Disseminato qua e l&agrave; lungo la centenaria storia del calcio, ogni tanto si trova un calciatore che lega indissolubilmente il proprio nome ad un club. Sebbene si tratti ormai di una rarit&agrave;, in un passato non troppo remoto non era cos&igrave; difficile imbattercisi. Alcuni li chiamano leggende, altri beniamini dei tifosi, altri ancora azzardano il termine &ldquo;bandiere&rdquo; incorrendo spesso nell&rsquo;ira dei supporters pi&ugrave; accaniti e pi&ugrave; delusi dal football moderno. Nonostante gli sviluppi della sua carriera da allenatore, che hanno senza dubbio lasciato esterrefatti i suoi vecchi tifosi, Antonio Conte &egrave; stato uno di quei calciatori, uno di quelli che ha legato a doppio filo il proprio nome ad un club. Lui scelse quello della Juventus. Il suo cammino in bianconero inizia il 17 novembre del 1991, esattamente 30 anni fa. <h2>La Juve nel destino</h2> Conte, nato e cresciuto a Lecce, inizia a giocare a calcio grazie al pap&agrave; Cosimo, presidente della Juventina Lecce, societ&agrave; dilettantistica della citt&agrave; salentina di chiara ispirazione bianconera. Risulta evidente dagli albori della sua storia calcistica come la Vecchia Signora e Antonio Conte siano in qualche modo predestinati ad incrociare i propri cammini. Antonio dimostra sin da subito una naturale predisposizione al gioco, spicca tra tutti i suoi coetanei per capacit&agrave; tecniche e atletiche, nonostante sia ancora un ragazzino. A soli tredici anni viene prelevato dal Lecce, con cui far&agrave; tutta la trafila nelle giovanili fino ad esordire in prima squadra appena sedicenne. <h2>Il battesimo del fuoco nel derby di Torino</h2> Nella sessione autunnale del calciomercato 1991 la Juve, dopo le forti pressioni dell&rsquo;allenatore Trapattoni, acquista il giovane Conte per 7 miliardi di lire. Il 17 novembre di quell&rsquo;anno si gioca il derby di Torino, una gara che come al solito promette tensione e carica emotiva alle stelle. I granata ricordano ancora la stracittadina dell&rsquo;anno precedente in cui vinsero grazie all&rsquo;autorete di Fortunato. Lo ricordano anche gli juventini, che chiedono vendetta. Il Delle Alpi &egrave; una bolgia. Al 10&rsquo; del primo tempo Casiraghi infila di testa un gran cross di Alessio e fa uno a zero. Da l&igrave; in poi succede di tutto: prima Pasquale Bruno rifila una gomitata proprio all&rsquo;attaccante bianconero, guadagnandosi il secondo giallo e la doccia anticipata, poi &egrave; la volta di Policano che, dopo aver subito fallo, pensa bene di scalciare e colpire al volto Casiraghi per essere espulso a sua volta. Gli animi sono incandescenti, il Toro si ritrova in nove ma i bianconeri non riescono a segnare il secondo gol. &Egrave; proprio in questo clima infernale che, a pochissimo dal termine, Trapattoni sceglie di far esordire Conte. Alla fine la Juventus porta a casa la vittoria, stringendo i denti fino all'ultimo. Forse in cuor suo il Trap sentiva che il giovane leccese avrebbe incentrato la sua carriera con la Vecchia Signora sulla cattiveria agonistica e la forza fisica, scegliendo come meglio non avrebbe potuto fare la gara del suo esordio in bianconero.&nbsp;

        Disseminato qua e l&agrave; lungo la centenaria storia del calcio, ogni tanto si trova un calciatore che lega indissolubilmente il proprio nome ad un club. Sebbene si tratti ormai di una rarit&agrave;, in un passato non troppo remoto non era cos&igrave; difficile imbattercisi. Alcuni li chiamano leggende, altri beniamini dei tifosi, altri ancora azzardano il termine &ldquo;bandiere&rdquo; incorrendo spesso nell&rsquo;ira dei supporters pi&ugrave; accaniti e pi&ugrave; delusi dal football moderno. Nonostante gli sviluppi della sua carriera da allenatore, che hanno senza dubbio lasciato esterrefatti i suoi vecchi tifosi, Antonio Conte &egrave; stato uno di quei calciatori, uno di quelli che ha legato a doppio filo il proprio nome ad un club. Lui scelse quello della Juventus. Il suo cammino in bianconero inizia il 17 novembre del 1991, esattamente 30 anni fa. La Juve nel destino Conte, nato e cresciuto a Lecce, inizia a giocare a calcio grazie al pap&agrave; Cosimo, presidente della Juventina Lecce, societ&agrave; dilettantistica della citt&agrave; salentina di chiara ispirazione bianconera. Risulta evidente dagli albori della sua storia calcistica come la Vecchia Signora e Antonio Conte siano in qualche modo predestinati ad incrociare i propri cammini. Antonio dimostra sin da subito una naturale predisposizione al gioco, spicca tra tutti i suoi coetanei per capacit&agrave; tecniche e atletiche, nonostante sia ancora un ragazzino. A soli tredici anni viene prelevato dal Lecce, con cui far&agrave; tutta la trafila nelle giovanili fino ad esordire in prima squadra appena sedicenne. Il battesimo del fuoco nel derby di Torino Nella sessione autunnale del calciomercato 1991 la Juve, dopo le forti pressioni dell&rsquo;allenatore Trapattoni, acquista il giovane Conte per 7 miliardi di lire. Il 17 novembre di quell&rsquo;anno si gioca il derby di Torino, una gara che come al solito promette tensione e carica emotiva alle stelle. I granata ricordano ancora la stracittadina dell&rsquo;anno precedente in cui vinsero grazie all&rsquo;autorete di Fortunato. Lo ricordano anche gli juventini, che chiedono vendetta. Il Delle Alpi &egrave; una bolgia. Al 10&rsquo; del primo tempo Casiraghi infila di testa un gran cross di Alessio e fa uno a zero. Da l&igrave; in poi succede di tutto: prima Pasquale Bruno rifila una gomitata proprio all&rsquo;attaccante bianconero, guadagnandosi il secondo giallo e la doccia anticipata, poi &egrave; la volta di Policano che, dopo aver subito fallo, pensa bene di scalciare e colpire al volto Casiraghi per essere espulso a sua volta. Gli animi sono incandescenti, il Toro si ritrova in nove ma i bianconeri non riescono a segnare il secondo gol. &Egrave; proprio in questo clima infernale che, a pochissimo dal termine, Trapattoni sceglie di far esordire Conte. Alla fine la Juventus porta a casa la vittoria, stringendo i denti fino all'ultimo. Forse in cuor suo il Trap sentiva che il giovane leccese avrebbe incentrato la sua carriera con la Vecchia Signora sulla cattiveria agonistica e la forza fisica, scegliendo come meglio non avrebbe potuto fare la gara del suo esordio in bianconero.&nbsp;       

30 anni fa l&rsquo;ex centrocampista debuttava con la maglia bianconera proprio nella stracittadina della Mole

17 novembre ’91, Antonio Conte e l’esordio con la Juve nel derby di Torino

Nove mesi fa, non nove anni, il commissario tecnico della Nazionale era Antonio Conte e sembrava che in Italia non ci fosse in prospettiva un solo giovane in grado di onorare la maglia azzurra ai livelli pi&ugrave; alti. Sottinteso: solo un grande allenatore avrebbe potuto tirare fuori qualcosa di buono da questa generazione di scarsi. Una narrazione, per usare un termine che sta passando di moda, portata avanti dallo stesso Conte un po' per compattare la squadra (che in effetti fece un buon Europeo, uscendo ai quarti ai rigori contro la Germania) e un po' per esaltare il proprio lavoro. Che poi la maggior parte dei media l'avesse presa per buona &egrave; un altro discorso... Forse la grinta esibita di Conte d&agrave; pi&ugrave; ispirazione della pacatezza di Giampiero Ventura, non sappiamo. Adesso di sicuro siamo passati all'altro estremo, a nove mesi (non nove anni) di distanza. Sembra che stiamo vivendo un nuovo Rinascimento, con una fioritura improvvisa di talenti che ci rende un misto di Argentina, Brasile e Spagna: va da s&eacute; che qualsiasi risultato negativo (e arrivare secondi dietro la Spagna non sarebbe fantacalcio) sar&agrave; messo in conto al c.t. Peccato che gran parte dei suoi convocati facesse parte non solo della Nazionale di Conte ma addirittura di quella di Cesare Prandelli, anche senza contare i campioni del mondo 2006 Buffon (che peraltro era in azzurro gi&agrave; ai tempi di Cesare Maldini!), Barzagli e De Rossi. Proprio ai tempi di Prandelli risalgono infatti le prime esperienze azzurre di Insigne, Immobile, Verratti, De Sciglio, Parolo, Darmian e Astori. Addirittura da giovanissimi Bernardeschi e Romagnoli furono convocati da Prandelli per uno stage prima del Mondiale brasiliano... Quanto a Candreva e Bonucci, erano in azzurro gi&agrave; con Marcello Lippi. Insomma, in un paese che oscilla fra disfattismo e trionfalismo affermare che il calcio italiano &egrave; sempre ad ottimi livelli non fa titolo, ma &egrave; la verit&agrave;. Non si pu&ograve; nemmeno dire che si giudica in base ai risultati, perch&eacute; a Euro 2012 l'Italia di Prandelli arriv&ograve; seconda dietro ad una Spagna inarrivabile e all'ultimo conteggio la finale vale ancora pi&ugrave; dei quarti. Potrebbe anche essere che Ventura stia lavorando per un futuro c.t. al quale dedicare la statua equestre da condottiero. Magari ancora Conte.

Nove mesi fa, non nove anni, il commissario tecnico della Nazionale era Antonio Conte e sembrava che in Italia non ci fosse in prospettiva un solo giovane in grado di onorare la maglia azzurra ai livelli pi&ugrave; alti. Sottinteso: solo un grande allenatore avrebbe potuto tirare fuori qualcosa di buono da questa generazione di scarsi. Una narrazione, per usare un termine che sta passando di moda, portata avanti dallo stesso Conte un po' per compattare la squadra (che in effetti fece un buon Europeo, uscendo ai quarti ai rigori contro la Germania) e un po' per esaltare il proprio lavoro. Che poi la maggior parte dei media l'avesse presa per buona &egrave; un altro discorso... Forse la grinta esibita di Conte d&agrave; pi&ugrave; ispirazione della pacatezza di Giampiero Ventura, non sappiamo. Adesso di sicuro siamo passati all'altro estremo, a nove mesi (non nove anni) di distanza. Sembra che stiamo vivendo un nuovo Rinascimento, con una fioritura improvvisa di talenti che ci rende un misto di Argentina, Brasile e Spagna: va da s&eacute; che qualsiasi risultato negativo (e arrivare secondi dietro la Spagna non sarebbe fantacalcio) sar&agrave; messo in conto al c.t. Peccato che gran parte dei suoi convocati facesse parte non solo della Nazionale di Conte ma addirittura di quella di Cesare Prandelli, anche senza contare i campioni del mondo 2006 Buffon (che peraltro era in azzurro gi&agrave; ai tempi di Cesare Maldini!), Barzagli e De Rossi. Proprio ai tempi di Prandelli risalgono infatti le prime esperienze azzurre di Insigne, Immobile, Verratti, De Sciglio, Parolo, Darmian e Astori. Addirittura da giovanissimi Bernardeschi e Romagnoli furono convocati da Prandelli per uno stage prima del Mondiale brasiliano... Quanto a Candreva e Bonucci, erano in azzurro gi&agrave; con Marcello Lippi. Insomma, in un paese che oscilla fra disfattismo e trionfalismo affermare che il calcio italiano &egrave; sempre ad ottimi livelli non fa titolo, ma &egrave; la verit&agrave;. Non si pu&ograve; nemmeno dire che si giudica in base ai risultati, perch&eacute; a Euro 2012 l'Italia di Prandelli arriv&ograve; seconda dietro ad una Spagna inarrivabile e all'ultimo conteggio la finale vale ancora pi&ugrave; dei quarti. Potrebbe anche essere che Ventura stia lavorando per un futuro c.t. al quale dedicare la statua equestre da condottiero. Magari ancora Conte.

Nessuna narrazione per Prandelli

<a href="http://blog.guerinsportivo.it/wp-content/uploads/2016/08/Premier-League-2016-17.jpg"><img class="alignnone wp-image-35477 size-medium" src="http://blog.guerinsportivo.it/wp-content/uploads/2016/08/Premier-League-2016-17-335x172.jpg" alt="Premier League 2016-17" width="335" height="172" /></a> &nbsp; <h2>INGHILTERRA: giornata #1</h2> <h3>Premier League al via: tonfo per il Leicester campione in carica. Conte e Mourinho debuttano con una vittoria, ben 7 gol tra Arsenal e Liverpool</h3> LE PARTITE Hull City 2 (45&deg; Diomande, 57&deg; Snodgrass)-Leicester City 1 (47&deg; Mahrez rig.) Burnley 0-Swansea City 1 (82&deg; Fer) Crystal Palace 0-West Bromwich Albion 1 (74&deg; Rond&oacute;n) Everton 1 (5&deg; Barkley)-Tottenham 1 (59&deg; Lamela) Middlesbrough 1 (11&deg; Negredo)-Stoke City 1 (67&deg; Shaqiri) Southampton 1 (58&deg; Redmond)-Watford 1 (9&deg; Capoue) Manchester City 2 (4&deg; Aguero rig., 87&deg; McNair aut.)-Sunderland 1 (71&deg; Defoe) Bournemouth 1 (69&deg; Smith)-Manchester United 3 (40&deg; Mata, 59&deg; Rooney, 64&deg; Ibrahimovic) Arsenal 3 (31&deg; Walcott, 64&deg; Oxlade-Chamberlain, 75&deg; Chambers)-Liverpool 4 (45&deg; e 56&deg; Coutinho, 49&deg; Lallana, 63&deg; Man&eacute;) Chelsea 2 (47&deg; Hazard, 89&deg; Diego Costa)-West Ham 1 (77&deg; Collins) CLASSIFICA Manchester United, Liverpool, Chelsea, Hull City, Manchester City, Swansea City, West Bromwich Albion 3 MARCATORI Philippe Coutinho (Liverpool) 2 LE RETI PI&Ugrave; BELLE DELLA PRIMA GIORNATA https://www.youtube.com/watch?v=2Zo2zvHOw6U &nbsp; &nbsp; <a href="http://blog.guerinsportivo.it/wp-content/uploads/2016/08/Ligue-1.jpg"><img class="alignnone size-medium wp-image-35479" src="http://blog.guerinsportivo.it/wp-content/uploads/2016/08/Ligue-1-282x188.jpg" alt="Ligue 1" width="282" height="188" /></a> <h2>FRANCIA: giornata #1</h2> <h3>Apre anche la Ligue 1 2016-17 e offre una giornata pirotecnica: ben 26 reti realizzate, tra cui spicca il tris di Lacazette che ora vorr&agrave; senz'altro riguadagnarsi la Nazionale. Il Paris Saint-Germain ha la meglio del Bastia solo al 73&deg; grazie ad una rete del difensore Kurzawa.</h3> &nbsp; LE PARTITE Bastia 0-PSG 1 (73&deg; Kurzawa) Monaco 2 (71&deg; Fabinho rig., 84&deg; Bernardo Silva)-Guingamp 2 (29&deg; Diallo, 37&deg; Privat) Bordeaux 3 (13&deg; Laborde, 57&deg; Rolan, 72&deg; Malcom)-Saint-Etienne 2 (81&deg; Hamouma, 89&deg; Soderlund) Montpellier 1 (8&deg; Boudebouz)-Angers 0 Digione 0-Nantes 1 (48&deg; Thomsen) Caen 3 (32&deg; Rodelin, 43&deg; e 87&deg; &nbsp;Santini)-Lorient 2 (5&deg; e 19&deg; Moukandjo) Metz 3 (56&deg; 76&deg; rig. Erdin&ccedil;, 88' Jouffre rig.)-Lilla 2 (35&deg; e 70&deg; Rony Lopes) Nancy 0-Lione 3 (33&deg;, 44&deg; e 90&deg; Lacazette) Nizza 1 (60&deg; Sarr)-Rennes 0 Marsiglia 0-Tolosa 0 CLASSIFICA Lione, Bordeaux, Caen, Metz, Montpellier, Nantes, Nizza, PSG 3 MARCATORI Alexandre Lacazette (Lione) 3, Mevlut Erdin&ccedil; (Metz), Rony Lopes (Lilla), Benjamin Moukandjo (Lorient) e Ivan Santini (Caen) 2 LE RETI PI&Ugrave; BELLE DELLA PRIMA GIORNATA https://www.youtube.com/watch?v=5Z-bZz4TdOE &nbsp; Fabio Ornano @fabio_ornano &nbsp; &nbsp;

