Nel 1997 la Nazionale italiana di rugby non era ancora nel Sei Nazioni. La nostra selezione si stava preparando a entrare nel torneo, e per questo ogni test match contro le big aveva il sapore di un esame. Come quello del 4 gennaio, a Lansdowne Road, contro l'Irlanda, che preparava il Cinque Nazioni, mentre gli azzurri si stavano avvicinando alla finale della coppa Fira. L'altro test previsto in quei giorni, contro il Galles, oltretutto era stato annullato: la Nazionale, quindi, aveva una partita in meno per rendersi conto del suo livello. Ma quella che sembrava una sconfitta annunciata, si trasform&ograve; in una grande impresa, in una serata piovosa con il campo pesante, di quelli che esaltano gli eroi. Azzurri senza l'indimenticato Ivan Francescato e Massimo Giovanelli, ma con tante risorse da mettere in campo. Irlandesi avanti con Bourke; Dominguez fallisce un piazzato da 55 metri ma si riscatta lanciando Stoica, per la meta di Vaccari. Si va sul 7-3, ma ancora Bourke riduce le distanze. Altra meta azzurra di Massimo Cuttitta, poi un piazzato di Dominguez porta l'Italia sul 17-9, prima dei tre calci consecutivi di Davies che danno il vantaggio ai padroni di casa. L'Italia &egrave; a contatto e anche nella ripresa, quando ci si aspetterebbe il calo fisiologico degli azzurri, arriva il nuovo vantaggio ancora con Dominguez, al quale risponde ancora Bourke. <h2>Apoteosi</h2> Dopo qualche minuto, la potenziale svolta: calcio di Bourke in profondit&agrave;, Pertile e Vaccari non si intendono e lasciano palla a Bell, che corre verso la meta. Ma l'Italia non ci sta: Troncon trascina gli azzurri nei 22 metri irlandesi, Vaccari va in meta, Dominguez trasforma per il 30-29. La reazione dell'Irlanda &egrave; confusionaria, l'Italia tiene duro e chiude la partita sul 37-29 ancora con Dominguez, assoluto protagonista con 22 punti. Festeggia una straordinaria Italia, gli irlandesi quasi non ci credono.

        Nel 1997 la Nazionale italiana di rugby non era ancora nel Sei Nazioni. La nostra selezione si stava preparando a entrare nel torneo, e per questo ogni test match contro le big aveva il sapore di un esame. Come quello del 4 gennaio, a Lansdowne Road, contro l'Irlanda, che preparava il Cinque Nazioni, mentre gli azzurri si stavano avvicinando alla finale della coppa Fira. L'altro test previsto in quei giorni, contro il Galles, oltretutto era stato annullato: la Nazionale, quindi, aveva una partita in meno per rendersi conto del suo livello. Ma quella che sembrava una sconfitta annunciata, si trasform&ograve; in una grande impresa, in una serata piovosa con il campo pesante, di quelli che esaltano gli eroi. Azzurri senza l'indimenticato Ivan Francescato e Massimo Giovanelli, ma con tante risorse da mettere in campo. Irlandesi avanti con Bourke; Dominguez fallisce un piazzato da 55 metri ma si riscatta lanciando Stoica, per la meta di Vaccari. Si va sul 7-3, ma ancora Bourke riduce le distanze. Altra meta azzurra di Massimo Cuttitta, poi un piazzato di Dominguez porta l'Italia sul 17-9, prima dei tre calci consecutivi di Davies che danno il vantaggio ai padroni di casa. L'Italia &egrave; a contatto e anche nella ripresa, quando ci si aspetterebbe il calo fisiologico degli azzurri, arriva il nuovo vantaggio ancora con Dominguez, al quale risponde ancora Bourke. Apoteosi Dopo qualche minuto, la potenziale svolta: calcio di Bourke in profondit&agrave;, Pertile e Vaccari non si intendono e lasciano palla a Bell, che corre verso la meta. Ma l'Italia non ci sta: Troncon trascina gli azzurri nei 22 metri irlandesi, Vaccari va in meta, Dominguez trasforma per il 30-29. La reazione dell'Irlanda &egrave; confusionaria, l'Italia tiene duro e chiude la partita sul 37-29 ancora con Dominguez, assoluto protagonista con 22 punti. Festeggia una straordinaria Italia, gli irlandesi quasi non ci credono.       

Il 4 gennaio 1997 l'Italrugby vinse 37-29 nel tempio irlandese. Dominguez eroe della serata: Diego segn&ograve; 22 punti. Padroni di casa increduli davanti alla nostra grande impresa

