Rob Rensenbrink: tra vittorie con l'Anderlecht e rimpianti Mondiali

Rob Rensenbrink: tra vittorie con l'Anderlecht e rimpianti Mondiali

L'ex ala sinistra partecipò alle sfortunate spedizioni dell'Olanda negli anni '70, colpendo un palo clamoroso contro l'Argentina nel '78. Ha scritto comunque la storia dei biancomalva

Redazione Edipress

03.07.2022 ( Aggiornata il 03.07.2022 08:16 )

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‘Snake man’: uomo serpente. D’impatto, il suo soprannome: faceva divertire i compagni di squadra, compiaciuti di averlo dalla propria parte; preoccupava gli avversari che se lo trovavano di fronte, perché il suo dribbling il più delle volte era letale. In Belgio divenne una colonna dell'Anderlecht, con la maglia della Nazionale olandese sfiorò per due volte la vittoria della Coppa del Mondo negli Anni Settanta: la prima nel 1974 (finale persa per 2-1 contro la Germania Ovest), la seconda nel 1978 contro l'Argentina quando centrò anche un palo durante il match che terminò 3-1 dopo i tempi supplementari. Una vittoria, quella dell'Albiceleste, passata alla storia per la campagna del regime militare che sfruttò (anche) il successo della nazionale per esaltare il governo sanguinario del Generale Videla.

I rimpianti Mondiali di Rensenbrink con l’Olanda

Il destino sportivo, comunque glorioso, di Robbie Rensenbrink, scomparso all'età di 72 anni, avrebbe potuto virare verso un posto stabile nella leggenda il 25 giugno 1978, al minuto 91 della finale Mondiale di Buenos Aires contro l'Argentina. Era uno dei leader, sia pure il più silenzioso e meno appariscente, dopo il no di Cruijff alla maglia arancione. Una sua conclusione ravvicinata eluse l'intervento del portiere Fillol, ma si stampò beffardamente sul palo. Gli argentini quella partita poi la vinsero ai supplementari, e la grande Olanda, che quattro anni prima aveva perso un'altra finalissima (contro la Germania Ovest) si consegnò alla storia del calcio come la più memorabile, epocale delle incompiute insieme all'Ungheria del 1954. Restò parzialmente incompiuto anche Rensenbrink, che all'epilogo del 1974 (quando Cruijff c'era e dominava la scena) a Monaco di Baviera era arrivato malconcio dopo la durissima gara precedente con il Brasile e dovette alzare bandiera bianca alla fine del primo tempo.

Rob Rensenbrink: leggenda dell’Anderlecht

Con la squadra di Bruxelles invece vinse il campionato nel 1972 e nel 1974, quattro coppe del Belgio (1972, 1973, 1975 e 1976) ma soprattutto portò i biancomalva, prima compagine belga nella storia, a vincere a livello internazionale. Due volte la Coppa delle Coppe: nel 1976 in finale contro gli inglesi del West Ham per 4-2 (gara nella quale realizzò due reti) e nel 1978 con il nettissimo 4-0 all'Austria Vienna (a segno anche in quell’occasione per due volte). Nel palmarès, anche due Supercoppe Europee, vinte nella doppia finale contro Bayern Monaco (in gol nel 4-1 di Bruxelles dopo la sconfitta 2-1 in Germania) e Liverpool (3-1 in casa, e ko 2-1 in Inghilterra). Una grande carriera che sarebbe divenuta indimenticabile se di mezzo, in quella notte argentina del 1978, piena di “papelitos” bianchi sul terreno del Monumentàl, non ci si fosse messo quel palo. Gli stessi incastri, vere e proprie sliding doors di carriera che non lo avevano fatto emergere in Olanda gli avrebbero poi consegnato il Mondiale da titolare nel 1974, visto che il santone Michels, arrivato in extremis sulla panchina olandese dopo l’esonero di Fadrhonc, non riuscì a gestire l’antipatia sconfinante in odio fra Cruijff e Keizer e così sulla sinistra mise quella che nella sua testa era la riserva dello stesso Keizer, cioè Rensenbrink. Lui dopo qualche incertezza iniziale disputò un gran Mondiale e soprattutto un gran girone di semifinale, da protagonista anche nella durissima partita con il Brasile (suo il cross per il più bel gol del torneo, segnato da Cruijff) da cui uscì azzoppato. Michels gli fece giocare lo stesso la finale, dove non fu lui ed infatti all’intervallo, come ricordavamo, venne rilevato da René van de Kerkof. Una grande delusione in una grande carriera, anche se fra cento anni Rensenbrink sarà ricordato, purtroppo, soprattutto o soltanto come “quello del palo”.
La sottovalutazione di Rensenbrink, nome che istantaneamente scalda il cuore a una generazione ben precisa, dipende sostanzialmente dal non essere mai stato nel giro dell’Ajax e del Feyenoord dell’epoca: veniva infatti dal DWS, squadra di Amsterdam, negli anni Sessanta di alto livello (vinse anche una Eredivisie) e adesso relegata alla dimensione dilettantistica, ma soprattutto era il giocatore che meno sembrava compatibile con il cosiddetto calcio totale, o per lo meno con l’idealizzazione di quel calcio che viene celebrata ancora oggi.

La malattia e la morte

L'ex ala sinistra dell'Anderlecht era ammalata da tempo. Nel 2015 rivelò di essere affetto da un'atrofia muscolare progressiva, una delle tipologie con le quali si manifesta la Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA). In un'intervista ai media olandesi raccontò quelle che erano diventate le sue condizioni. "I miei tempi di reazione sono cambiati – disse allora parlando della propria situazione -. Ho perso un po' di peso ma non mi sento ancora male. Ho scoperto di avere questa malattia degenerativa nel 2012 e la mia situazione è rimasta stabile per tre anni. Vado in ospedale ogni 6 mesi per gli esami". Il 24 gennaio del 2020, l’uomo del palo ha salutato il mondo, dopo averne sfiorato la conquista per ben due volte; la prima in compagnia di Cruijff, la seconda senza di lui.

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