  &nbsp; INGHILTERRA: giornata #1 Premier League al via: tonfo per il Leicester campione in carica. Conte e Mourinho debuttano con una vittoria, ben 7 gol tra Arsenal e Liverpool   LE PARTITE  Hull City 2 (45&deg; Diomande, 57&deg; Snodgrass)-Leicester City 1 (47&deg; Mahrez rig.) Burnley 0-Swansea City 1 (82&deg; Fer) Crystal Palace 0-West Bromwich Albion 1 (74&deg; Rond&oacute;n) Everton 1 (5&deg; Barkley)-Tottenham 1 (59&deg; Lamela) Middlesbrough 1 (11&deg; Negredo)-Stoke City 1 (67&deg; Shaqiri) Southampton 1 (58&deg; Redmond)-Watford 1 (9&deg; Capoue) Manchester City 2 (4&deg; Aguero rig., 87&deg; McNair aut.)-Sunderland 1 (71&deg; Defoe) Bournemouth 1 (69&deg; Smith)-Manchester United 3 (40&deg; Mata, 59&deg; Rooney, 64&deg; Ibrahimovic) Arsenal 3 (31&deg; Walcott, 64&deg; Oxlade-Chamberlain, 75&deg; Chambers)-Liverpool 4 (45&deg; e 56&deg; Coutinho, 49&deg; Lallana, 63&deg; Man&eacute;) Chelsea 2 (47&deg; Hazard, 89&deg; Diego Costa)-West Ham 1 (77&deg; Collins)  CLASSIFICA  Manchester United, Liverpool, Chelsea, Hull City, Manchester City, Swansea City, West Bromwich Albion 3  MARCATORI  Philippe Coutinho (Liverpool) 2  LE RETI PI&Ugrave; BELLE DELLA PRIMA GIORNATA  https://www.youtube.com/watch?v=2Zo2zvHOw6U  &nbsp;  &nbsp;   FRANCIA: giornata #1 Apre anche la Ligue 1 2016-17 e offre una giornata pirotecnica: ben 26 reti realizzate, tra cui spicca il tris di Lacazette che ora vorr&agrave; senz'altro riguadagnarsi la Nazionale. Il Paris Saint-Germain ha la meglio del Bastia solo al 73&deg; grazie ad una rete del difensore Kurzawa.   &nbsp;  LE PARTITE  Bastia 0-PSG 1 (73&deg; Kurzawa) Monaco 2 (71&deg; Fabinho rig., 84&deg; Bernardo Silva)-Guingamp 2 (29&deg; Diallo, 37&deg; Privat) Bordeaux 3 (13&deg; Laborde, 57&deg; Rolan, 72&deg; Malcom)-Saint-Etienne 2 (81&deg; Hamouma, 89&deg; Soderlund) Montpellier 1 (8&deg; Boudebouz)-Angers 0 Digione 0-Nantes 1 (48&deg; Thomsen) Caen 3 (32&deg; Rodelin, 43&deg; e 87&deg; &nbsp;Santini)-Lorient 2 (5&deg; e 19&deg; Moukandjo) Metz 3 (56&deg; 76&deg; rig. Erdin&ccedil;, 88' Jouffre rig.)-Lilla 2 (35&deg; e 70&deg; Rony Lopes) Nancy 0-Lione 3 (33&deg;, 44&deg; e 90&deg; Lacazette) Nizza 1 (60&deg; Sarr)-Rennes 0 Marsiglia 0-Tolosa 0  CLASSIFICA  Lione, Bordeaux, Caen, Metz, Montpellier, Nantes, Nizza, PSG 3  MARCATORI  Alexandre Lacazette (Lione) 3, Mevlut Erdin&ccedil; (Metz), Rony Lopes (Lilla), Benjamin Moukandjo (Lorient) e Ivan Santini (Caen) 2  LE RETI PI&Ugrave; BELLE DELLA PRIMA GIORNATA  https://www.youtube.com/watch?v=5Z-bZz4TdOE  &nbsp;  Fabio Ornano @fabio_ornano  &nbsp;  &nbsp;

Eurogol #1: cos'&egrave; successo nei principali campionati

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L'Europeo azzurro in 20 scatti

L'eliminazione azzurra ad opera della Germania, soprattutto per il modo in cui &egrave; arrivata, fa male. Parlando nei minuti successivi ai rigori, i giocatori hanno espresso&nbsp;parole&nbsp;di delusione e tristezza: per la fine non solo del sogno, ma anche della gestione Conte che ha l'indubbio merito di aver creato un gruppo coeso e di carattere. Non nasconde le lacrime uno dei veterani, Andrea Barzagli: <blockquote> <h4>"Immensa delusione, abbiamo dato veramente tutto. Purtroppo rimane la sconfitta. Di tutto ci&ograve; che di bello abbiamo fatto, secondo me, non rimarr&agrave; nulla ed &egrave; un grande dispiacere. C'era davvero la voglia di stare insieme".</h4> </blockquote> La commozione prende il sopravvento anche nelle parole di Leonardo&nbsp;Bonucci: <blockquote> <h4>"Avevamo detto all'inizio di quest'avventura che se fossimo stati eliminati l'avremmo fatto a testa alta. Per 120 minuti questa Nazionale ha tenuto testa ai campioni del mondo, di questo dobbiamo essere orgogliosi. Ovvio, che uscire fa sempre male. Tutti gli uomini di questa squadra, a cominciare dal Commissario Tecnico e dal Presidente Tavecchio, sono stati grandi. Ringraziamo gli italiani, sono stati con noi e ci hanno portato tanto entusiasmo. Speriamo di averli resi orgogliosi di questa squadra".</h4> </blockquote> Molto provato e scosso il capitano Gianluigi Buffon: <blockquote> <h4>"Tracciato un solco e bisogna proseguire su questa strada, perch&eacute; abbiamo fatto il massimo. Quando si hanno valori, un'organizzazione di gioco, nulla diventa impossibile. Il mister ci ha ringraziato e ci ha espresso l'orgoglio di aver avuto a che fare con noi. Dispiace perch&eacute; meritavamo, anche per ci&ograve; che abbiamo risvegliato nell'animo della gente. &Egrave;&nbsp;dura, ma andiamo avanti. Si prende il risultato e si porta a casa. Un momento particolare e delicato per tutti noi, perch&eacute; pensavamo di aver fatto qualcosa di eccezionale che necessitava&nbsp;ancora di un piccolo passo".</h4> </blockquote> Uno degli elementi pi&ugrave; positivi di questo Europeo azzurro &egrave; stato Marco Parolo: <blockquote> <h4>"Abbiamo creato un'identit&agrave; di gioco, in cui ogni giocatore sapeva esattamente cosa fare. Dare tutto non &egrave; bastato. Ora &egrave; normale che ci sia solo delusione, ma smaltita quella rester&agrave; solo l'orgoglio".</h4> </blockquote> L'ultimo arrivato e titolare "obbligato" Stefano Sturaro: <blockquote> <h4>"Il rimpianto &egrave; quello di non aver passato il turno, usciamo a testa alta nonostante il dispiacere. Per 120 minuti siamo stati all'altezza della Germania e dobbiamo andarne fieri".</h4> </blockquote> Chi lascia a prescindere una traccia indelebile del suo passaggio &egrave; Antonio Conte, che ha avuto modo di togliersi qualche sassolino dalle scarpe dopo la sua ultima partita alla guida dell'Italia: <blockquote> <h4>"Ringrazio i ragazzi, sono stati straordinari. Questi due anni sono stati fantastici, ancora di pi&ugrave; lo &egrave; stato quest'ultimo mese e mezzo in cui abbiamo creato un grande gruppo. Questi ragazzi li porter&ograve; nel cuore. Attraverso il lavoro si possono costruire delle cose bellissime. Termina qui la mia esperienza con la Nazionale: ho bisogno del campo, di allenare tutti i giorni e ora andr&ograve; in Inghilterra. Ma devo&nbsp;sottolineare che in questi due anni non ho ricevuto supporto nel mio lavoro, oltre a quello (scontato) del Presidente Tavecchio: ho cercato di far spostare la finale di Coppa Italia per avere qualche giorno in pi&ugrave; per lavorare con i ragazzi, ma invano... La Nazionale ti d&agrave; grande orgoglio ed emozione, ma anche pressione notevole: spero che un giorno si ricreino&nbsp;le condizioni per ritornare".</h4> </blockquote> Fabio Ornano @fabio_ornano

L'eliminazione azzurra ad opera della Germania, soprattutto per il modo in cui &egrave; arrivata, fa male. Parlando nei minuti successivi ai rigori, i giocatori hanno espresso&nbsp;parole&nbsp;di delusione e tristezza: per la fine non solo del sogno, ma anche della gestione Conte che ha l'indubbio merito di aver creato un gruppo coeso e di carattere.  Non nasconde le lacrime uno dei veterani, Andrea Barzagli:  "Immensa delusione, abbiamo dato veramente tutto. Purtroppo rimane la sconfitta. Di tutto ci&ograve; che di bello abbiamo fatto, secondo me, non rimarr&agrave; nulla ed &egrave; un grande dispiacere. C'era davvero la voglia di stare insieme".  La commozione prende il sopravvento anche nelle parole di Leonardo&nbsp;Bonucci:  "Avevamo detto all'inizio di quest'avventura che se fossimo stati eliminati l'avremmo fatto a testa alta. Per 120 minuti questa Nazionale ha tenuto testa ai campioni del mondo, di questo dobbiamo essere orgogliosi. Ovvio, che uscire fa sempre male. Tutti gli uomini di questa squadra, a cominciare dal Commissario Tecnico e dal Presidente Tavecchio, sono stati grandi. Ringraziamo gli italiani, sono stati con noi e ci hanno portato tanto entusiasmo. Speriamo di averli resi orgogliosi di questa squadra".  Molto provato e scosso il capitano Gianluigi Buffon:  "Tracciato un solco e bisogna proseguire su questa strada, perch&eacute; abbiamo fatto il massimo. Quando si hanno valori, un'organizzazione di gioco, nulla diventa impossibile. Il mister ci ha ringraziato e ci ha espresso l'orgoglio di aver avuto a che fare con noi. Dispiace perch&eacute; meritavamo, anche per ci&ograve; che abbiamo risvegliato nell'animo della gente. &Egrave;&nbsp;dura, ma andiamo avanti. Si prende il risultato e si porta a casa. Un momento particolare e delicato per tutti noi, perch&eacute; pensavamo di aver fatto qualcosa di eccezionale che necessitava&nbsp;ancora di un piccolo passo".  Uno degli elementi pi&ugrave; positivi di questo Europeo azzurro &egrave; stato Marco Parolo:  "Abbiamo creato un'identit&agrave; di gioco, in cui ogni giocatore sapeva esattamente cosa fare. Dare tutto non &egrave; bastato. Ora &egrave; normale che ci sia solo delusione, ma smaltita quella rester&agrave; solo l'orgoglio".  L'ultimo arrivato e titolare "obbligato" Stefano Sturaro:  "Il rimpianto &egrave; quello di non aver passato il turno, usciamo a testa alta nonostante il dispiacere. Per 120 minuti siamo stati all'altezza della Germania e dobbiamo andarne fieri".  Chi lascia a prescindere una traccia indelebile del suo passaggio &egrave; Antonio Conte, che ha avuto modo di togliersi qualche sassolino dalle scarpe dopo la sua ultima partita alla guida dell'Italia:  "Ringrazio i ragazzi, sono stati straordinari. Questi due anni sono stati fantastici, ancora di pi&ugrave; lo &egrave; stato quest'ultimo mese e mezzo in cui abbiamo creato un grande gruppo. Questi ragazzi li porter&ograve; nel cuore. Attraverso il lavoro si possono costruire delle cose bellissime. Termina qui la mia esperienza con la Nazionale: ho bisogno del campo, di allenare tutti i giorni e ora andr&ograve; in Inghilterra. Ma devo&nbsp;sottolineare che in questi due anni non ho ricevuto supporto nel mio lavoro, oltre a quello (scontato) del Presidente Tavecchio: ho cercato di far spostare la finale di Coppa Italia per avere qualche giorno in pi&ugrave; per lavorare con i ragazzi, ma invano... La Nazionale ti d&agrave; grande orgoglio ed emozione, ma anche pressione notevole: spero che un giorno si ricreino&nbsp;le condizioni per ritornare".  Fabio Ornano @fabio_ornano

Parole azzurre. Conte: "Sostenuto da nessuno"

BUFFON 7,5: determinante con la parata su Piqu&eacute;. Un intervento prodigioso che mantiene l'Italia in vantaggio, pochi istanti prima del raddoppio. BARZAGLI 7: meno appariscente dei due compagni di reparto Bonucci e Chiellini, ma anche lui tiene alla grande. Rischia di rovinare tutto con una sorta di "assist" agli spagnoli, ma per fortuna non ci sono conseguenze. Annulla Nolito. BONUCCI 7,5: gestisce la difesa che &egrave; una meraviglia. L'Uefa lo elegge migliore in campo. Una delle stelle dell'Europeo. CHIELLINI 8: impeccabile in difesa, ha anche il merito di sbloccare la partita. Stravince il duello con l'ormai ex compagno di club Morata. FLORENZI 6,5: ritorna sulla fascia destra e lo fa con una partita di grande sacrificio. Dalle sue parti Jordi Alba combina poco. Dall'83' DARMIAN 6: offre il cambio a Florenzi, giusto in tempo per servire il passaggio vincente a Pell&egrave;. PAROLO 6,5: pecca quando c'&egrave; da costruire, ma ferma lo spauracchio Iniesta. Interpreta bene la gara. DE ROSSI 6,5: il suo lavoro davanti alla difesa &egrave; prezioso, anche se nel primo tempo &egrave; soprattutto l'Italia a fare la gara. Sarebbe servito maggiormente nella ripresa, ma un problema muscolare lo estromette dal match. Dal 54' THIAGO MOTTA 6: subentra a un De Rossi in debito d'ossigeno. Il suo ingresso coincide con la fase di maggior sofferenza. Ammonito, salter&agrave; il big match con la Germania. GIACCHERINI 7,5: colpisce un palo in apertura, ma in realt&agrave; il gioco era fermo. Infermabile, macina la bellezza di tredici chilometri. Suo l'assist per il gol di Chiellini. Ha una chance al 45', ma viene fermato da De Gea. DE SCIGLIO 7: parte timido, poi migliora progressivamente, rendendosi protagonista di una partita di spessore. A fine primo tempo si immola su una conclusione di Fabregas. In avanti mette in area un pallone potenzialmente pericoloso. EDER 6,5: da una sua punizione nasce l'1-0. Spreca la palla del 2-0 calciando su un sempre vigile De Gea. Malmenato da Sergio Ramos, la sua &egrave; una gara di generosit&agrave;.&nbsp; Abbandona il campo sfinito. Dall'82' INSIGNE 6,5: come volevasi dimostrare: con lo spezzone contro l'Irlanda ha scalato le gerarchie ed &egrave; lui a dare il cambio a Eder. Da un suo capovolgimento di fronte scaturisce il raddoppio. PELL&Egrave; 8: trova il secondo gol in questo Europeo, con un'azione molto simile a quella con il Belgio. Sua la prima occasione del match, quando dopo otto minuti chiama De Gea ad un intervento prodigioso. Nella ripresa produce un assist delizioso a Eder, con un tacco da fantasista, ma poi il portiere iberico fermer&agrave; il compagno. Nel recupero, mette in cassaforte la vittoria sfruttando l'assist di Darmian. CONTE 8: mette in gabbia i campioni in carica. Lo aveva detto che la Spagna avrebbe dovuto avere paura degli Azzurri. Non c'&egrave; dubbio che sia il marchio del tecnico su questa vittoria. Giovanni Del Bianco @g_delbianco