Irlanda-Italia, quando gli azzurri del rugby sbancarono Lansdowne Road

Il verdetto da Twickenham &egrave; arrivato: la Nuova Zelanda si conferma Campione del Mondo, conquista il secondo titolo consecutivo - impresa mai riuscita a nessun altro in precedenza - e sale in testa al medagliere con tre Webb Ellis Cup, lasciando a due il Sudafrica e proprio l&rsquo;Australia. &Egrave; la prima volta che gli All Blacks conquistano il titolo fuori dalla propria patria. Come sembrano lontani i tempi in cui il torneo sembrava stregato per la nazionale pi&ugrave; famosa del mondo: dopo il successo del 1987, nella prima edizione in assoluto, ha patito un lungo digiuno, interrotto quattro anni fa. Ora &egrave; il momento del tripudio e non c&rsquo;&egrave; dubbio che il trofeo sia finito nelle mani che pi&ugrave; lo hanno meritato. In finale, la Nuova Zelanda ha dominato a lungo il match. Ha chiuso il primo tempo in vantaggio per 16-3 (risultato frutto di tre penalty di Carter, della meta di Milner-Skudder e della trasformazione di Carter), mettendo la gara in discesa e portandosela nei propri binari; in avvio di ripresa ha allungato fino al 21-3 (meta di Nonu, questa volta senza trasformazione annessa), prima di staccare un po&rsquo; la spina e di subire il ritorno degli Aussies, i quali - approfittando del cartellino giallo di Ben Smith, che ha lasciato gli avversari in inferiorit&agrave; numerica per dieci minuti - sono riusciti a rientrare in gara, grazie a due mete (siglate da Pocock e Kuridrani) e due trasformazioni (a firma di Foley, gi&agrave; autore dei tre punti del primo tempo); dopo il momento di smarrimento, McCaw e soci hanno ripreso il possesso della partita, tornando all&rsquo;attacco e assestando i colpi decisivi. Giunti al 21-17 i Wallabies sono crollati negli ultimi dieci minuti, quando il drop e l&rsquo;ennesima punizione di un meraviglioso Dan Carter (19 punti complessivi) hanno permesso ai neozelandesi di allungare di nuovo, prima della ciliegina finale della terza meta di Barrett, involatosi in velocit&agrave;. L&rsquo;Australia, anch&rsquo;essa arrivata all&rsquo;appuntamento londinese da imbattuta, tornava dove nel 1991 conquist&ograve; il suo primo titolo mondiale (ai danni dell&rsquo;Inghilterra), ma di fronte a s&eacute; aveva un ostacolo terribile. Dalla sua c&rsquo;era la consapevolezza di essere stata l&rsquo;ultima squadra ad aver battuto i neozelandesi. Il XV di Cheika ha provato a tendere uno scherzetto, per rimanere in tema di Halloween, a quello di Hansen e&nbsp; ha mostrato grande cuore, non rassegnandosi al proprio destino neppure quando la gara pareva segnata. Il -4 raggiunto ha dato addirittura l&rsquo;impressione di poter capovolgere clamorosamente l&rsquo;esito della finale, ma contro la classe e il carisma degli avversari, gli australiani si sono limitati alla mera illusione. I neozelandesi erano i grandi favoriti della vigilia e durante la manifestazione hanno dimostrato di essere meritevoli dell&rsquo;alloro iridato. Il cammino dei Campioni del Mondo &egrave; stato privo di intoppi: hanno vinto al debutto contro gli argentini futuri semifinalisti (26-16), poi hanno sbrigato le pratiche Namibia (58-14), Georgia (48-10) e Tonga (47-9), assicurandosi l&rsquo;en plein nella fase a gironi. Ai quarti, hanno strapazzato la Francia nella rivincita della scorsa finale; e se nel 2011 l&rsquo;esito fu un combattuto 8-7, questa volta non c&rsquo;&egrave; stata storia e gli oceaniani hanno eliminato i transalpini con un reboante 62-13. In semifinale, l&rsquo;unico brivido del torneo, con la vittoria di misura sul Sudafrica (20-18). E poi, l&rsquo;appuntamento con la storia, nella splendida cornice di Twickenham, stadio ideale per ospitare la partita pi&ugrave; giocata di sempre e quella tra la prime due compagini del ranking. I 34 punti rappresentano il record degli All Blacks in una finale mondiale, ma non bastano per superare quello generale, ancora appartenente all&rsquo;Australia, che nel 1999 riusc&igrave; a rifilarne 35 alla Francia. Ma questi sono solo i freddi numeri. Le emozioni sono quelle rappresentate dai punti di Dan Carter (il drop da 40 metri nel momento pi&ugrave; delicato della gara &egrave; pura magia), votato come man of the match della finale, dalla forza di Ma&rsquo;a Nonu, dalle spettacolari mete dei tutti neri e da Richie McCaw che saluta la nazionale con il trofeo sollevato, primo capitano della storia ad averlo vinto due volte. Il torneo, magnificamente organizzato dagli inglesi, ha confermato la leadership dell&rsquo;emisfero meridionale. Per la prima volta nessuna rappresentante europea ha raggiunto le semifinali (c&rsquo;&egrave; andata molto vicina la Scozia, eliminata dall&rsquo;Australia in extremis ai quarti di finale in una delle gare pi&ugrave; discusse e divertenti dell&rsquo;intera rassegna, decisa da un penalty all&rsquo;ultimo minuto) e le prime quattro classificate coincidono con le partecipanti del Rugby Championship (il vecchio Tre Nazioni, a cui negli ultimi anni si &egrave; aggiunta l&rsquo;Argentina). Una dura lezione al vecchio continente, soprattutto per l&rsquo;Inghilterra, vera delusione del torneo. Considerata per forza e fattore-campo come la principale anti-Nuova Zelanda, &egrave; uscita di scena ai gironi, estromessa dal duo composto da Australia e Galles. Giovanni Del Bianco @g_delbianco

