        Giocare in casa una manifestazione non &egrave; che ci abbia portato sempre questa gran fortuna. Una vittoria al Mondiale e una all&rsquo;Europeo, d&rsquo;accordo, ma l&rsquo;ultimo sorriso tra le nostre mura &egrave; datato 1968: un po&rsquo; troppo in l&agrave; nel tempo. Poi solo delusioni, a partire da un altro Europeo, quello del 1980, dove mancammo la finale per via di uno 0-0 contro il Belgio che grida ancora vendetta.&nbsp; L&rsquo;Europeo delle polveri bagnate  In quella manifestazione si segnano pochi gol in generale e si vede ancora meno spettacolo. Ogni rete, quindi, ha un peso specifico clamoroso in caso di arrivo a pari punti in uno dei due gironi. E in quello con Italia, Belgio, Inghilterra e Spagna tutto si decide in base ai gol segnati, quando siamo all&rsquo;ultima giornata. Azzurri e Diavoli Rossi con una vittoria e un pareggio a testa, ma noi abbiamo segnato solo un gol (Tardelli agli inglesi), contro i tre dei nostri avversari. Il 18 giugno 1980, quindi, all&rsquo;Olimpico di Roma, non abbiamo altro da fare se non vincere, con qualsiasi risultato. Tocca spingere, in sostanza, ma siamo privi del nostro miglior attaccante: Paolo Rossi, infatti, &egrave; in attesa di giudizio per via della vicenda Totonero. Davanti Enzo Bearzot sceglie Graziani e Bettega, supportati da Causio e Antognoni. L&rsquo;ossatura &egrave; ancora quella del Mondiale argentino di due anni prima, con la sola vera novit&agrave; rappresentata da Lele Oriali, il jolly per eccellenza, che in quel caso agisce da terzino sinistro. Il Belgio &egrave; una squadra in crescita, che propone uno stile di gioco pragmatico e poco spettacolare; Guy Thys, l&rsquo;allenatore-santone, ai suoi chiede grande abnegazione. Le stelle della squadra, a parte Ludo Coeck, futuro interista e rimasto a casa per un infortunio, sono i due attaccanti, Van der Elst e Ceulemans: uno piccolo e guizzante e l&rsquo;altro grande e grosso. La tipica coppia di punte di una volta, insomma.&nbsp; Italia fustigata dagli infortuni&nbsp;  Contro l&rsquo;Italia per il Belgio l&rsquo;importante &egrave; non perdere, quindi se possibile i ritmi si abbassano ulteriormente e la difesa viene chiusa a tripla mandata. Gli Azzurri dovrebbero attaccare a spron battuto, ma finiscono appiccicati a questa carta moschicida. I Diavoli Rossi, per usare un termine moderno, &ldquo;parcheggiano l&rsquo;autobus&rdquo; davanti al portiere Pfaff e attaccano rarissime volte. Iniziativa all&rsquo;Italia, che per&ograve; non sfonda. Anzi, siamo costretti a due cambi forzati: si fanno male Antognoni e Oriali, entrano Beppe Baresi e Altobelli, con Bearzot che tenta il tutto per tutto, gli attaccanti adesso sono tre con Causio sempre a supporto. Aggiungere punte, per&ograve;, non &egrave; sufficiente e in pi&ugrave; Antognoni avrebbe potuto rappresentare un&rsquo;arma con i tiri da lontano. La migliore occasione, comunque, capita a Graziani nel primo tempo, con Pfaff eccellente sia sulla prima conclusione che sulla ribattuta di Ciccio. L&rsquo;Italia in generale fa una gran fatica, con il Belgio che applica alla perfezione la tattica del fuorigioco.&nbsp; Il rigore negato e il pareggio finale  Quello che succede al 5&rsquo; della ripresa, per&ograve;, ha dell&rsquo;incredibile: bello scambio tra Graziani e Bettega, &ldquo;Bobby-gol&rdquo; tenta di chiudere il triangolo con il compagno di reparto, ma la palla viene intercettata da Meeuws, il centrale difensivo, con una manata. Il fallo &egrave; appena dentro l&rsquo;area, anche se il movimento del belga, una vera sberla al pallone, per inerzia lo porta fuori. L&rsquo;arbitro portoghese Garrido, per&ograve;, decreta punizione dal limite tra le proteste degli Azzurri. Una punizione che finir&agrave; altissima, peraltro. L&rsquo;ultima chance &egrave; ancora per Graziani, che tira a lato da pochi passi dopo l&rsquo;ennesima incursione di Causio e la smanacciata di Pfaff, forse il migliore in campo. La partita rimane brutta e spezzettata, l&rsquo;Italia &egrave; senza idee e il Belgio ha buon gioco nel controllare fino al termine dell&rsquo;incontro: uno 0-0 amarissimo, che porta in finale contro la Germania Ovest i Diavoli Rossi, mentre noi dobbiamo accontentarci di quella per il terzo posto, di fronte alla Cecoslovacchia. Bearzot nel dopopartita si lamenta un po&rsquo; per il gioco duro dei rivali e aggiunge: &laquo;In rapporto alle occasioni create segniamo troppo poco&raquo;. La finalina con i cecoslovacchi la per- deremo ai calci di rigore dopo aver terminato 1-1 i tempi regolamentari, e anche il Belgio uscir&agrave; sconfitto contro la Germania Ovest: 2-1, con doppietta di Horst Hrubesch e in mezzo il pari provvisorio su rigore di Vandereycken. Per&ograve; avremmo voluto esserci noi a giocarci la finale dell&rsquo;Europeo in casa.&nbsp;        

