche solo per turismo, non &egrave; stata rilasciata per meriti sportivi. Di sicuro il giornalista collettivo sta avendo buon gioco nell&rsquo;attaccare il poco allineato Djokovic, uno che vuole cambiare la struttura politica del tennis andando allo scontro frontale con l&rsquo;ATP. Covid e vaccinazioni a parte, quante possibilit&agrave; ha Djokovic di vincere gli Australian Open? Dopo il Grande Slam sfumato a New York nella finale con Medvedev il serbo ha giocato poco ma sempre bene: a Parigi-Bercy dove ha vinto (in finale proprio su Medvedev), alle ATP Finals di Torino dove ha perso in semifinale da Zverev in una partita tiratissima e in Coppa Davis, dove la Serbia ha perso in semifinale dalla Croazia ma certo non per colpa di Djokovic. Per mille motivi, primo fra tutti la crescita anche psicologica della concorrenza (Berrettini e Sinner compresi), non ci potr&agrave; pi&ugrave; essere il Djokovic in missione del 2021, ma l&rsquo;uomo da battere &egrave; ancora lui.       

Il numero 1 del mondo parteciper&agrave; al primo grande torneo del 2022 grazie ad un'esenzione medica concessa dal governo australiano, di solito severo in materia. Comunque vada, gli chiederanno pi&ugrave; del Covid che del ventunesimo Slam...

Gli Australian Open di Djokovic

        Nel 1996, l&rsquo;edizione pi&ugrave; fuori dagli schemi della storia recente di Wimbledon, si chiude con la prima finale interrotta da una streaker. &Egrave; l&rsquo;anno del trionfo del Corvo, alias Richard Krajicek, primo campione Slam olandese. Richard Peter Stanislav Krajicek, questo il suo nome completo, &egrave; figlio di immigrati cechi. Lontano cugino dell'attuale tennista USA Austin Krajicek, ha vinto 17 tornei di singolare in carriera. Campione nazionale under 12 e under 14, da piccolo ha completamente cambiato il rovescio, passando dall'impugnatura a due mani a quella classica. Allenato per tutta la carriera da junior da Rohan Goetzke, futuro direttore tecnico della Federtennis olandese, ha sviluppato un tennis potente, d'attacco. Un gioco perfetto per l'erba e le superfici veloci. L&rsquo;impresa a Wimbledon 1996 Wimbledon resta la sua impresa simbolo. Non dovrebbe essere nemmeno testa di serie, lo diventa solo per l'infortunio di Thomas Muster, l'austriaco ex numero 1 del mondo che l'ha sconfitto in finale a Roma. Krajicek evita la terza eliminazione consecutiva al primo turno. Il tabellone poi si apre perch&eacute;, per la seconda volta nell&rsquo;era Open, escono all&rsquo;esordio quattro dei primi otto giocatori del mondo: Michael Chang, Jim Courier, Goran Ivanisevic e Andre Agassi.&nbsp;Krajicek cede un solo set in tutto il torneo, al terzo turno contro Brett Steven. Il successo sul campione di Wimbledon 1991, il tedesco Michael Stich, gli apre le porte di un quarto di finale deluxe contro Pete Sampras che ha trionfato nelle ultime tre edizioni. &Egrave; un mercoled&igrave; grigio, la pioggia ferma pi&ugrave; volte la partita. Alle 19.28 il gioco si ferma definitivamente e il 27enne Mark Hillaby conquista qualche secondo di celebrit&agrave; nel modo pi&ugrave; inatteso: scivola e sbatte la testa sul bordo in metallo del telone. Krajicek &egrave; avanti 7-5 7-6 1-1 e ha le idee chiare su cosa fare alla ripresa. &ldquo;Avevo un piano di gioco semplice contro qualunque avversario. Contro Sampras si giocava tutto sul suo rovescio. Se gli lasciavi comandare lo scambio eri finito, ma se lo attaccavi da quel lato con insistenza, alla fine sarebbe crollato&rdquo; ha detto alla BBC nel 2004. La strategia funziona. L'olandese infligge a Pistol Pete la prima sconfitta in carriera a Wimbledon, l'unica fino all'incontro con il suo erede Roger Federer nel 2001.&nbsp;In semifinale, domina l'australiano Jason Stoltenberg e conquista la prima finale Slam. Il traguardo gli era sfuggito allo US Open del 1992, quando si ferm&ograve; negli ottavi contro Stefan Edberg, il giocatore che pi&ugrave; gli piaceva guardare. &ldquo;Persi al quinto set dopo quattro ore e mezza. Se l'avessi battuto, avrei potuto vincere anche il torneo&rdquo; ha detto, ricordando un match che non lo ha fatto dormire per mesi. In finale, c&rsquo;&egrave; l&rsquo;altra grande sorpresa del torneo, il primo afroamericano a giocarsi il titolo a Wimbledon dai tempi di Arthur Ashe nel 1975: MaliVai Washington. Nessuno dei due sa dove guardare mentre una ragazza nuda attraversa in campo. &ldquo;Ho visto quasi tutto di lei per&ograve; mi dicevo: concentrati, guardala solo negli occhi, il mondo ti osserva&rdquo; ha scherzato Krajicek. La finale non ha storia. Vince 6-3 6-4 6-3. Riscatta una carriera segnata anche da una tendinite a entrambe le ginocchia che gli ha fatto saltare tutto il 1994. &Egrave; il trionfo che vale una vita, celebrato anche con un francobollo speciale delle Poste olandesi emesso nel 1999. Dopo il trionfo&nbsp; Krajicek, arrivato al massimo numero 4 del mondo, ha partecipato nel 1997 a un tributo per Nelson Mandela in Sudafrica e nel 1998 ha aperto un playground all'Aia dove i ragazzi potevano giocare a tennis e basket, lo sport del suo primo idolo sportivo, il campione NBA Magic Johnson. Nel 1999 ha sposato Daphne Deckers, che aveva recitato una parte nel film "Tomorrow Never Dies", da cui ha avuto due figli. Dal 2004 &egrave; direttore del torneo di Rotterdam, apprezzato ATP 500 di inizio stagione. I successi di Krajicek&nbsp; In una bella intervista a Scoop Malinowski per Tennis Prose, ha indicato i successi a cui si sente particolarmente legato. &ldquo;La prima vittoria su Edberg nel 1990, le semifinali dell'Australian Open 1992, la vittoria ad Anversa di quell'anno &ndash; ha detto -. Allora ho battuto Jim Courier, Petr Korda e Mark Woodforde: &egrave; stato bello alzare il trofeo, la racchetta di diamanti che guardavo da bambino. E poi, quel torneo mi fece entrare in Top 10 e alle ATP World Championships (oggi Nitto ATP Finals, NdA) a Francoforte&rdquo;. Ma quel trionfo a Wimbledon rimane il momento pi&ugrave; alto della sua storia.       