Il verdetto da Twickenham &egrave; arrivato: la Nuova Zelanda si conferma Campione del Mondo, conquista il secondo titolo consecutivo - impresa mai riuscita a nessun altro in precedenza - e sale in testa al medagliere con tre Webb Ellis Cup, lasciando a due il Sudafrica e proprio l&rsquo;Australia. &Egrave; la prima volta che gli All Blacks conquistano il titolo fuori dalla propria patria. Come sembrano lontani i tempi in cui il torneo sembrava stregato per la nazionale pi&ugrave; famosa del mondo: dopo il successo del 1987, nella prima edizione in assoluto, ha patito un lungo digiuno, interrotto quattro anni fa. Ora &egrave; il momento del tripudio e non c&rsquo;&egrave; dubbio che il trofeo sia finito nelle mani che pi&ugrave; lo hanno meritato.  In finale, la Nuova Zelanda ha dominato a lungo il match. Ha chiuso il primo tempo in vantaggio per 16-3 (risultato frutto di tre penalty di Carter, della meta di Milner-Skudder e della trasformazione di Carter), mettendo la gara in discesa e portandosela nei propri binari; in avvio di ripresa ha allungato fino al 21-3 (meta di Nonu, questa volta senza trasformazione annessa), prima di staccare un po&rsquo; la spina e di subire il ritorno degli Aussies, i quali - approfittando del cartellino giallo di Ben Smith, che ha lasciato gli avversari in inferiorit&agrave; numerica per dieci minuti - sono riusciti a rientrare in gara, grazie a due mete (siglate da Pocock e Kuridrani) e due trasformazioni (a firma di Foley, gi&agrave; autore dei tre punti del primo tempo); dopo il momento di smarrimento, McCaw e soci hanno ripreso il possesso della partita, tornando all&rsquo;attacco e assestando i colpi decisivi. Giunti al 21-17 i Wallabies sono crollati negli ultimi dieci minuti, quando il drop e l&rsquo;ennesima punizione di un meraviglioso Dan Carter (19 punti complessivi) hanno permesso ai neozelandesi di allungare di nuovo, prima della ciliegina finale della terza meta di Barrett, involatosi in velocit&agrave;. L&rsquo;Australia, anch&rsquo;essa arrivata all&rsquo;appuntamento londinese da imbattuta, tornava dove nel 1991 conquist&ograve; il suo primo titolo mondiale (ai danni dell&rsquo;Inghilterra), ma di fronte a s&eacute; aveva un ostacolo terribile. Dalla sua c&rsquo;era la consapevolezza di essere stata l&rsquo;ultima squadra ad aver battuto i neozelandesi. Il XV di Cheika ha provato a tendere uno scherzetto, per rimanere in tema di Halloween, a quello di Hansen e&nbsp; ha mostrato grande cuore, non rassegnandosi al proprio destino neppure quando la gara pareva segnata. Il -4 raggiunto ha dato addirittura l&rsquo;impressione di poter capovolgere clamorosamente l&rsquo;esito della finale, ma contro la classe e il carisma degli avversari, gli australiani si sono limitati alla mera illusione.  I neozelandesi erano i grandi favoriti della vigilia e durante la manifestazione hanno dimostrato di essere meritevoli dell&rsquo;alloro iridato. Il cammino dei Campioni del Mondo &egrave; stato privo di intoppi: hanno vinto al debutto contro gli argentini futuri semifinalisti (26-16), poi hanno sbrigato le pratiche Namibia (58-14), Georgia (48-10) e Tonga (47-9), assicurandosi l&rsquo;en plein nella fase a gironi. Ai quarti, hanno strapazzato la Francia nella rivincita della scorsa finale; e se nel 2011 l&rsquo;esito fu un combattuto 8-7, questa volta non c&rsquo;&egrave; stata storia e gli oceaniani hanno eliminato i transalpini con un reboante 62-13. In semifinale, l&rsquo;unico brivido del torneo, con la vittoria di misura sul Sudafrica (20-18). E poi, l&rsquo;appuntamento con la storia, nella splendida cornice di Twickenham, stadio ideale per ospitare la partita pi&ugrave; giocata di sempre e quella tra la prime due compagini del ranking.  I 34 punti rappresentano il record degli All Blacks in una finale mondiale, ma non bastano per superare quello generale, ancora appartenente all&rsquo;Australia, che nel 1999 riusc&igrave; a rifilarne 35 alla Francia. Ma questi sono solo i freddi numeri. Le emozioni sono quelle rappresentate dai punti di Dan Carter (il drop da 40 metri nel momento pi&ugrave; delicato della gara &egrave; pura magia), votato come man of the match della finale, dalla forza di Ma&rsquo;a Nonu, dalle spettacolari mete dei tutti neri e da Richie McCaw che saluta la nazionale con il trofeo sollevato, primo capitano della storia ad averlo vinto due volte.  Il torneo, magnificamente organizzato dagli inglesi, ha confermato la leadership dell&rsquo;emisfero meridionale. Per la prima volta nessuna rappresentante europea ha raggiunto le semifinali (c&rsquo;&egrave; andata molto vicina la Scozia, eliminata dall&rsquo;Australia in extremis ai quarti di finale in una delle gare pi&ugrave; discusse e divertenti dell&rsquo;intera rassegna, decisa da un penalty all&rsquo;ultimo minuto) e le prime quattro classificate coincidono con le partecipanti del Rugby Championship (il vecchio Tre Nazioni, a cui negli ultimi anni si &egrave; aggiunta l&rsquo;Argentina). Una dura lezione al vecchio continente, soprattutto per l&rsquo;Inghilterra, vera delusione del torneo. Considerata per forza e fattore-campo come la principale anti-Nuova Zelanda, &egrave; uscita di scena ai gironi, estromessa dal duo composto da Australia e Galles.  Giovanni Del Bianco @g_delbianco

