Rivaldo, dalle favelas al Pallone d’Oro

Rivaldo, dalle favelas al Pallone d’Oro

Nato in povertà a Paulista il 19 aprile 1972, ha saputo imporsi come uno dei calciatori brasiliani più forti di sempre. Negli anni trascorsi al Barcellona era semplicemente inarrestabile

Jacopo Pascone/Edipress

19.04.2022 09:20

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Con quel fisico longilineo e quelle lunghissime leve resta ancora difficile capacitarsi del come Rivaldo possa aver fatto determinate cose con il pallone tra i piedi. Metteva giù la sfera e riusciva, in un lampo, a dribblare gli avversari per partire in accelerazione o esplodere un sinistro formidabile. Non era veloce Rivaldo, ci arrivava semplicemente prima, anticipava i difensori grazie a una rapidità di pensiero impressionante, che spesso gli consentiva di spostare il pallone all’ultimo, facendo incappare in continue figuracce i diretti marcatori. La sua finissima tecnica sudamericana gli permetteva di guadagnare velocità quando in possesso di palla, risultando davvero inarrestabile. Inoltre, anche questo inspiegabile vista la conformazione fisica, era abilissimo nell’acrobazia, gesto tecnico che gli consentì di segnare reti incredibili.

Rivaldo, le umili origini di un grande campione

Rivaldo nasce a Paulista, nel Pernambuco, nella zona nord-est del Brasile. Cresce scalzo tra le favelas nella povertà più assoluta e lotta per raggiungere il suo sogno, quello di diventare calciatore. Malnutrito e gracile come la maggior parte dei “meninos de rua”, si tiene lontano dalla delinquenza grazie al supporto della famiglia, umile ma dai sani principi. Saranno questi, miscelati al suo talento cristallino, a salvarlo da una vita ben diversa. Ma ci vuole anche forza d’animo, quella che il giovane Vitor Borba Ferreira si porta dietro tutte le mattine, quando dall’entroterra si avvia verso la costa. Borsone in spalla e via verso le spiagge per vendere snack ai turisti e racimolare qualche spicciolo utile a sfamare la famiglia. Questi purtroppo non bastano, tanto che Rivaldo nonostante la giovane età soffre di edentulia dentale (la perdita dei denti). A pallone è più bravo degli altri ma i suoi problemi fisici lo limitano tantissimo. Entra nelle giovanili del Santa Cruz per poi essere allontanato, scartato da Mario Santana per via delle gambe storte e dell’esile corporatura. Torna così a giocare nei campetti delle favelas… ma il tempo passa e con lo sviluppo il piccolo meninos cresce arrivando a superare il metro e ottanta. È qui che si palesa il suo scopritore: Claudio Ponei, amico del padre Romildo. Ponei lo porta al Paulista nel 1989. Tutto sembra in discesa, qualcuno crede finalmente in lui, la vita lo sta ripagando delle fatiche, quando all’improvviso la famiglia viene scossa da una tragedia: papà Romildo muore investito da un autobus. Il giovane talento perde la sua guida, colui che lo esortava a non mollare mai; pensa addirittura di abbandonare il calcio, ma si dimostra ancora una volta un combattente, riuscendo a tramutare il dolore in forza per andare avanti. Una doppietta contro il Santa Cruz – il club che anni prima lo aveva scartato –  fa innamorare il presidente a tal punto da portarlo a licenziare Santana – responsabile della scelta –  e a rilevarne il cartellino dal Paulista. Inizia qui l’epopea di uno dei calciatori brasiliani più forti di sempre. Il club di Recife non può permetterselo, Rivaldo resterà in Brasile fino al ’96, vestendo le maglie di Mogi Mirim, Corinthians e Palmeiras, prima di approdare in Europa, quando ormai è già parte integrante della Seleçao. 

