Barazzutti, l’Italia e la Coppa Davis 1976: storia di umiltà e rivalsa

Barazzutti, l’Italia e la Coppa Davis 1976: storia di umiltà e rivalsa

Icona indimenticabile del tennis azzurro, ha fatto parte della mitica squadra campione in Cile ed è stato anche capitano in Fed Cup

Samuele Diodato/Edipress

19.02.2023 ( Aggiornata il 19.02.2023 08:55 )

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Corrado Barazzutti, nella storia dello sport e del tennis nostrano, sarà per sempre ricordato come uno dei membri della formidabile squadra che vinse, per la prima (e finora unica) volta nella storia dell’Italia, la Coppa Davis, nella finale di Santiago del Cile del 1976. Oltre a questo, però, il campione nato a Udine è stato molto di più, pertanto vale la pena ricordare le tappe più importanti della sua vita come uomo di sport, i suoi record, ma anche il suo legame senza precedenti, ed onorato in più vesti, con la maglia azzurra.

Barazzutti, dagli inizi ai record negli anni Settanta

Sebbene non gli venisse riconosciuto lo stesso cristallino talento di Adriano Panatta, il friulano si conquistò subito l’attenzione degli addetti ai lavori, diventando il primo italiano nella storia a vincere uno Slam juniores, l’Open di Francia del 1971. Col già citato connazionale, sono inevitabili certi raffronti, per contrapposizione sia dal punto di vista caratteriale che tecnico-tattico. Perché, come spesso accade, il modo di fare riflette anche il modo di giocare. E i meriti di Barazzutti, calmo e sempre pronto a lottare, sono tutti nell’aver saputo sfruttare sin da subito la propria intelligenza tattica. Una lenta ma inesorabile ascesa la sua che, pur senza un successo Slam, lo ha proiettato nella storia. Le sue qualità da fondo campo, che pian piano lo resero uno dei migliori al mondo, sposavano alla perfezione la terra battuta. Superficie sulla quale si fece notare anche nella prima vittoria da professionista, al Foro Italico, 1972. Purtroppo per lui, però si cominciava a far strada proprio in quei giorni l’imbattibile Björn Borg, ostacolo insormontabile nonostante le tante soddisfazioni. Tra le quali quella del 1974, quando diventerà il primo in assoluto nel nostro Paese a battere un numero 1 del mondo nell’era del ranking computerizzato, Ilie Nastase, nel torneo di Monaco di Baviera. Per il primo trofeo, tuttavia, Barazzutti dovrà attendere l’aprile del 1976, superando in finale a Nizza il tre volte campione Slam cecoslovacco Jan Kodeš.

L’anno magico della Davis vinta avrà un significato anche più speciale per lui, che entrerà per la prima volta nella Top-20. I risultati di quella stagione, fecero inoltre da preludio al miglior biennio della sua carriera in singolare, quello 1977-78. Sarà appunto l’Orso svedese a negargli due grandi gioie, battendolo sia nella finale di Monte-Carlo del 1977, sia nella semifinale del Roland Garros 1978. Nel mezzo, un’altra semifinale Major, la prima di un italiano allo US Open, in cui si arrese a Jimmy Connors. Nel 1977, poi, Barazzutti è divenuto l’unico italiano ad aver vinto, in una singola stagione, tre titoli su tre superfici diverse: a Charlotte sulla terra “har-tru” (la variante americana di quella europea), a Bastad sul rosso, e a Parigi sul tappeto indoor. Tutto questo gli valse anche il best ranking assoluto, di numero 7 al mondo (con annessa qualificazione al Masters di fine anno), il terzo miglior piazzamento di sempre dopo Panatta (numero 4 nel 1976) e Matteo Berrettini (numero 6 nel 2022). Da lì, arrivò anche un ultimo titolo a Il Cairo nel 1980, prima del ritiro definitivo nel 1984.

Barazzutti, gioie e dolori con la maglia azzurra: dal campo alla panchina 

Con la Nazionale, la sua storia da giocatore prima e da capitano poi merita senza dubbio una trattazione a parte. Una storia che ebbe inizio nel 1972, quando l’allora capitano Giordano Maioli si affidò a Barazzutti e Paolo Bertolucci (protagonista anche in doppio con Nicola Pietrangeli) per la sfida all’Austria nel primo turno della Zona A europea, giocatosi a Reggio Calabria. Nel tempo, poi, andrà consolidandosi quella squadra che, completata da Panatta e Tonino Zugarelli, con Pietrangeli passato al ruolo di capitano, regalò all’Italia l’unica Insalatiera della sua storia. Tra loro, Barazzutti era il più giovane, ma ebbe un ruolo decisivo al pari di tutti gli altri. A lui si arresero gli jugoslavi Zeljko Franulovic e Niki Pilic nel primo match, e lo svedese Kjell Johansson nella semifinale europea. Contro l’Australia, nella semifinale al Foro Italico, il tennista classe 1953 sconfisse poi John Newcombe. Per sua fortuna, il match perso due giorni dopo contro John Alexander si rivelò invece ininfluente grazie al successo nella quinta partita di Panatta. Al netto di un avversario meno blasonato, però, il successo più importante della vita tennistica di Barazzutti è quello del 17 dicembre 1976, nel primo singolare della finalissima a Santiago del Cile contro Jaime Fillol. Una vittoria che, in fondo, sbloccò la squadra di Pietrangeli anche dal punto di vista mentale, evitando che il pubblico cileno potesse diventare un fattore.

Gioie e dolori è stata, tuttavia, nel complesso, la storia con l’Italia di Barazzutti, che sarà protagonista di altre tre finali tra il 1977 ed il 1980, tutte perse. Nel 1977, verrà sconfitto ancora da Alexander, mentre nel 1979 - contro gli Stati Uniti - dovette ritirarsi contro Vitas Gerulaitis. E pensare che a quella partita arrivava con un parziale di 10-1 in singolare in Davis, avendo battuto anche il giovane Ivan Lendl in una splendida maratona di cinque set. Nel 1980, invece, l’ultima finale, fu dominata dalla Cecoslovacchia, con la vendetta di Lendl proprio su Barazzutti.

Il nuovo matrimonio con i colori azzurri avverrà però 17 anni dopo, con l’incarico di capitano di Coppa Davis, e dal 2002 anche di Fed Cup. Al maschile, ha guidato la squadra in anni davvero difficili, riportandola nel World Group dal 2012, dopo un decennio di assenza. Il miglior risultato prima dell’addio alla panchina nel 2020, sarà la semifinale del 2014, persa contro la Svizzera di Roger Federer. La rivincita personale di Barazzutti arriverà tuttavia come capitano della squadra femminile, che alzerà ben quattro volte la Fed Cup al cielo (2006, 2009, 2010 e 2013) portando nella storia dello sport italiano il gruppo formato da Francesca Schiavone, Flavia Pennetta, Roberta Vinci e Sara Errani (al cui posto, nel 2006, c’era ancora Mara Santangelo).

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