Con uno scialbo 0-0 i Diavoli Rossi guadagnarono la finale condannando gli azzurri a quella per il terzo/quarto posto

Europeo 1980: il Belgio infranse il sogno dell'Italia

        Fino al 15 giugno 1974 il mondo del calcio non aveva mai conosciuto Haiti. La piccola isola caraibica ottenne quel giorno il proprio momento di gloria, sebbene terminato con una sconfitta. Quello degli haitiani fu un vero e proprio exploit: la squadra sonnecchia per 50 anni, poi, sotto la guida dell&rsquo;italiano Ettore Trevisan, nel 1973 vince il girone CONCACAF e ottiene una clamorosa qualificazione al Mondiale. Il tecnico litiga per&ograve; con la federazione, e quindi in Germania la squadra &egrave; affidata al suo vice, Antoine Tassy. A bagnare il loro storico debutto, ci siamo noi. L&rsquo;Italia sbarca all&rsquo;Olympiastadion di Monaco. &Egrave; la prima volta che la Nazionale gioca in Baviera (ci torner&agrave; poi nel 2016 per un&rsquo;amichevole contro i tedeschi). Gli Azzurri si presentano da vicecampioni del mondo in carica, ma con diversi volti nuovi rispetto a Messico &rsquo;70. Ma i pronostici, per la partita contro gli haitiani, sono ovviamente tutti dalla nostra parte. Haiti in vantaggio  Peccato che nei primi 45 minuti l&rsquo;Italia non riesca a sfondare. Gli haitiani si limitano a difendere e ripartire in contropiede, ma corrono tantissimo. Quello azzurro &egrave; un forcing, ma il migliore in campo &egrave; il portiere haitiano Francillon. E all&rsquo;intervallo &egrave; 0-0. Poi, inizia la ripresa, passa qualche secondo ed Emmanuel Sanon, leggenda del suo Paese, salta Spinosi e batte Zoff. Haiti &egrave; in vantaggio. In patria si festeggia nelle piazze, qualcuno esagera e spara un paio di colpi di pistola: due morti. A Monaco invece tutti vivi ma sgomenti. Zoff ha anche visto interrompersi il record d&rsquo;imbattibilit&agrave;: 1143 minuti, recentemente battuto da Donnarumma a Euro 2020. La rimonta degli azzurri  La fortuna dell&rsquo;Italia &egrave; che la sorpresa dura poco, lo spazio di sette minuti. Quelli che servono per vedere Chinaglia servire Rivera, che indovina il tiro e rimette tutto in parit&agrave;. Passata la paura di un&rsquo;altra &ldquo;Corea&rdquo; come quella del 1966, gli Azzurri si muovono pi&ugrave; liberi, e al 64&rsquo; la conclusione di Benetti trova la deviazione decisiva di Auguste. Valcareggi sostituisce Chinaglia per Anastasi: il laziale non la prende bene e manda a quel paese il suo allenatore. Il ct per&ograve; azzecca la mossa, perch&eacute; al 78&rsquo; il violento destro dell&rsquo;attaccante siciliano vale il definitivo 3-1. Sollievo per l&rsquo;Italia, ancora inconsapevole che sar&agrave; eliminata dalla Polonia nel girone. Haiti invece si sgonfia subito: prende 7 gol dai polacchi e 4 dall&rsquo;Argentina. Torna mestamente a casa e, ancora oggi, attende di rigiocare, clamorosamente, un altro Mondiale.       