Nato il 6 dicembre 1971, fu il primo tennista dei Paesi Bassi vincitore di uno Slam, l&rsquo;inaspettato trionfo sull&rsquo;erba londinese resta il pi&ugrave; prestigioso della sua carriera

Richard Krajicek, l’olandese che conquistò Wimbledon

Jannik Sinner ha vinto le sue ATP Finals: pi&ugrave; che dominare Hurkacz e perdere al tie-break del terzo set con Medvedev, dopo avere avuto due matchpoint, non poteva fare e non &egrave; colpa sua se Berrettini si era fatto male con Zverev lasciandogli il posto. Alle semifinali di Torino andranno Medvedev e Zverev, cio&egrave; il numero 2 e 3 del mondo, mentre Sinner &egrave; il numero 11 ma gi&agrave; di fatto nei top ten: ma pi&ugrave; che la classifica i tennisti guardano la dimensione, lo status, e quelli di Sinner sono ormai altissimi. Le sue prestazioni sono state comunque significative, vittoria contro il polacco che a Miami lo aveva battuto in finale, impedendogli la conquista di Masters 1000 che sarebbe stato clamoroso pur in assenza di Djokovic, e sconfitta di un niente contro il campione che sembra mentalmente pi&ugrave; attrezzato per dominare il tennis dopo Djokovic e Nadal, per lo meno sulle superfici veloci che poi sono anche quelle preferite da Sinner.  Il caso Peng Shuai diventa sempre pi&ugrave; preoccupante, dopo che una tiv&ugrave; cinese (in lingua inglese, ma ovviamente sotto il controllo del partito comunista e partito unico) ha pubblicato lo screenshot di una mail che la tennista cinese, che aveva rivelato di essere stata stuprata da un politico molto importante, avrebbe mandato alla WTA. In pratica la presunta Peng Shuai si sarebbe rimangiata le accuse, affermando di stare bene e di avere soltanto bisogno di riposo. Insomma, la classica operazione di regime che accresce il timore per la sorte dell&rsquo;ex numero 1 del mondo nel doppio, ma brava anche in singolare (semifinalista agli US Open 2014). Da parte delle colleghe sta partendo una mobilitazione, ma con una certa lentezza, mentre per fortuna la posizione della WTA sembra pi&ugrave; dura. La Cina da un lato fa paura e dall&rsquo;altro ha un mercato che fa comodo a tutti. Qualcuno si inginocchier&agrave; per Peng Shuai?  A proposito di WTA, Garbine Muguruza ha trionfato nelle Finals femminili giocate a Guadalajara, battendo in finale la Kontaveit: in pratica la numero 5 contro la numero 8 del mondo, a conferma del livellamento del tennis femminile che secondo i suoi cultori &egrave; un livellamento verso l&rsquo;alto ma che guardando le caratteristiche delle giocatrici non sembra. Qualunque giocatrice delle prime 40 del mondo, anche Camila Giorgi, non desterebbe sorpresa enorme vincendo uno Slam. Solo la Osaka ha la cilindrata per raccogliere l&rsquo;eredit&agrave; di Serena Williams, ma da quasi tre mesi non ci sono pi&ugrave; sue tracce tennistiche,  Di sicuro al tennis pi&ugrave; della Osaka mancher&agrave; Roger Federer, che ha rivelato i programmi per il suo 2022. Nel senso che purtroppo non ci sono programmi, perch&eacute; il quarantenne fuoriclasse non parteciper&agrave; ai prossimi Australian Open e quasi certamente salter&agrave; anche Wimbledon, con il Roland Garros mai nemmeno preso in considerazione. Il recupero dopo l&rsquo;operazione estiva al ginocchio destro ha tempi che l&rsquo;et&agrave; e l&rsquo;usura rendono indefinibili e per la prima volta, parlando di &lsquo;qualit&agrave; della vita&rsquo;, Federer &egrave; sembrato mentalmente un ex. Difficile immaginare un tennis senza di lui, ma si sono dette le stesso cose per Laver, Borg, eccetera. Ancora pi&ugrave; difficile sopportare il prevedibile diluvio di retorica sul suo ritiro, come se fosse normale dominare il tennis ad un&#39;et&agrave; in cui molti avversari potrebbero essere suoi figli.&nbsp; 

Il punto su ATP Finals, Peng Shuai, Muguruza e Federer...

La dimensione di Sinner

Giampiero Galeazzi &egrave; morto all&#39;et&agrave; di 75 anni, dopo tanto tempo in cui stava male, e nel suo caso dire che l&#39;uomo non ha bisogno di presentazioni non &egrave; una frase fatta. La peculiarit&agrave; di Galeazzi risidede nell&#39;essere stato credibile e di successo sia come giornalista sportivo, soprattutto nel canottaggio (era stato campione italiano nel singolo e pi&ugrave; volte in nazionale, fino quasi alle Olimpiadi del 1968), sia come uomo di spettacolo, lanciato da Mara Venier ma poi anche brillante di luce propria.&nbsp;  Il Canottaggio  Inutile per&ograve; girarci intorno: con tutto il rispetto per Domenica Sportiva, Novantesimo Minuto, calcio e tennis (negli anni Ottanta prese il posto di Guido Oddo come prima voce della RAI anche in questo sport), ma anche per Domenica In e tutto il resto, la sua popolarit&agrave; nazionale deriva dal canottaggio ed in particolare dalle sue telecronache delle gare olimpiche e mondiali dei fratelli Abbagnale, intesi come Giuseppe e Carmine, con Peppiniello Di Capua come timoniere. Telecronache in netto contrasto con la tradizione italiana ed europea, quindi molto partecipate ed emozionanti ma senza mai rinunciare alla compertenza (che nel canottaggio era indiscutibile).&nbsp;  Dall&#39;oro al Mondiale 1981 all&#39;argento olimpico di Barcellona, passando per trionfi olimpici a Los Angeles e Seul e in vari Mondiali, il racconto di Galeazzi ha fatto scuola ma non fino in fondo, perch&eacute; Galeazzi sapeva dosare l&#39;entusiasmo in base all&#39;importanza dell&#39;evento mentre tanti suoi imitatori hanno raccontato un gol in serie C con enfasi da finale di Champions League. Di certo gli Abbagnale arrivarono dopo un&#39;epoca poco felice del canottaggio italiano e per questo i loro successi furono ancora pi&ugrave; importanti, generando un&#39;onda lunga (&egrave; il caso di dirlo) arrivata fino quasi ad oggi. Galeazzi li raccont&ograve; in un modo che fa la fortuna di YouTube, contrapponendoli agli avversari del momento (di solito Holmes Redgrave o i tedeschi Est), ma senza perdere minimamente di credibilit&agrave;.&nbsp;  Con il ritiro di Giuseppe Abbagnale, nel 1993, un po&#39; del fuoco di Galeazzi si spense, ma avrebbe continuato a raccontare i sccessi del canottaggio azzurro fino al 2008, allargandosi anche alla canoa con Antonio Rossi, Josefa Idem e altri. Nel calcio lo scaldavano soprattutto le interviste del dopopartita, spesso infilandosi negli spogliatoi o stando a bordocampo in modo oggi nemmeno concepibile, mentre nel tennis dava il meglio in Coppa Davis e con i giocatori da Coppa Davis (Paolo Can&eacute;, per dirne uno), mentre si aveva la sensazione che i tornei lo annoiassero.  &quot;Andiamo Giuseppe, andiamo Carmine, adesso sono 36 colpi&quot;. Non ci viene in mente un altro esempio italiano in cui la telecronaca sia stata importante come l&#39;evento raccontato, ed i primi ad esserne consapevoli erano proprio gli Abbagnale. Addio a Giampiero Galeazzi e ad anni felici, anche se la nostalgia va sempre asteriscata e una persona ironica come Galeazzi lo sapeva, prendendo nel giusto modo le tante-troppe celebrazioni avute in tarda et&agrave;.&nbsp; 

Addio a uno dei pochi giornalisti sportivi di grande successo sia nella propria carriera principale sia nel mondo dello spettacolo. Per sempre legato ad un&#39;epoca straordinaria del nostro canottaggio...