Rugby, la Nuova Zelanda &egrave; Campione del Mondo

Parte questa sera, con Inghilterra-Figi, l&rsquo;ottava edizione della Coppa del Mondo di rugby. Nazione ospitante &egrave; proprio l&rsquo;Inghilterra, che per questo torneo ha messo a disposizione tredici stadi in undici citt&agrave; (Londra ha tre impianti, Twickenham, Wembley e l&rsquo;Olimpico. Otto partite si giocheranno in Galles, al Millennium Stadium di Cardiff). La formula del torneo &egrave; rimasta invariata: quattro gironi da cinque squadre, con le prime due di ciascun gruppo promosse ai quarti di finale. Anche il terzo posto, comunque, ha la sua importanza, dal momento che garantisce la qualificazione al prossimo Mondiale. Il format offre poco ricambio: per forza di cose, almeno dodici squadre sono in automatico le stesse del Mondiale precedente. Rispetto all&rsquo;edizione neozelandese, poi, le qualificazioni hanno apportato una sola modifica tra le finaliste: al posto della Russia, presente quattro anni fa, c&rsquo;&egrave; questa volta l&rsquo;Uruguay. I sudamericani hanno battuto proprio i russi nei ripescaggi, che vedevano in lotta anche Zimbabwe e Hong Kong, ovvero le squadre arrivate appena dietro alle qualificate nelle rispettive zone. Grande favorita secondo i bookmaker &egrave; la Nuova Zelanda campione in carica: gli All Blacks trionfarono in casa loro quattro anni fa, battendo 8-7 in finale la Francia, considerata invece una potenza calante, anche a seguito del grigio Sei Nazioni di quest&rsquo;anno (tra l&rsquo;altro quello tra neozelandesi e francesi &egrave; un possibile incrocio ai quarti). Dietro di lei, parte in seconda posizione l&rsquo;Inghilterra, campione nel 2003, unico caso in cui a vincere fu una compagine dell&rsquo;emisfero settentrionale. La qualit&agrave; della squadra e il pubblico amico di Twickenham potrebbero riportare dalle parti della Regina il titolo iridato, anche se negli ultimi anni la selezione di Stuart Lancaster non ha vinto neppure un Sei Nazioni, segno che potrebbe mancare qualcosa. Impossibile non inserire nel lotto delle favorite anche l&rsquo;Irlanda, nostra avversaria nei gironi: i verdi hanno vinto gli ultimi due Sei Nazioni e vantano giocatori come Jonathan Sexton, uno degli uomini pi&ugrave; attesi della rassegna, il vecchio Paul O&rsquo;Connell, voglioso di chiudere con un titolo, e Robbie Henshaw. Ai Mondiali, l&rsquo;Irlanda raggiunge i quarti praticamente sempre (nelle ultime sette edizioni, li ha mancati solo una volta). Una volta messo il piede nell&rsquo;eliminazione diretta, si pu&ograve; sognare in grande. Questa la composizione dei gironi: GIRONE A (Inghilterra, Australia, Galles, Figi, Uruguay) Il primo raggruppamento &egrave; il classico girone di ferro. Oltre all&rsquo;Inghilterra, considerata la prima forza, ci sono Australia e Galles a contendersi presumibilmente l&rsquo;altro posto per i quarti, con le Figi che saranno avversario ostico per tutti e che non si limiteranno a guardare gli altri a darsi battaglia. La sfida tra Galles e Figi &egrave; davvero aperta a tutti i risultati: nel 2007, vinsero gli oceaniani; nel 2011, il Galles vinse 66-0! Ad ogni modo, peser&agrave; sul Galles l&rsquo;assenza di Leigh Halfpenny. Pochissime possibilit&agrave; per l&rsquo;Uruguay, ultima qualificata all&rsquo;evento inglese e piombato in compagnia di avversarie tostissime. GIRONE B (Sudafrica, Scozia, Samoa, Giappone, Usa) Nel secondo girone, la parte del leone la recita il Sudafrica due volte Campione del Mondo (nel 1995, nella famosa edizione casalinga di Nelson Mandela, e nel 2007). Il secondo posto se lo contendono nello scontro diretto Samoa e Scozia, con quest&rsquo;ultima che punta ad archiviare il cucchiaio del Sei Nazioni. Quattro anni fa due brucianti sconfitte con Argentina e Inghilterra, lasciarono gli scozzesi fuori dalla final eight. Questa volta il primo turno potrebbe venir superato: la sfida contro gli isolani all&rsquo;ultimo turno sar&agrave; una sorta di ottavo di finale, dove, se tutto procede secondo i pronostici, le due squadre potrebbero arrivarci appaiate. GIRONE C (Nuova Zelanda, Argentina, Tonga, Georgia, Namibia) Considerato scontato il primato dei campioni in carica, anche se un po&rsquo; attempati (undici giocatori over 30), si giocheranno l'altro posto gli argentini, in costante crescita da quando sono stati inseriti in quello che era il vecchio Tre Nazioni (ribattezzato in Rugby Championship dal 2012), e i tongani. Georgia e Namibia non dovrebbero rappresentare un problema per le altre. La Nuova Zelanda di Steve Hansen ha l'obiettivo di imporsi fuori dai propri confini, eventualit&agrave; mai accaduta finora. Il bis iridato non &egrave; mai riuscito a nessuno, e i Kiwi puntano anche a staccare nell'albo d'oro Australia e Sudafrica. Sulla trequarti, i nomi fanno paura: Den Carter, Sonny Bill Williams, Julian Savea, Ben Smith, Aaron Smith, Conrad Smith. Il leader della squadra &egrave; il capitano Richie McCaw, detentore del recordman di presenze. Interessanti le novit&agrave; costituite dalle ali Nehe Milner-Skudder e Waisake Naholo. GIRONE D (Irlanda, Francia, Italia, Canada, Romania) Per l&rsquo;Italia le chance di qualificazione sembrano poche: c&rsquo;&egrave; da vincere lo spareggio contro la Francia per cullare qualche ambizione. Il calendario ha posto questa sfida proprio al debutto (domenica sera alle 21). La Francia spesso parte piano e proprio su questo l&rsquo;Italia dovr&agrave; far leva. In pi&ugrave; i nostri primi avversari negli ultimi anni sono andati piuttosto male: la gestione di Saint-Andr&egrave; non &egrave; stata foriera n&eacute; di trofei n&eacute; di un buon gioco e i Galletti hanno vissuto pi&ugrave; sugli spunti dei singoli che non su un gioco di squadra. Fatta questa tara, stiamo parlando sempre dei tre volte vice-campioni del mondo ed &egrave; ovvio che agli Azzurri servir&agrave; un&rsquo;impresa per vincere contro i propri vicini di casa. E tanto per complicare il compito, bisogner&agrave; tentarla senza la stella Parisse, fuori per infortunio. Dopo l&rsquo;esordio con la Francia, le tre uscite seguenti della squadra di Jacques Brunel, sono previste contro Canada (il 26 settembre alle 15.30 a Leeds), Irlanda (il 4 ottobre alle 17.45 allo stadio Olimpico di Londra) e Romania (l&rsquo;11 ottobre alle 15.30, a Exeter). Vincere almeno contro Canada e Romania dovrebbe garantirci l&rsquo;aritmetica partecipazione ai Mondiali del 2019, che si disputeranno in Giappone. Giovanni Del Bianco @g_delbianco

