Cluj-Lazio, Bergodi: "La Coppa Uefa, Zeman e la mia Romania"

Cluj-Lazio, Bergodi: "La Coppa Uefa, Zeman e la mia Romania"

L'ex difensore e capitano biancoceleste ha guidato anche la squadra romena: “Indimenticabili i derby. Lì sono molto apprezzato”

Paolo Colantoni/Edipress

23.02.2023 ( Aggiornata il 23.02.2023 15:20 )

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Per farsi un'idea di cosa rappresenti la Lazio per Cristiano Bergodi, basta sentirlo parlare della sua esperienza in maglia biancoceleste. Anni intensi, ricchi di emozioni, che hanno lasciato nel cuore dell'ex difensore, un segno impossibile da cancellare. Bergodi ricorda con straordinaria lucidità ogni singolo momento vissuto nella capitale. Quando rievoca partite, gol, scontri e curiosità, su sfide giocate più di trenta anni fa, sembra quasi che siano state disputate ieri. Il suo racconto è perfetto: non sbaglia una data, un arbitro di una sfida, un minimo particolare. "Perchè la Lazio per me rappresenta una parte della mia vita. La più bella, intensa ed emozionante. Ho fatto nove anni a Pescara, tra settore giovanile e prima squadra, ma la Lazio è altro. È la squadra che seguivo da bambino, che mi ha fatto innamorare di questo mondo. Ricordo ancora le partite a bordo campo da raccattapalle. Quando l'estate del 1989 arrivò la chiamata della Lazio, era un sogno che si avverava".

Cosa ricorda di quel momento?

"Non mi dimenticherò mai la faccia di mio padre. Ero appena tornato a casa da Pescara per le vacanze e lui mi aspettava sulla porta. Aveva appena chiamato il mio procuratore Carpeggiani, per dirmi che il direttore sportivo della Lazio, Regalia, cercava un difensore. Io gli dissi che sarei venuto anche per giocare in porta, se serviva. Iniziò tutto così".

La sua avventura a Roma è durata sette anni.

"Mi sono tolto grandi soddisfazioni. Ho giocato titolare in squadre che sono arrivate seconde e terze, ma al di là dei risultati sportivi, la Lazio rappresenta la pagina più bella della mia vita".

Lei ha fatto parte di una difesa che per anni ha regalato numeri importanti.

"Fiori, Bergodi, Sergio, Pin, Gregucci, Soldà. Sembra quasi una poesia, un ritornello di una canzone. Le rose di allora non sono come quelle di oggi: erano più strette e noi abbiamo giocato per tre o quattro anni insieme. Con Materazzi e Zoff eravamo sempre noi. Ma io non dimentico anche le stagioni con Zeman. Mi sono tolto belle soddisfazioni. Molti erano convinti che non potessi giocare nel suo sistema di gioco, ma sono riuscito a dimostrare il contrario".

Da Zoff a Zeman cosa cambiò per lei?

"Con Zoff giocavo terzino: Gregucci e Soldà erano al centro, io a destra e Sergio a sinistra, mentre con Zeman facevo il centrale. Il ruolo che ricoprivo a Pescara. Il mister mi alternava a Chamot e Cravero. L'argentino era il più veloce di tutti, io il marcatore e Cravero quello bravo tecnicamente. Il primo anno di Zeman è stato indimenticabile".

Cosa ricorda di quell'anno?

"Che giocai tantissime partite da capitano; arrivammo secondi in campionato e ai quarti di finale di Coppa Uefa. I tifosi invasero Dortmund. Quella gara fu bellissima, perchè dai tempi della Lazio di Chinaglia, fu la prima, vera partita di un certo rilievo. Peccato che accadde di tutto".

Il gol nel finale di Riedle?