Il 15 giugno 1974 gli azzurri superarono la formazione caraibica per 3-1 all&rsquo;esordio nel mondiale tedesco

Italia: contro Haiti la prima volta a Monaco di Baviera

        Carlo Magno &egrave; riconosciuto come uno dei pi&ugrave; importanti progenitori dell&rsquo;Europa e, tra l&rsquo;VIII e il IX secolo d.C., unific&ograve; il continente da Barcellona ad Amburgo, per la prima volta dopo le invasioni barbariche e il crollo dell&rsquo;Impero Romano d&rsquo;Occidente. Dedic&ograve; gran parte del suo regno a combattere i Sassoni e a fortificare i confini del Sacro Romano Impero sempre nella prospettiva della conquista dei territori oltre il Reno. Da allora, la tensione tra i franchi e i popoli germanici &egrave; cresciuta fino alle guerre napoleoniche, ma fu nel 1870, con la guerra franco-prussiana, che deflagr&ograve;. Napoleone III perse la battaglia di Sedan, sconfitta che pose fine al secondo impero francese e diede inizio all&rsquo;impero tedesco. La conflittualit&agrave; tra le due nazioni non scomparve, anzi, fu uno dei principali fronti della Prima guerra mondiale. All&rsquo;esplosione del secondo conflitto planetario, la Germania annient&ograve; l&rsquo;esercito francese, costringendo gli alleati inglesi alla precipitosa fuga di Dunkerque. La croce uncinata sventol&ograve; sulla Tour Eiffel, i blindati tedeschi sfilarono sugli Champs-&Eacute;lys&eacute;es. Per fortuna sappiamo tutti come &egrave; andata a finire e gli orrori del 1939-1945 sono stati la premessa della salda alleanza franco-tedesca del nostro tempo, pilastro dell&rsquo;Unione Europea, ma la rivalit&agrave; tra i due popoli non &egrave; terminata, anzi, si &egrave; solo trasferita in un altro ambito, sicuramente pi&ugrave; ludico e divertente: il calcio. Francia-Germania &egrave; una sfida dal sapore unico tra due scuole agli antipodi: il calcio champagne francese contro la solidit&agrave; tedesca, Platini contro Beckenbauer, fantasia contro il fisico, anche se, negli ultimi due decenni, il football teutonico ha fatto notevoli passi avanti anche dal punto di vista del bel gioco, culminato con il titolo mondiale del 2014. Mondiali 1958  Il bilancio tra le due nazioni &egrave; a favore della Francia con 14 successi contro i 9 tedeschi, ma non &egrave; il totale di 31 incontri a interessare, ma alcune sfide che hanno rappresentato delle pietre miliari del calcio mondiale. Nel 1958 Francia e Germania Ovest sono le protagoniste della finalina per il terzo posto nei Mondiali svedesi. Sono entrambe uscite deluse dalle semifinali: i transalpini hanno perso 5-2 contro il Brasile della meraviglia Pel&egrave; (tripletta per lui) e i tedeschi soccombere contro i padroni di casa capitanati da Liedholm. Quella era la Francia del leggendario Just Fontaine, che concluse il torneo scandinavo con il record, tutt&rsquo;ora imbattuto, di 13 reti in una fase finale del Mondiale, sigl&ograve; quattro gol nella finale per il gradino pi&ugrave; basso del podio, a sancire un posto d&rsquo;onore nel cuore della rivalit&agrave; che risorgeva dalle ceneri della Seconda guerra mondiale. La battaglia di Siviglia  Salto in avanti nel tempo, 1982, Mondiali di Spagna cos&igrave; cari a noi italiani. Mentre nella prima semifinale Paolo Rossi regola con una doppietta la Polonia di Boniek, la sera di quell&rsquo;8 luglio va in scena &ldquo;La Battaglia di Siviglia&rdquo;: &ldquo;l&rsquo;esercito francese&rdquo; &egrave; guidato dal generale d&rsquo;armata Michel Hidalgo e schiera tra le sue fila Tresor, Giresse, Tigana e soprattutto Platini; la Germania Ovest &egrave; guidata dal feldmaresciallo Jupp Derwall, affiancato da Stielike, Briegel, Breitner, Littbarsky, Magath e il Panzer per eccellenza Karl-Heinz Rummenigge. &Egrave; una sfida che ha fatto epoca e, come capita quando c&rsquo;&egrave; di mezzo la Germania Ovest, dei tempi supplementari epici. Apre le marcature il funambolico numero 7 in maglia bianca, Littbarski, al 17&rsquo; del primo tempo. Pareggia dopo 9 minuti Platini su rigore. Al 52&rsquo; si verifica un episodio che segner&agrave; i rapporti franco-tedeschi nei giorni a seguire: pennellata sopraffina di Platini che libera Battiston solo davanti a Schumacher, il portiere tedesco esce a valanga, travolgendo l&rsquo;avversario mentre il pallone sfila a lato del palo. Battiston rester&agrave; in coma alcuni giorni, perder&agrave; due denti e i problemi al collo lo perseguiteranno per il resto della sua vita. Il difensore di origine veneta &egrave; nato in Lorena, storica regione contesa tra Francia e Germania. L&rsquo;arbitro Corver non prende alcun provvedimento, oggi sarebbe stato quanto meno rigore e cartellino giallo. Sull&rsquo;1-1 si va ai supplementari. La Francia segna due volte con Tresor e Giresse, ma l&rsquo;irriducibile Germania Ovest risorge grazie proprio a Rummenigge, che, subentrato al minuto 97, segna il 2-3. Poi arriva il 3-3, siglato in rovesciata da Fischer. Si va ai rigori, dove sar&agrave; decisivo l&rsquo;errore di Bossis (nella foto). Per Platini fu &ldquo;la partita pi&ugrave; bella della mia intera carriera calcistica&rdquo;; in un sondaggio, i tifosi transalpini affermarono che odiavano pi&ugrave; il portiere Schumacher che Hitler. Quattro anni dopo si replica. C&rsquo;&egrave; sempre Platini, ma la Germania Ovest fatica meno: 2-0 con reti di Brehme e Voeller. C&rsquo;&egrave; un altro incrocio nei quarti di finale del Mondiale 2014. Vincono ancora i tedeschi con gol di Hummels. Sembra un&rsquo;altra Sedan, la Francia non riesce a liberarsi del complesso teutonico. Sar&agrave; il generale Deschamps a liberare il Paese da questa maledizione. Europei 2016  Fu il primo confronto tra Francia e Germania nella massima competizione continentale. Siamo a Marsiglia, il 7 luglio e a suonare la Marsigliese &egrave; &ldquo;le petit diable&rdquo;, Griezmann, che con due reti abbatte la Germania (stavolta unificata) campione del mondo. Sar&agrave; il Portogallo a risvegliare la Francia nella finale di Saint-Denis, ma intanto il conflitto franco-tedesco sembra aver preso una nuova direzione. &nbsp; &nbsp;       