Galeazzi eterno insieme agli Abbagnale

        Una come Jana Novotna sarebbe un&rsquo;aliena nel tennis di oggi, ma un po&rsquo; lo era anche in quello dei suoi tempi, quando non erano comunque molte le donne in grado di giocare a rete senza farsi perforare dalle superatlete che stavano crescendo di numero. La Novotna era l&rsquo;incarnazione di quella campionessa emotivamente fragile che conquista, non a caso di lei si ricordano di pi&ugrave; le belle sconfitte che le tante grandi vittorie, Wimbledon 1998 su tutte. La brutta sconfitta della campionessa ceca &egrave; arrivata alla fine, a soli 49 anni, contro il cancro, mentre fra quelle sul campo rimane nella storia del tennis quella nella finale di Wimbledon 1993, contro Steffi Graf: in vantaggio 4-1 e 40-30 nel terzo set, si blocc&ograve; e la tedesca fece 5 game di fila. La premiazione, con il pianto disperato sulla spalla della duchessa di Kent, fa venire ancora oggi i brividi anche se perdere dispiace a tutti ed ogni anno le emozioni si rinnovano. Da ricordare anche la finale degli Australian Open 1991, persa in tre set contro Monica Seles, e quella di Wimbledon 1997 persa sempre in tre set con Martin Hingis. Per caratteristiche tecniche era una eccellente doppista, vincitrice di tutto e pi&ugrave; volte (12 tornei dello Slam, infiniti piazzamenti) con diverse compagne: Helena Sukova, Gigi Fernandez, Larisa Savchenko, Arantxa Sanchez, Lindsay Davenport, Martina Hingis per citare quelle con le quali ha avuto affiatamento e trofei. Il web &egrave; pieno delle sue statistiche (24 tornei vinti in singolare, 76 in doppio), ma il suo gioco assolutamente fuori dal tempo vale pi&ugrave; dei numeri. Il confronto inevitabile &egrave; ovviamente sempre stato con Martina Navratilova, ceca di nascita e formazione, di 12 anni pi&ugrave; anziana e moltissimo pi&ugrave; vincente: si sono incrociate quindi in due fasi diverse delle rispettive carriere, con la declinante Martina capace per&ograve; di vincere 6 scontri diretti su 7. Meno elegante da fondo campo, la Navratilova aveva per&ograve; un migliore servizio e una carica agonistica nettamente superiore: come vol&eacute;e e smash, parlando di stile, non appartenevano a pianeti diversi. Per ragioni di et&agrave; la sua vera rivale sportiva &egrave; stata la Graf, che al di l&agrave; di quello Wimbledon l&rsquo;ha quasi sempre battuta (29-4 i confronti diretti): troppo pi&ugrave; atleta, la tedesca, troppo pi&ugrave; solida da fondo campo pur avendo un rovescio solo (per&ograve; cinque o sei diritti diversi e tutti letali). Della Graf non &egrave; mai stata amica, ma nemmeno nemica come tante nel circuito WTA. Con la Navratilova nonostante tutte le differenze caratteriali, le diverse difficolt&agrave; affrontate (l&rsquo;abbandono della Cecoslovacchia a met&agrave; anni Settanta fu per Martina molto pesante, mentre Jana si &egrave; affermata quando il comunismo era gi&agrave; un brutto ricordo) e le opinioni differenti sul modo di vivere l&rsquo;omosessualit&agrave; (la Navratilova pi&ugrave; portata alla battaglia mediatica, la Novotna al privato) il rapporto &egrave; nel corso degli anni diventato splendido. Compagne di doppio in esibizioni per vecchie glorie ma soprattutto amiche: quando qualche anno fa la Navratilova fu colpita da un tumore al seno fu Jana a sostenerla moralmente e ad accompagnarla materialmente ogni giorno alla varie terapie. La Navratilova poi quella partita l&rsquo;ha vinta, mentre la Novotna l&rsquo;ha purtroppo persa. Ma come al solito ha giocato bene.&nbsp;       

La campionessa ceca di Wimbledon 1998 &egrave; morta di cancro a soli 49 anni. Di lei si ricorderanno lo stile, in campo e fuori...