Parte questa sera, con Inghilterra-Figi, l&rsquo;ottava edizione della Coppa del Mondo di rugby. Nazione ospitante &egrave; proprio l&rsquo;Inghilterra, che per questo torneo ha messo a disposizione tredici stadi in undici citt&agrave; (Londra ha tre impianti, Twickenham, Wembley e l&rsquo;Olimpico. Otto partite si giocheranno in Galles, al Millennium Stadium di Cardiff). La formula del torneo &egrave; rimasta invariata: quattro gironi da cinque squadre, con le prime due di ciascun gruppo promosse ai quarti di finale. Anche il terzo posto, comunque, ha la sua importanza, dal momento che garantisce la qualificazione al prossimo Mondiale. Il format offre poco ricambio: per forza di cose, almeno dodici squadre sono in automatico le stesse del Mondiale precedente. Rispetto all&rsquo;edizione neozelandese, poi, le qualificazioni hanno apportato una sola modifica tra le finaliste: al posto della Russia, presente quattro anni fa, c&rsquo;&egrave; questa volta l&rsquo;Uruguay. I sudamericani hanno battuto proprio i russi nei ripescaggi, che vedevano in lotta anche Zimbabwe e Hong Kong, ovvero le squadre arrivate appena dietro alle qualificate nelle rispettive zone.  Grande favorita secondo i bookmaker &egrave; la Nuova Zelanda campione in carica: gli All Blacks trionfarono in casa loro quattro anni fa, battendo 8-7 in finale la Francia, considerata invece una potenza calante, anche a seguito del grigio Sei Nazioni di quest&rsquo;anno (tra l&rsquo;altro quello tra neozelandesi e francesi &egrave; un possibile incrocio ai quarti). Dietro di lei, parte in seconda posizione l&rsquo;Inghilterra, campione nel 2003, unico caso in cui a vincere fu una compagine dell&rsquo;emisfero settentrionale. La qualit&agrave; della squadra e il pubblico amico di Twickenham potrebbero riportare dalle parti della Regina il titolo iridato, anche se negli ultimi anni la selezione di Stuart Lancaster non ha vinto neppure un Sei Nazioni, segno che potrebbe mancare qualcosa.  Impossibile non inserire nel lotto delle favorite anche l&rsquo;Irlanda, nostra avversaria nei gironi: i verdi hanno vinto gli ultimi due Sei Nazioni e vantano giocatori come Jonathan Sexton, uno degli uomini pi&ugrave; attesi della rassegna, il vecchio Paul O&rsquo;Connell, voglioso di chiudere con un titolo, e Robbie Henshaw. Ai Mondiali, l&rsquo;Irlanda raggiunge i quarti praticamente sempre (nelle ultime sette edizioni, li ha mancati solo una volta). Una volta messo il piede nell&rsquo;eliminazione diretta, si pu&ograve; sognare in grande.  Questa la composizione dei gironi:  GIRONE A (Inghilterra, Australia, Galles, Figi, Uruguay) Il primo raggruppamento &egrave; il classico girone di ferro. Oltre all&rsquo;Inghilterra, considerata la prima forza, ci sono Australia e Galles a contendersi presumibilmente l&rsquo;altro posto per i quarti, con le Figi che saranno avversario ostico per tutti e che non si limiteranno a guardare gli altri a darsi battaglia. La sfida tra Galles e Figi &egrave; davvero aperta a tutti i risultati: nel 2007, vinsero gli oceaniani; nel 2011, il Galles vinse 66-0! Ad ogni modo, peser&agrave; sul Galles l&rsquo;assenza di Leigh Halfpenny. Pochissime possibilit&agrave; per l&rsquo;Uruguay, ultima qualificata all&rsquo;evento inglese e piombato in compagnia di avversarie tostissime.  GIRONE B (Sudafrica, Scozia, Samoa, Giappone, Usa) Nel secondo girone, la parte del leone la recita il Sudafrica due volte Campione del Mondo (nel 1995, nella famosa edizione casalinga di Nelson Mandela, e nel 2007). Il secondo posto se lo contendono nello scontro diretto Samoa e Scozia, con quest&rsquo;ultima che punta ad archiviare il cucchiaio del Sei Nazioni. Quattro anni fa due brucianti sconfitte con Argentina e Inghilterra, lasciarono gli scozzesi fuori dalla final eight. Questa volta il primo turno potrebbe venir superato: la sfida contro gli isolani all&rsquo;ultimo turno sar&agrave; una sorta di ottavo di finale, dove, se tutto procede secondo i pronostici, le due squadre potrebbero arrivarci appaiate.  GIRONE C (Nuova Zelanda, Argentina, Tonga, Georgia, Namibia) Considerato scontato il primato dei campioni in carica, anche se un po&rsquo; attempati (undici giocatori over 30), si giocheranno l'altro posto gli argentini, in costante crescita da quando sono stati inseriti in quello che era il vecchio Tre Nazioni (ribattezzato in Rugby Championship dal 2012), e i tongani. Georgia e Namibia non dovrebbero rappresentare un problema per le altre. La Nuova Zelanda di Steve Hansen ha l'obiettivo di imporsi fuori dai propri confini, eventualit&agrave; mai accaduta finora. Il bis iridato non &egrave; mai riuscito a nessuno, e i Kiwi puntano anche a staccare nell'albo d'oro Australia e Sudafrica. Sulla trequarti, i nomi fanno paura: Den Carter, Sonny Bill Williams, Julian Savea, Ben Smith, Aaron Smith, Conrad Smith. Il leader della squadra &egrave; il capitano Richie McCaw, detentore del recordman di presenze. Interessanti le novit&agrave; costituite dalle ali Nehe Milner-Skudder e Waisake Naholo.  GIRONE D (Irlanda, Francia, Italia, Canada, Romania) Per l&rsquo;Italia le chance di qualificazione sembrano poche: c&rsquo;&egrave; da vincere lo spareggio contro la Francia per cullare qualche ambizione. Il calendario ha posto questa sfida proprio al debutto (domenica sera alle 21). La Francia spesso parte piano e proprio su questo l&rsquo;Italia dovr&agrave; far leva. In pi&ugrave; i nostri primi avversari negli ultimi anni sono andati piuttosto male: la gestione di Saint-Andr&egrave; non &egrave; stata foriera n&eacute; di trofei n&eacute; di un buon gioco e i Galletti hanno vissuto pi&ugrave; sugli spunti dei singoli che non su un gioco di squadra. Fatta questa tara, stiamo parlando sempre dei tre volte vice-campioni del mondo ed &egrave; ovvio che agli Azzurri servir&agrave; un&rsquo;impresa per vincere contro i propri vicini di casa. E tanto per complicare il compito, bisogner&agrave; tentarla senza la stella Parisse, fuori per infortunio. Dopo l&rsquo;esordio con la Francia, le tre uscite seguenti della squadra di Jacques Brunel, sono previste contro Canada (il 26 settembre alle 15.30 a Leeds), Irlanda (il 4 ottobre alle 17.45 allo stadio Olimpico di Londra) e Romania (l&rsquo;11 ottobre alle 15.30, a Exeter). Vincere almeno contro Canada e Romania dovrebbe garantirci l&rsquo;aritmetica partecipazione ai Mondiali del 2019, che si disputeranno in Giappone.  Giovanni Del Bianco @g_delbianco