BUFFON 7,5: determinante con la parata su Piqu&eacute;. Un intervento prodigioso che mantiene l'Italia in vantaggio, pochi istanti prima del raddoppio.  BARZAGLI 7: meno appariscente dei due compagni di reparto Bonucci e Chiellini, ma anche lui tiene alla grande. Rischia di rovinare tutto con una sorta di "assist" agli spagnoli, ma per fortuna non ci sono conseguenze. Annulla Nolito.  BONUCCI 7,5: gestisce la difesa che &egrave; una meraviglia. L'Uefa lo elegge migliore in campo. Una delle stelle dell'Europeo.  CHIELLINI 8: impeccabile in difesa, ha anche il merito di sbloccare la partita. Stravince il duello con l'ormai ex compagno di club Morata.  FLORENZI 6,5: ritorna sulla fascia destra e lo fa con una partita di grande sacrificio. Dalle sue parti Jordi Alba combina poco.  Dall'83' DARMIAN 6: offre il cambio a Florenzi, giusto in tempo per servire il passaggio vincente a Pell&egrave;.  PAROLO 6,5: pecca quando c'&egrave; da costruire, ma ferma lo spauracchio Iniesta. Interpreta bene la gara.  DE ROSSI 6,5: il suo lavoro davanti alla difesa &egrave; prezioso, anche se nel primo tempo &egrave; soprattutto l'Italia a fare la gara. Sarebbe servito maggiormente nella ripresa, ma un problema muscolare lo estromette dal match.  Dal 54' THIAGO MOTTA 6: subentra a un De Rossi in debito d'ossigeno. Il suo ingresso coincide con la fase di maggior sofferenza. Ammonito, salter&agrave; il big match con la Germania.  GIACCHERINI 7,5: colpisce un palo in apertura, ma in realt&agrave; il gioco era fermo. Infermabile, macina la bellezza di tredici chilometri. Suo l'assist per il gol di Chiellini. Ha una chance al 45', ma viene fermato da De Gea.  DE SCIGLIO 7: parte timido, poi migliora progressivamente, rendendosi protagonista di una partita di spessore. A fine primo tempo si immola su una conclusione di Fabregas. In avanti mette in area un pallone potenzialmente pericoloso.  EDER 6,5: da una sua punizione nasce l'1-0. Spreca la palla del 2-0 calciando su un sempre vigile De Gea. Malmenato da Sergio Ramos, la sua &egrave; una gara di generosit&agrave;.&nbsp; Abbandona il campo sfinito.  Dall'82' INSIGNE 6,5: come volevasi dimostrare: con lo spezzone contro l'Irlanda ha scalato le gerarchie ed &egrave; lui a dare il cambio a Eder. Da un suo capovolgimento di fronte scaturisce il raddoppio.  PELL&Egrave; 8: trova il secondo gol in questo Europeo, con un'azione molto simile a quella con il Belgio. Sua la prima occasione del match, quando dopo otto minuti chiama De Gea ad un intervento prodigioso. Nella ripresa produce un assist delizioso a Eder, con un tacco da fantasista, ma poi il portiere iberico fermer&agrave; il compagno. Nel recupero, mette in cassaforte la vittoria sfruttando l'assist di Darmian.  CONTE 8: mette in gabbia i campioni in carica. Lo aveva detto che la Spagna avrebbe dovuto avere paura degli Azzurri. Non c'&egrave; dubbio che sia il marchio del tecnico su questa vittoria.  Giovanni Del Bianco @g_delbianco

Italia-Spagna, le pagelle: Pell&egrave; sontuoso, Chiellini decisivo

Delude l&rsquo;Italia-bis proposta da Antonio Conte, che forte del primo posto gi&agrave; ottenuto matematicamente dopo la vittoria con la Svezia, non aveva assilli di classifica. L&rsquo;Irlanda, invece, aveva un disperato bisogno di vincere per proseguire il suo torneo e a 5&rsquo; dalla fine ha colto il meritato successo, che la inserisce in extremis nel lotto delle migliori terze a scapito della Turchia, beffardamente eliminata, quando ormai pareva essere salita sulla nave dell&rsquo;eliminazione diretta. Ventidue anni dopo, l&rsquo;Eire torna a battere l&rsquo;Italia in un grande torneo. Anche allora - era il Mondiale americano - capit&ograve; nella fase a gironi, ma fu all&rsquo;esordio. Antonio Conte ha approfittato della classifica tranquilla per proporre titolare qualche volto nuovo: Sirigu, Ogbonna, Sturaro, Bernardeschi, De Sciglio, Zaza e Immobile. Ancora fuori dunque El Shaarawy e Insigne, evidentemente indietro nelle gerarchie del mister. Molte di queste novit&agrave; non hanno per&ograve; sfruttato la chance offerta: la fame dell&rsquo;Irlanda ha fatto la differenza e la compagine biancoverde ha tenuto meglio il campo, andando ad acciuffare una qualificazione di grinta e carattere, caratteristiche che serviranno all&rsquo;Italia per uscire vincitrice dal tremendo ottavo di finale con la Spagna. Gara spezzettata e fallosa (40 falli, record del torneo), quella di Lilla: in un campo tortuoso - che non deve servire per&ograve; come alibi - l&rsquo;Italia &egrave; parsa troppo timida e compassata. Molto pi&ugrave; pericoloso l&rsquo;undici di O&rsquo;Neill: nel primo tempo c&rsquo;ha provato con Murphy e probabilmente avrebbe meritato un rigore nel contatto dubbio tra Bernardeschi e McClean. Nella ripresa, ha avuto una grossa occasione con il neoentrato Hoolahan, a segno contro la Svezia: il centrocampista del Norwich, a tu per tu con Sirigu, si &egrave; fatto ipnotizzare, calciandogli addosso, ma ha avuto modo di rifarsi un minuto pi&ugrave; tardi, servendo l&rsquo;assist vincente per Robbie Brady, che di testa ha trafitto Sirigu, mandando in estasi il popolo irlandese. L&rsquo;Italia? Pervenuta solo sullo squillo di Lorenzo Insigne al 77&rsquo;: il napoletano, al debutto in questo Europeo, ha colpito il palo, dopo un&rsquo;azione &ldquo;alla Eder&rdquo;. Dei debuttanti, &egrave; forse l&rsquo;unico che potremo rivedere ancora contro la Spagna e che potr&agrave; dare dei grattacapi a Conte (anzi, molti chiedevano il suo impiego gi&agrave; nelle altre gare), mentre il romanista El Shaarawy, entrato solo negli ultimi otto minuti, &egrave; stato obiettivamente non giudicabile. Ancora una volta, &egrave; mancata la fase d&rsquo;impostazione: Thiago Motta non ha convinto, cos&igrave; come il pallido Bernardeschi, dal quale era lecito attendersi un po&rsquo; d&rsquo;inventiva in pi&ugrave;. In fin dei conti, non c&rsquo;&egrave; da fare drammi per quanto visto contro l&rsquo;Irlanda, ma speriamo di vedere l&rsquo;Italia rimettersi il coltello tra i denti contro la Spagna, perch&eacute; senza mordente torniamo ad essere una squadra &ldquo;normale&rdquo; e perch&eacute; Conte aveva finora dimostrato di aver ben lavorato proprio nel carattere della squadra e nella voglia di sacrificarsi. L&rsquo;Irlanda lo ha fatto ed &egrave; stata premiata a trecento secondi dalla fine. D&rsquo;altronde, &egrave; l&rsquo;Europeo degli ultimi minuti. I PI&Ugrave; E I MENO + Robbie Brady: rinnova ventidue anni dopo il gol di Houghton a Usa &lsquo;94. Eroe della serata. &Egrave; l&rsquo;uomo che crea maggiori pericoli e non a caso, segna il gol decisivo. + Jeff Hendrick: lo avevamo scelto tra i &ldquo;promossi&rdquo; gi&agrave; contro la Svezia. Si conferma giocatore molto interessante. Si fa sentire in mezzo e ha un sinistro niente male. - Federico Bernardeschi: il fiorentino gioca una partita opaca, senza picchi. E con il rischio di un rigore causato. Non &egrave; ancora pronto per fare il vice-Candreva. - Thiago Motta: la partita conferma che pu&ograve; essere utile schierarlo per mettere ordine nei minuti finali di gara, non dall&rsquo;inizio. Sbaglia molti palloni e questo &egrave; davvero un male, visto che la sua forza dovrebbe essere nel lato tecnico. - Stefano Sturaro: lavora male parecchi palloni. Impreciso e con poca personalit&agrave;, viene sopraffatto dalla grinta degli irlandesi. - Antonio Conte: il Ct sostiene di aver avuto le risposte che cercava da questa partita. Difficile credergli. Come rimane difficile credere alla scusa del campo. Sulla formazione, si prende qualche rischio schierando il diffidato Bonucci e concede poco tempo a Insigne ed El Shaarawy. IL TABELLINO Lilla, 22 giugno Italia-Irlanda 0-1 85' Brady. Italia (3-5-2): Sirigu; Barzagli, Bonucci, Ogbonna; Bernardeschi (60&rsquo; Darmian), Sturaro, Thiago Motta, Florenzi, De Sciglio (82&rsquo; El Shaarawy); Zaza, Immobile (74&rsquo; Insigne). In panchina: Buffon, Marchetti, Chiellini, Candreva, De Rossi, Parolo, Giaccherini, Eder, Pell&egrave;. Ct: Conte. Irlanda (4-3-3): Randolph; Coleman, Duffy, Keogh, Ward; Hendrick, McCarthy (76&rsquo; Hoolahan), Brady; Long (90&rsquo; Quinn), Murphy (70&rsquo; McGeady), McClean. In panchina: Westwood, Given, Clark, O&rsquo;Shea, Whelan, Christie, Meyler, Walters, Keane. Ct: O&rsquo;Neill. Arbitro: Hategan (Romania). Note: ammoniti Sirigu, Long, Barzagli, Ward, Zaza e Insigne; recupero: 1&rsquo; pt, 3&rsquo; st. Uomo partita Uefa: Brady. Giovanni Del Bianco @g_delbianco

Delude l&rsquo;Italia-bis proposta da Antonio Conte, che forte del primo posto gi&agrave; ottenuto matematicamente dopo la vittoria con la Svezia, non aveva assilli di classifica. L&rsquo;Irlanda, invece, aveva un disperato bisogno di vincere per proseguire il suo torneo e a 5&rsquo; dalla fine ha colto il meritato successo, che la inserisce in extremis nel lotto delle migliori terze a scapito della Turchia, beffardamente eliminata, quando ormai pareva essere salita sulla nave dell&rsquo;eliminazione diretta. Ventidue anni dopo, l&rsquo;Eire torna a battere l&rsquo;Italia in un grande torneo. Anche allora - era il Mondiale americano - capit&ograve; nella fase a gironi, ma fu all&rsquo;esordio. Antonio Conte ha approfittato della classifica tranquilla per proporre titolare qualche volto nuovo: Sirigu, Ogbonna, Sturaro, Bernardeschi, De Sciglio, Zaza e Immobile. Ancora fuori dunque El Shaarawy e Insigne, evidentemente indietro nelle gerarchie del mister. Molte di queste novit&agrave; non hanno per&ograve; sfruttato la chance offerta: la fame dell&rsquo;Irlanda ha fatto la differenza e la compagine biancoverde ha tenuto meglio il campo, andando ad acciuffare una qualificazione di grinta e carattere, caratteristiche che serviranno all&rsquo;Italia per uscire vincitrice dal tremendo ottavo di finale con la Spagna. Gara spezzettata e fallosa (40 falli, record del torneo), quella di Lilla: in un campo tortuoso - che non deve servire per&ograve; come alibi - l&rsquo;Italia &egrave; parsa troppo timida e compassata. Molto pi&ugrave; pericoloso l&rsquo;undici di O&rsquo;Neill: nel primo tempo c&rsquo;ha provato con Murphy e probabilmente avrebbe meritato un rigore nel contatto dubbio tra Bernardeschi e McClean. Nella ripresa, ha avuto una grossa occasione con il neoentrato Hoolahan, a segno contro la Svezia: il centrocampista del Norwich, a tu per tu con Sirigu, si &egrave; fatto ipnotizzare, calciandogli addosso, ma ha avuto modo di rifarsi un minuto pi&ugrave; tardi, servendo l&rsquo;assist vincente per Robbie Brady, che di testa ha trafitto Sirigu, mandando in estasi il popolo irlandese. L&rsquo;Italia? Pervenuta solo sullo squillo di Lorenzo Insigne al 77&rsquo;: il napoletano, al debutto in questo Europeo, ha colpito il palo, dopo un&rsquo;azione &ldquo;alla Eder&rdquo;. Dei debuttanti, &egrave; forse l&rsquo;unico che potremo rivedere ancora contro la Spagna e che potr&agrave; dare dei grattacapi a Conte (anzi, molti chiedevano il suo impiego gi&agrave; nelle altre gare), mentre il romanista El Shaarawy, entrato solo negli ultimi otto minuti, &egrave; stato obiettivamente non giudicabile. Ancora una volta, &egrave; mancata la fase d&rsquo;impostazione: Thiago Motta non ha convinto, cos&igrave; come il pallido Bernardeschi, dal quale era lecito attendersi un po&rsquo; d&rsquo;inventiva in pi&ugrave;. In fin dei conti, non c&rsquo;&egrave; da fare drammi per quanto visto contro l&rsquo;Irlanda, ma speriamo di vedere l&rsquo;Italia rimettersi il coltello tra i denti contro la Spagna, perch&eacute; senza mordente torniamo ad essere una squadra &ldquo;normale&rdquo; e perch&eacute; Conte aveva finora dimostrato di aver ben lavorato proprio nel carattere della squadra e nella voglia di sacrificarsi. L&rsquo;Irlanda lo ha fatto ed &egrave; stata premiata a trecento secondi dalla fine. D&rsquo;altronde, &egrave; l&rsquo;Europeo degli ultimi minuti.  I PI&Ugrave; E I MENO  + Robbie Brady: rinnova ventidue anni dopo il gol di Houghton a Usa &lsquo;94. Eroe della serata. &Egrave; l&rsquo;uomo che crea maggiori pericoli e non a caso, segna il gol decisivo. + Jeff Hendrick: lo avevamo scelto tra i &ldquo;promossi&rdquo; gi&agrave; contro la Svezia. Si conferma giocatore molto interessante. Si fa sentire in mezzo e ha un sinistro niente male. - Federico Bernardeschi: il fiorentino gioca una partita opaca, senza picchi. E con il rischio di un rigore causato. Non &egrave; ancora pronto per fare il vice-Candreva. - Thiago Motta: la partita conferma che pu&ograve; essere utile schierarlo per mettere ordine nei minuti finali di gara, non dall&rsquo;inizio. Sbaglia molti palloni e questo &egrave; davvero un male, visto che la sua forza dovrebbe essere nel lato tecnico. - Stefano Sturaro: lavora male parecchi palloni. Impreciso e con poca personalit&agrave;, viene sopraffatto dalla grinta degli irlandesi. - Antonio Conte: il Ct sostiene di aver avuto le risposte che cercava da questa partita. Difficile credergli. Come rimane difficile credere alla scusa del campo. Sulla formazione, si prende qualche rischio schierando il diffidato Bonucci e concede poco tempo a Insigne ed El Shaarawy.  IL TABELLINO  Lilla, 22 giugno Italia-Irlanda 0-1 85' Brady. Italia (3-5-2): Sirigu; Barzagli, Bonucci, Ogbonna; Bernardeschi (60&rsquo; Darmian), Sturaro, Thiago Motta, Florenzi, De Sciglio (82&rsquo; El Shaarawy); Zaza, Immobile (74&rsquo; Insigne). In panchina: Buffon, Marchetti, Chiellini, Candreva, De Rossi, Parolo, Giaccherini, Eder, Pell&egrave;. Ct: Conte. Irlanda (4-3-3): Randolph; Coleman, Duffy, Keogh, Ward; Hendrick, McCarthy (76&rsquo; Hoolahan), Brady; Long (90&rsquo; Quinn), Murphy (70&rsquo; McGeady), McClean. In panchina: Westwood, Given, Clark, O&rsquo;Shea, Whelan, Christie, Meyler, Walters, Keane. Ct: O&rsquo;Neill. Arbitro: Hategan (Romania). Note: ammoniti Sirigu, Long, Barzagli, Ward, Zaza e Insigne; recupero: 1&rsquo; pt, 3&rsquo; st. Uomo partita Uefa: Brady.  Giovanni Del Bianco @g_delbianco

