Juve-Roma, con Cabrini e Nela che sfide di corsa

Juve-Roma, con Cabrini e Nela che sfide di corsa

Terzini a tutta fascia, Antonio e Sebino sono stati protagonisti negli Anni Ottanta di stagioni indimenticabili con bianconeri e giallorossi

Paolo Marcacci/Edipress

27.08.2022 ( Aggiornata il 27.08.2022 14:01 )

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Se mettessimo insieme il numero dei chilometri percorsi da entrambi sulle rispettive fasce di competenza, probabilmente avremmo centuplicata la distanza tra la Mole Antonelliana e il Colosseo. È un modo pure questo per avviare il racconto di quelle che sono state le carriere di Antonio Cabrini e Sebastiano Nela con indosso le maglie di Juventus e Roma, in un’epoca in cui la società giallorossa era riuscita a scalare posizioni per assestarsi non episodicamente all’interno dell’élite che componeva il gotha del calcio italiano e che, di conseguenza, aveva smesso di essere simpatica a tutti, per dirla con le parole del presidente Dino Viola. Parlando di quelle sfide spalmate nel corso del decennio scoccato nel 1980, potremmo dire che in alcuni casi guardare solo al centro del palcoscenico ci fa perdere tutto quello che accade ai lati, a volte più appassionante ancora. Questa è una di quelle volte, perché in una miriade di sfide tra Juventus e Roma avere in campo Cabrini e Nela equivaleva a garantirsi che il terreno di gioco non si inclinasse da una parte o dall’altra, visto il numero sempre elevato di percussioni da parte di entrambi.

Dualismo

In quelle stagioni si tendeva sempre a sintetizzare la rivalità attraverso il dualismo Platini-Falcao, nella maggior parte dei casi; in alcune occasioni opponendo le parate di Dino Zoff (e di Stefano Tacconi dopo di lui) a quelle di Franco Tancredi; in altre giocando con le figurine degli uomini gol: Paolo Rossi (o Ian Rush e Aldo Serena) opposto a Roberto Pruzzo. Raramente si pensava al confronto tra loro, e dire che se lo sono spesso giocato da autentici dirimpettai, soprattutto nelle stagioni in cui Nela (capace di disimpegnarsi su entrambe le fasce e in seguito anche da centrale, visto il fisico poderoso e la propensione non solo all’azione di spinta ma anche all’anticipo in chiave difensiva) veniva adattato a destra da Nils Liedholm, visto che a sinistra agiva Aldo Maldera, trovandosi a controbilanciare la spinta di Cabrini sulla fascia sinistra. Ed erano confronti in cui l’equilibrio era dato dalla sfida tra due che avevano entrambi la caratteristica di saper trattare il pallone senza che l’aumento dei giri della corsa compromettesse la soglia del controllo, anzi: la sfera arrivava coi giri contati a destinazione sia quando anticipavano il servizio mettendo palla in mezzo dalla linea della trequarti, sia quando dimostravano di conoscere a memoria il manuale del bravo fluidificante (il terzino addetto alla spinta, che oggi sarebbe un laterale a tutta fascia, o quasi) e arcuavano i loro cross leggermente a rientrare dopo aver quasi sfiorato con i tacchetti le colonne d’ercole della linea di fondo. Una manna per i fotografi appostati accanto ai pannelli pubblicitari, tra l’altro, che catturavano scatti su scatti, in tutti i sensi, le loro chiome striate dalla corsa.

Bell'Antonio

Sbocciato al calcio nelle giovanili della Cremonese, quindi nella sua città natale, Antonio Cabrini da ragazzino era un’ala promettente, con un sinistro naturale e un piede “debole”, il destro, più che decente. Il talent scout Ivanoe Nolli capì per primo che sarebbe diventato un terzino fenomenale, aggettivo al quale possiamo aggiungere futuribile, per l’interpretazione moderna del ruolo. Nel 1975-76 un campionato di B con l’Atalanta, quindi la chiamata alla Juventus, sotto la guida tecnica di Giovanni Trapattoni: 440 presenze complessive e 52 reti, vincendo tutto ciò che c’era da vincere, con la Coppa del Mondo del 1982 in aggiunta, con la maglia azzurra.

Hulk

Nato a Rapallo, uomo alieno a ogni compromesso, nel cui sangue si mescolano la solennità dei sardi e la diffidenza dei liguri, Sebino Nela dopo essere stato svezzato dal Genoa approda alla Roma nel 1981 e assieme a lei diventa grande, fino al 1992, vincendo uno scudetto e tre Coppe Italia, raggiungendo una finale di Coppa dei Campioni e una finale di Coppa Uefa. 397 le presenze, bagnate da 19 reti. Un mancino naturale anche lui, che proprio per questo ha saputo rintuzzare più di un tiro mancino da parte della vita. Le briciole della madeleine che ci ha fatto sentire il profumo della memoria degli Juventus-Roma che furono, stavolta le abbiamo raccolte lungo la fascia laterale.

Amati anche fuori dal campo

Due che piacevano alle donne, anche se non dovremmo usare l’imperfetto e nessun tipo di passati, perché Cabrini e Nela ancora oggi che hanno superato i sessanta sono tra quelli che non hanno bisogno di fare i “piacioni” per risultare graditi al gentil sesso. Bello in modo più convenzionale e decisamente sopra la soglia media dei calciatori dell’epoca era Antonio Cabrini, tanto che il soprannome “Bell’Antonio”, con annessa citazione letteraria dal romanzo di Vitaliano Brancati, gli era piovuto sulle spalle perché così lo aveva definito Gianni Brera. Primo giocatore a essere protagonista di uno spot televisivo, tra l’altro, per la Robe di Kappa. Preistoria, decisamente. Tratti da indio, profilo tenebroso e chioma un poco ribelle per Sebino Nela, il cui appeal era dovuto anche a una muscolatura possente, che risaltava rispetto alla media dei suoi colleghi dell’epoca, i cui fisici erano più che altro ben definiti da una generica preparazione ginnica che si sommava agli allenamenti specifici. Anche in questo caso sembra che si parli di un millennio fa, soprattutto se citiamo il soprannome “Hulk” dovuto proprio al suo arsenale che cominciava dai polpacci e dai quadricipiti. Più forte di Hulk Nela è stato nell’affrontare il cancro, qualche anno fa, ma questa è un’altra storia, che lui ha già raccontato in un libro.

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