Le belle sconfitte di Jana Novotna

LE MEDAGLIE AZZURRE Oltre al bronzo di Tania Cagnotto nel trampolino 3 metri, nella tarda serata di ieri &egrave; arrivata un'altra medaglia per l'Italia: l'argento conquistato dalla squadra maschile di spada composta da Marco Fichera, Enrico Garozzo, Paolo Pizzo e Andrea Santarelli. Un secondo posto amaro. Nella finalissima contro la Francia gli azzurri non hanno mai dato l'impressione di poter impensierire i transalpini, campioni olimpici dopo il 45-31. Un peccato, che lascia un po' di delusione per come erano andati i precedenti incontri con Svizzera ed Ucraina (entrambi vinti per 45-32).    &nbsp; LE ALTRE MEDAGLIE PUGILATO, categoria 49 kg., uomini  ORO Hasanboy Dusmatov (Uzbekistan), ARGENTO Yurbejen Herney Martinez (Colombia), BRONZO Johannys Argilagos (Cuba) / Nico Miguel Hernandez (Stati Uniti)  &nbsp;  GINNASTICA, corpo libero, uomini  ORO&nbsp;Max Whitlock (Gran Bretagna) 15,633 pt. , ARGENTO&nbsp;Diego Hypolito (Brasile) 15,533 pt. , BRONZO Arthur Mariano (Brasile) 15,433 pt.  &nbsp;  VELA, RS:X, uomini  ORO&nbsp;Dorian van Rijsselberghe (Olanda) 25 pt. , ARGENTO&nbsp;Nick Dempsey (Gran Bretagna) 52 pt. , BRONZO&nbsp;Pierre Le Coq (Francia) 86 pt.  &nbsp;  VELA, RS:X, donne  ORO&nbsp;Charline Picon (Francia) 64 pt. , ARGENTO&nbsp;Peina Chen (Cina) 66 pt. , BRONZO&nbsp;Stefaniya Elfutina (Russia) 69 pt.  &nbsp;  GINNASTICA, cavallo con maniglie, uomini  ORO&nbsp;Max Whitlock (Gran Bretagna) 15,966 pt. , ARGENTO&nbsp;Louis Smith (Gran Bretagna) 15,833 pt. , BRONZO&nbsp;Alexander Naddour (Stati Uniti) 15,700 pt.  &nbsp;  GOLF, uomini  ORO&nbsp;Justin Rose (Gran Bretagna) 268 colpi , ARGENTO&nbsp;Henrik Stenson (Svezia) 270 colpi , BRONZO&nbsp;Matt Kuchar (Stati Uniti) 271 colpi  &nbsp;  TENNIS, doppio misto  ORO&nbsp;Mattek-Sands/Sock (Stati Uniti) , ARGENTO&nbsp;Venus Williams/Ram (Stati Uniti) , BRONZO&nbsp;Hradecka/Stepanek (Repubblica Ceca)  &nbsp;  TUFFI, trampolino 3 metri, donne  ORO&nbsp;Shi Tingmao (Cina) 406,05 pt. , ARGENTO&nbsp;He Zi (Cina) 387,90 pt. &nbsp;, BRONZO&nbsp;Tania Cagnotto (Italia) 372,80 pt.  &nbsp;  GINNASTICA, parallele asimmetriche, donne  ORO&nbsp;Aliya Mustafina (Russia) 15,900 pt. , ARGENTO&nbsp;Madison Kocian (Stati Uniti) 15,833 pt. &nbsp;, BRONZO&nbsp;Sophie Scheder (Germania) 15,566 pt.  &nbsp;  CICLISMO SU PISTA, sprint, uomini  ORO&nbsp;Jason Kenny (Gran Bretagna), ARGENTO&nbsp;Callum Skinner (Gran Bretagna) , BRONZO&nbsp;Denis Dmitriev (Russia)  &nbsp;  LOTTA, grecoromana categoria 59 kg., uomini  ORO&nbsp;Ismale Borrero Molina (Cuba) , ARGENTO&nbsp;Shinobu Ota (Giappone) , BRONZO&nbsp;Elmurat Tasmuradov (Uzbekistan) / Stig-Andre Berge (Norvegia)  &nbsp;  LOTTA, grecoromana categoria 75 kg., uomini  ORO&nbsp;Roman Vlasov (Russia) , ARGENTO&nbsp;Mark Madsen (Danimarca) , BRONZO&nbsp;Morad Abdvali (Iran) / Hyeonwoo Kim (Corea del Sud)  &nbsp;  GINNASTICA, volteggio, donne  ORO&nbsp;Simone Biles (Stati Uniti) 15,966 pt. , ARGENTO&nbsp;Maria Paseka (Russia) 15,253 pt. , BRONZO&nbsp;Giulia Steingruber (Svizzera) 15,216 pt.  &nbsp;  SCHERMA, spada a squadre, uomini  ORO&nbsp;Francia , ARGENTO&nbsp;Italia, BRONZO&nbsp;Ungheria  &nbsp;  SOLLEVAMENTO PESI, categoria 75 kg., donne  ORO&nbsp;Suping Meng (Cina) 307 kg. , ARGENTO&nbsp;Hyang Kuk Kim (Corea del Sud) 306 kg. , BRONZO&nbsp;Sarah Elizabeth Robles (Stati Uniti) 286 kg.  &nbsp;  TENNIS, singolare, uomini  ORO&nbsp;Andy Murray (Gran Bretagna), ARGENTO&nbsp;Juan Martin Del Potro (Argentina), BRONZO&nbsp;Kei Nishikori (Giappone)  &nbsp;  ATLETICA, 400 metri, uomini  ORO&nbsp;Wayde Van Niekerk (Sudafrica) 43''03 *record del mondo, ARGENTO&nbsp;Kirani James (Granada) 43''76, BRONZO&nbsp;Lashawn Merrit (Stati Uniti) 43''85  &nbsp;  ATLETICA, salto triplo, donne  ORO&nbsp;Caterine Ibarguen (Colombia) 15,17 mt. , ARGENTO&nbsp;Yulimar Rojas (Venezuela) 14,98 mt. , BRONZO&nbsp;Olga Rypakova (Kazakistan) 14,74 mt.  &nbsp;  ATLETICA, 100 metri piani, uomini  ORO&nbsp;Usain Bolt (Giamaica) 9''81, ARGENTO&nbsp;Justin Gatlin (Stati Uniti) 9''89 , BRONZO&nbsp;Andr&eacute; De Grasse (Canada) 9'91  &nbsp;  Fabio Ornano @fabio_ornano  &nbsp;