Euro 2016, Italia-Irlanda 0-1

Parte bene l&rsquo;avventura azzurra in questo Euro 2016: l&rsquo;Italia supera il Belgio per 2-0 e, in virt&ugrave; del pareggio pomeridiano tra Irlanda e Svezia, si porta al comando del girone E. Con una prestazione di grande cuore, l&rsquo;Italia &egrave; riuscita a sbarazzarsi della miglior squadra europea del ranking Fifa. Soffrendo parecchio, sbagliando anche tanto, ma alla fine, meritando. Allo Stade des Lumieres di Lione, l&rsquo;Italia ha giocato ad immagine e somiglianza del proprio allenatore: senza paura, unita e vogliosa di spingersi oltre le proprie forze. La difesa a tre d&rsquo;impronta juventina si &egrave; confermata una sicurezza: ha di fatto annullato le folate della pericolosa trequarti belga composta da Hazard, Fellaini e Witsel e depotenziato la forza fisica di Lukaku. E in pi&ugrave;, con Bonucci, ha fatto partire le azioni d&rsquo;attacco, che pi&ugrave; che interessare la coppia Eder-Pell&egrave;, servivano ad innescare gli inserimenti di Giaccherini. Proprio su questo asse &egrave; nato il gol che ha sbloccato la partita: lancio lungo del numero 19, aggancio del centrocampista bolognese e tiro a trafiggere Courtois. &Egrave; stata un&rsquo;Italia verticale, alla continua ricerca dei movimenti delle punte e degli inserimenti dei centrocampisti. Sulle corsie, non ha funzionato benissimo Darmian, sostituito da De Sciglio, mentre meglio ha fatto Candreva, nonostante qualche palla persa di troppo o qualche passaggio tardato. Proprio da un cross del capitano laziale, &egrave; maturato nel recupero il raddoppio di Graziano Pell&egrave;, valido per il 2-0, che ha permesso agli Azzurri di essere, assieme alla Germania, l&rsquo;unica squadra fino a questo momento ad aver vinto con pi&ugrave; di un gol di scarto. Detto dei meriti, bisogna considerare anche i demeriti degli avversari: il Belgio, considerato dalla critica come una delle tre-quattro favorite per il titolo, &egrave; parso sfilacciato, distaccato tra i reparti, poco convinto come gruppo e pi&ugrave; aggrappato alla forza dei singoli (leggasi: Hazard) che non alla coralit&agrave; che serve per affermarsi a livelli simili. Wilmots deve correre ai ripari. &Egrave; anche vero che l&rsquo;Italia ha perso diversi palloni in uscita, rischiando dei sanguinosi contropiedi che avrebbero potuto rovesciare tutti i giudizi. Ma in generale, &egrave; stato un Belgio pi&ugrave; tenero di come ce lo immaginavamo alla vigilia. Le prossime partite aiuteranno a capire dove finiscono i meriti dell&rsquo;una e dove iniziano i meriti dell&rsquo;altra. Nelle trasmissioni del postpartita, si sta ripetendo un mantra sacrosanto: guai ad esaltarsi, perch&eacute; anche allo sciagurato Mondiale del 2014 partimmo con una vittoria e poi uscimmo di scena gi&agrave; al girone. Va tenuto per&ograve; conto pure che questa volta passano anche alcune terze e che abbiamo superato la sfida pi&ugrave; ostica dell&rsquo;intero girone. Insomma, &egrave; vietato abbassare la guardia, ma &egrave; anche lecito un po&rsquo; di ottimismo in pi&ugrave;. I PI&Ugrave; E I MENO + Leonardo Bonucci: strano a dirsi, ma il nuovo Pirlo della nazionale &egrave; lui. Sono i suoi lanci a mettere in moto gli attacchi azzurri. Illuminante l&rsquo;assist per Giaccherini dal cerchio di centrocampo, nella ripresa cerca il bis. + Emanuele Giaccherini: si inserisce continuamente rivelandosi fondamentale nello scacchiere di Conte. Bello lo stop e tiro sul passaggio di Bonucci nel primo tempo. La sua partita decolla proprio a partire dal gol: fino a quel momento era stato abbastanza timido, da l&igrave; quasi perfetto. Ci sarebbe forse anche un rigore sul contatto con Ciman. + Graziano Pell&egrave;: si mangia un gol nel primo tempo, non trovando la porta da posizione vantaggiosa, proprio con la specialit&agrave; della casa: il gioco aereo. Nel secondo tempo, viene stoppato da Courtois, ma in pieno recupero riesce a sbloccarsi. + Gianluigi Buffon: non tanto per la partita, quanto per il traguardo toccato: quattordici partite con l'Italia in un Campionato Europeo. Nessuno come lui. + Antonio Conte: quella del Ct insaguinato dopo una botta presa da Zaza in panchina nei festeggiamenti per il gol di Giaccherini &egrave; l'immagine ideale della sua filosofia. A sputare il sangue, non devono essere solo i giocatori, ma anche lui. Vince il duello con il collega Wilmots, nonostante una rosa sicuramente pi&ugrave; povera. Bella rivincita dopo la sconfitta in amichevole. + Thibaut Courtois: il portiere belga strappa la scena con due grandi parate, una sul colpo di testa di Pell&egrave;, una sulla conclusione di Immobile. + Eden Hazard: l'unico che accende la luce nell'undici di Wilmots. Poi va a sbattere nella difesa azzurra, ma quando prende palla d&agrave; sempre l'impressione di poter inventare qualcosa. - Matteo Darmian: non &egrave; una bocciatura, ma il terzino del Manchester United &egrave; quello che ha convinto meno. Dalle sue parti c'erano Ciman e soprattutto De Bruyne, a negargli delle sortite in avanti. - Romelu Lukaku: lo spauracchio offensivo &egrave; stato annullato da una difesa azzurra praticamente perfetta. Si mangia un gol a tu per tu con Buffon, non inquadrando la porta. Pi&ugrave; pericoloso il sostituto Origi. - Radja Nainggolan: mette subito alla prova Buffon con un tiro da lontano, ma poi scompare dall'azione belga. IL TABELLINO Lione, 13 giugno Belgio-Italia 0-2 32' Giaccherini, 93' Pell&egrave;. Belgio (4-2-3-1): Courtois; Ciman (76&rsquo; Carrasco), Alderweireld, Vermaelen, Vertonghen; Nainggolan (62&rsquo; Mertens), Witsel; De Bruyne, Fellaini, Hazard; Lukaku (73&rsquo; Origi). In panchina: Mignolet, Gillet, Denayer, Kabasele, J. Lukaku, Meunier, Dembel&eacute;, Benteke, Batshuayi. Ct: Wilmots. Italia (3-5-2): Buffon; Barzagli, Bonucci, Chiellini; Candreva, Parolo, De Rossi (78&rsquo; Thiago Motta), Giaccherini, Darmian (58&rsquo; De Sciglio); Pell&egrave;, Eder (75&rsquo; Immobile). In panchina: Sirigu, Marchetti, Ogbonna, Florenzi, Sturaro, Bernardeschi, El Shaarawy, Insigne, Zaza. Ct: Conte. Arbitro: Clattenburg (Inghilterra). Note: ammoniti Chiellini, Eder. Bonucci, Thiago Motta e Vertonghen; recupero: 1&rsquo; pt, 3&rsquo; st. Uomo partita Uefa: Giaccherini. Giovanni Del Bianco @g_delbianco

Parte bene l&rsquo;avventura azzurra in questo Euro 2016: l&rsquo;Italia supera il Belgio per 2-0 e, in virt&ugrave; del pareggio pomeridiano tra Irlanda e Svezia, si porta al comando del girone E. Con una prestazione di grande cuore, l&rsquo;Italia &egrave; riuscita a sbarazzarsi della miglior squadra europea del ranking Fifa. Soffrendo parecchio, sbagliando anche tanto, ma alla fine, meritando.  Allo Stade des Lumieres di Lione, l&rsquo;Italia ha giocato ad immagine e somiglianza del proprio allenatore: senza paura, unita e vogliosa di spingersi oltre le proprie forze.  La difesa a tre d&rsquo;impronta juventina si &egrave; confermata una sicurezza: ha di fatto annullato le folate della pericolosa trequarti belga composta da Hazard, Fellaini e Witsel e depotenziato la forza fisica di Lukaku. E in pi&ugrave;, con Bonucci, ha fatto partire le azioni d&rsquo;attacco, che pi&ugrave; che interessare la coppia Eder-Pell&egrave;, servivano ad innescare gli inserimenti di Giaccherini. Proprio su questo asse &egrave; nato il gol che ha sbloccato la partita: lancio lungo del numero 19, aggancio del centrocampista bolognese e tiro a trafiggere Courtois.  &Egrave; stata un&rsquo;Italia verticale, alla continua ricerca dei movimenti delle punte e degli inserimenti dei centrocampisti. Sulle corsie, non ha funzionato benissimo Darmian, sostituito da De Sciglio, mentre meglio ha fatto Candreva, nonostante qualche palla persa di troppo o qualche passaggio tardato. Proprio da un cross del capitano laziale, &egrave; maturato nel recupero il raddoppio di Graziano Pell&egrave;, valido per il 2-0, che ha permesso agli Azzurri di essere, assieme alla Germania, l&rsquo;unica squadra fino a questo momento ad aver vinto con pi&ugrave; di un gol di scarto.  Detto dei meriti, bisogna considerare anche i demeriti degli avversari: il Belgio, considerato dalla critica come una delle tre-quattro favorite per il titolo, &egrave; parso sfilacciato, distaccato tra i reparti, poco convinto come gruppo e pi&ugrave; aggrappato alla forza dei singoli (leggasi: Hazard) che non alla coralit&agrave; che serve per affermarsi a livelli simili. Wilmots deve correre ai ripari. &Egrave; anche vero che l&rsquo;Italia ha perso diversi palloni in uscita, rischiando dei sanguinosi contropiedi che avrebbero potuto rovesciare tutti i giudizi. Ma in generale, &egrave; stato un Belgio pi&ugrave; tenero di come ce lo immaginavamo alla vigilia. Le prossime partite aiuteranno a capire dove finiscono i meriti dell&rsquo;una e dove iniziano i meriti dell&rsquo;altra.  Nelle trasmissioni del postpartita, si sta ripetendo un mantra sacrosanto: guai ad esaltarsi, perch&eacute; anche allo sciagurato Mondiale del 2014 partimmo con una vittoria e poi uscimmo di scena gi&agrave; al girone. Va tenuto per&ograve; conto pure che questa volta passano anche alcune terze e che abbiamo superato la sfida pi&ugrave; ostica dell&rsquo;intero girone. Insomma, &egrave; vietato abbassare la guardia, ma &egrave; anche lecito un po&rsquo; di ottimismo in pi&ugrave;.   I PI&Ugrave; E I MENO  + Leonardo Bonucci: strano a dirsi, ma il nuovo Pirlo della nazionale &egrave; lui. Sono i suoi lanci a mettere in moto gli attacchi azzurri. Illuminante l&rsquo;assist per Giaccherini dal cerchio di centrocampo, nella ripresa cerca il bis. + Emanuele Giaccherini: si inserisce continuamente rivelandosi fondamentale nello scacchiere di Conte. Bello lo stop e tiro sul passaggio di Bonucci nel primo tempo. La sua partita decolla proprio a partire dal gol: fino a quel momento era stato abbastanza timido, da l&igrave; quasi perfetto. Ci sarebbe forse anche un rigore sul contatto con Ciman. + Graziano Pell&egrave;: si mangia un gol nel primo tempo, non trovando la porta da posizione vantaggiosa, proprio con la specialit&agrave; della casa: il gioco aereo. Nel secondo tempo, viene stoppato da Courtois, ma in pieno recupero riesce a sbloccarsi. + Gianluigi Buffon: non tanto per la partita, quanto per il traguardo toccato: quattordici partite con l'Italia in un Campionato Europeo. Nessuno come lui. + Antonio Conte: quella del Ct insaguinato dopo una botta presa da Zaza in panchina nei festeggiamenti per il gol di Giaccherini &egrave; l'immagine ideale della sua filosofia. A sputare il sangue, non devono essere solo i giocatori, ma anche lui. Vince il duello con il collega Wilmots, nonostante una rosa sicuramente pi&ugrave; povera. Bella rivincita dopo la sconfitta in amichevole. + Thibaut Courtois: il portiere belga strappa la scena con due grandi parate, una sul colpo di testa di Pell&egrave;, una sulla conclusione di Immobile. + Eden Hazard: l'unico che accende la luce nell'undici di Wilmots. Poi va a sbattere nella difesa azzurra, ma quando prende palla d&agrave; sempre l'impressione di poter inventare qualcosa. - Matteo Darmian: non &egrave; una bocciatura, ma il terzino del Manchester United &egrave; quello che ha convinto meno. Dalle sue parti c'erano Ciman e soprattutto De Bruyne, a negargli delle sortite in avanti. - Romelu Lukaku: lo spauracchio offensivo &egrave; stato annullato da una difesa azzurra praticamente perfetta. Si mangia un gol a tu per tu con Buffon, non inquadrando la porta. Pi&ugrave; pericoloso il sostituto Origi. - Radja Nainggolan: mette subito alla prova Buffon con un tiro da lontano, ma poi scompare dall'azione belga.  IL TABELLINO  Lione, 13 giugno Belgio-Italia 0-2 32' Giaccherini, 93' Pell&egrave;. Belgio (4-2-3-1): Courtois; Ciman (76&rsquo; Carrasco), Alderweireld, Vermaelen, Vertonghen; Nainggolan (62&rsquo; Mertens), Witsel; De Bruyne, Fellaini, Hazard; Lukaku (73&rsquo; Origi). In panchina: Mignolet, Gillet, Denayer, Kabasele, J. Lukaku, Meunier, Dembel&eacute;, Benteke, Batshuayi. Ct: Wilmots. Italia (3-5-2): Buffon; Barzagli, Bonucci, Chiellini; Candreva, Parolo, De Rossi (78&rsquo; Thiago Motta), Giaccherini, Darmian (58&rsquo; De Sciglio); Pell&egrave;, Eder (75&rsquo; Immobile). In panchina: Sirigu, Marchetti, Ogbonna, Florenzi, Sturaro, Bernardeschi, El Shaarawy, Insigne, Zaza. Ct: Conte. Arbitro: Clattenburg (Inghilterra). Note: ammoniti Chiellini, Eder. Bonucci, Thiago Motta e Vertonghen; recupero: 1&rsquo; pt, 3&rsquo; st. Uomo partita Uefa: Giaccherini.  Giovanni Del Bianco @g_delbianco