Rugby, al via la Coppa del Mondo. Favorite Nuova Zelanda e Inghilterra

Questa sera, a distanza di 48 ore dalla sfida contro la Croazia, la Nazionale azzurra guidata da Antonio Conte scende in campo per un'occasione veramente speciale. L'amichevole contro l'Albania non &egrave; un'amichevole come tutte le altre, in quanto si svolge in una citt&agrave;, Genova, colpita duramente dalle alluvioni dei giorni scorsi. Comune e Prefettura hanno garantito l'evento, garantendo la piena agibilit&agrave; dello Stadio Ferraris, ma non possiamo non pensare in questo momento a tutte quelle famiglie che, purtroppo, hanno perso tutto quello che avevano. Case e/o attivit&agrave; commerciali. Nonostante purtroppo non &egrave; la prima volta che il Bisagno straripi o che purtroppo la citt&agrave; finisca sott'acqua.Basti ricordare l'alluvione del 4 Novembre 2011 quando sia lo stesso Bisagno che il Fereggiano strariparono di brutto inondando la citt&agrave;, per non parlare della piena di altri numerosi torrenti, e che purtroppo port&ograve; alla scomparsa di 6 persone, tra cui due bambine di 1 e 8 anni. Tante promesse erano state fatte, poco e niente purtroppo &egrave; stato fatto. E qui mi fermo: non sta a noi occuparci di queste cose. Quello che invece voglio raccontare, tornando alla triste emergenza di questi giorni sono due bellissime iniziative provenienti dal mondo dello sport e riguardanti proprio la citt&agrave; di Genova e i genovesi stessi. La prima iniziativa proviene dal mondo de rugby, e pi&ugrave; precisamente dalla Federazione Italiana Rugby, la quale ha deciso di mettere all'asta le magliette indossate dalla nazionale azzurra di rugby, in occasione del test match disputato venerd&igrave; scorso contro l'Argentina (risultato finale: 18-20 per gli argentini) per devolvere il ricavato a favore dei commercianti genovesi danneggiati dall'alluvione dello scorso 9 Ottobre. Sul sito <a href="http://www.genovale.it/asta-benefica-per-genova-2/">GENOVALE</a> curato dal CUS GENOVA RUGBY si potr&agrave; partecipare all'asta che si concluder&agrave; alla mezzanotte di sabato 22 novembre. La seconda iniziativa proviene dal mondo del calcio e riguarda nello specifico la partita di questa sera. I soldi costituiti da una parte dei diritti tv dell'incontro, il corrispettivo di 900 biglietti omaggio emessi nell'ultima amichevole di Genova, la raccolta fondi tramite il numero verde 800/585858, i 350mila euro stanziati tra Lega A e Dilettanti e l'aggiunta in arrivo da altre componenti confuiranno in un apposito conto corrente aperto dalla FIGC che consentir&agrave; di poter ricostruire le strutture sportive colpite dalle recenti alluvioni. Iniziative che certamente non potranno cancellare nel cuore di coloro che purtroppo hanno perso tutto o quasi la rabbia e l'amarezza per quanto accaduto, ma che almeno possano dare la possibilit&agrave; di poter ripartire pi&ugrave; forti e agguerriti di prima, con l'auspicio che tali drammatici episodi non si abbiano pi&ugrave; a vedere. Ma ancor di pi&ugrave;, con Genova nel cuore. R&uuml;diger Franz Gaetano Herberhold

Questa sera, a distanza di 48 ore dalla sfida contro la Croazia, la Nazionale azzurra guidata da Antonio Conte scende in campo per un'occasione veramente speciale. L'amichevole contro l'Albania non &egrave; un'amichevole come tutte le altre, in quanto si svolge in una citt&agrave;, Genova, colpita duramente dalle alluvioni dei giorni scorsi. Comune e Prefettura hanno garantito l'evento, garantendo la piena agibilit&agrave; dello Stadio Ferraris, ma non possiamo non pensare in questo momento a tutte quelle famiglie che, purtroppo, hanno perso tutto quello che avevano. Case e/o attivit&agrave; commerciali. Nonostante purtroppo non &egrave; la prima volta che il Bisagno straripi o che purtroppo la citt&agrave; finisca sott'acqua.Basti ricordare l'alluvione del 4 Novembre 2011 quando sia lo stesso Bisagno che il Fereggiano strariparono di brutto inondando la citt&agrave;, per non parlare della piena di altri numerosi torrenti, e che purtroppo port&ograve; alla scomparsa di 6 persone, tra cui due bambine di 1 e 8 anni. Tante promesse erano state fatte, poco e niente purtroppo &egrave; stato fatto. E qui mi fermo: non sta a noi occuparci di queste cose.  Quello che invece voglio raccontare, tornando alla triste emergenza di questi giorni sono due bellissime iniziative provenienti dal mondo dello sport e riguardanti proprio la citt&agrave; di Genova e i genovesi stessi. La prima iniziativa proviene dal mondo de rugby, e pi&ugrave; precisamente dalla Federazione Italiana Rugby, la quale ha deciso di mettere all'asta le magliette indossate dalla nazionale azzurra di rugby, in occasione del test match disputato venerd&igrave; scorso contro l'Argentina (risultato finale: 18-20 per gli argentini) per devolvere il ricavato a favore dei commercianti genovesi danneggiati dall'alluvione dello scorso 9 Ottobre. Sul sito GENOVALE curato dal CUS GENOVA RUGBY si potr&agrave; partecipare all'asta che si concluder&agrave; alla mezzanotte di sabato 22 novembre.  La seconda iniziativa proviene dal mondo del calcio e riguarda nello specifico la partita di questa sera. I soldi costituiti da una parte dei diritti tv dell'incontro, il corrispettivo di 900 biglietti omaggio emessi nell'ultima amichevole di Genova, la raccolta fondi tramite il numero verde 800/585858, i 350mila euro stanziati tra Lega A e Dilettanti e l'aggiunta in arrivo da altre componenti confuiranno in un apposito conto corrente aperto dalla FIGC che consentir&agrave; di poter ricostruire le strutture sportive colpite dalle recenti alluvioni.  Iniziative che certamente non potranno cancellare nel cuore di coloro che purtroppo hanno perso tutto o quasi la rabbia e l'amarezza per quanto accaduto, ma che almeno possano dare la possibilit&agrave; di poter ripartire pi&ugrave; forti e agguerriti di prima, con l'auspicio che tali drammatici episodi non si abbiano pi&ugrave; a vedere. Ma ancor di pi&ugrave;, con Genova nel cuore.  R&uuml;diger Franz Gaetano Herberhold

