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Non c'è Europeo senza Ibrahimovic

Non c'è Europeo senza Ibrahimovic

Redazione

12 novembre 2015

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Nulla di personale contro la Danimarca, ma Zlatan Ibrahimovic è nato nel 1981. Il che vuol dire, senza munirci di calcolatrice e se tutto andrà secondo i suoi piani, che prenderà parte all'Europeo francese alla non più tenera età di quasi 35 anni. «Impossibile immaginare questo torneo senza di me» aveva dichiarato il mese scorso sull'eventualità di un ko durante i playoff, il cui sorteggio qualche giorno dopo gli avrebbe regalato il derby scandinavo. E ha ragione. Sarebbe l'ultima grande occasione della carriera con la maglia della Nazionale. La selezione della Svezia, anni luce lontana dall'ibrapensiero e dall'ibrarealtà, non gli ha permesso di partecipare al Mondiale del 2010 né a quello del 2014 e, francamente, la sola possibilità di gettare al vento anche quest'opportunità raffigurerebbe il punto di non ritorno. Ibrahimovic è la morte della modestia, questo è chiaro a tutti, d'altra parte la lampante carenza nell'individuazione dei propri limiti ha contribuito alla produzione del fenomeno Zlatan. È il caso calcistico sociologicamente più interessante da dieci anni a oggi, sbruffone e sincero. Dice quel che pensa, infischiandosene delle conseguenze. È il nomade del pallone, al quale poco importa se il baldacchino del letto si trovi a Milano, Barcellona o Parigi. La missione è sempre una, vincere la Champions. Inevitabilmente più franco del 99% dei colleghi, che accampano improbabili scuse per il più futile dei motivi. La carriera vissuta perennemente da individualista, con la naturale avversione verso chiunque abbia provato nel tempo a sentirsi minimamente utile alla causa del reparto, gli devolverà ugualmente il giusto congedo. Ripensate al suo trasferimento al Barcellona, a posteriori un errore marchiano. Ci fregò, perché tutti pensavamo che avrebbe trasportato con violenza l'uragano delle abilità anche al Camp Nou, e invece non si rese subito conto che di fronte aveva - per carattere e filosofia di gioco - la negazione del proprio ego: la squadra più organizzata e concettualmente avanti degli ultimi anni. Del resto, nelle altre città che hanno avuto il piacere di accoglierlo qualcosina ha fatto vedere. È per questo che Ibra merita di chiudere nel migliore dei modi, perché resta ancora al top nella classifica dei più forti se si escludono Messi e Ronaldo, che praticano un altro sport. @damorirne

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