Euro 2016, Belgio-Italia 0-2

L'unico successo europeo &egrave; stato conquistato dalla Nazionale azzurra nel lontano 1968, quando la fase finale del torneo era ancora in formato ridotto e si respirava ancora l'aria di un calcio romantico. Per altre due volte la selezione italiana si &egrave; fermata all'ultimo atto: nel 2000 contro la Francia e quattro anni fa al termine della bella cavalcata del gruppo di Prandelli, che per&ograve; venne punito oltremodo dalla Spagna. Il campionato di Serie A, con il 56% totale di giocatori stranieri e i club pi&ugrave; importanti con pochi italiani, non ha certo aiutato il lavoro di Antonio Conte: il tecnico lascer&agrave; al termine di Euro 2016 per andare al Chelsea, conscio che l'incarico azzurro gli abbia tolto tanto (sontuoso contratto a parte) e sia incompatibile con il suo concetto di gestione. La difesa si affida al blocco juventino Buffon-Bonucci-Barzagli-Chiellini, che ha fortunatamente trovato in Darmian un ottimo aiutante. Da centrocampo in su, invece, le cose si sono complicate sensibilmente soprattutto nell'ultima stagione. Pirlo &egrave; andato negli Usa e non &egrave; certo a livelli eccelsi, De Rossi ha fatto molta panchina a Roma, Verratti lotta ancora con la pubalgia, Candreva e Parolo sono rimasti invischiati nell'anonima annata laziale. Senza contare che Marchisio si &egrave; appena rotto il crociato...situazione dunque grigia, anche se per fortuna &egrave; esploso Florenzi. Non molto meglio in attacco: Conte aveva puntato all'inizio su Immobile-Zaza, ma &egrave; una coppia improponibile oggi, come &egrave; caduto un po' in disgrazia l'oriundo brasiliano &Egrave;der. L'ariete Pell&egrave; (autore di tre reti decisive nelle qualificazioni) sar&agrave; presumibilmente titolare al centro, mentre ai suoi fianchi El Shaarawy, Insigne, Gabbiadini e Bernardeschi hanno dimostrato freschezza ed efficacia per meritare il posto. Le chance dell'Italia di far bene all'Europeo dipenderanno molto dall'armonia del collettivo e dalla cattiveria di un Ct che terr&agrave; in modo particolare a lasciare un buon ricordo del suo passaggio azzurro. La stella: Lorenzo Insigne Il folletto di Frattamaggiore ha sfoderato una grande stagione con la casacca del Napoli, &ldquo;costringendo&rdquo; Conte a rivestirlo d'azzurro. Insigne garantisce quella imprevedibilit&agrave; offensiva che serve come il pane alla Nazionale. Dribbling secco, tecnica superba e pericolosit&agrave; nei calci piazzati rappresentano le sue armi migliori. In quest'annata ha quasi rispolverato le vette realizzative dei tempi di Foggia e Pescara, dimostrando una notevole continuit&agrave; di rendimento e colpi importanti. A Brasile 2014 gioc&ograve; solo una mezz'oretta contro il Costa Rica: l'Europeo rappresenter&agrave; il banco di prova ideale per questo talento che cerca la consacrazione internazionale: occhio per&ograve; alla concorrenza. Il Commissario Tecnico: Antonio Conte (31.7.1969) Le sue doti di guerriero vincente, che aveva maturato da giocatore, le ha trasferite in panchina. Mediano, cominci&ograve; nella sua Lecce prima di essere acquistato dalla Juventus nel 1991. Decisivo sia in fase difensiva che offensiva, ha vestito per 13 anni la casacca bianconera vincendo tutti i trofei possibili ad eccezione della Coppa delle Coppe. Meno esaltante il rapporto con la Nazionale: 20 presenze e 2 reti, con il Mondiale '94 e l'Euro 2000 disputati, ma anche due infortuni importanti. Da allenatore ha riportato la Juventus ai grandi fasti del passato, conquistando 3 scudetti consecutivi prima di legarsi alla Federazione. Si &egrave; lamentato pubblicamente dello scarso supporto che la Nazionale ottiene per poter lavorare al meglio (vedi club): la sua voglia di insegnare calcio quotidianamente, &ldquo;mortificata&rdquo; dall'azzurro, rifiorir&agrave; dopo l'Europeo quando andr&agrave; a guidare il Chelsea. <a href="http://blog.guerinsportivo.it/wp-content/uploads/2016/05/conte.jpg"><img class=" size-large wp-image-32697 aligncenter" src="http://cdn.guerinsportivo.it/images/2016/05/07/conte-931x546.jpg" alt="" width="931" height="546" /></a> I nomi della rosa: PORTIERI: Gianluigi BUFFON (28.1.1978, Juventus), Salvatore SIRIGU (12.1.1987, Paris Saint-Germain &ndash; FRA), Daniele PADELLI (25.10.1985, Torino), Emiliano VIVIANO (1.12.1985, Sampdoria), Gianluigi DONNARUMMA (25.2.1999, Milan). DIFENSORI: Leonardo BONUCCI (1.5.1987, Juventus), Mattia DE SCIGLIO (20.10.1992, Milan), Matteo DARMIAN (2.12.1989, Manchester United &ndash; ING), Andrea RANOCCHIA (16.2.1988, Sampdoria), Luca ANTONELLI (11.2.1987, Milan), Davide ASTORI (7.1.1987, Fiorentina), Lorenzo DE SILVESTRI (23.5.1988, Sampdoria), Francesco ACERBI (10.2.1988, Sassuolo), Daniele RUGANI (29.7.1994, Juventus), Andrea BARZAGLI (8.5.1981, Juventus), Giorgio CHIELLINI (14.8.1984, Juventus), Davide SANTON (2.1.1991, Inter), Domenico CRISCITO (30.12.1986, Zenit San Pietroburgo &ndash; RUS), Manuel PASQUAL (13.3.1982, Fiorentina), Emiliano MORETTI (11.6.1981, Torino). CENTROCAMPISTI: Riccardo MONTOLIVO (18.1.1985, Milan), Antonio CANDREVA (28.2.1987, Lazio), Thiago MOTTA (28.8.1982, Paris Saint-Germain &ndash; FRA), Emanuele GIACCHERINI (5.5.1985, Bologna), Marco PAROLO (25.1.1985, Lazio), Alessandro FLORENZI (11.3.1991, Roma), Roberto SORIANO (8.2.1991, Sampdoria), Jorge Luiz Frello Filho, JORGINHO (20.12.1991, Napoli), Giacomo BONAVENTURA (22.8.1989, Milan), Marco VERRATTI (5.12.1992, Paris Saint-Germain &ndash; FRA), Andrea PIRLO (19.5.1979, New York City &ndash; USA), Andrea BERTOLACCI (11.1.1991, Milan), Daniele DE ROSSI (24.7.1983, Roma). ATTACCANTI: Stephan EL SHAARAWY (27.10.1992, Roma), Graziano PELL&Egrave; (15.7.1985, Southampton &ndash; ING), &Eacute;DER Citadin Martins (15.11.1986, Inter), Simone ZAZA (25.6.1991, Juventus), Lorenzo INSIGNE (4.6.1991, Napoli), Stefano OKAKA (9.8.1989, Anderlecht &ndash; BEL), Federico BERNARDESCHI (16.2.1994, Fiorentina), Ciro IMMOBILE (20.2.1990, Torino), Alessio CERCI (23.7.1987, Genoa), Manolo GABBIADINI (26.11.1991, Napoli), Sebastian GIOVINCO (26.1.1987, Toronto FC &ndash; CAN), Fabio QUAGLIARELLA (31.1.1983, Sampdoria), Domenico BERARDI (1.8.1994, Sassuolo), Franco V&Aacute;ZQUEZ (22.2.1989, Palermo), Alessandro MATRI (19.8.1984, Lazio), Nicola SANSONE (10.9.1991, Sassuolo), Leonardo PAVOLETTI (26.11.1988, Genoa). Cos&igrave; nelle qualificazioni: Gruppo H (ITALIA 24, Croazia 20, Norvegia 19, Bulgaria 11, Azerbaigian 6, Malta 2) 9/9/2014, Oslo, Norvegia-Italia 0-2 (Zaza, Bonucci) 10/10/2014, Palermo, Italia-Azerbaigian 2-1 (Chiellini 2) 13/10/2014, Ta' Qali, Malta-Italia 0-1 (Pell&egrave;) 16/11/2014, Milano, Italia-Croazia 1-1 (Candreva) 28/3/2015, Sofia, Bulgaria-Italia 2-2 (Y. Minev aut., &Eacute;der) 12/6/2015, Spalato, Croazia-Italia 1-1 (Candreva rig.) 3/9/2015, Firenze, Italia-Malta 1-0 (Pell&egrave;) 6/9/2015, Palermo, Italia-Bulgaria 1-0 (De Rossi rig.) 10/10/2015, Baku, Azerbaigian-Italia 1-3 (&Eacute;der, El Shaarawy, Darmian) 13/10/2015, Roma, Italia-Norvegia 2-1 (Florenzi, Pell&egrave;) Probabile formazione (4-3-3): Buffon &ndash; Darmian, Barzagli (Bonucci), Chiellini, De Sciglio &ndash; Florenzi, Verratti, Parolo (Montolivo) &ndash; Candreva, Pell&egrave;, Insigne (El Shaarawy). Fase finale - Gruppo E 13/6, Lione, Belgio-Italia 17/6, Tolosa, Italia-Svezia 22/6, Lilla, Italia-Irlanda Pronostico: quarti di finale ________________________________ Fabio Ornano

L'unico successo europeo &egrave; stato conquistato dalla Nazionale azzurra nel lontano 1968, quando la fase finale del torneo era ancora in formato ridotto e si respirava ancora l'aria di un calcio romantico. Per altre due volte la selezione italiana si &egrave; fermata all'ultimo atto: nel 2000 contro la Francia e quattro anni fa al termine della bella cavalcata del gruppo di Prandelli, che per&ograve; venne punito oltremodo dalla Spagna. Il campionato di Serie A, con il 56% totale di giocatori stranieri e i club pi&ugrave; importanti con pochi italiani, non ha certo aiutato il lavoro di Antonio Conte: il tecnico lascer&agrave; al termine di Euro 2016 per andare al Chelsea, conscio che l'incarico azzurro gli abbia tolto tanto (sontuoso contratto a parte) e sia incompatibile con il suo concetto di gestione. La difesa si affida al blocco juventino Buffon-Bonucci-Barzagli-Chiellini, che ha fortunatamente trovato in Darmian un ottimo aiutante. Da centrocampo in su, invece, le cose si sono complicate sensibilmente soprattutto nell'ultima stagione. Pirlo &egrave; andato negli Usa e non &egrave; certo a livelli eccelsi, De Rossi ha fatto molta panchina a Roma, Verratti lotta ancora con la pubalgia, Candreva e Parolo sono rimasti invischiati nell'anonima annata laziale. Senza contare che Marchisio si &egrave; appena rotto il crociato...situazione dunque grigia, anche se per fortuna &egrave; esploso Florenzi. Non molto meglio in attacco: Conte aveva puntato all'inizio su Immobile-Zaza, ma &egrave; una coppia improponibile oggi, come &egrave; caduto un po' in disgrazia l'oriundo brasiliano &Egrave;der. L'ariete Pell&egrave; (autore di tre reti decisive nelle qualificazioni) sar&agrave; presumibilmente titolare al centro, mentre ai suoi fianchi El Shaarawy, Insigne, Gabbiadini e Bernardeschi hanno dimostrato freschezza ed efficacia per meritare il posto. Le chance dell'Italia di far bene all'Europeo dipenderanno molto dall'armonia del collettivo e dalla cattiveria di un Ct che terr&agrave; in modo particolare a lasciare un buon ricordo del suo passaggio azzurro.  La stella: Lorenzo Insigne Il folletto di Frattamaggiore ha sfoderato una grande stagione con la casacca del Napoli, &ldquo;costringendo&rdquo; Conte a rivestirlo d'azzurro. Insigne garantisce quella imprevedibilit&agrave; offensiva che serve come il pane alla Nazionale. Dribbling secco, tecnica superba e pericolosit&agrave; nei calci piazzati rappresentano le sue armi migliori. In quest'annata ha quasi rispolverato le vette realizzative dei tempi di Foggia e Pescara, dimostrando una notevole continuit&agrave; di rendimento e colpi importanti. A Brasile 2014 gioc&ograve; solo una mezz'oretta contro il Costa Rica: l'Europeo rappresenter&agrave; il banco di prova ideale per questo talento che cerca la consacrazione internazionale: occhio per&ograve; alla concorrenza.  Il Commissario Tecnico: Antonio Conte (31.7.1969) Le sue doti di guerriero vincente, che aveva maturato da giocatore, le ha trasferite in panchina. Mediano, cominci&ograve; nella sua Lecce prima di essere acquistato dalla Juventus nel 1991. Decisivo sia in fase difensiva che offensiva, ha vestito per 13 anni la casacca bianconera vincendo tutti i trofei possibili ad eccezione della Coppa delle Coppe. Meno esaltante il rapporto con la Nazionale: 20 presenze e 2 reti, con il Mondiale '94 e l'Euro 2000 disputati, ma anche due infortuni importanti. Da allenatore ha riportato la Juventus ai grandi fasti del passato, conquistando 3 scudetti consecutivi prima di legarsi alla Federazione. Si &egrave; lamentato pubblicamente dello scarso supporto che la Nazionale ottiene per poter lavorare al meglio (vedi club): la sua voglia di insegnare calcio quotidianamente, &ldquo;mortificata&rdquo; dall'azzurro, rifiorir&agrave; dopo l'Europeo quando andr&agrave; a guidare il Chelsea.    I nomi della rosa: PORTIERI: Gianluigi BUFFON (28.1.1978, Juventus), Salvatore SIRIGU (12.1.1987, Paris Saint-Germain &ndash; FRA), Daniele PADELLI (25.10.1985, Torino), Emiliano VIVIANO (1.12.1985, Sampdoria), Gianluigi DONNARUMMA (25.2.1999, Milan).  DIFENSORI: Leonardo BONUCCI (1.5.1987, Juventus), Mattia DE SCIGLIO (20.10.1992, Milan), Matteo DARMIAN (2.12.1989, Manchester United &ndash; ING), Andrea RANOCCHIA (16.2.1988, Sampdoria), Luca ANTONELLI (11.2.1987, Milan), Davide ASTORI (7.1.1987, Fiorentina), Lorenzo DE SILVESTRI (23.5.1988, Sampdoria), Francesco ACERBI (10.2.1988, Sassuolo), Daniele RUGANI (29.7.1994, Juventus), Andrea BARZAGLI (8.5.1981, Juventus), Giorgio CHIELLINI (14.8.1984, Juventus), Davide SANTON (2.1.1991, Inter), Domenico CRISCITO (30.12.1986, Zenit San Pietroburgo &ndash; RUS), Manuel PASQUAL (13.3.1982, Fiorentina), Emiliano MORETTI (11.6.1981, Torino).  CENTROCAMPISTI: Riccardo MONTOLIVO (18.1.1985, Milan), Antonio CANDREVA (28.2.1987, Lazio), Thiago MOTTA (28.8.1982, Paris Saint-Germain &ndash; FRA), Emanuele GIACCHERINI (5.5.1985, Bologna), Marco PAROLO (25.1.1985, Lazio), Alessandro FLORENZI (11.3.1991, Roma), Roberto SORIANO (8.2.1991, Sampdoria), Jorge Luiz Frello Filho, JORGINHO (20.12.1991, Napoli), Giacomo BONAVENTURA (22.8.1989, Milan), Marco VERRATTI (5.12.1992, Paris Saint-Germain &ndash; FRA), Andrea PIRLO (19.5.1979, New York City &ndash; USA), Andrea BERTOLACCI (11.1.1991, Milan), Daniele DE ROSSI (24.7.1983, Roma).  ATTACCANTI: Stephan EL SHAARAWY (27.10.1992, Roma), Graziano PELL&Egrave; (15.7.1985, Southampton &ndash; ING), &Eacute;DER Citadin Martins (15.11.1986, Inter), Simone ZAZA (25.6.1991, Juventus), Lorenzo INSIGNE (4.6.1991, Napoli), Stefano OKAKA (9.8.1989, Anderlecht &ndash; BEL), Federico BERNARDESCHI (16.2.1994, Fiorentina), Ciro IMMOBILE (20.2.1990, Torino), Alessio CERCI (23.7.1987, Genoa), Manolo GABBIADINI (26.11.1991, Napoli), Sebastian GIOVINCO (26.1.1987, Toronto FC &ndash; CAN), Fabio QUAGLIARELLA (31.1.1983, Sampdoria), Domenico BERARDI (1.8.1994, Sassuolo), Franco V&Aacute;ZQUEZ (22.2.1989, Palermo), Alessandro MATRI (19.8.1984, Lazio), Nicola SANSONE (10.9.1991, Sassuolo), Leonardo PAVOLETTI (26.11.1988, Genoa).  Cos&igrave; nelle qualificazioni: Gruppo H (ITALIA 24, Croazia 20, Norvegia 19, Bulgaria 11, Azerbaigian 6, Malta 2)  9/9/2014, Oslo, Norvegia-Italia 0-2 (Zaza, Bonucci) 10/10/2014, Palermo, Italia-Azerbaigian 2-1 (Chiellini 2) 13/10/2014, Ta' Qali, Malta-Italia 0-1 (Pell&egrave;) 16/11/2014, Milano, Italia-Croazia 1-1 (Candreva) 28/3/2015, Sofia, Bulgaria-Italia 2-2 (Y. Minev aut., &Eacute;der) 12/6/2015, Spalato, Croazia-Italia 1-1 (Candreva rig.) 3/9/2015, Firenze, Italia-Malta 1-0 (Pell&egrave;) 6/9/2015, Palermo, Italia-Bulgaria 1-0 (De Rossi rig.) 10/10/2015, Baku, Azerbaigian-Italia 1-3 (&Eacute;der, El Shaarawy, Darmian) 13/10/2015, Roma, Italia-Norvegia 2-1 (Florenzi, Pell&egrave;)  Probabile formazione (4-3-3): Buffon &ndash; Darmian, Barzagli (Bonucci), Chiellini, De Sciglio &ndash; Florenzi, Verratti, Parolo (Montolivo) &ndash; Candreva, Pell&egrave;, Insigne (El Shaarawy).  Fase finale - Gruppo E 13/6, Lione, Belgio-Italia 17/6, Tolosa, Italia-Svezia 22/6, Lilla, Italia-Irlanda  Pronostico: quarti di finale  ________________________________  Fabio Ornano