Spunti di sport &ndash; Genova nel cuore

Proprio come avvenne nella prima edizione, quella del 1987, anche in quella appena terminata, la Nuova Zelanda conquista il titolo mondiale di fronte al proprio pubblico e superando la Francia all&rsquo;atto conclusivo. Gli All Blacks raggiungono a quota due titoli Sudafrica e Australia mentre per i transalpini &egrave; la terza Webb Ellis Cup persa in finale (alle due con i neozelandesi va aggiunta quella del &rsquo;99 contro l&rsquo;Australia). La finale di Auckland &egrave; stata vinta per un solo punto dagli uomini di Graham Henry, ma considerando l&rsquo;intero svolgimento del torneo, la Coppa ha senz&rsquo;altro trovato il padrone pi&ugrave; degno: la Nuova Zelanda ha vinto infatti tutti gli incontri disputati, e finale a parte, tutti con margini che non lasciano spazio a recriminazioni avversarie. Le due finaliste si erano tra l&rsquo;altro gi&agrave; incontrate nella fase a gironi, sempre ad Eden Park, ad un mese esatto dalla finale: in quell&rsquo;occasione non ci fu storia e i Tutti Neri vinsero 37-17. LA FINALE. La finale invece &egrave; stata decisamente pi&ugrave; livellata: solo due mete messe a segno, una dal pilone neozelandese Woodcock e una dal capitano francese Dusautoir, nominato &ldquo;giocatore dell&rsquo;anno&rdquo; dall&rsquo;International Rugby Board. La differenza &egrave; venuta dai calci: ai cinque punti di meta, la Francia aggiunge soltanto la trasformazione da due punti di Trinh-Duc; la Nuova Zelanda, che invece la trasformazione post-meta l&rsquo;aveva fallita con Weepu, trova i suoi tre punti decisivi con un calcio piazzato di Donald (significativo che li metta a segno proprio lui, subentrato nella prima frazione all&rsquo;infortunato Cruden, la cui uscita dal campo era coincisa col calo della squadra). Quando i padroni di casa vanno sull&rsquo;8-0, pare tutto scritto, anche se in campo c&rsquo;&egrave; una buonissima Francia, che reagisce fino all&rsquo;8-7, ma non riesce a mettere a segno altri punti. &Egrave; probabile che Trinh-Duc, subentrato all&rsquo;infortunato Parra dopo un quarto d&rsquo;ora, ripenser&agrave; a lungo all&rsquo;occasione che ha avuto a met&agrave; ripresa, quando ha fallito il calcio piazzato del sorpasso. La squadra di Li&egrave;vremont ha come giustificazione proprio l&rsquo;uscita dal campo di Parra, che in semifinale col Galles, per dire la sua importanza, realizz&ograve; tutti e nove i punti con tre calci piazzati. In finale, anche Yachvili ne ha sbagliato uno. Ma a dire il vero, ai Coqs di giustificazioni non ne servono; hanno giocato alla pari contro la squadra pi&ugrave; forte e senza alcun timore reverenziale (persino durante l&rsquo;haka, i francesi hanno dimostrato carattere sanguigno avvicinandosi agli All Blacks): evidentemente nemmeno questa volta era il turno dei Blues, che devono rimandare a chiss&agrave; quando, l&rsquo;appuntamento con la storia (la Francia &egrave; la squadra con pi&ugrave; secondi posti). Gli ultimi minuti di gara sono stati di puro congelamento da parte dei neozelandesi, forse anche impauriti dal punteggio in bilico, dal ricordo dell&rsquo;eliminazione perpetrata dalla Francia quattro anni fa e dal tab&ugrave; che da troppo tempo li vedeva scalzati dal gradino pi&ugrave; alto del podio. Al fischio del sudafricano Craig Joubert, il nervosismo lascia spazio alla gioia, e pu&ograve; partire la festa dei kiwi: il capitano McCow alza la Webb Ellis Cup al cielo, la gioia dei tifosi si manifesta negli spalti di Eden Park e si riversa nelle strade. IL TORNEO. Inghilterra e Australia, rispettivamente vincitori degli ultimi Sei e Tre Nazioni, hanno lasciato il passo alle due finaliste. I britannici sono usciti ai quarti contro la Francia, un po&rsquo; a sorpresa, viste le proporzioni (non tanto per il 12-19 finale, ma per lo 0-16 del primo tempo); l&rsquo;Australia, che sognava in grande dopo aver sbattuto fuori ai quarti i campioni in carica del Sudafrica (che nonostante un deludente risultato, pu&ograve; almeno consolarsi con Morn&eacute; Steyn, miglior marcatore), chiude la sua corsa in semifinale contro la Nuova Zelanda con un 6-20. I Wallabies si piazzano terzi grazie alla finale del terzo posto vinta sulla rivelazione Galles, che per poco non sgambettava la Francia in semifinale (9-8 il risultato). Nella fase a gironi, non hanno fatto male nonostante l&rsquo;eliminazione Tonga (rea di essere inserita nello stesso girone delle due finaliste), Scozia (incredibili le due partite gettate via con Argentina e Inghilterra nei minuti finali. Quella coi sudamericani ha di fatto sancito l&rsquo;eliminazione), Samoa e Italia: queste quattro, grazie al terzo posto del girone, hanno gi&agrave; il biglietto per la prossima edizione, che si disputer&agrave; in Inghilterra nel 2015. Le altre otto (Giappone, Canada, Romania, Georgia, Usa, Russia, Figi e Namibia) se vorranno risedere al banchetto delle magnifiche venti, lo dovranno fare passando per le qualificazioni. Oltre alla Nuova Zelanda, la cui supremazia &egrave; stata evidente sin dalle prime partite (41-10 con Tonga, 83-7 col Giappone, 37-17 con la Francia e 79-15 col Canada), anche l&rsquo;Irlanda (ricordiamo che la nazionale irlandese include sia l&rsquo;Eire che l&rsquo;Irlanda del Nord), il Sudafrica e l&rsquo;Inghilterra hanno vinto i loro gironi con quattro successi su quattro incontri. Al contrario, Russia, Romania e Namibia sono le uniche tre squadre che hanno perso ogni gara, ma i russi (unica novit&agrave; rispetto al 2007, al cui posto c&rsquo;era il Portogallo) chiudono con 1 punto, grazie al bonus guadagnato contro gli Stati Uniti (un punto di bonus veniva assegnato nella fase a gironi a chi avesse perso con meno di sette punti di scarto e a chi riuscisse a fare almeno quattro mete). La Namibia ha l&rsquo;aggravante della peggior batosta del torneo: l&rsquo;87-0 subito per mano del Sudafrica. Oltre a queste tre compagini, anche il Giappone, unica rappresentante dell&rsquo;Asia, termina la kermesse senza vittorie, ma si salva per il pareggio ottenuto col Canada, unica partita finita in parit&agrave; dell&rsquo;intero torneo. Il movimento giapponese &egrave; comunque in crescita: oltre ad essere fresco campione della Pacific Nations Cup, ospiter&agrave; in casa propria la Coppa del Mondo nel 2019. Fa invece un piccolo passo indietro rispetto alla scorsa Coppa del Mondo l&rsquo;Argentina. Terza nel 2007, la nazionale allenata da Santiago Phelan &egrave; uscita ai quarti, contro i padroni di casa. Dall&rsquo;anno prossimo, potranno trovare la rivincita su incontri ufficiali: dal 2012, il Tre Nazioni di Nuova Zelanda, Sudafrica e Australia, sar&agrave; allargato anche ai bianco-celesti. L&rsquo;ITALIA. Per gli Azzurri si chiude l&rsquo;epoca di Nick Mallett, iniziata nel 2007. L&rsquo;allenatore sudafricano ha fatto fare dei progressi notevoli al movimento italiano, peccato non esser riusciti a passare per la prima volta la fase a gironi della Coppa del Mondo. Come nel 2007 a Saint-Etienne con la Scozia, anche quattro anni dopo l&rsquo;Italia arriva all&rsquo;ultima gara del girone con l&rsquo;obbligo di vincere il confronto diretto, questa volta contro l&rsquo;Irlanda. Archiviata la sconfitta iniziale con l&rsquo;Australia (6-32), gli Azzurri erano stati bravissimi a rientrare in corsa nelle due gare successive, ottenendo due vittorie con tanto di punto di bonus, contro Russia (53-17, miglior successo in una Coppa del Mondo per la nostra nazionale) e Stati Uniti (27-10): dopo un primo tempo giocato ad armi pari con i Verdi, c&rsquo;&egrave; stato il crollo nel secondo (36-6 per gli irlandesi il punteggio finale). Il sogno di passare alla seconda fase, impresa finora mai riuscita, &egrave; rimandato al 2015 in Inghilterra, sotto la nuova guida tecnica del francese Jacques Brunel. Giovanni Del Bianco delbianco.giovanni@gmail.com I risultati: Gruppo A: Nuova Zelanda-Tonga 41-10, Francia-Giappone 47-21, Tonga-Canada 20-25, Nuova Zelanda-Giappone 83-7, Francia-Canada 46-19, Tonga-Giappone 31-18, Nuova Zelanda-Francia 37-17, Canada-Giappone 23-23, Francia-Tonga 14-19, Nuova Zelanda-Canada 79-15. (Classifica: Nuova Zelanda 20, Francia 11, Tonga 9, Canada 6, Giappone 2) Gruppo B: Scozia-Romania 34-24, Inghilterra-Argentina 13-9, Scozia-Georgia 15-6, Argentina-Romania 43-8, Inghilterra-Georgia 41-10, Inghilterra-Romania 67-3, Argentina-Scozia 13-12, Georgia-Romania 25-9, Inghilterra-Scozia 16-12, Argentina-Georgia 25-7. (Classifica: Inghilterra 18, Argentina 14, Scozia 11, Georgia 4, Romania 0) Gruppo C: Australia-Italia 32-6, Irlanda-Stati Uniti 22-10, Russia-Stati Uniti 6-13, Australia-Irlanda 6-15, Italia-Russia 53-17, Australia-Stati Uniti 67-5, Irlanda-Russia 62-12, Italia-Stati Uniti 27-10, Australia-Russia 68-22, Irlanda-Italia 36-6. (Classifica: Irlanda 17, Australia 15, Italia 10, Stati Uniti 4, Russia 1) Gruppo D: Figi-Namibia 49-25, Sudafrica-Galles 17-16, Samoa-Namibia 49-12, Sudafrica-Figi 49-3, Galles-Samoa 17-10, Sudafrica-Namibia 87-0, Figi-Samoa 7-27, Galles-Namibia 81-7, Sudafrica-Samoa 13-5, Galles-Figi 66-0. (Classifica: Sudafrica 18, Galles 15, Samoa 10, Figi 5, Namibia 0) Quarti di finale: Irlanda-Galles 10-22, Inghilterra-Francia 12-19, Sudafrica-Australia 9-11, Nuova Zelanda-Argentina 33-10. Semifinali: Galles-Francia 8-9, Nuova Zelanda-Australia 20-6. Finale per il terzo posto: Galles-Australia 18-21. Finale: Francia-Nuova Zelanda 7-8.

