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© Juventus FC via Getty ImagesL’offerta di Tether a Exor, cioè Elkann, per la maggioranza delle azioni della Juventus è chiaramente troppo bassa: 725 milioni di euro per il 65,4% (Tether ha già l’11,5%) significa valutare il club circa 1,1 miliardi, poco più delle ricapitalizzazioni fatte negli ultimi anni in seguito ai disastri finanziari iniziati nella fase finale di Andrea Agnelli. Quindi questa offerta o è una mossa autopromozionale, decisamente riuscita visto che ne hanno parlato tutti, o è soltanto l’inizio di una trattativa che avrebbe qualche chance di definizione soltanto a cifre almeno doppie. Colpisce la sicurezza con cui tanti addetti ai lavori sostengono, come se fossero nel cervello di Elkann, che la Juventus non sarà mai venduta. Chi ha smantellato la FIAT, che dal punto di vista affettivo (ma stiamo parlando di persone in causa con la madre, quindi figurarsi cosa gli importa di Spalletti), storico e finanziario valeva molto di più, può senza problemi vendere, al giusto prezzo, anche un club che per il gruppo è attualmente soltanto un costo. Come i giornali.
La Serie A si dimezza per la Supercoppa, visto che il prossimo turno dovrà rimandare quattro partite per via dell’impegno arabo dell’Inter prima, del Milan secondo, del Napoli terzo e del Bologna sesto. Visto che non era nemmeno l’ultima stagione del contratto, e che nei prossimi tre anni due edizioni su tre sono ancora senza sede, si sarebbe potuto andare a Riad l’anno prossimo e trovare per questa edizioni soluzioni a chilometro zero, ma ormai è andata ed è inutile discuterne. La classifica corta, con alternanza di capolista vista raramente (l’Inter è la quarta dopo Napoli, Milan e Roma), aumenta per tutte il rischio dei mourinhani ‘zeru tituli’, quindi è probabile che tutti e quattro i partecipanti diano il massimo, al di là degli oltre 9 milioni che toccheranno al vincitore. Inutile poi fare gli schizzinosi quando già in patria i tifosi vengono trattati come clienti.
Il successo del Mondiale per club aveva fatto dimenticare l’esistenza della Coppa Intercontinentale, che nella sua versione di oggi, con sei squadre partecipanti, assomiglia molto al Mondiale annuale. Di sicuro un medio appassionato di calcio che non sia tifoso di una delle squadre coinvolte ignora che mercoledì ad Al Rayyan, in Qatar, PSG e Flamengo si giocheranno il trofeo arrivando da percorsi ben diversi: il Flamengo partendo dal playoff americano contro i messicani del Cruz Azul e poi battendo il Pyramids nella Challenger Cup, il PSG invece partendo da… niente. Perché nel nuovo format la vincitrice dalla Champions disputa soltanto la finale, per non correre il rischio di defezioni, come a sottolineare la diversa cilindrata del calcio europeo.
Oggi ricorrono i trent'anni della sentenza Bosman, cioè di una delle decisioni più importanti nella storia dello sport. Facile rimpiangere il calcio di 'prima', quando eravamo tutti più giovani, magari con qualche pistolotto contro l'avidità di agenti e calciatori. Ma tutto si può dire degli effetti della Bosman, tranne che abbia cambiato gli assetti di potere del calcio. Le federazioni e il loro carrozzone continuano a dettare legge, i club sono sempre più importanti e i loro rapporti di forza cambiano solo con l'ingresso di megamiliardari, gli allenatori devono avere compteneze diverse ma sono sempre in bilico, i calciatori sono mediamente più ricchi ma non è che, a parità di status, vengano trattati meglio di prima. L'unico effetto vero della Bosman è stato quello di rendere indistinguibile una squadra dall'altra visto che è comunque più facile risolverev i probloemi andando sul mercato che costruendo qualcosa.
stefano@indiscreto.net
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