Notizia-Rio: argento azzurro dalla spada! Bolt, fantastico tris sui 100

LE MEDAGLIE CANOTTAGGIO, singolo, uomini  ORO&nbsp;Mahe Drisdale (Nuova Zelanda), ARGENTO&nbsp;Damir Martin (Croazia), BRONZO&nbsp;Ondrej Sinek (Repubblica Ceca)  &nbsp;  CANOTTAGGIO, singolo, donne  ORO&nbsp;Kimberley Brennan&nbsp;(Australia), ARGENTO&nbsp;Genevra Stone&nbsp;(Stati Uniti), BRONZO&nbsp;Duan Jingli&nbsp;(Cina)  &nbsp;  CANOTTAGGIO, otto, donne  ORO Stati Uniti, ARGENTO&nbsp;Gran Bretagna, BRONZO Romania  &nbsp;  CANOTTAGGIO, otto, uomini  ORO Gran Bretagna, ARGENTO&nbsp;Damir Martin (Croazia), BRONZO&nbsp;Ondrej Sinek (Repubblica Ceca)  &nbsp;  ATLETICA, lancio del disco, uomini    ORO Christoph Harting (Germania) 68,37 mt., ARGENTO Piotr Malachowski (Polonia) 67,55 mt., BRONZO Daniel Jasinski (Germania) 67,05 mt.  &nbsp;  TIRO A SEGNO, pistola 25 metri, uomini  ORO Christian Reitz (Germania) 34 pt., ARGENTO Jean Quiquampoix (Francia) 30 pt., BRONZO Yuehong Li (Cina) 27 pt.  &nbsp;  TIRO A VOLO, skeet, uomini    ORO Gabriele Rossetti (Italia), ARGENTO Marcus Svensson (Svezia), BRONZO Abdullah Alrashidi (Atleti Olimpici Indipendenti)  &nbsp;  CICLISMO SU PISTA, inseguimento a squadre, donne  ORO Gran Bretagna 4' 10'' 236 *record del mondo, ARGENTO Stati Uniti 4' 12'' 454, BRONZO Canada 4' 14'' 627  &nbsp;  CICLISMO SU PISTA, keirin, donne  ORO Elis Ligtlee (Olanda), ARGENTO Rebecca James (Gran Bretagna), BRONZO Anna Meares (Australia)  &nbsp;  CANOTTAGGIO, otto, uomini  ORO Gran Bretagna, ARGENTO&nbsp;Damir Martin (Croazia), BRONZO&nbsp;Ondrej Sinek (Repubblica Ceca)  &nbsp;  TRAMPOLINO ELASTICO, uomini  ORO Uladzislau Hancharou (Bielorussia) 61,745 pt.&nbsp;, ARGENTO Dong Dong (Cina) 60,535 pt.&nbsp;, BRONZO Lei Gao (Cina) 60,175 pt.  &nbsp;  SCHERMA, sciabola a squadre, donne  ORO Russia, ARGENTO Ucraina, BRONZO Stati Uniti  &nbsp;  TENNIS, singolare, donne    ORO Monica Puig (Porto Rico), ARGENTO Angelique Kerber (Germania), BRONZO Petra Kvitova (Repubblica Ceca)  &nbsp;  SOLLEVAMENTO PESI, cat. 94 kg., uomini  ORO Sohrab Moradi (Iran) 403 kg.&nbsp;, ARGENTO Vadzim Straltsou (Bielorussia) 395 kg.&nbsp;, BRONZO Aurimas Didzbalis (Lituania) 392 kg.  &nbsp;  ATLETICA, 10.000 metri, uomini    ORO Mo Farah (Gran Bretagna) 27' 05'' 17, ARGENTO Paul Tanui (Kenya) 27' 05'' 64, BRONZO Tamirat Tola (Etiopia) 27' 06'' 26  &nbsp;  NUOTO, 50 stile libero, donne  ORO Pernille Blume (Danimarca) 24'' 07, ARGENTO Simone Manuel (Stati Uniti) 24''09, BRONZO Aliaksandra Herasimenia (Bielorussia) 24''11  &nbsp;  ATLETICA, salto in lungo, uomini  ORO Jeff Henderson (Stati Uniti) 8,38 mt.&nbsp;, ARGENTO Luvo Manyonga (Sudafrica) 8,37 mt.&nbsp;, BRONZO Greg Rutherford (Gran Bretagna) 8,29 mt.  &nbsp;  NUOTO, 1500 stile libero, uomini    ORO Gregorio Paltrinieri (Italia) 14' 34'' 57, ARGENTO Connor Jaeger (Stati Uniti) 14' 39'' 48, BRONZO Gabriele Detti (Italia) 14' 40'' 86  &nbsp;  ATLETICA, 100 metri piani, donne  ORO Elaine Thompson (Giamaica) 10''71, ARGENTO Tori Bowie (Stati Uniti) 10''83, BRONZO Shelly-Ann Fraser-Pryce (Giamaica) 10''86  &nbsp;  NUOTO, 4x100 misti, donne  ORO Stati Uniti 3' 53'' 13, ARGENTO Australia 3' 55' 00, BRONZO Danimarca 3' 55'' 01  &nbsp;  NUOTO, 4x100 mista, uomini  ORO Stati Uniti 3' 27'' 95 *record olimpico, ARGENTO Gran Bretagna 3' 29'' 94, BRONZO Australia 3' 29'' 93  &nbsp;  ATLETICA, heptathlon, donne  ORO Nafissatou Thiam (Belgio) 6.810 pt.&nbsp;, ARGENTO Jessica Ennis-Hill (Gran Bretagna) 6.775 pt.&nbsp;, BRONZO Brianne Theisen Eaton (Canada) 6.653 pt.  &nbsp;  ATLETICA, maratona, donne  ORO Jemima Sumgong (Kenya) 2h 24' 04''&nbsp;, ARGENTO Eunice Kirwa (Bahrein) 2h 24' 13''&nbsp;, BRONZO Mare Dibaba (Etiopia) 2h 24' 30''  &nbsp;  TIRO A SEGNO, carabina 50 metri 3 posizioni, uomini    ORO Niccol&ograve; Campriani (Italia)&nbsp;458,8 pt.&nbsp;, ARGENTO Sergey Kamenskiy (Russia) 458,5&nbsp;pt.&nbsp;, BRONZO Alexis Raynaud (Francia) 448,4 pt.  &nbsp;  TENNIS, doppio, donne  ORO Makarova/Vesnina (Russia), ARGENTO Bacsinzsky/Hingis (Svizzera)&nbsp;, BRONZO Safarova/Strycova (Repubblica Ceca)  &nbsp; NEWS E RISULTATI DEGLI AZZURRI IN GARA ATLETICA: le batterie dei 100 metri. Bolt passeggia  Giornata di batterie per la gara pi&ugrave; veloce, i 100 metri piani. Ecco i risultati dei favoriti: Usain Bolt (Giamaica) vince senza sforzo in 10''07, Justin Gatlin (Stati Uniti) in 10''01, il redivivo giamaicano Yohan Blake in 10''11. Nella notte tra domenica e luned&igrave; semifinali e finale.  ATLETICA: il disco resta in famiglia  Curiosa e forse irripetibile la storia dei fratelli tedeschi Harting, lanciatori del disco. Christoph ha vinto l'oro a Rio ereditandola dal fratello Robert che vinse a Londra.  ATLETICA: azzurri eliminati in varie discipline. La Grenot avanza  Giordano Benedetti termina gli 800 in 1' 46'' 41, un 20&deg; tempo generale che lo esclude dalla finale. Stessa sorte per&nbsp;Dariya Derkach nel salto triplo (14&deg; posto, 13, 56 metri) e&nbsp;Mariabenedicta Chigbolu&nbsp;nei 400 (26&deg; crono, 52''06). Sulla stessa distanza avanza in semifinale la campionessa europea&nbsp;Libania Grenot con il 5&deg; tempo (51''06).  ATLETICA: la Straneo finisce al 13&deg; posto nella maratona  Valeria Straneo&nbsp;ha chiuso la maratona femminile al 13&deg; posto con il tempo di 2h 29' 44'', Catherine Bertone 25&deg; (2h 29' 44''). Anna Incerti ritirata.  BADMINTON: termina l'avventura della Cicognini  Jeanine Cicognini&nbsp;sconfitta anche nel secondo match con la sudcoreana Yeon Ju-bae per 2-0. L'azzurra &egrave; eliminata.  CICLISMO SU PISTA: squadra femminile al 6&deg; posto  La squadra femminile italiana (Bartelloni/Frapporti/Guderzo/Pattaro) ha chiuso al 6&deg; posto. In batteria avevano stabilito il nuovo record nazionale (4' 22'' 964).  GOLF: Manassero 33&deg;, Bertasio 39&deg;  Dopo tre giri, Matteo Manassero &egrave; al 33&deg; posto e Nino Bertasio 39&deg;. In testa il britannico Rose.  NUOTO SINCRONIZZATO: Cerruti/Ferro in finale  La coppia italiana formata da Linda Cerruti e Costanza Ferro&nbsp;approda in finale con il 6&deg; piazzamento (91.133 punti).  PALLANUOTO: successo del Setterosa  Le ragazze della pallanuoto battono anche la Russia per 10-5, mantenendo il 100% di vittorie. Ora arrivano i quarti di finale, luned&igrave; contro la Cina (mai vincente nel torneo). A segno Bianconi (3), Garibotti (2), Emmolo (2), Queirolo (2) e Gotti.  PALLAVOLO: bene l'Italvolley maschile&nbsp;  Quarta affermazione nel torneo per la squadra maschile, che si sbarazza del Brasile padrone di casa per 3 set a uno (23-25, 25-23, 25-22, 25-15) e pu&ograve; gi&agrave; guardare oltre verso la fase ad eliminazione diretta. Luned&igrave; si chiude con la formalit&agrave; Canada.  PUGILATO: Vianello subito fuori  Guido Vianello&nbsp;fuori al primo turno dei pesi supermassimi, battuto 3-0 dal cubano Pero.  SCHERMA: la squadra femminile di sciabola &egrave; quarta  Rossella Gregorio, Loreta Gulotta, Irene Vecchi e Ilaria Bianco non sono riuscite ad andare sul podio nella gara di sciabola a squadre: dopo l'impresa ai quarti con la Francia (45-36), era arrivata la sconfitta di misura contro l'Ucraina (poi argento) in semifinale per 45-42. Ha detto male anche la finalina per il bronzo, che ha visto le azzurre soccombere contro gli Stati Uniti per 45-30. Le sciabolatrici bissano il risultato dei fiorettisti.  TIRO A SEGNO: Mazzetti 6&deg; nella pistola 25 metri  Riccardo Mazzetti chiude al 6&deg; posto la finale della pistola da 25 metri tiro rapido. L'azzurro ha forse pagato la tensione per la prima finale olimpica, sbagliando parecchio nelle ultime 4 serie.  TUFFI: Cagnotto in finale  Tania Cagnotto&nbsp;accede alla finale del trampolino da 3 metri. In semifinale &egrave; 7&deg; con 324,40 punti.  VELA: gli italiani in gara  49er uomini: Tita/Zucchetti al penultimo posto dopo 6 regate. 49er donne: Conti/Clapcich al 5&deg; posto dopo 6 regate. Nacra 17 misto: Bissaro/Sicouri al 6&deg; posto dopo 9 regate. Laser uomini: Francesco Marrai 12&deg; dopo la decima regata. Laser radial donne: Silvia Zennaro al 22&deg; posto dopo 8 regate. Finn maschile: Giorgio Poggi 16&deg; posto dopo 8 regate.  &nbsp;  Fabio Ornano @fabio_ornano  &nbsp;  &nbsp;

