Giuseppe Zinetti, gli inizi a Bologna e la seconda giovinezza a Roma

Giuseppe Zinetti, gli inizi a Bologna e la seconda giovinezza a Roma

Il numero uno racconta in esclusiva il suo passato: “Ero simile a Zoff, ma il mio modello era Albertosi”

Massimiliano Lucchetti/Edipress

22.06.2023 ( Aggiornata il 22.06.2023 15:08 )

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Giuseppe Zinetti è nato il 22 giugno 1958 a Leno, in provincia di Brescia. Dopo il percorso nelle giovanili del Bologna, esordisce “tra i grandi” a 20 anni con la fascia di capitano al braccio. Trascorsi tanti anni nel capoluogo emiliano, si trasferisce dapprima a Pescara, dove rimane tre stagioni, per poi vivere una seconda giovinezza nella Roma, come secondo portiere. Zinetti può vantare una carriera con oltre trecento presenze tra i professionisti e sedici nella Nazionale Under 21.

Fai il tuo esordio a 20 anni in Serie A. Cosa ricordi di quella giornata?

“Una giornata emozionante, tra l’altro il mister decise di farmi fare il vice capitano, poi a metà ripresa uscì il capitano e io ne ereditai la fascia. Per me, nonostante la sconfitta, la gioia fu indescrivibile”.

In quel periodo eri considerato l’enfant prodige del ruolo, ne eri consapevole?

“C’eravamo solo io e Giovanni e Galli a vent’anni che giocavamo in Serie A; per questo devo ringraziare il mio preparatore dei portieri, Pietro Battara, che ha creduto fortemente in me, in un’epoca in cui era normale inviare i giovani in Serie C o D per 'farsi le ossa'”.

Gli addetti ai lavori dicevano che eri più simile a Dino Zoff che ad Enrico Albertosi. Concordi?

“Assolutamente sì, avevo uno stile molto più lineare simile a Dino; solo simile, non diciamo che eravamo uguali mi raccomando (ride ndi)”.

Avevi un idolo tra i due, oppure qualcun altro?

“Erano i due portieri della Nazionale, quelli che noi giovani guardavamo con maggiore attenzione. Anche se ero più simile a Zoff, il capello lungo e il modo di interpretare il ruolo di Albertosi erano unici”.

Nel 1980 vieni convocato da Bearzot per il Mundialito. Vero che non si trattava di una competizione canonica ma era comunque una vetrina appetita da ogni giocatore. Che ricordi hai di quei giorni?

“Ricordi indelebili, non mi aspettavo la convocazione. Giocavo nell’Under 21 e la Nazionale maggiore era un sogno. Ebbi, tra l’altro, la fortuna di vedere all’opera per la prima volta, Diego Armando Maradona, che aveva appena vinto il Mondiale Under 20; si vedeva già allora che giocatore sarebbe diventato”.

A Bologna passi circa una decina d’anni, con un intermezzo alla Triestina, pensi di non essere stato apprezzato abbastanza?

“Credo che Corioni e Maifredi al loro arrivo abbiano portato una discontinuità in società ed il mio ciclo era giustamente giunto al termine. Ringrazierò sempre il Bologna per l’opportunità che mi ha dato, di esordire in Serie A e disputare 250 partite con quella maglia indosso”.

A Pescara circa 60 presenze in tre anni: per uno destinato alla pensione - come pensavano alcuni - non sembra male.

“Giuseppe Gatta doveva essere il titolare ma alla fine giocammo entrambi. Ho bellissimi ricordi anche qui, anche se il mister Galeone non prestava molta attenzione al ruolo di portiere”.

Giunto a Roma vivi quasi una seconda giovinezza. Non sei il titolare, ma quando giochi dimostri sempre il tuo valore. Cosa ricordi della piazza romana?

“Sono stati tre anni molto intensi: l’esordio in Coppa Uefa, la vittoria della Coppa Italia. Sono sincero, senza la vicenda che colpì Peruzzi non avrei mai giocato, anche perché si vedevano le qualità enormi di Angelo, pur giovanissimo; sono contentissimo di aver lasciato un buon ricordo nei tifosi della squadra giallorossa”.

Finita la carriera da calciatore, inizia la seconda vita da preparatore dei portieri. Cosa ti ha spinto a intraprendere questa strada?

“Ho cercato di tramettere ai giovani portieri e a quelli più esperti la mia esperienza di portiere in Serie”.

Meglio allenare un giovane o un portiere già formato?

“Ho iniziato con dei ragazzini alla Spal; poi andai a Fiorenzuola, dove rimasi un anno con Cavasin allenatore, grazie a Tullio Tinti, con il quale siamo cresciuti insieme da ragazzini. Alla fine dell’annata mi richiamò Tullio dicendomi che si era liberato un posto a Cagliari con Ventura; parlai con Cavasin, che capì la situazione e da quell’anno iniziò la mia avventura ventennale con Gian Piero”.

Raccontami invece della tua passione per il golf. Come nasce?

“Nasce in Sardegna, a Cagliari; lì conobbi un maestro inglese, Dan Williamson, grande tifoso del Cagliari; andai a provare e non smisi più. Diciamo che il golf è un po’ la prosecuzione del ruolo del portiere: sei da solo contro tutti”.

Pensi mai che avresti potuto essere al posto di Giovanni Galli nel 1982 e, di conseguenza, essere un campione del mondo?

“Sinceramente non ci ho mai pensato. Io ero nel Bologna in Serie B, lui nella Fiorentina ai primi posti della classifica; poi Giovanni ha fatto una carriera grandiosa e si è meritato negli anni quella medaglia”. 

 

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