Una rivalit&agrave; che affonda le sue radici nel Medioevo, che dai campi di battaglia si &egrave; trasferita su quelli da calcio: ecco i quattro match pi&ugrave; significativi

Francia-Germania, da Carlo Magno a Euro 2020

        L&rsquo;inventore dell&rsquo;Europeo non &egrave; mai riuscito a vedere la sua creatura. Strana sorte quella di Henri Delaunay, pap&agrave; della manifestazione nata completamente diversa da come la conosciamo oggi, allargata a 32 squadre e addirittura itinerante nella sua fase finale.&nbsp;  Una vita con il fischietto e la giacca nera  Se Jules Rimet ha &ldquo;inventato&rdquo; i Mondiali da presidente della Fifa, il suo amico e collaboratore Delaunay &egrave; stato colui che per primo ha avuto l&rsquo;intuizione, nel 1927, di creare una competizione simile ma limitata al Vecchio Continente. Entrambi francesi, Henri era stato anche calciatore e addirittura arbitro. Fino a quando, durante una partita, una pallonata in faccia gli aveva provocato la rottura di due denti. Fine della carriera da fischietto e inizio di quella, trionfale, da dirigente.  Il figlio Pierre e la realizzazione del sogno  Delaunay per decenni interi lima la sua idea, controllando quante federazioni abbiano voglia di aderire. Non molte in realt&agrave;, visto che gi&agrave; allora c&rsquo;&egrave; il problema dei calendari troppo intasati. La morte nel 1955 di Delaunay, diventato nel frattempo primo Segretario Generale della Fifa, sembra dover bloccare tutto, ma ci pensa il figlio Pierre a mandare avanti il progetto del padre. Ne perfeziona il formato adottato poi nelle prime cinque edizioni, con solo le semifinali e la finale da disputare in un unico luogo. Nella prima e nella seconda edizione le squadre si sfidano in partite di andata e ritorno, poi dal 1968 debuttano i gironi di qualificazione ai quarti di finale, prima dell&rsquo;ultima fase, in quel caso in Italia. Formula replicata anche nel 1972 e nel 1976 fino alla rivoluzione del 1980. Ma sempre e comunque con quel nome, Henri Delaunay, incastonato nella coppa che si assegna al vincitore dell&rsquo;Europeo.       

L'ex arbitro francese fu il primo a partorire l'idea di una competizione continentale, il trofeo porta il suo nome ancora oggi

Henri Delaunay, l'inventore dell'Europeo

        La zampata all&rsquo;ultimo minuto che risolve una partita incanalata verso il pareggio: l&rsquo;ultimo Spagna-Svezia in un Europeo &egrave; stato nell&rsquo;edizione del 2008, un match intenso ed equilibrato, deciso dal gol a tempo quasi scaduto di David Villa dopo il vantaggio iniziale di Fernando Torres e il momentaneo pareggio di Zlatan Ibrahimovic. Spagna-Svezia e quella sfida spareggio a Euro 2008 Seconda giornata del Gruppo D, entrambe le squadre hanno vinto in maniera abbastanza comoda al debutto contro Russia e Grecia rispettivamente, e l&rsquo;incontro, che si disputa a Innsbruck, puzza tanto di spareggio per il primo posto. La Spagna conferma in blocco la formazione dell&rsquo;esordio, con Villa e Torres davanti e il centrocampo di piedi buonissimi (Xavi-Iniesta-David Silva) protetto da Marcos Senna, brasiliano naturalizzato, come unico incontrista. Nella Svezia ci sono due cambi rispetto alla partita contro la Grecia, entrambi sulla fascia destra, con Stoor ed Elmander che prendono il posto di