Notizia-Rio: il disco non lascia casa Harting. Trionfo inatteso per la Puig

LE MEDAGLIE JUDO, 60 KG UOMINI    ORO Beslan Mudrianov (Russia)  ARGENTO Yeldos Smetov (Kazakistan)  BRONZO Diyorbek Urozboev (Uzbekistan) / Naohisa Takato (Giappone)  &nbsp;  NUOTO, 400&nbsp;MISTI UOMINI    ORO Kosuke Hagino 4' 06" 65  ARGENTO Chase Kalisz 4' 06" 75  BRONZO Daiya Seto 4' 09" 71  &nbsp;  NUOTO, 400&nbsp;SL UOMINI    ORO Mack Horton (Australia) 3 ' 41" 55  ARGENTO Sun Yang (Cina) 3' 41" 68  BRONZO Gabriele Detti (Italia) 3' 43" 49  &nbsp;  NUOTO, 400&nbsp;MISTI DONNE    ORO Katinka Hosszu (Ungheria) 4' 26" 36 *record del mondo  ARGENTO Madeline Dirado (Stati Uniti) 4' 31" 15  BRONZO Mireia Belmonte (Spagna) 4' 32" 39  &nbsp;  NUOTO, 4x100 SL&nbsp;DONNE    ORO Australia (McKeon, Elmslie, B. Campbell, C. Campbell) 3' 30" 65 *record del mondo  ARGENTO Stati Uniti 3' 31" 89  BRONZO Canada 3' 32" 89  Italiani in gara: 6&deg; Italia (Ferraioli, Di Pietro, Pezzato, Pellegrini), 3' 36" 78  &nbsp;  SOLLEVAMENTO PESI, 48&nbsp;KG DONNE    ORO Sopita Tanasan (Thailandia) 200 kg  ARGENTO Sri Wahyuni Agustiani 192 kg  BRONZO Hiromi Miyake 188 kg  &nbsp;  TIRO CON L'ARCO, SQUADRE&nbsp;UOMINI    ORO Corea del Sud (Kim Woo-jin, Lee Seung-yun, Ku Bon-chan)  ARGENTO Stati Uniti  BRONZO Australia  Italiani in gara: Italia (Nespoli, Galiazzo, Pasqualucci), eliminata ai quarti  &nbsp; News e risultati degli azzurri in gara CICLISMO: Nibali dovr&agrave; essere operato  Vincenzo Nibali, caduto insieme al colombiano Henao a 11 km dalla fine della prova in linea quando era in testa, ha riportato la doppia frattura di clavicola e polso: dovr&agrave; essere operato al rientro in Italia.  EQUITAZIONE: gli azzurri 11esimi per ora nel dressage completo  Nella graduatoria provvisoria del dressage completo a squadre, Italia all'11&deg; posto (105,80 penalit&agrave;) dopo le prove di Luca Roman (22&deg;) e Arianna Schivo (26&deg;). Ora tocca a Pietro Roman e Brecciaroli.  GINNASTICA: Edalli eliminato  Ludovico Edalli non ha raggiunto la finale del concorso individuale, con 81, 798.  PALLAVOLO DONNE: netta sconfitta con la Serbia  Le ragazze di Bonitta lottano ma cedono per 3-0 contro la Serbia all'esordio: 27-25, 25-20, 25-23.  TENNIS: oltre alla Errani, si salva solo Seppi  Oltre a Sara Errani, che ieri ha battuto l'olandese Bertens, ha passato il turno solo Andreas Seppi: 6-3 3-6 7-6 all'ucraino Marchenko. Eliminate Karin Knapp (dalla ceca Safarova, 4-6 6-1 6-1) e Roberta Vinci (dalla slovacca Schmiedlova, 7-5 6-4). Per Seppi c'&egrave; ora il vincente di Nadal/Delbonis.  &nbsp;  Fabio Ornano @fabio_ornano  &nbsp;

