Mondiale 1962, Brasile campione senza Pelé

Mondiale 1962, Brasile campione senza Pelé

Verdeoro in trionfo contro la Cecoslovacchia 60 anni fa: "O Rei" subito infortunato, emerge Amarildo spalleggiato da un enorme Garrincha, "graziato" dalla Fifa dopo l'espulsione in semifinale
 

Alessandro Ruta/Edipress

17.06.2022 14:15

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Per una volta, il Mondiale del Brasile di Pelé ma senza Pelé: nel 1962 i Verdeoro conquistarono il loro secondo titolo consecutivo senza un grande apporto di "O Rei", che si infortunò quasi subito. Eppure nella finale contro la Cecoslovacchia i sudamericani prevalsero, dopo essere andati in svantaggio, vincendo 3-1 grazie a un enorme Garrincha.

La base della Seleçao del 1958

Da campione in carica il Brasile si presentava ai nastri di partenza di quel Mondiale cileno come la squadra da battere. Una squadra che rispetto al precedente Mondiale in Svezia di quattro anni prima aveva cambiato poco o nulla, praticamente solo l'allenatore, che da Vicente Feola era diventato Aymoré Moreira, che era già stato per un breve periodo Ct della Seleçao. Da giocatore Moreira era stato portiere di successo, ma il suo capolavoro fu la vittoria nel 1962 con un Brasile che ai più sembrava logorato.
Del resto, come detto, la formazione tipo era rimasta la stessa del 1958 a partire dalla litania dell'attacco: Garrincha-Didi-Vavá-Pelé, e poi i due terzini Djalma e Nilton "Enciclopedia" Santos, due dei più forti di sempre, ma già ben oltre la trentina. E in porta Gilmar, forse il più grande numero uno nella storia del Brasile. Una squadra collaudatissima, insomma, per un Mondiale dove oltre al Brasile le altre favorite sono l'Unione Sovietica campione d'Europa in carica con Jascin tra i pali, e sempre dall'est Europa la Jugoslavia e la Cecoslovacchia.

Fuori Pelé, dentro Amarildo

La finale tra Brasile e Cecoslovacchia fu la replica della partita che le due squadre disputarono nel girone di qualificazione ai quarti. Una partita che sul tabellino terminò 0-0, ma che lasciò uno strascico mica da ridere per i Verdeoro, visto che Pelé, già a bersaglio all'esordio contro il Messico, si dovette fermare per uno stiramento all'inguine. In un torneo così corto, non c'era spazio per il recupero, così dalla successiva partita contro la Spagna di Luis Suarez, dove giocava Puskas, Moreira dovette ricorrere alla prima riserva tra gli attaccanti: Amarildo. E il futuro bomber di Milan, Fiorentina e Roma salvò letteralmente la faccia ai suoi, che fino a un quarto d'ora dal termine della sfida alle Furie Rosse erano eliminati: doppietta a ribaltare il vantaggio di Adelardo e Brasile ai quarti, ma col fiatone.
Da lì in avanti il proscenio se lo sarebbe preso soprattutto Garrincha, mai così decisivo in Nazionale, nemmeno nel '58 quando tutta l'orchestra brasiliana aveva dato spettacolo. L'ala Verdeoro segnò 4 gol in due partite, due all'Inghilterra e due al Cile in semifinale, facendosi però espellere per un fallo di reazione. Strano, vero, coi cileni in quel Mondiale? L'Italia se n'era resa conto... Squalifica per la finale? Nemmeno per sogno, perché il governo brasiliano, nientemeno, scrisse alla Fifa spiegando che "Mané" era stato provocato e che l'espulsione era stata ingiusta. Incredibile ma vero, il ricorso venne accettato e Garrincha potè giocare l'ultimo atto della coppa.

La vittoria in rimonta sulla Cecoslovacchia 

Ci fu anche chi sottolineò come in caso di assenza di Garrincha avrebbero vinto "i comunisti" della Cecoslovacchia, ma queste erano state soprattutto illazioni. Certo, con quel Garrincha immarcabile per il Brasile il pronostico era in discesa.
Dall'altra parte una nazionale, quella cecoslovacca, arrivata fin lì come una formichina, battendo in semifinale la Jugoslavia o ai quarti 1-0 l'Ungheria della stella nascente del calcio mondiale Florian Albert, che nel 1967 vincerà il Pallone d'Oro. La squadra allenata da Rudolf Vytlacil praticava un gioco molto fisico, con un 4-3-3 in cui il centravanti era un adattato come Scherer. La Cecoslovacchia peraltro si era qualificata per la Coppa del Mondo solo dopo un estenuante spareggio con la Scozia, mentre il Brasile da campione in carica aveva ottenuto il biglietto per il Cile di diritto.
Praticamente due stili opposti a confronto, il 17 giugno del 1962 a Santiago. Pelé volle tentare fino all'ultimo il recupero, ma Moreira preferì con grande intelligenza affidarsi ancora ad Amarildo.
Dopo un quarto d'ora, però, vantaggio della Cecoslovacchia con il suo miglior giocatore, Josef Masopust, fenomenale "tuttocampista" come si chiamerebbe oggi. In forza al Dukla Praga, ossatura di quella Nazionale, vincerà il Pallone d'Oro proprio nel 1962. Due minuti dopo, tuttavia, pareggio del talismano Amarildo con un tiro sul primo palo che inganna il portiere Schrojf, il cui pomeriggio proseguirà anche in maniera peggiore. Brasile comunque non al meglio, Garrincha squalifica a parte è febbricitante e la squadra non ingrana. Nella ripresa, però, i sudamericani riescono a dilagare, grazie di nuovo alle gaffe di Schrojf, che fin lì era stato un'autentica saracinesca, lungo tutto il torneo. Sta a guardare sul 2-1 di Zito, e si lascia sfuggire il pallone su un cross innocuo di Djalma Santos, su cui interviene felino Vavá per il 3-1.

Brasile campione del mondo, in un torneo non particolarmente spettacolare e con una finale tutto sommato grigia, molto più grigia di quella del 1958.

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