Alexandersson e Wilhelmsson. La coppia di attaccanti &egrave; Ibrahimovic-Henrik Larsson, sulla carta devastante, con lo stesso Elmander che sarebbe una punta, a dire il vero. Dopo un quarto d&rsquo;ora, su schema da calcio d&rsquo;angolo Villa libera Silva, che crossa al centro per Torres, il quale in spaccata anticipa Hansson e col piedone la piazza all&rsquo;angolino. L&rsquo;attaccante del Liverpool &egrave; semplicemente inarrestabile quell&rsquo;anno, visto che ha chiuso la stagione con 33 reti segnate in tutte le competizioni. Spagna-Svezia, Ibrahimovic firma il pareggio Reagisce la Svezia che cerca spesso Larsson, con Ibrahimovic che arretra e prova a servire l&rsquo;amico e compagno di squadra o in alternativa gli inserimenti dei centrocampisti. La Spagna, nel frattempo, perde Puyol infortunato: dentro Raul Albiol. Non fa in tempo ad aggiustarsi, la retroguardia delle Furie Rosse, che arriva il pari: cross di Stoor da destra, in due vanno a saltare con Larsson al centro dell&rsquo;area lasciando libero Ibrahimovic, che prima manda a vuoto Sergio Ramos con una finta e poi infila Casillas con un rasoterra. Non &egrave; male quella Svezia, con capitan Ljungberg a scorrazzare dietro le punte, Daniel Andersson (ex Bari, Venezia, Chievo e Ancona) in cabina di regia e il barbuto Mellberg in difesa, futuro juventino. Ibra per&ograve; dopo l&rsquo;intervallo lascia il posto a Rosenberg: mossa un po&rsquo; a sorpresa dell&rsquo;allenatore Lagerback, che ormai non &egrave; pi&ugrave; affiancato in panchina da Soderberg, anche se il ginocchio di Zlatan &egrave; effettivamente sofferente. Forse c&rsquo;&egrave; gi&agrave; l&rsquo;idea di difendere il pareggio, o quantomeno amministrare questo risultato che rimanderebbe il discorso qualificazione ai quarti all&rsquo;ultima partita. Sembra che anche Aragon&eacute;s pensi lo stesso quando dopo un&rsquo;ora di gioco cambia i suoi due dioscuri del centrocampo, Xavi e Iniesta, gettando nella mischia Fabregas e Cazorla. Villa da urlo, Spagna vittoria d'assalto. Svezia eliminata nel girone Cresce comunque la Spagna, che colleziona calci d&rsquo;angolo e ha un Silva sempre pi&ugrave; vivace. Il mancino delle Canarie ha una grossa occasione neutralizzata da Isaksson, che si supera anche su Villa, attento sulla respinta, e poi viene graziato da Torres. Il portiere svedese &egrave; eccellente poco dopo su Senna, che tenta una sventagliata dalla distanza, e infine su su un tiro insidioso di Torres dal limite dell&rsquo;area. Non &egrave; un assedio, ma quasi, quello che si concretizza: la Svezia, infatti, si rintana sempre pi&ugrave; indietro, togliendo anche uno stremato Larsson per coprirsi con il mediano Kallstrom. A tempo scaduto, su lancio un po&rsquo; alla disperata di Capdevila dalle retrovie, la palla rimbalza in maniera strana tra Mellberg, Hansson e David Villa, che sfrutta l&rsquo;indecisione degli avversari e fulmina Isaksson in uscita: una rete da vero predatore, pesantissima, che d&agrave; alla Spagna una vittoria meritata, seppur all&rsquo;ultimo respiro. Per gli iberici qualificazione ai quarti di finale ipotecata, come effettivamente succeder&agrave;, mentre la botta per la Svezia &egrave; tremenda, tanto che nell&rsquo;ultima partita verr&agrave; eliminata dalla Russia, che la batte per 2-0.       

