        Danny Vinyard, fratello di quel Derek protagonista di &ldquo;American History X&rdquo;, dice che c'&egrave; sempre qualcuno che ha detto una cosa nel migliore dei modi, perci&ograve; se non riesci a fare di meglio, ruba da lui e farai la tua figura. Trovandoci a parlare del leggendario James Hunt in occasione del ricorrere dei 75 anni dalla sua nascita, noi de Il Cuoio, come chiunque altro voglia parlare del biondo pilota britannico dal 2013 in poi, non possiamo fare altro che prendere da Ron Howard e dal suo capolavoro: &ldquo;Rush&rdquo;. Ecco, se volete sapere qualcosa su James Hunt e non lo avete ancora fatto, smettete di leggere e andatelo a vedere.  Hunt, il pilota playboy James Hunt rappresenta in pieno quella figura di pilota che forse non esiste pi&ugrave;: soprannominato gi&agrave; dai primi anni &ldquo;Hunt the shunt&rdquo; a causa della sua indole spericolata, volta a cercare sempre il limite e quindi a finire spesso fuori pista, il pilota britannico era un guascone, donnaiolo, sempre spavaldo sia dentro che fuori dal circuito, caratteristiche che gli assicurarono nel tempo la fama di playboy impenitente. Oltre che per il suo grandissimo talento in pista, era celebre per eccedere a volte con l&rsquo;alcol e con il fumo, comportamento lontano anni luce dal suo storico rivale Niki Lauda, che rappresentava invece il prototipo di pilota moderno. Con l&rsquo;austriaco dar&agrave; vita ad una delle rivalit&agrave; pi&ugrave; belle della storia dello sport nel corso degli anni &rsquo;70.  L&rsquo;infanzia e le prime corse La storia di Hunt comincia molto prima: nato e cresciuto nel sud di Londra da una famiglia della piccola borghesia, si rivela sin da subito un ragazzino portato per lo sport ma allo stesso tempo ribelle ed irrequieto. Il giovane James gioca a cricket, a tennis, &egrave; bravo sugli sci e ottiene qualche buon risultato anche con il football, giocando da portiere. D&rsquo;altronde chiunque abbia giocato a calcio sa che quello che indossa una maglia diversa da tutti con il numero uno sulle spalle e prende la palla con le mani di solito &egrave; uno un po&rsquo; fuori di testa. Secondo la madre di Hunt, inizia a fumare ad appena 10 anni, vizio che manterr&agrave; per tutta la vita. Si appassiona ai motori molto presto, a 17 anni appena compiuti prende la patente e, come ci dice Donaldson nella biografia dedicata al campione nel 2009, il giovane James afferma: &ldquo;Adesso inizia davvero la mia vita&rdquo;.  Una vita col piede sull&rsquo;acceleratore La sua carriera di pilota automobilistico inizia dai campionati inglesi di Mini, per poi continuare con la Formula Ford e approdare in Formula 3 a cavallo degli anni &rsquo;60 e &rsquo;70. In questo periodo incontra l&rsquo;eccentrico miliardario Lord Alexander Hesketh, che lo vuole pilota per il suo team e che lo far&agrave; correre anche in Formula 1 nel 1973 e nel 1974. Nonostante Hunt non corra mai su vetture competitive per le prime posizioni, ottiene sempre ottimi risultati: nel 1975 Lord Hesketh inizia ad avere problemi finanziari dovuti alla sua scelta di correre senza &ldquo;quegli orrendi adesivi di marche di sigarette&rdquo; e quindi senza sponsor, e Hunt viene ingaggiato dalla McLaren. &Egrave; in questi anni che la sfida con Lauda si fa pi&ugrave; accesa, culminando nel campionato 1976, l&rsquo;incidente di Lauda al Nurburgring, il ritorno miracoloso del pilota austriaco dopo appena 42 giorni e il clamoroso Gran premio del Giappone, che consegna ad Hunt il suo primo e unico titolo mondiale. La folle corsa del pilota inglese arriva al capolinea, al suo apice: Hunt dopo la vittoria del 1976 inizier&agrave; un lento declino, preso poi come esempio da Enzo Ferrari nel suo libro &ldquo;Piloti, che gente!&rdquo;, per descrivere la parabola sportiva di molti piloti automobilistici che una volta raggiunta la vittoria, logorati e allo stesso tempo appagati da quest&rsquo;ultima, non affrontano pi&ugrave; la pista come una volta, peggiorando le prestazioni e poi ritirandosi. Smette di correre nel 1979, per una decina d&rsquo;anni fa il commentatore dei Gran Premi per la BBC, prima di morire nel 1993, ad appena 45 anni.         

<p>Il pilota britannico, celebre per le sue gesta sia in pista che fuori, viene ricordato anche e soprattutto per l&rsquo;amicizia-rivalit&agrave; con Niki Lauda</p>

James Hunt, lo spericolato playboy icona degli anni ’70

&Egrave; passato alla storia come una specie di playboy diventato campione mondiale di Formula 1 quasi per caso, ma nella realt&agrave; James Hunt &egrave; stato un pilota fortissimo e cattivissimo, anche per gli standard della sua epoca in cui chi saliva su una macchina da corsa doveva avere una corazza di quelle pesanti, mentre oggi lo si pu&ograve; fare quasi da minorenni (non &egrave; cambiata invece l'importanza dello sponsor per gareggiare, decisiva allora come nel 2016). Esattamente 40 anni fa, il 10 ottobre del 1976, Hunt ottenne la vittoria forse pi&ugrave; importante della sua carriera, a Watkins Glen, nel Gran Premio degli Stati Uniti-Est, arrivando a 3 punti di distanza in classifica da un Niki Lauda oltre l'eroismo, rientrato poche settimane prima a Monza dopo l'incidente del N&uuml;rburgring che lo avrebbe segnato per la vita, non soltanto nel corpo. Hunt vinse negli USA dopo un emozionante duello con Jody Sheckter, che prese subito il comando con la memorabile Tyrrell a sei ruote, fu superato al 37esimo giro dalla McLaren di Hunt dopo una lunga battaglia, per poi tornare in testa al 41esimo sfruttando un errore di Hunt nell'inserimento di una marcia ed essere risuperato al 45esimo, con l'inglese a stabilire il record della pista. Una Formula 1 da brividi, senza bisogno di aspettare la safety car o cervellotiche strategia dai box. Intanto Lauda resistendo al dolore, con una corsa di sostanza su una Ferrari 312 T2 pi&ugrave; lenta di Tyrrell e McLaren (fino a met&agrave; gara era per&ograve; rimasto in scia), riusc&igrave; a mantenere il terzo posto nonostante gli assalti del tedesco Mass sull'altra McLaren. Si risolse tutto in Giappone 15 giorni dopo, con il gran rifiuto di Lauda al secondo giro e Hunt che all'ultimo ottenne il terzo posto necessario per il titolo. L'unica volta in vita sua al comando della classifica generale... In carriera Hunt avrebbe poi vinto altri tre gran premi, sempre sulla McLaren, prima di un ritiro forse affrettato. Aveva bruciato quasi tutto in quel pazzesco 1976.  Twitter @StefanoOlivari

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James Hunt, lo spericolato playboy icona degli anni ’70

La vittoria decisiva di James Hunt