Notizia-Rio: splendido Detti, &egrave; bronzo. K.O. il volley rosa

OLIMPIADI: le medaglie CICLISMO, PROVA IN LINEA UOMINI:&nbsp;grande delusione per Vincenzo Nibali, in testa con il colombiano Henao ed il polacco Majka, cade con il sudamericano a 11 km dalla fine e deve ritirarsi. Majka viene ripreso negli ultimi metri dal danese Fuglsang e dal belga Van Avermaet, che conquista la medaglia d'oro. Aru chiude sesto. Peccato per l'ottima corsa azzurra dal punto di vista tattico.    ORO: Greg Van Avermaet (Belgio) 6 h 10' 05" ARGENTO: Jakob Fuglsang (Danimarca) s.t. BRONZO: Rafal Majka (Polonia) a 5"  Italiani in gara: 6&deg;&nbsp;Fabio Aru 6 h 10' 27", 40&deg; Damiano Caruso 6 h 22' 23", 63&deg; Alessandro De Marchi 6 h 30' 10", Diego Rosa e Vincenzo Nibali ritirati  &nbsp;  TIRO A SEGNO, CARABINA 10 METRI D: l'americana Virginia "Ginny" Thrasher ha vinto la prima medaglia d'oro in palio a Rio, di un solo punto sulla cinese Du Li. Alla Cina anche il bronzo con Yin Siling, pi&ugrave; staccata.    ORO: Virginia Thrasher (Stati Uniti), 208.0 ARGENTO: Du Li (Cina), 207.0 BRONZO: Yin Siling (Cina) 185.4  Italiani in gara: Petra Zublasing, 33&deg; posto  &nbsp;  TIRO A SEGNO, PISTOLA 10 METRI&nbsp;UOMINI:&nbsp;Vinh regala la prima storica medaglia d'oro olimpica al Vietnam.    ORO: Hoang Xhuan Vinh (Vietnam) 202,5 pt ARGENTO: Felipe Wu (Brasile) 202,1 pt BRONZO: Pang Wei (Cina) 180,4 pt  Italiani in gara:&nbsp;Giuseppe Giordano 6&deg;, 118,4 pt.  &nbsp;  JUDO, 48 KG&nbsp;DONNE: l'argentina Pareto parte male in finale, ma riesce a rovesciare l'incontro ed aggiudicarsi il metallo pi&ugrave; prezioso.    ORO: Paula Pareto (Argentina) ARGENTO: Jeong Bo Kyeong (Corea del Sud) BRONZO: Ami Kondo (Giappone) / Otgontsetseg Galbadrakh (Kazakistan)  Italiani in gara:&nbsp;Valentina Moscatt, eliminata ai sedicesimi  &nbsp;  SCHERMA, SPADA&nbsp;INDIVIDUALE DONNE: l'entusiasmante cavalcata di Rossella Fiamingo verso la gloria si conclude ad un passo dal traguardo.    ORO: Emese Sz&aacute;sz (Ungheria) ARGENTO: Rossella Fiamingo (Italia) BRONZO: Sun Yiwen (Cina) I risultati degli altri azzurri BEACH VOLLEY: Carambula-Ranghieri ok  Adrian Carambula e Alex Ranghieri hanno battuto gli austriaci Doppler-Horst per 2-0 (21-14, 21-13).  CANOTTAGGIO: tre equipaggi in semifinale  2 senza (Abagnale-Di Costanzo) in semifinale, dopo il secondo posto in batteria. Bene anche il 2 di coppia (Fossi-Battisti), terzo in batteria e qualificato alle semifinali. Il 4 senza pesi leggeri (Oppo, Goretti, La Padula, Ruta) vola al penultimo atto vincendo la propria gara.  JUDO: Moscatt e Manzi eliminati  Valentina Moscatt (48 kg D) &egrave; stata eliminata ai sedicesimi dalla vietnamita Tu Ngoc Van. Identica sorte anche per Elios Manzi (60 kg U), sconfitto dal coreano Won Yin Kim.  NUOTO: Detti in finale nei 400 stile. Eliminati Marin, Turrini e Bianchi  Luca Marin,&nbsp;Federico Turrini&nbsp;e&nbsp;Sara Franceschi sono stati eliminati in batteria nei 400 misti. Idem per la Trombetti, Toniato&nbsp;nei 100 rana. Stessa sorte per Ilaria Bianchi nei 100 farfalla, esclusa dalle semifinali con il 21&deg; crono, . Molto bene&nbsp;Gabriele Detti,&nbsp;in finale nei 400 stile libero con il 3&deg; tempo complessivo, e la staffetta 4x100 stile libero femminile (Ferraioli, Di Pietro, Pezzato, Pellegrini), in finale con il 4&deg; crono.  PALLANUOTO: Settebello vince in rimonta contro la Spagna  La Nazionale maschile di pallanuoto ha sconfitto la Spagna per 9-8, in rimonta. Decisivo il portiere Del Lungo, che ha parato un rigore a Molina sull'8-8.  PUGILATO: Tommasone passa il turno, Cappai a casa  Nella categoria pesi leggeri 60 kg, Carmine Tommasone&nbsp;ha avuto la meglio sul messicano Lindolfo Delgado ai punti nel turno preliminare. Manuel Cappai (49 kg) esce contro l'americano Nico Hern&aacute;ndez.  SCHERMA: Fiamingo, spada d'argento  Rossella&nbsp;Fiamingo&nbsp;argento, prima medaglia individuale nella spada femminile italiana. Aveva eliminato la canadese Leonora MacKinnon (15-8) nei sedicesimi, Man Wai Vivian Kong (Hong Kong) negli ottavi per 15-11. Quarti vinti contro la coreana Injeong Choi (15-8): in semifinale la cinese Yyiwen Sun si era portata avanti pericolosamente, ma l'azzurra ha completato un recupero prodigioso vincendo al minuto supplementare per 12-11. Finalissima: Szasz (Ungheria) trionfa sulla catanese 15-13.  TENNIS: Errani al secondo turno  Sara Errani&nbsp;vittoriosa in rimonta&nbsp;contro l'olandese Kiki Bertens: 4-6, 6-4, 6-3. Al secondo turno se la vedr&agrave; con la ceca Strycova. Karin Knapp-Safarova (Repubblica Ceca), Roberta Vinci-Schmiedlova (Slovacchia), Andreas Seppi-Marchenko (Ucraina).  TIRO A SEGNO: Zublasing a casa, Giordano 6&deg; in finale  Petra Zublasing, speranza azzurra nella carabina 10 metri e compagna del campione olimpico Niccol&ograve; Campriani, non &egrave; riuscita a superare lo scoglio delle qualificazioni, piazzandosi al 33&deg; posto con 411,6 punti. Per raggiungere la finale le sarebbe servito un minimo di 415,9 punti, necessario per entrare tra le prime 8.&nbsp;Giuseppe Giordano,&nbsp;entrato in finale nella pistola 10 metri con il 5&deg; posto delle eliminatorie, ha chiuso al 6&deg; posto.  TIRO CON L'ARCO: il trio maschile eliminato ai quarti  La squadra italiana (oro 2012 a Londra) formata da Galiazzo-Nespoli-Pasqualucci&nbsp;esce con la Cina ai quarti di finale. Un secco 3-0: 55-51, 56-48, 56-53.  Fabio Ornano&nbsp; @fabio_ornano  &nbsp;

Notizia-Rio: argento per la Fiamingo, prima medaglia azzurra

CALCIO Inter: Icardi resta a Milano. Arriva Gabigol ?   Sembra definitivamente tramontato l'affare sull'asse Milano-Napoli per il trasferimento di Mauro Icardi. Il giocatore ha pubblicato su Twitter frasi affettuose ai tifosi nerazzurri e di attaccamento all'Inter, che sembra vicina anche all'ingaggio del brasiliano Gabigol dal Santos. Ungheria: si ritira dalla Nazionale il portiere Kir&aacute;ly Gabor Kir&aacute;ly, 40enne storico portiere dell'Ungheria e protagonista a Euro 2016, ha ufficializzato l'addio alla rappresentativa dopo 107 presenze (record magiaro). Kir&aacute;ly &egrave; anche primatista di anzianit&agrave; alla fase finale continentale. Serie A: amichevoli Bologna-Colonia (GER) 0-1 / Roma-Liverpool (ING) 2-1 [Dzeko, Salah] / Udinese-Al-Hilal (ASA) 1-0 [Thereau] Serie B: il presidente dell'Avellino inibito per 6 mesi Il presidente dell'Avellino Walter Taccone &egrave; stato inibito per 6 mesi per aver omesso ogni controllo, vigilanza e cautela nei confronti di tesserati minorenni del club irpino. Calciomercato: il gioiellino polacco Kapustka al Leicester   ITALIA - Timo Letschert (OLA, 3,5 mln &euro;): Utrecht (OLA) &gt; Sassuolo / Marcus Rohd&eacute;n (SVE, 500 mila &euro;): Elfsborg (SVE) &gt; Crotone  GERMANIA -&nbsp;Coke&nbsp;(SPA, 5 mln &euro;): Siviglia (SPA) &gt; Schalke 04 (GER)  INGHILTERRA - Bartosz Kapustka (POL, 9 mln &euro;): Cracovia (POL) &gt; Leicester City (ING) OLIMPIADI Beach volley: le controanalisi inchiodano la Orsi-Toth La giocatrice azzurra di beach volley Viktoria Orsi-Toth, la cui&nbsp;positivit&agrave; ad una sostanza proibita (clostebol) era stata resa nota ieri, ha visto la conferma odierna delle controanalisi che la escludono dal Brasile. Per affiancare Marta Menegatti, dovrebbe arrivare Rebecca Perry. USA: Phelps portabandiera   Il nuotatore Michael Phelps, recordman assoluto di medaglie olimpiche (22, di cui 18 d'oro), &egrave; stato scelto dagli Stati Uniti come portabandiera a Rio. Tennis: Nadal presente   Lo spagnolo Rafael Nadal, nonostante i problemi al polso che lo tormentano, ha deciso di partecipare alle Olimpiadi in singolare, doppio (con Lopez) e doppio misto (con la Muguruza).  Fabio Ornano @fabio_ornano