L&rsquo;ultima sfida tra le Furie Rosse e la nazionale scandinava nella manifestazione continentale risale al 2008: fu 2-1 per gli iberici con rete al 92&rsquo; del Guaje, che rispose al pareggio di Ibra

Europei, Spagna-Svezia e quella zampata di Villa nel recupero

        Venticinque anni: ok, dovevano essere 24, ma cambia poco. Per troppo tempo siamo stati senza la Scozia a un Europeo, e adesso possiamo tornare ad ammirare le maglie blu e ad ascoltare l&rsquo;inno &ldquo;The soldier&rsquo;s song&rdquo;, stupendo e solenne. Ma l&rsquo;ultima volta com&rsquo;era andata? Cos&igrave; cos&igrave;, con un&rsquo;eliminazione per questione di dettagli. Euro 1996, quel super gol di Gascoigne in Inghilterra-Scozia Come in questa edizione dell&rsquo;Europeo, anche nel 1996 la Scozia &egrave; stata abbinata nel girone all&rsquo;Inghilterra. E anche stavolta si giocher&agrave; in casa dei Tre Leoni. Allora, nella seconda partita del gruppo, fu un&rsquo;esibizione dei calciatori in maglia bianca, un 2-0 con uno dei pi&ugrave; bei gol in carriera di Paul Gascoigne; un &ldquo;Gazza&rdquo; rigenerato che sembrava poter trascinare i suoi al trionfo e che invece si ritrover&agrave; eliminato ai rigori in semifinale dalla Germania. Europei 1996, Scozia eliminata per differenza reti Quelle due reti dell&rsquo;Inghilterra (l&rsquo;altra di Alan Shearer) sarebbero state comunque le uniche incassate dalla difesa scozzese, imperniata sui due centraloni Calderwood-Hendry e sul portiere Goram. Per il resto, 0-0 all&rsquo;Olanda e vittoria 1-0 contro la Svizzera, con timbro di Ally McCoist, leggendario centravanti dei Glasgow Rangers. Mancava efficacia in avanti, quella s&igrave;, nonostante l&rsquo;apporto in mezzo del grande Gary McAllister. Sarebbe bastato un gol in pi&ugrave;, infatti, per andare avanti, visto che a parit&agrave; di punti e di differenza reti con l&rsquo;Olanda nel girone erano stati gli Oranje ad andare ai quarti di finale per via dei 3 centri realizzati, contro l&rsquo;unico della Scozia. Un vero peccato, insomma, ma a cui quest&rsquo;anno si potr&agrave; eventualmente porre rimedio. &nbsp;       