Euro 2016, l'Italia si affida alla difesa del blocco-Juve

La firma di Antonio Conte con il Chelsea ha ricordato che questo club, gi&agrave; da prima dell'inizio dell'era Abramovich (Di Matteo e Ancelotti) aveva un feeling con gli allenatori italiani (Vialli e Ranieri) nonostante fino a pochi anni fa il calcio italiano in Inghilterra non godesse esattamente di buona stampa. Un po' luoghi comuni, un po' verit&agrave;, di certo l'internazionalizzazione spinta delle rose post Bosman ha annacquato ogni considerazione nazionalistica e, diciamolo, tolto un po' l'anima al calcio inglese cos&igrave; come lo avevamo conosciuto ed iniziato ad amare. Al di l&agrave; del discorso Chelsea, fa impressione la quantit&agrave; di allenatori italiani che in anni recenti hanno lavorato in Inghilterra: Capello come sfortunato (a Sudafrica 2010 nessuna goal line technology) commissario tecnico della Nazionale, Mancini, Zola, Di Canio, Liverani, Lombardo, Milanese, De Canio... Qualcuno (Mancini, Ancelotti, Ranieri, Vialli, Di Matteo) ha vinto per la rosa avuta a disposizione, uno (Ranieri) sta compiendo un miracolo, altri con varie gradazioni di colpa hanno fallito. Nessuno ha importato strepitose innovazioni tattiche dalla patria della tattica, nella maggior parte dei casi un gran 4-4-2 e via andare, ma quasi tutti hanno dato ai club del calcio pi&ugrave; ricco del mondo, in Premier League o anche pi&ugrave; in basso, una struttura tecnica che i vecchi manager alla britannica, quelli che di fatto non esistono pi&ugrave;, non potevano dare visto che con i nostri parametri erano direttori sportivi con competenze un po' su tutto. Non &egrave; chiaramente un problema del Chelsea del 2016, che al di l&agrave; dei risultati del campo &egrave; all'avanguardia in ogni settore, in particolare sullo scouting. Quindi Conte non dovr&agrave; portare il Verbo agli ignoranti, ma soltanto vincere.

La firma di Antonio Conte con il Chelsea ha ricordato che questo club, gi&agrave; da prima dell'inizio dell'era Abramovich (Di Matteo e Ancelotti) aveva un feeling con gli allenatori italiani (Vialli e Ranieri) nonostante fino a pochi anni fa il calcio italiano in Inghilterra non godesse esattamente di buona stampa. Un po' luoghi comuni, un po' verit&agrave;, di certo l'internazionalizzazione spinta delle rose post Bosman ha annacquato ogni considerazione nazionalistica e, diciamolo, tolto un po' l'anima al calcio inglese cos&igrave; come lo avevamo conosciuto ed iniziato ad amare. Al di l&agrave; del discorso Chelsea, fa impressione la quantit&agrave; di allenatori italiani che in anni recenti hanno lavorato in Inghilterra: Capello come sfortunato (a Sudafrica 2010 nessuna goal line technology) commissario tecnico della Nazionale, Mancini, Zola, Di Canio, Liverani, Lombardo, Milanese, De Canio... Qualcuno (Mancini, Ancelotti, Ranieri, Vialli, Di Matteo) ha vinto per la rosa avuta a disposizione, uno (Ranieri) sta compiendo un miracolo, altri con varie gradazioni di colpa hanno fallito. Nessuno ha importato strepitose innovazioni tattiche dalla patria della tattica, nella maggior parte dei casi un gran 4-4-2 e via andare, ma quasi tutti hanno dato ai club del calcio pi&ugrave; ricco del mondo, in Premier League o anche pi&ugrave; in basso, una struttura tecnica che i vecchi manager alla britannica, quelli che di fatto non esistono pi&ugrave;, non potevano dare visto che con i nostri parametri erano direttori sportivi con competenze un po' su tutto. Non &egrave; chiaramente un problema del Chelsea del 2016, che al di l&agrave; dei risultati del campo &egrave; all'avanguardia in ogni settore, in particolare sullo scouting. Quindi Conte non dovr&agrave; portare il Verbo agli ignoranti, ma soltanto vincere.

Conte e gli italiani da Premier League

L'annuncio dato da Tavecchio circa la chiusura del rapporto con Antonio Conte, subito dopo l'Europeo, pu&ograve; essere commentato in diversi modi ma non c'&egrave; dubbio che sul piano storico rappresenti per l'Italia una novit&agrave; assoluta. Mai infatti, nella storia moderna della Nazionale, cio&egrave; da quando c'&egrave; stato un selezionatore unico invece delle famigerate commissioni, ci si &egrave; presentati a una grande manifestazione sapendo gi&agrave; ufficialmente di avere il proprio condottiero in scadenza. Edmondo Fabbri fu esonerato nel 1966 subito dopo la sconfitta con la Corea del Nord, Ferruccio Valcareggi nel 1974 dopo il fallimento al Mondiale tedesco, Enzo Bearzot si dimise dopo quello del 1986 ma rimase comunque in federazione, Azeglio Vicini fu sostituito da Arrigo Sacchi nel 1991 con la qualificazione europea gi&agrave; compromessa, Sacchi dopo il fallimento europeo del 1996 and&ograve; avanti qualche mese e poi torn&ograve; al Milan, sostituito da Cesare Maldini. Dopo il Mondiale 1998 altro cambio, con l'arrivo di Dino Zoff che nel 2000 si dimise subito dopo l'Europeo in seguito alle frasi di Berlusconi sulla marcatura di Zidane. Dopo i fallimenti al Mondiale 2002 e a Euro 2004 Giovanni Trapattoni si aspettava comunque di rimanere, ma la FIGC scelse Marcello Lippi. Che in cuor suo durante il Mondiale 2006 aveva gi&agrave; deciso di dimettersi, ma rese pubblica la sua decisione soltanto dopo il trionfo di Berlino. Roberto Donadoni fu esonerato dopo l'Europeo 2008 e il Lippi bis dopo il Mondiale 2010, mentre quelle di Cesare Prandelli nel 2014 sono state dimissioni, per quanto quasi obbligate. Statistica moderna, tenendo presente che in diversi casi i confini fra dimissioni ed esonero sono stati sottilissimi: sette esoneri, considerando tali anche i mancati rinnovi di contratto (Fabbri, Valcareggi, Vicini, Maldini, Trapattoni, Donadoni, Lippi due), cinque dimissioni (Bearzot, Sacchi, Zoff, Lippi uno, Prandelli) e un Conte, che pu&ograve; essere inserito nel girone dei dimissionari ma che come dimissionario 'preventivo' &egrave; una novit&agrave;. Si &egrave; sempre detto, soprattutto in Italia, che quando un allenatore &egrave; in scadenza i giocatori gli danno meno retta, ma la storia del calcio &egrave; piena di fallimenti con contratti pluriennali. Come al solito giudicheremo la situazione di Conte con il senno di poi, spiegando il perch&eacute; e il per come. Uscendo dalla storia moderna &egrave; per&ograve; doveroso ricordare il pi&ugrave; grande di tutti, Vittorio Pozzo, che dopo quasi vent'anni da selezionatore nel 1948 si dimise senza nemmeno il pretesto di un fallimento in una grande manifestazione, con l'Italia che era ancora campione del mondo in carica ed aveva comunque una generazione fortissima (quella del Grande Torino). Si riteneva superato dai tempi, anche se probabilmente non lo era (basti pensare all'enfasi che oggi viene messa sull'aspetto mentale), ma in ogni caso prefer&igrave; scendere dal ring con le proprie gambe rimanendo comunque in federazione nonostante le tante offerte ricevute dai club. Altri tempi.

L'annuncio dato da Tavecchio circa la chiusura del rapporto con Antonio Conte, subito dopo l'Europeo, pu&ograve; essere commentato in diversi modi ma non c'&egrave; dubbio che sul piano storico rappresenti per l'Italia una novit&agrave; assoluta. Mai infatti, nella storia moderna della Nazionale, cio&egrave; da quando c'&egrave; stato un selezionatore unico invece delle famigerate commissioni, ci si &egrave; presentati a una grande manifestazione sapendo gi&agrave; ufficialmente di avere il proprio condottiero in scadenza. Edmondo Fabbri fu esonerato nel 1966 subito dopo la sconfitta con la Corea del Nord, Ferruccio Valcareggi nel 1974 dopo il fallimento al Mondiale tedesco, Enzo Bearzot si dimise dopo quello del 1986 ma rimase comunque in federazione, Azeglio Vicini fu sostituito da Arrigo Sacchi nel 1991 con la qualificazione europea gi&agrave; compromessa, Sacchi dopo il fallimento europeo del 1996 and&ograve; avanti qualche mese e poi torn&ograve; al Milan, sostituito da Cesare Maldini. Dopo il Mondiale 1998 altro cambio, con l'arrivo di Dino Zoff che nel 2000 si dimise subito dopo l'Europeo in seguito alle frasi di Berlusconi sulla marcatura di Zidane. Dopo i fallimenti al Mondiale 2002 e a Euro 2004 Giovanni Trapattoni si aspettava comunque di rimanere, ma la FIGC scelse Marcello Lippi. Che in cuor suo durante il Mondiale 2006 aveva gi&agrave; deciso di dimettersi, ma rese pubblica la sua decisione soltanto dopo il trionfo di Berlino. Roberto Donadoni fu esonerato dopo l'Europeo 2008 e il Lippi bis dopo il Mondiale 2010, mentre quelle di Cesare Prandelli nel 2014 sono state dimissioni, per quanto quasi obbligate. Statistica moderna, tenendo presente che in diversi casi i confini fra dimissioni ed esonero sono stati sottilissimi: sette esoneri, considerando tali anche i mancati rinnovi di contratto (Fabbri, Valcareggi, Vicini, Maldini, Trapattoni, Donadoni, Lippi due), cinque dimissioni (Bearzot, Sacchi, Zoff, Lippi uno, Prandelli) e un Conte, che pu&ograve; essere inserito nel girone dei dimissionari ma che come dimissionario 'preventivo' &egrave; una novit&agrave;. Si &egrave; sempre detto, soprattutto in Italia, che quando un allenatore &egrave; in scadenza i giocatori gli danno meno retta, ma la storia del calcio &egrave; piena di fallimenti con contratti pluriennali. Come al solito giudicheremo la situazione di Conte con il senno di poi, spiegando il perch&eacute; e il per come. Uscendo dalla storia moderna &egrave; per&ograve; doveroso ricordare il pi&ugrave; grande di tutti, Vittorio Pozzo, che dopo quasi vent'anni da selezionatore nel 1948 si dimise senza nemmeno il pretesto di un fallimento in una grande manifestazione, con l'Italia che era ancora campione del mondo in carica ed aveva comunque una generazione fortissima (quella del Grande Torino). Si riteneva superato dai tempi, anche se probabilmente non lo era (basti pensare all'enfasi che oggi viene messa sull'aspetto mentale), ma in ogni caso prefer&igrave; scendere dal ring con le proprie gambe rimanendo comunque in federazione nonostante le tante offerte ricevute dai club. Altri tempi.