Protagonista nella Seleçao e Pallone d’Oro con il Barcellona

Con i verdeoro aveva debuttato già nel ’93, andando subito in gol. Vince una Copa America da protagonista nel ‘99 (2 gol in finale all’Uruguay) e gioca due Mondiali: insieme a Ronaldo e a un giovane Ronaldinho formerà il devastante tridente delle “Tre R” (in Corea e Giappone non potevano non vincere). In quella coppa segnerà in tutte le gare fino ai quarti di finale, quelli del suo interno a giro e della famosa punizione di Ronaldinho che stenderanno l’Inghilterra. Ma prima ci sono gli anni trascorsi a illuminare la Liga: una stagione al Deportivo La Coruna e un fantastico quinquennio al Barcellona. Voluto da Van Gaal, dopo 21 reti e un terzo posto raggiunto con il Depor, prende il posto di Ronaldo, acquistato dall’Inter di Moratti. Rivaldo è il prototipo del fantasista, può ricoprire tutti i ruoli d’attacco e risulta fondamentale per il ciclo vincente dell’olandese al Camp Nou. Il tridente formato col connazionale Sonny Anderson e Luis Figo è devastante. In rosa poi c’è un altro talentuoso brasiliano, Giovanni Silva de Oliveira, insomma calciatori dalla grande fantasia con cui il divertimento è assicurato. Nel primo biennio arrivano due titoli spagnoli, oltre che una Coppa di Spagna e una Supercoppa Uefa. Rivaldo segna a ripetizione, come un centravanti (57 reti in 99 presenze totali) e nel ’99, a coronare due anni fantastici, viene premiato con il Pallone d’Oro. A margine della premiazione rilascia queste dichiarazioni: “Ho costruito la mia carriera su un miracolo. Senza risorse economiche, senza procuratore, e solo con l’incoraggiamento della mia famiglia, scoraggiata dai medici e dagli allenatori. Ma ho visto realizzarsi un sogno, sono stato riconosciuto come il miglior calciatore del mondo”.

Tra rigori, punizioni, colpi di tacco, colpi di testa, conclusioni all’angolino, azioni ubriacanti scaturite dal suo inconfondibile andamento dinoccolato, non si può non citare un gesto atletico su tutti: la rovesciata. Il 17 giugno 2001 il brasiliano segna uno dei gol più belli di sempre: stop di petto al limite dell’area e bicicletta stilisticamente perfetta, sulla quale il portiere del Valencia Canizares non può arrivare. La giocata del campione, un gol fantastico e fondamentale, che arriva all’87esimo sul risultato di 2-2 e regala ai catalani la qualificazione ai preliminari di Champions League. Prima del fischio d’inizio – ultima giornata della Liga 2000-01 – il Valencia precedeva il Barça al quarto posto.

La Champions al Milan, gli ultimi anni e il record con Rivaldinho

Dirà addio alla Catalogna nell’estate successiva per trasferirsi al Milan. A Milano ci arriva da fresco campione del mondo, ma resterà una sola stagione, rescindendo il contratto già nel settembre 2003. I tifosi ricordano ancora la tripletta segnata a San Siro con la maglia del Barça in una notte Champions (2000-01, due punizioni e gol di testa in tuffo), ma Rivaldo è ormai nella fase calante. Il brasiliano riesce comunque a togliersi l’ultimo sfizio nella notte di Old Trafford che incorona i rossoneri campioni d’Europa. Alla Champions League, il grande trofeo che gli mancava, si aggiungono anche una Coppa Italia e una Supercoppa Europea. L’addio ai rossoneri può sembrare la fine gloriosa di una carriera fantastica, invece Rivaldo giocherà fino all’età di 43 anni, vivendo un’importante esperienza all’Olympiakos e girando tutto il mondo. Nel 2012 transita addirittura in Angola, dove oltre a giocare contribuisce personalmente alla costruzione di un ospedale e di una scuola.

Il calcio gli regala l’emozione più grande proprio agli sgoccioli, quando nel 2014 torna a casa per vestire la maglia del Mogi Mirim. Qui mette in bacheca un particolarissimo record: scende in campo insieme al figlio Rivaldinho e il 14 luglio 2015 riescono a segnare entrambi nella stessa partita.

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