L&rsquo;ultima partita nella manifestazione fu un 1-0 alla Svizzera a Euro 1996, ma i britannici vennero eliminati ai gironi a causa della differenza reti: oggi, una nuova sfida ai &ldquo;cugini&rdquo; inglesi &nbsp;

Europei, la Scozia ritorna dopo 25 anni

        Sono passati pochi minuti dopo le 16 del 17 maggio 1953. A Roma, al centro dello Stadio dei Centomila, Ferenc Puskas e Giampiero Boniperti, capitani rispettivamente di Ungheria e Italia, si scambiano i gagliardetti oltre ai consueti saluti del caso. La Capitale, che per l&rsquo;occasione ha sfoggiato un soleggiatissimo pomeriggio primaverile, insieme a oltre 90.000 persone, fanno da splendida cornice all&rsquo;inaugurazione di quello che di l&igrave; a poco diverr&agrave; lo Stadio Olimpico.  L&rsquo;inizio del progetto e lo stop per la guerra  A dire il vero, la storia dell&rsquo;Olimpico inizia molto prima: il primissimo progetto di uno stadio monumentale all&rsquo;interno del complesso dell&rsquo;allora Foro Mussolini appartiene a Enrico Del Debbio e risale al 1927. Ripreso dieci anni dopo da Luigi Moretti, ma ancora molto diverso dalla struttura moderna, viene utilizzato dal regime come cornice per giochi e parate verso la fine degli anni &rsquo;30 e all&rsquo;inizio della guerra. Con l&rsquo;inasprirsi del conflitto, i lavori di completamento vengono fermati definitivamente. Dal 1943 fino al 1945 viene utilizzato dai tedeschi come autoparco prima di cadere in uno stato di abbandono che durer&agrave; fino al 1950 quando il CONI, diventato proprietario dell&rsquo;impianto, decide di rimetterci le mani.&nbsp;  La grande festa per l&rsquo;inaugurazione  I lavori, diretti da Annibale Vitellozzi, durano poco meno di 3 anni, sollecitati dalla concreta possibilit&agrave; di aggiudicarsi le Olimpiadi del 1960. Come dicevamo sopra, lo Stadio dei Centomila viene inaugurato il 17 maggio di 68 anni fa, ospitando la gara Italia-Ungheria oltre che l&rsquo;arrivo della sesta tappa del Giro d&rsquo;Italia. Il match termina 3-0 per i magiari con una doppietta di Puskas e una rete di Hidegkuti, nonostante la buona prova degli azzurri.&nbsp;  La consacrazione dell&rsquo;Olimpico  Il CONI, grazie soprattutto alla celerit&agrave; con cui vengono terminati i lavori, si aggiudica l&rsquo;assegnazione dei giochi della XVII Olimpiade che si terranno tra l&rsquo;agosto e il settembre del 1960, facendo ribattezzare l&rsquo;ormai ex Stadio dei Cipressi o Stadio dei Centomila in Stadio Olimpico, nome con cui &egrave; conosciuto tutt&rsquo;oggi. Da allora ospita le partite in casa di Lazio e Roma, oltre a numerosi eventi di atletica e rugby. Nel 1990, con l&rsquo;assegnazione all&rsquo;Italia dell&rsquo;organizzazione della Coppa del Mondo di calcio, &egrave; profondamente rinnovato: l&rsquo;impianto viene dotato di una copertura in fibra di vetro bianca oltre che di due maxischermi posizionati sulle curve. Oggi dopo altri interventi di restyling nel 2008, si &egrave; guadagnato l&rsquo;inserimento nella &ldquo;categoria 4&rdquo; della classificazione UEFA.&nbsp; Stadio di riferimento dello sport italiano, tra poco meno di un mese, l&rsquo;11 giugno per l&rsquo;esattezza, ospiter&agrave; la partita di inaugurazione di EURO 2020, posticipati di un anno a causa della pandemia.&nbsp;       