Conte e la novit&agrave; del c.t. a termine

Tutti i commissari tecnici del dopo Bearzot hanno provato ad aggiungere alle convocazioni per le partite, ufficiali o amichevoli che fossero, brevi periodi di allenamento pi&ugrave; che altro tattico definiti 'stage'. Qualcuno ci &egrave; riuscito, Sacchi pi&ugrave; di tutti gli altri, qualcun altro no, ma tutti si sono dovuti confrontare con l'ostilit&agrave; dei club. Che in certi casi ha portato a convocazioni ridotte, in altri ad annullamenti. Per questo &egrave; incomprensibile o fin troppo comprensibile la scelta di Antonio Conte di annullare lo stage previsto dall'8 al 10 febbraio a Coverciano dopo la scelta della Lega di concedere soltanto i giocatori che non devono giocare coppe europee: un c.t. con la testa al futuro ne avrebbe approfittato, pur facendo la vittima, per far respirare aria azzurra a volti nuovi e fuori dai soliti giri e il problema &egrave; proprio questo. Conte &egrave; convinto di essere un allenatore a scadenza, pur non avendo ancora firmato n&eacute; con il Milan (certo &egrave; che &egrave; il candidato unico per il 2016-2017, primo allenatore dai tempi di Ancelotti a mettere totalmente d'accordo Berlusconi e Galliani) n&eacute; con altri, quindi ogni situazione diventa buona per giustificare il suo addio a Tavecchio. Un presidente federale che dal canto suo nemmeno &egrave; riuscito a far fissare la finale di Coppa Italia prima del termine del campionato, come da richiesta (sensata) di Conte, con il risultato che i convocati azzurri delle due finaliste non faranno nemmeno un giorno di vacanza. Una debolezza che non stupisce, visto che il nuovo assetto politico della Lega Pro (che conta per il 17% in federazione) ha cambiato i rapporti di forza all'interno del variegato mondo che comprende Galliani, Lotito, Preziosi, fiancheggiatori (Thohir, per dirne uno), vassalli, eccetera. Debolezza sottolineata anche dalla data di inizio della prossima serie A: il 20 agosto, con i Giochi Olimpici di Rio (dove l'Italia di Di Biagio non ci sar&agrave;, ma non &egrave; questo il punto) non ancora terminati. Perdere Conte, dopo avergli oltretutto servito il pretesto del 'Non mi hanno lasciato lavorare', sarebbe per Tavecchio un grosso problema ma la maggioranza delle persone vicine al c.t. e al suo attuale presidente d&agrave; la cosa per sicura. Twitter @StefanoOlivari&nbsp;

Tutti i commissari tecnici del dopo Bearzot hanno provato ad aggiungere alle convocazioni per le partite, ufficiali o amichevoli che fossero, brevi periodi di allenamento pi&ugrave; che altro tattico definiti 'stage'. Qualcuno ci &egrave; riuscito, Sacchi pi&ugrave; di tutti gli altri, qualcun altro no, ma tutti si sono dovuti confrontare con l'ostilit&agrave; dei club. Che in certi casi ha portato a convocazioni ridotte, in altri ad annullamenti. Per questo &egrave; incomprensibile o fin troppo comprensibile la scelta di Antonio Conte di annullare lo stage previsto dall'8 al 10 febbraio a Coverciano dopo la scelta della Lega di concedere soltanto i giocatori che non devono giocare coppe europee: un c.t. con la testa al futuro ne avrebbe approfittato, pur facendo la vittima, per far respirare aria azzurra a volti nuovi e fuori dai soliti giri e il problema &egrave; proprio questo. Conte &egrave; convinto di essere un allenatore a scadenza, pur non avendo ancora firmato n&eacute; con il Milan (certo &egrave; che &egrave; il candidato unico per il 2016-2017, primo allenatore dai tempi di Ancelotti a mettere totalmente d'accordo Berlusconi e Galliani) n&eacute; con altri, quindi ogni situazione diventa buona per giustificare il suo addio a Tavecchio. Un presidente federale che dal canto suo nemmeno &egrave; riuscito a far fissare la finale di Coppa Italia prima del termine del campionato, come da richiesta (sensata) di Conte, con il risultato che i convocati azzurri delle due finaliste non faranno nemmeno un giorno di vacanza. Una debolezza che non stupisce, visto che il nuovo assetto politico della Lega Pro (che conta per il 17% in federazione) ha cambiato i rapporti di forza all'interno del variegato mondo che comprende Galliani, Lotito, Preziosi, fiancheggiatori (Thohir, per dirne uno), vassalli, eccetera. Debolezza sottolineata anche dalla data di inizio della prossima serie A: il 20 agosto, con i Giochi Olimpici di Rio (dove l'Italia di Di Biagio non ci sar&agrave;, ma non &egrave; questo il punto) non ancora terminati. Perdere Conte, dopo avergli oltretutto servito il pretesto del 'Non mi hanno lasciato lavorare', sarebbe per Tavecchio un grosso problema ma la maggioranza delle persone vicine al c.t. e al suo attuale presidente d&agrave; la cosa per sicura.  Twitter @StefanoOlivari&nbsp;

Conte e il pretesto dello stage

Chiudiamo il 2015 anticipando le discussioni sul Pallone d'Oro e assegnando quello di quest'anno a Gigi Buffon. Non il premio vero, che sar&agrave; assegnato dalla FIFA (...) a Zurigo l'11 gennaio a uno fra Messi, Neymar e Cristiano Ronaldo, con gli italiani in ogni caso fuori anche dal listone dei 23, ma quello per chi ancora crede nel futuro. Ci riferiamo al suo investimento nella Zucchi: sul Guerino ne avevamo parlato gi&agrave; qualche settimana fa, ma soltanto da poco se ne sono conosciuti i risultati definitivi. In sostanza dal 2009, quando &egrave; entrato nel capitale della societ&agrave; tessile, Buffon fra investimento iniziale e sottoscrizione di aumenti di capitale mentre gli altri soci si defilavano (infatti era arrivato alla maggioranza assoluta con il 53 e rotti per cento) e l'azienda gi&agrave; andava evidentemente male, ha perso circa 20 milioni di euro. Non uno scherzo, neppure per uno come lui: significa, al di l&agrave; delle cifre mirabolanti che si sparano e calcolando gli ingaggi al netto dell'IRPEF, avere giocato gratis nella Juventus per cinque stagioni. Adesso che la Zucchi potrebbe (usiamo il condizionale perch&eacute; l'operazione non &egrave; semplice) entrare nell'orbita di un fondo di investimento, con diluizione delle quote dei vecchi soci, questi 20 milioni potrebbero per&ograve; aver salvato centinaia di posti di lavoro. Fuori dalla retorica dei buoni sentimenti, in origine Buffon pensava davvero che la Zucchi fosse un buon investimento finanziario ma &egrave; vero che avrebbe potuto sganciarsi dal disastro molto prima e non lo ha fatto. Un comportamento che ci ha ricordato quello di Cristiano Lucarelli (fra l'altro su sponda politica opposta rispetto a Buffon, segno che le persone hanno qualit&agrave; o non le hanno, a prescindere dalle idee) in altre attivit&agrave; imprenditoriali e che fa onore al portiere dei record. Poteva impiegare i suoi soldi nel solito bar-ristorante dei calciatori, gestito dal solito amico riluttante a rilasciare ricevute, o semplicemente tenerli fermi sul conto, ma ha preferito una via meno comoda. Non stiamo facendo l'elogio della cattiva imprenditoria, perch&eacute; Buffon &egrave; stato malissimo consigliato e di sicuro non ha saputo invertire la rotta in un settore difficile e maturo come il tessile, ma quello della seriet&agrave;. Seriet&agrave; che gi&agrave; si era notata nella vicenda della Carrarese, altro bagno di sangue anche se a cifre moltissimo inferiori. Poco interessante fare il santino di Buffon ad uso del tifoso, fra diplomi comprati e altro non &egrave; proprio il caso, giusto invece premiare gli uomini che ci mettono la faccia e non scappano. Il 2016 sar&agrave; l'anno che porter&agrave; Antonio Conte nell'olimpo dei grandi allenatori italiani oppure lo confiner&agrave; nel girone di quelli comunque bravi ma che fuori dalla Juventus hanno combinato poco. Un anno e mezzo in azzurro, fra amichevoli e un girone di qualificazione europeo di livello (non per colpa dell'Italia) insulso, ha dato indicazioni molto positive: il commissario tecnico ha regalato a tutti, soprattutto ai convocati e ai convocabili, la sensazione che la Nazionale sia una cosa vera, concreta e anche anche decisiva per le loro carriere, non un club con le porte girevoli dove omaggiare il campioncino del momento. E il partire in seconda fila a Euro 2016 potr&agrave; essere utile ad una squadra al tempo stesso solida e con molte alternative in difesa a centrocampo, ma molto povera in attacco dove nessuno fra i vari Pell&eacute;, Okaka, Eder, Insigne, Gabbiadini, Zaza, Immobile, Destro, El Shaarawy, eccetera, sembra avere una continuit&agrave; e una statura internazionali. La resurrezione di Balotelli &egrave; giusto un'ipotesi, purtroppo, per quanto affascinante. Comunque l'Italia non parte battuta contro nessuno, al di l&agrave; del disfattismo cosmico e del clima da 'noi contro tutti' che il c.t. sta preparando. La consapevolezza che Tavecchio non sia andato al di l&agrave; di sondaggi per suoi eventuali successori (giusto Allegri, di certo nessuno degli altri italiani di prima fascia) ha tolto un po' di pressione per la storia del contratto, in attesa che al Milan o alla Roma si decidano a fare una proposta vera. La morte di Tommaso Fabbretti ricorda gli anni pi&ugrave; difficili della storia del Bologna, che coincisero con l'esordio in serie A di un sedicenne Roberto Mancini ma anche con squalifiche (fra queste la sua personale, per un anno) per il calcioscommesse del 1980 e con una doppia retrocessione che port&ograve; la squadra in C1. Fabbretti, controverso finanziere dai molteplici interessi, fu presidente proprio dal 1979 al 1983 e non si pu&ograve; dire che i tifosi bolognesi lo rimpiangano, anche al netto delle sue numerose vicende giudiziarie extracalcio. Non lo rimpiangono per aver dovuto salutare la serie A al termine della stagione 1981-82 (all'epoca il Bologna era, insieme a Inter e Juventus, fra i club che sempre erano stati nella massima categoria), con allenatori prima Burgnich e poi Liguori, con la retrocessione sul campo di una squadra discreta: oltre a Mancini c'erano Zinetti, Mozzini, Paris, Colomba, Chiorri, Chiodi e, curiosit&agrave;, due futuri protagonisti del calciomercato come Franco Baldini e Tullio Tinti. Non lo rimpiangono perch&eacute; sempre con Fabbretti, sia pure in uscita, hanno subito ripetuto la prodezza scivolando anche dalla B, con allenatori Magni, Carosi e Cervellati. Va detto che il declino del Bologna era iniziato gi&agrave; da anni, dopo la vittoria in Coppa Italia del 1974 e il ritiro di Bulgarelli, e che quando Fabbretti aveva rilevato la societ&agrave; da Luciano Conti, fra l'altro ex editore del Guerin Sportivo, non &egrave; che ci fosse la fila fuori dalla porta. Una volta in C1, anche questa serie guadagnata sul campo, Fabbretti cedette la societ&agrave; a Brizzi (con un breve intermezzo di Mariniello, altro personaggio incredibile di quell'epoca), con cui il club torn&ograve; in B, ma per venire fuori dagli anni bui il Bologna avrebbe dovuto attendere l'era di Corioni e Maifredi. Insomma, anche se il nome di Fabbretti ci scalda il cuore perch&eacute; ricorda Eneas e Neumann, non tutto il passato &egrave; da rimpiangere: chiudiamo l'anno con questa massima, facendo gli auguri di un grande 2016 a tutti i lettori del Guerino. Twitter @StefanoOlivari

Chiudiamo il 2015 anticipando le discussioni sul Pallone d'Oro e assegnando quello di quest'anno a Gigi Buffon. Non il premio vero, che sar&agrave; assegnato dalla FIFA (...) a Zurigo l'11 gennaio a uno fra Messi, Neymar e Cristiano Ronaldo, con gli italiani in ogni caso fuori anche dal listone dei 23, ma quello per chi ancora crede nel futuro. Ci riferiamo al suo investimento nella Zucchi: sul Guerino ne avevamo parlato gi&agrave; qualche settimana fa, ma soltanto da poco se ne sono conosciuti i risultati definitivi. In sostanza dal 2009, quando &egrave; entrato nel capitale della societ&agrave; tessile, Buffon fra investimento iniziale e sottoscrizione di aumenti di capitale mentre gli altri soci si defilavano (infatti era arrivato alla maggioranza assoluta con il 53 e rotti per cento) e l'azienda gi&agrave; andava evidentemente male, ha perso circa 20 milioni di euro. Non uno scherzo, neppure per uno come lui: significa, al di l&agrave; delle cifre mirabolanti che si sparano e calcolando gli ingaggi al netto dell'IRPEF, avere giocato gratis nella Juventus per cinque stagioni. Adesso che la Zucchi potrebbe (usiamo il condizionale perch&eacute; l'operazione non &egrave; semplice) entrare nell'orbita di un fondo di investimento, con diluizione delle quote dei vecchi soci, questi 20 milioni potrebbero per&ograve; aver salvato centinaia di posti di lavoro. Fuori dalla retorica dei buoni sentimenti, in origine Buffon pensava davvero che la Zucchi fosse un buon investimento finanziario ma &egrave; vero che avrebbe potuto sganciarsi dal disastro molto prima e non lo ha fatto. Un comportamento che ci ha ricordato quello di Cristiano Lucarelli (fra l'altro su sponda politica opposta rispetto a Buffon, segno che le persone hanno qualit&agrave; o non le hanno, a prescindere dalle idee) in altre attivit&agrave; imprenditoriali e che fa onore al portiere dei record. Poteva impiegare i suoi soldi nel solito bar-ristorante dei calciatori, gestito dal solito amico riluttante a rilasciare ricevute, o semplicemente tenerli fermi sul conto, ma ha preferito una via meno comoda. Non stiamo facendo l'elogio della cattiva imprenditoria, perch&eacute; Buffon &egrave; stato malissimo consigliato e di sicuro non ha saputo invertire la rotta in un settore difficile e maturo come il tessile, ma quello della seriet&agrave;. Seriet&agrave; che gi&agrave; si era notata nella vicenda della Carrarese, altro bagno di sangue anche se a cifre moltissimo inferiori. Poco interessante fare il santino di Buffon ad uso del tifoso, fra diplomi comprati e altro non &egrave; proprio il caso, giusto invece premiare gli uomini che ci mettono la faccia e non scappano.  Il 2016 sar&agrave; l'anno che porter&agrave; Antonio Conte nell'olimpo dei grandi allenatori italiani oppure lo confiner&agrave; nel girone di quelli comunque bravi ma che fuori dalla Juventus hanno combinato poco. Un anno e mezzo in azzurro, fra amichevoli e un girone di qualificazione europeo di livello (non per colpa dell'Italia) insulso, ha dato indicazioni molto positive: il commissario tecnico ha regalato a tutti, soprattutto ai convocati e ai convocabili, la sensazione che la Nazionale sia una cosa vera, concreta e anche anche decisiva per le loro carriere, non un club con le porte girevoli dove omaggiare il campioncino del momento. E il partire in seconda fila a Euro 2016 potr&agrave; essere utile ad una squadra al tempo stesso solida e con molte alternative in difesa a centrocampo, ma molto povera in attacco dove nessuno fra i vari Pell&eacute;, Okaka, Eder, Insigne, Gabbiadini, Zaza, Immobile, Destro, El Shaarawy, eccetera, sembra avere una continuit&agrave; e una statura internazionali. La resurrezione di Balotelli &egrave; giusto un'ipotesi, purtroppo, per quanto affascinante. Comunque l'Italia non parte battuta contro nessuno, al di l&agrave; del disfattismo cosmico e del clima da 'noi contro tutti' che il c.t. sta preparando. La consapevolezza che Tavecchio non sia andato al di l&agrave; di sondaggi per suoi eventuali successori (giusto Allegri, di certo nessuno degli altri italiani di prima fascia) ha tolto un po' di pressione per la storia del contratto, in attesa che al Milan o alla Roma si decidano a fare una proposta vera.  La morte di Tommaso Fabbretti ricorda gli anni pi&ugrave; difficili della storia del Bologna, che coincisero con l'esordio in serie A di un sedicenne Roberto Mancini ma anche con squalifiche (fra queste la sua personale, per un anno) per il calcioscommesse del 1980 e con una doppia retrocessione che port&ograve; la squadra in C1. Fabbretti, controverso finanziere dai molteplici interessi, fu presidente proprio dal 1979 al 1983 e non si pu&ograve; dire che i tifosi bolognesi lo rimpiangano, anche al netto delle sue numerose vicende giudiziarie extracalcio. Non lo rimpiangono per aver dovuto salutare la serie A al termine della stagione 1981-82 (all'epoca il Bologna era, insieme a Inter e Juventus, fra i club che sempre erano stati nella massima categoria), con allenatori prima Burgnich e poi Liguori, con la retrocessione sul campo di una squadra discreta: oltre a Mancini c'erano Zinetti, Mozzini, Paris, Colomba, Chiorri, Chiodi e, curiosit&agrave;, due futuri protagonisti del calciomercato come Franco Baldini e Tullio Tinti. Non lo rimpiangono perch&eacute; sempre con Fabbretti, sia pure in uscita, hanno subito ripetuto la prodezza scivolando anche dalla B, con allenatori Magni, Carosi e Cervellati. Va detto che il declino del Bologna era iniziato gi&agrave; da anni, dopo la vittoria in Coppa Italia del 1974 e il ritiro di Bulgarelli, e che quando Fabbretti aveva rilevato la societ&agrave; da Luciano Conti, fra l'altro ex editore del Guerin Sportivo, non &egrave; che ci fosse la fila fuori dalla porta. Una volta in C1, anche questa serie guadagnata sul campo, Fabbretti cedette la societ&agrave; a Brizzi (con un breve intermezzo di Mariniello, altro personaggio incredibile di quell'epoca), con cui il club torn&ograve; in B, ma per venire fuori dagli anni bui il Bologna avrebbe dovuto attendere l'era di Corioni e Maifredi. Insomma, anche se il nome di Fabbretti ci scalda il cuore perch&eacute; ricorda Eneas e Neumann, non tutto il passato &egrave; da rimpiangere: chiudiamo l'anno con questa massima, facendo gli auguri di un grande 2016 a tutti i lettori del Guerino.  Twitter @StefanoOlivari