Le news del giorno: Phelps portabandiera USA. Nadal, s&igrave; a Rio

CALCIO Napoli: Icardi, s&igrave; o no? Ultimatum in scadenza per l'affare Icardi-Napoli. De Laurentiis ha offerto ai nerazzurri 60 milioni pi&ugrave; bonus o in alternativa 45 milioni pi&ugrave; Gabbiadini. Domani scadono i termini per l'operazione. Serie A: rumours di mercato Il Napoli sta per ufficializzare Zielinski (Udinese). Gabriel Barbosa "Gabigol", attaccante dell'Olimpica brasiliana e del Santos, &egrave; conteso da Juventus (interessati anche a Matuidi) e Inter, con questi ultimi avvantaggiati. Argentina: Bauza &egrave; il nuovo Commissario Tecnico Edgardo Bauza, ex difensore dell'Argentina e gi&agrave; tecnico del Rosario Central, sostituisce il dimissionario Martino come C.T. della Nazionale biancoceleste. Paris Saint-Germain: Verratti prolunga Il centrocampista azzurro Marco Verratti ha prolungato il suo contratto con il Paris Saint-Germain di un'ulteriore anno, che ora scadr&agrave; nel 2021. Calciomercato, gli affari conclusi: Soriano saluta l'Italia, San&eacute; al Man City ITALIA - Roberto Soriano (ITA, 14,1 mln &euro;): Sampdoria &gt; Villarreal (SPA) / Ogenyi Onazi (NIG, 5 mln &euro;): Lazio &gt; Trabzonspor (TUR) / Alessandro Gazzi (ITA, 700 mila &euro;): Torino &gt; Palermo  GERMANIA - Leroy San&eacute; (GER, 50 mln &euro;): Schalke 04 &gt; Manchester City (ING) / Max Kruse (GER, 6 mln &euro;): Wolfsburg &gt; Werder Brema /&nbsp;J&oacute;n Dadi B&ouml;dvarsson&nbsp;(ISL, 3,2 mln &euro;): Kaiserslautern &gt; Wolverhampton (ING)  INGHILTERRA - Idrissa Gueye (SEN, 8,5 mln &euro;): Aston Villa &gt; Everton  OLIMPIADI Beach volley: sospesa per doping l'azzurra Orsi Toth Viktoria Orsi Toth, che avrebbe composto con Marta Menegatti la coppia azzurra di beach volley a Rio, &egrave; stata trovata positiva ad un controllo antidoping. La sostanza incriminata &egrave; un metabolita del colestebol, pare per l'incauto utilizzo di una pomata. Tennis: non ci sar&agrave; neppure Wawrinka Lo svizzero Stanislas Wawrinka, oro in coppia con Federer a Londra, si aggiunge alla lista degli assenti eccellenti per Rio. Il motivo della rinuncia: problemi alla schiena. PALLACANESTRO Cant&ugrave;: aria nuova in panchina Il lituano Rimas Kurtinaitis, ex allenatore dei russi del Khimki, &egrave; stato ingaggiato come&nbsp;nuovo tecnico da Cant&ugrave;.  Fabio Ornano @fabio_ornano

Le news del giorno: Icardi-Napoli, si fa? Positiva l'azzurra Orsi-Toth

CALCIO Lazio: Immobile inizia l'avventura a Roma L'attaccante della Nazionale Ciro Immobile ha iniziato la sua avventura alla Lazio,sotto&nbsp;i migliori auspici: "Voglio che sia una stagione di rilancio, per me e la squadra. Spero di fare come Signori e Giordano". Olimpiadi: il Brasile rinuncia a Prass Il selezionatore dell'olimpica brasiliana Micale dovr&agrave; fare a meno del portiere fuoriquota Fernando Prass, infortunatosi ad un gomito. Al suo posto &egrave; stato chiamato Weverton (Atletico Paranaense). Congo: muore a 28 anni l'ex portiere della Nazionale Destin Onka Malonga, 28enne portiere dell'AF Loz&eacute;re e una volta nazionale congolese, &egrave; morto in un incidente occorsogli in Francia durante la preparazione estiva. Fatale un'esercitazione in canoa. Calciomercato ITALIA: J&eacute;r&eacute;my Menez (FRA, parametro zero): Milan &gt; Bordeaux (FRA)  FRANCIA: Jean-Armel Kana-Biyik (CAM): Tolosa &gt; Kayserispor (TUR)  GERMANIA - Jakub Blaszczykowski (POL, 5 mln &euro;): Borussia Dortmund &gt; Wolfsburg  SPAGNA - Martin Montoya (SPA): Barcellona&nbsp;&gt; Valencia FORMULA UNO Ecclestone: liberata la suocera rapita Aparecida Schunck, suocera del patron della Formula Uno Bernie Ecclestone, &egrave; stata liberata dalla polizia di San Paolo (Brasile) dopo il rapimento avvenuto del 22 luglio. TENNIS Rio: sette atleti azzurri in gara L'Italia potr&agrave; contare su sette atleti alle Olimpiadi: Thomas Fabbiano, Fabio Fognini, Paolo Lorenzi, Andreas Seppi, Sara Errani, Roberta Vinci e Karin Knapp. Doppio maschile: Fognini/Seppi. Doppio femminile: Errani/Vinci. Ranking mondiale Top 10 uomini: Djokovic, Murray, Federer, Wawrinka, Nadal, Nishikori, Raonic, Berdych, Tsonga, Thiem. Italiani: Lorenzi 40&deg;, Fognini 41&deg;, Seppi 74&deg;, Fabbiano 113&deg;, Vanni 138&deg;.  Top 10 donne: S. Williams, Kerber, Halep, Muguruza, Radwanska, V. Williams, Azarenka, Vinci, Keys, Kutzetsova. Italiane: Errani 25&deg;, Giorgi 68&deg;, Schiavone 104&deg;, Knapp 113&deg;.  Fabio Ornano @fabio_ornano

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