Proprio come avvenne nella prima edizione, quella del 1987, anche in quella appena terminata, la Nuova Zelanda conquista il titolo mondiale di fronte al proprio pubblico e superando la Francia all&rsquo;atto conclusivo. Gli All Blacks raggiungono a quota due titoli Sudafrica e Australia mentre per i transalpini &egrave; la terza Webb Ellis Cup persa in finale (alle due con i neozelandesi va aggiunta quella del &rsquo;99 contro l&rsquo;Australia). La finale di Auckland &egrave; stata vinta per un solo punto dagli uomini di Graham Henry, ma considerando l&rsquo;intero svolgimento del torneo, la Coppa ha senz&rsquo;altro trovato il padrone pi&ugrave; degno: la Nuova Zelanda ha vinto infatti tutti gli incontri disputati, e finale a parte, tutti con margini che non lasciano spazio a recriminazioni avversarie. Le due finaliste si erano tra l&rsquo;altro gi&agrave; incontrate nella fase a gironi, sempre ad Eden Park, ad un mese esatto dalla finale: in quell&rsquo;occasione non ci fu storia e i Tutti Neri vinsero 37-17. LA FINALE. La finale invece &egrave; stata decisamente pi&ugrave; livellata: solo due mete messe a segno, una dal pilone neozelandese Woodcock e una dal capitano francese Dusautoir, nominato &ldquo;giocatore dell&rsquo;anno&rdquo; dall&rsquo;International Rugby Board. La differenza &egrave; venuta dai calci: ai cinque punti di meta, la Francia aggiunge soltanto la trasformazione da due punti di Trinh-Duc; la Nuova Zelanda, che invece la trasformazione post-meta l&rsquo;aveva fallita con Weepu, trova i suoi tre punti decisivi con un calcio piazzato di Donald (significativo che li metta a segno proprio lui, subentrato nella prima frazione all&rsquo;infortunato Cruden, la cui uscita dal campo era coincisa col calo della squadra). Quando i padroni di casa vanno sull&rsquo;8-0, pare tutto scritto, anche se in campo c&rsquo;&egrave; una buonissima Francia, che reagisce fino all&rsquo;8-7, ma non riesce a mettere a segno altri punti. &Egrave; probabile che Trinh-Duc, subentrato all&rsquo;infortunato Parra dopo un quarto d&rsquo;ora, ripenser&agrave; a lungo all&rsquo;occasione che ha avuto a met&agrave; ripresa, quando ha fallito il calcio piazzato del sorpasso. La squadra di Li&egrave;vremont ha come giustificazione proprio l&rsquo;uscita dal campo di Parra, che in semifinale col Galles, per dire la sua importanza, realizz&ograve; tutti e nove i punti con tre calci piazzati. In finale, anche Yachvili ne ha sbagliato uno. Ma a dire il vero, ai Coqs di giustificazioni non ne servono; hanno giocato alla pari contro la squadra pi&ugrave; forte e senza alcun timore reverenziale (persino durante l&rsquo;haka, i francesi hanno dimostrato carattere sanguigno avvicinandosi agli All Blacks): evidentemente nemmeno questa volta era il turno dei Blues, che devono rimandare a chiss&agrave; quando, l&rsquo;appuntamento con la storia (la Francia &egrave; la squadra con pi&ugrave; secondi posti). Gli ultimi minuti di gara sono stati di puro congelamento da parte dei neozelandesi, forse anche impauriti dal punteggio in bilico, dal ricordo dell&rsquo;eliminazione perpetrata dalla Francia quattro anni fa e dal tab&ugrave; che da troppo tempo li vedeva scalzati dal gradino pi&ugrave; alto del podio. Al fischio del sudafricano Craig Joubert, il nervosismo lascia spazio alla gioia, e pu&ograve; partire la festa dei kiwi: il capitano McCow alza la Webb Ellis Cup al cielo, la gioia dei tifosi si manifesta negli spalti di Eden Park e si riversa nelle strade. IL TORNEO. Inghilterra e Australia, rispettivamente vincitori degli ultimi Sei e Tre Nazioni, hanno lasciato il passo alle due finaliste. I britannici sono usciti ai quarti contro la Francia, un po&rsquo; a sorpresa, viste le proporzioni (non tanto per il 12-19 finale, ma per lo 0-16 del primo tempo); l&rsquo;Australia, che sognava in grande dopo aver sbattuto fuori ai quarti i campioni in carica del Sudafrica (che nonostante un deludente risultato, pu&ograve; almeno consolarsi con Morn&eacute; Steyn, miglior marcatore), chiude la sua corsa in semifinale contro la Nuova Zelanda con un 6-20. I Wallabies si piazzano terzi grazie alla finale del terzo posto vinta sulla rivelazione Galles, che per poco non sgambettava la Francia in semifinale (9-8 il risultato). Nella fase a gironi, non hanno fatto male nonostante l&rsquo;eliminazione Tonga (rea di essere inserita nello stesso girone delle due finaliste), Scozia (incredibili le due partite gettate via con Argentina e Inghilterra nei minuti finali. Quella coi sudamericani ha di fatto sancito l&rsquo;eliminazione), Samoa e Italia: queste quattro, grazie al terzo posto del girone, hanno gi&agrave; il biglietto per la prossima edizione, che si disputer&agrave; in Inghilterra nel 2015. Le altre otto (Giappone, Canada, Romania, Georgia, Usa, Russia, Figi e Namibia) se vorranno risedere al banchetto delle magnifiche venti, lo dovranno fare passando per le qualificazioni. Oltre alla Nuova Zelanda, la cui supremazia &egrave; stata evidente sin dalle prime partite (41-10 con Tonga, 83-7 col Giappone, 37-17 con la Francia e 79-15 col Canada), anche l&rsquo;Irlanda (ricordiamo che la nazionale irlandese include sia l&rsquo;Eire che l&rsquo;Irlanda del Nord), il Sudafrica e l&rsquo;Inghilterra hanno vinto i loro gironi con quattro successi su quattro incontri. Al contrario, Russia, Romania e Namibia sono le uniche tre squadre che hanno perso ogni gara, ma i russi (unica novit&agrave; rispetto al 2007, al cui posto c&rsquo;era il Portogallo) chiudono con 1 punto, grazie al bonus guadagnato contro gli Stati Uniti (un punto di bonus veniva assegnato nella fase a gironi a chi avesse perso con meno di sette punti di scarto e a chi riuscisse a fare almeno quattro mete). La Namibia ha l&rsquo;aggravante della peggior batosta del torneo: l&rsquo;87-0 subito per mano del Sudafrica. Oltre a queste tre compagini, anche il Giappone, unica rappresentante dell&rsquo;Asia, termina la kermesse senza vittorie, ma si salva per il pareggio ottenuto col Canada, unica partita finita in parit&agrave; dell&rsquo;intero torneo. Il movimento giapponese &egrave; comunque in crescita: oltre ad essere fresco campione della Pacific Nations Cup, ospiter&agrave; in casa propria la Coppa del Mondo nel 2019. Fa invece un piccolo passo indietro rispetto alla scorsa Coppa del Mondo l&rsquo;Argentina. Terza nel 2007, la nazionale allenata da Santiago Phelan &egrave; uscita ai quarti, contro i padroni di casa. Dall&rsquo;anno prossimo, potranno trovare la rivincita su incontri ufficiali: dal 2012, il Tre Nazioni di Nuova Zelanda, Sudafrica e Australia, sar&agrave; allargato anche ai bianco-celesti. L&rsquo;ITALIA. Per gli Azzurri si chiude l&rsquo;epoca di Nick Mallett, iniziata nel 2007. L&rsquo;allenatore sudafricano ha fatto fare dei progressi notevoli al movimento italiano, peccato non esser riusciti a passare per la prima volta la fase a gironi della Coppa del Mondo. Come nel 2007 a Saint-Etienne con la Scozia, anche quattro anni dopo l&rsquo;Italia arriva all&rsquo;ultima gara del girone con l&rsquo;obbligo di vincere il confronto diretto, questa volta contro l&rsquo;Irlanda. Archiviata la sconfitta iniziale con l&rsquo;Australia (6-32), gli Azzurri erano stati bravissimi a rientrare in corsa nelle due gare successive, ottenendo due vittorie con tanto di punto di bonus, contro Russia (53-17, miglior successo in una Coppa del Mondo per la nostra nazionale) e Stati Uniti (27-10): dopo un primo tempo giocato ad armi pari con i Verdi, c&rsquo;&egrave; stato il crollo nel secondo (36-6 per gli irlandesi il punteggio finale). Il sogno di passare alla seconda fase, impresa finora mai riuscita, &egrave; rimandato al 2015 in Inghilterra, sotto la nuova guida tecnica del francese Jacques Brunel.  Giovanni Del Bianco delbianco.giovanni@gmail.com   I risultati:  Gruppo A: Nuova Zelanda-Tonga 41-10, Francia-Giappone 47-21, Tonga-Canada 20-25, Nuova Zelanda-Giappone 83-7, Francia-Canada 46-19, Tonga-Giappone 31-18, Nuova Zelanda-Francia 37-17, Canada-Giappone 23-23, Francia-Tonga 14-19, Nuova Zelanda-Canada 79-15. (Classifica: Nuova Zelanda 20, Francia 11, Tonga 9, Canada 6, Giappone 2)  Gruppo B: Scozia-Romania 34-24, Inghilterra-Argentina 13-9, Scozia-Georgia 15-6, Argentina-Romania 43-8, Inghilterra-Georgia 41-10, Inghilterra-Romania 67-3, Argentina-Scozia 13-12, Georgia-Romania 25-9, Inghilterra-Scozia 16-12, Argentina-Georgia 25-7. (Classifica: Inghilterra 18, Argentina 14, Scozia 11, Georgia 4, Romania 0)  Gruppo C: Australia-Italia 32-6, Irlanda-Stati Uniti 22-10, Russia-Stati Uniti 6-13, Australia-Irlanda 6-15, Italia-Russia 53-17, Australia-Stati Uniti 67-5, Irlanda-Russia 62-12, Italia-Stati Uniti 27-10, Australia-Russia 68-22, Irlanda-Italia 36-6. (Classifica: Irlanda 17, Australia 15, Italia 10, Stati Uniti 4, Russia 1)  Gruppo D: Figi-Namibia 49-25, Sudafrica-Galles 17-16, Samoa-Namibia 49-12, Sudafrica-Figi 49-3, Galles-Samoa 17-10, Sudafrica-Namibia 87-0, Figi-Samoa 7-27, Galles-Namibia 81-7, Sudafrica-Samoa 13-5, Galles-Figi 66-0. (Classifica: Sudafrica 18, Galles 15, Samoa 10, Figi 5, Namibia 0)  Quarti di finale: Irlanda-Galles 10-22, Inghilterra-Francia 12-19, Sudafrica-Australia 9-11, Nuova Zelanda-Argentina 33-10.  Semifinali: Galles-Francia 8-9, Nuova Zelanda-Australia 20-6.  Finale per il terzo posto: Galles-Australia 18-21.  Finale: Francia-Nuova Zelanda 7-8. 

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