Inizialmente progettato durante il ventennio ma definitivamente terminato nel dopoguerra &egrave; da quasi sette decadi il palcoscenico di grandi manifestazioni sportive&nbsp;

Lo Stadio Olimpico compie 68 anni, tra Olimpiadi ed EURO 2020

Dove si giocheranno gli Europei del 2016? Abbiamo effettuato questo semplice sondaggio presso una decina di appassionati di calcio, di quelli che seguono ogni dibattito e ogni moviola. E solo tre ci hanno dato la risposta corretta (Francia). Ma non ci sarebbe stato bisogno di questo giochino per intuire che il calcio per nazionali interessa sempre meno, rispetto a quello per club che grazie al web rende le squadre pi&ugrave; forti di quei sei o sette campionati (c'&egrave; anche il nostro, al di l&agrave; del disfattismo) patrimonio del pianeta. Interessa sempre meno, ma non ci aspettavamo che uno come Michel Platini decretasse attraverso l'Esecutivo Uefa di venerd&igrave; la sua morte inventandosi l'Europeo itinerante. Non pi&ugrave; un solo paese ospitante, quindi motivato a fare bella figura, n&eacute; una organizzazione congiunta con la concorrenza fra paesi vicini a stimolare (Belgio-Olanda 2000, Austria-Svizzera 2008, Polonia-Ucraina 2012), ma un pastrocchio che sembra assurdo definire 'fase finale' e non solo perch&eacute; le squadre saranno 24. In sintesi: 6 gironi da 4 squadre con passaggio agli ottavi di finale delle prime due di ogni girone e delle quattro migliori terze (film gi&agrave; visto ai Mondiali, di questo ripescaggio benefici&ograve; ad esempio l'Italia di Sacchi nel 1994, che poi sarebbe arrivata in finale). Le partite della prima fase, degli ottavi e dei quarti saranno spalmate su 12 citt&agrave;, ancora da ufficializzare ma gi&agrave; ufficiose. Per l'Italia sicura Roma, ma tutte le grandi capitali d'Europa vogliono pi&ugrave; o meno esserci: troppo forte la tentazione di ospitare la manifestazione senza in realt&agrave; avere tutti gli oneri che di solito ha il paese organizzatore (baster&agrave; in sostanza avere uno stadio da Champions League). Le semifinali e la finale saranno nella stessa sede, con Istanbul e Londra favorite (ma comunque si decider&agrave; fra un anno e mezzo): una specie di ritorno al passato, a quello che gli Europei erano fino all'edizione 1976 compresa, prima che con Italia 1980 diventassero a 8 squadre per poi ingrandirsi da Inghilterra 1996 in avanti. Insomma, per puri motivi politici (una nazione un voto) si &egrave; arrivati a mescolare il gigantismo fintamente democratico (la retorica della grande festa a cui pi&ugrave; o meno tutti devono essere presenti) a citazioni di un passato non troppo glorioso visto che la prima edizione davvero di successo fu quella giocata proprio in Francia nel 1984 (e con il miglior Platini di sempre a trascinare verso la vittoria i padroni di casa). Al di l&agrave; di questi discorsi sui massimi sistemi, il problema &egrave; pratico. L'Uefa ha 53 affiliati, di cui 52 (esclusa la Francia ospitante, quindi) gi&agrave; in prospettiva 2016 dovranno giocarsi nelle qualificazioni 23 posti e non 14 come per l'edizione 2012. Un'overdose di partitacce, che faranno la gioia di chi magari potr&agrave; ospitare Italia o Inghilterra, ma non certo di Italia e Inghilterra. E quindi? Per sostenere le sue ambizioni come successore di Blatter alla Fifa, Platini ha distrutto una manifestazione che strutturata a 16 squadre come fase finale era perfetta ed era come qualit&agrave; media superiore a un Mondiale. Morire per il voto bielorusso e svizzero?  Twitter @StefanoOlivari

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