"Non solo. Quella trasferta iniziò in modo meraviglioso: l'invasione di tifosi, lo stadio pieno. Giocammo contro un Borussia fortissimo; Riedle, Chapuisat, Sammer che era Pallone d'oro. All'andata vincemmo 1-0 con un'autorete e potevamo segnare tanti gol. Al ritorno l'arbitro, il signor Wagner, ce ne fece di tutti i colori. Non ci diede un rigore nettissimo per fallo su Casiraghi, poi espulse ingiustamente Chamot all'ultima azione e noi prendemmo gol perchè ci mancava un marcatore in area. Chamot doveva marcare Riedle. Un'ingiustizia".

Capitolo derby?

"Il primo l'ho vissuto da raccattapalle. I tifosi della Lazio portarono dentro lo stadio una gallina, con i simboli della Roma. Non ho mai capito come fecero. Dentro di me pensavo a quanto sarebbe stato bello giocarlo in campo. Io mi caricavo a 2000. Per me era la partita dell'anno: quella che non si poteva sbagliare. Quando arrivavi allo stadio e passavi a via dei Gladiatori, vedevi tutti i tifosi: laziali e romanisti. E capivi che non potevi sbagliare. L'adrenalina era al massimo".

Erano i derby di Bergodi contro Giannini.

"Lui era un grande giocatore, con una carriera in Nazionale. Ci fu un attrito nella gara d'andata della stagione 1994-95. Noi eravamo favoriti, ma loro vinsero 3-0 con gol di Balbo, Cappioli e Fonseca ed esultarono in modo esagerato in casa nostra. Ci presero in giro. Il 23 aprile del 1995 ci fu la gara di ritorno e noi ci vendicammo. Entrai nell'azione del primo gol. Fuser battè il corner, Cervone smanacciò e io feci una rovesciata; Casiraghi ne fece un'altra e segnò: un gol mai visto. Ricordo che un fotografo mi immortalò mentre esultavo verso la Curva Nord urlando e togliendomi la maglia. Un'immagine bellissima che conservo ancora".

Non fu l'unico derby a regalarle emozioni

"Negli anni Novanta affrontavamo la Roma dei tedeschi campioni del mondo: Hässler, Völler, Berthold. Noi avevamo Riedle, Doll. I derby erano tiratissimi e spesso finivano in parità. Ne pareggiammo uno in nove contro dieci. Espulsi Soldà e Sclosa per noi e Desideri per loro, da Pairetto. Io salvo sulla linea un tiro di Aldair che aveva superato Fiori. Nell'azione dopo Sosa fa gol in scivolata, anticipando Tempestilli, sotto la sud. Mamma mia che bello. Poi ci fu il derby di Gazza, che valse come una vittoria. Quello del fallo di mano di Lanna. Ma ne ricordo anche un altro: quello in cui Signori fece gol sotto la nebbia. Io fui costretto ad abbandonare il campo per un fallaccio del povero Sinisa Mihajlovic. Mi sono rotto il primo metatarso. Portai il gesso per due mesi, ma fu uno spettacolo. Il gol, il rigore parato a Giannini".

La sua partita più bella?

"Al Flaminio, Lazio-Napoli contro Maradona, il 30 dicembre del 1989. Io partecipai all'azione del primo gol di Amarildo. Poi nella ripresa segnò Pin e fece un altro gol il brasiliano. Era il Napoli che vinse lo scudetto a fine anno. Ma ne ricordo altre: il pareggio a Firenze con Zeman nel 1994 quando segnai allo scadere, ad esempio. Entrai quando espulsero Chamot. Poi il 2-2 all'Olimpico con il Milan. Eravamo sotto 2-0, feci gol di testa, in tuffo nel finale (su assist di Stroppa, ndr)".

Nella sua carriera c'è anche il Cluj?

"Una bellissima esperienza. Arrivai sulla panchina del club e chiusi al terzo posto in classifica. Prima avevo guidato il National di Bucarest. Ero reduce dalle avventure come vice di Caso alla Lazio e di Gregucci a Lecce. Ci fu questa occasione e la presi al volo. Qui in Romania mi trovo benissimo e sono molto apprezzato. Il Cluj ha avuto una grande crescita: è passato dalla terza divisione alla serie A ed ora ha vinto gli ultimi cinque scudetti".

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