Il Pallone d'Oro di Buffon

Due differenti punti di vista: quello dell'allenatore e quello del CT. Ognuno con le proprie ragioni, ognuno con i propri diritti da rivendicare. Gli ultimi episodi hanno costretto il Napoli a privarsi di Gabbiadini, la Roma di Gervinho, la Juventus probabilmente di Buffon, Mandzukic, Lichtsteiner e Caceres. La settimana dedicata alle Nazionali &egrave; da sempre stata il peggior incubo dei club, al di l&agrave; degli indennizzi ricevuti in caso di infortunio. Primo profilo, quello degli Allegri, dei Sarri o dei Mihajlovic per intenderci. Il momento delle convocazioni, spesso, viene vissuto come un trauma: il dover gestire minuziosamente il lavoro quotidiano della classe e la perdita di parte degli allievi per almeno sette giorni &egrave; una paura comprensibile, per di pi&ugrave; se durante il ritiro in Nazionale la preparazione atletica &egrave; completamente agli antipodi. Il campionato non dura quanto un fine settimana sulle spiagge di Taormina e la costanza &egrave; uno dei requisiti imprescindibili. Secondo profilo, quello dei Conte, dei del Bosque o dei Martino. I "nazionali", dal ritiro in poi, sono sotto la loro egida: rigettiamo la distinzione tra allenatore e selezionatore perch&eacute; non crediamo che il raggiungimento di determinati obiettivi (Europei, Mondiale o una banalissima Confederations Cup) possa essere immune dalle attivit&agrave; svolte dal CT, a prescindere dal metodo adottato che - ribadiamo - &egrave; personale e dunque al di fuori dalle competenze delle varie societ&agrave;. Ovviamente, quello dell'appartenenza alla Nazionale o al club, &egrave; un discorso da circoscrivere al solo aspetto ludico. Nessuno ha torto, se non agli occhi dell'altro. La sensazione &egrave; che, per adesso, il problema non disponga dei mezzi adatti per poter scrivere la parola fine. Il calendario &egrave; quello che &egrave;, si scende in campo praticamente ogni tre giorni e situazioni del genere faticano a soddisfare i requisiti delle parti. Che si indossi la maglia del proprio Paese o della citt&agrave; in cui si vive poco importa, l'infortunio &egrave; una delle naturali componenti del gioco e ha sfortuna di esistere anche nella pi&ugrave; infima delle amichevoli estive. @damorirne

Due differenti punti di vista: quello dell'allenatore e quello del CT. Ognuno con le proprie ragioni, ognuno con i propri diritti da rivendicare. Gli ultimi episodi hanno costretto il Napoli a privarsi di Gabbiadini, la Roma di Gervinho, la Juventus probabilmente di Buffon, Mandzukic, Lichtsteiner e Caceres. La settimana dedicata alle Nazionali &egrave; da sempre stata il peggior incubo dei club, al di l&agrave; degli indennizzi ricevuti in caso di infortunio. Primo profilo, quello degli Allegri, dei Sarri o dei Mihajlovic per intenderci. Il momento delle convocazioni, spesso, viene vissuto come un trauma: il dover gestire minuziosamente il lavoro quotidiano della classe e la perdita di parte degli allievi per almeno sette giorni &egrave; una paura comprensibile, per di pi&ugrave; se durante il ritiro in Nazionale la preparazione atletica &egrave; completamente agli antipodi. Il campionato non dura quanto un fine settimana sulle spiagge di Taormina e la costanza &egrave; uno dei requisiti imprescindibili. Secondo profilo, quello dei Conte, dei del Bosque o dei Martino. I "nazionali", dal ritiro in poi, sono sotto la loro egida: rigettiamo la distinzione tra allenatore e selezionatore perch&eacute; non crediamo che il raggiungimento di determinati obiettivi (Europei, Mondiale o una banalissima Confederations Cup) possa essere immune dalle attivit&agrave; svolte dal CT, a prescindere dal metodo adottato che - ribadiamo - &egrave; personale e dunque al di fuori dalle competenze delle varie societ&agrave;. Ovviamente, quello dell'appartenenza alla Nazionale o al club, &egrave; un discorso da circoscrivere al solo aspetto ludico. Nessuno ha torto, se non agli occhi dell'altro. La sensazione &egrave; che, per adesso, il problema non disponga dei mezzi adatti per poter scrivere la parola fine. Il calendario &egrave; quello che &egrave;, si scende in campo praticamente ogni tre giorni e situazioni del genere faticano a soddisfare i requisiti delle parti. Che si indossi la maglia del proprio Paese o della citt&agrave; in cui si vive poco importa, l'infortunio &egrave; una delle naturali componenti del gioco e ha sfortuna di esistere anche nella pi&ugrave; infima delle amichevoli estive.  @damorirne

La ragione delle parti sugli infortuni in Nazionale

Svezia e Ucraina sono le ultime due Nazionali ad aver raggiunto l'Europeo francese in virt&ugrave; delle vittorie nel doppio confronto dei playoff contro Danimarca e Slovenia. L'improbabile pastone delle 24 partecipanti - prima volta nella storia - ha relegato Ibrahimovic in terza fascia e la selezione del ct Fomenko in seconda, la stessa dell'Italia. Il sorteggio si svolger&agrave; il prossimo 12 dicembre a Parigi e porter&agrave; alla formazione di sei gironi da quattro squadre. Fascia 1: Francia, Spagna, Germania, Inghilterra, Portogallo, Belgio. Fascia 2: Italia, Russia, Svizzera, Austria, Croazia, Ucraina. Fascia 3: Repubblica Ceca, Svezia, Polonia, Romania, Slovacchia, Ungheria. Fascia 4: Turchia, Irlanda, Islanda, Galles, Albania, Irlanda del Nord. Adesso il gioco &egrave; quello di ipotizzare i diversi scenari cui andrebbe incontro Conte, ben conoscendo il carattere storicamente nevrotico della nostra Nazionale, capace di bagnare l'esordio mondiale con una vittoria (2-1 all'Inghilterra) salvo poi complicarsi la vita con il Costa Rica. INCROCI FAVOREVOLI Portogallo, Italia, Ungheria, Irlanda del Nord INCROCI SFAVOREVOLI Germania, Italia, Polonia, Turchia Tra le prime della classe, probabilmente, il Portogallo &egrave; quello che fa meno paura, anche con Cristiano Ronaldo. Il Belgio lo abbiamo visto, la Francia - al di l&agrave; della qualit&agrave; - gioca in casa, l'Inghilterra &egrave; pi&ugrave; matura di quella vista in Brasile mentre Spagna e Germania guardano tutte le altre dall'alto. In terza fascia abbiamo scelto l'Ungheria, la pi&ugrave; abbordabile rispetto alle rimanenti. La Romania (!), che non ci pare abbia un assetto da combattimento, &egrave; riuscita in trasferta a non far vincere l'Italia. Dubitiamo, invece, che la Repubblica Ceca - primatista del Gruppo A, quello che ha fatto fuori l'Olanda - possa avere vita facile. Pi&ugrave; di un occhio rivolto alla pericolosit&agrave; di Polonia, Svezia e Slovacchia. Lewandowski &egrave; nel suo anno di grazia, per Ibra &egrave; l'ultima occasione e la Nazionale di Hamsik, tra le debuttanti, &egrave; quella che merita pi&ugrave; attenzione insieme all'Islanda. Ultima fascia. Perch&eacute; abbiamo messo&nbsp;la Turchia? Sorvolando sull'episodio di Istanbul - fischi durante il minuto di raccoglimento per le vittime di Parigi anche se c'&egrave; chi dice che siano stati piuttosto dei cori nazionalisti in onore dei soldati morti in patria - e concentrandoci unicamente sull'aspetto sportivo, la Nazionale di Terim pu&ograve; contare su due giocatorini che farebbero la differenza in molte delle squadre europee. Il primo &egrave; Arda Turan, ancora fermo per il blocco del mercato imposto al Barcellona, e l'altro &egrave; &Ccedil;alhano&#287;lu del Bayer Leverkusen, che con Pjanic duella per il titolo di miglior specialista sui calci piazzati. E&nbsp;i vostri gironi? @damorirne

Svezia e Ucraina sono le ultime due Nazionali ad aver raggiunto l'Europeo francese in virt&ugrave; delle vittorie nel doppio confronto dei playoff contro Danimarca e Slovenia. L'improbabile pastone delle 24 partecipanti - prima volta nella storia - ha relegato Ibrahimovic in terza fascia e la selezione del ct Fomenko in seconda, la stessa dell'Italia. Il sorteggio si svolger&agrave; il prossimo 12 dicembre a Parigi e porter&agrave; alla formazione di sei gironi da quattro squadre.  Fascia 1: Francia, Spagna, Germania, Inghilterra, Portogallo, Belgio.  Fascia 2: Italia, Russia, Svizzera, Austria, Croazia, Ucraina.  Fascia 3: Repubblica Ceca, Svezia, Polonia, Romania, Slovacchia, Ungheria.  Fascia 4: Turchia, Irlanda, Islanda, Galles, Albania, Irlanda del Nord.  Adesso il gioco &egrave; quello di ipotizzare i diversi scenari cui andrebbe incontro Conte, ben conoscendo il carattere storicamente nevrotico della nostra Nazionale, capace di bagnare l'esordio mondiale con una vittoria (2-1 all'Inghilterra) salvo poi complicarsi la vita con il Costa Rica.  INCROCI FAVOREVOLI  Portogallo, Italia, Ungheria, Irlanda del Nord  INCROCI SFAVOREVOLI  Germania, Italia, Polonia, Turchia  Tra le prime della classe, probabilmente, il Portogallo &egrave; quello che fa meno paura, anche con Cristiano Ronaldo. Il Belgio lo abbiamo visto, la Francia - al di l&agrave; della qualit&agrave; - gioca in casa, l'Inghilterra &egrave; pi&ugrave; matura di quella vista in Brasile mentre Spagna e Germania guardano tutte le altre dall'alto.  In terza fascia abbiamo scelto l'Ungheria, la pi&ugrave; abbordabile rispetto alle rimanenti. La Romania (!), che non ci pare abbia un assetto da combattimento, &egrave; riuscita in trasferta a non far vincere l'Italia. Dubitiamo, invece, che la Repubblica Ceca - primatista del Gruppo A, quello che ha fatto fuori l'Olanda - possa avere vita facile. Pi&ugrave; di un occhio rivolto alla pericolosit&agrave; di Polonia, Svezia e Slovacchia. Lewandowski &egrave; nel suo anno di grazia, per Ibra &egrave; l'ultima occasione e la Nazionale di Hamsik, tra le debuttanti, &egrave; quella che merita pi&ugrave; attenzione insieme all'Islanda.  Ultima fascia. Perch&eacute; abbiamo messo&nbsp;la Turchia? Sorvolando sull'episodio di Istanbul - fischi durante il minuto di raccoglimento per le vittime di Parigi anche se c'&egrave; chi dice che siano stati piuttosto dei cori nazionalisti in onore dei soldati morti in patria - e concentrandoci unicamente sull'aspetto sportivo, la Nazionale di Terim pu&ograve; contare su due giocatorini che farebbero la differenza in molte delle squadre europee. Il primo &egrave; Arda Turan, ancora fermo per il blocco del mercato imposto al Barcellona, e l'altro &egrave; &Ccedil;alhano&#287;lu del Bayer Leverkusen, che con Pjanic duella per il titolo di miglior specialista sui calci piazzati.  E&nbsp;i vostri gironi?  @damorirne

Euro 2016, i due gironi dell'Italia

&laquo;Faccio sempre gol, se mi fossi chiamato Pellinho avrei avuto pi&ugrave; fortuna nel campionato italiano&raquo;. Il nostro calcio &egrave; probabilmente quello pi&ugrave; impaziente, che tenta di ottenere il massimo nel minor tempo possibile. La storia di Pell&egrave; la conosciamo tutti, una vita passata - in prestito - in varie parti del belpaese, senza aver mai conseguito&nbsp;lo sperato successo. La tardiva esplosione - a 27 anni - in occasione del secondo viaggio olandese, a Rotterdam con la maglia del Feyenoord, dove mise a referto 50 reti in 57 gare di Eredivisie e il successivo passaggio in Premier, al Southampton, terra nella quale ritrov&ograve; uno dei suoi due mentori, Ronald Koeman, l'altro &egrave; Louis van Gaal. Buona la stagione d'esordio, 12 marcature, giocata da titolare, cosa che in Italia accadeva raramente. Le prestazioni del centravanti salentino non lasciarono indifferente Antonio Conte, che decise di schierarlo, per la prima volta, nell'undici azzurro che affront&ograve; Malta ormai un anno fa. Pell&egrave; ha tutto il diritto di lamentarsi per il fatto che in Italia nessuno abbia avuto fiducia nelle sue potenzialit&agrave;, per&ograve; &egrave; bene fare un po' di autocritica. Non &egrave; un big, piuttosto il volto pulito della nuova Italia operaia, quanto mai priva di nomi altisonanti, come da consuetudine nell'ultimo periodo storico. &Egrave; uno di quei giocatori che hanno gi&agrave; il biglietto per il prossimo Europeo francese, manifestazione che lo vedr&agrave; impegnato da titolare dal 1' al 90' di ogni impegno, anche per mancanza di alternative. Se c'&egrave; un reparto dove l'Italia ha fallito, quello &egrave; sicuramente l'attacco. Vuoi per mancanza di testa da parte di alcuni, come Balotelli, vuoi per l'accanimento della sfortuna nei confronti di altri, vedi Giuseppe Rossi, vuoi per chi ha vissuto annate importanti e poi &egrave; finito per tornare a degli standard normalissimi, vedi Ciro Immobile.&nbsp;Fare affidamento su un giocatore che in Francia avr&agrave; 31 anni &egrave; una missione a breve termine, poi ci toccher&agrave;&nbsp;nuovamente fare i conti con gli stessi problemi. Questo &egrave; quello che passa il convento, tentiamo di dare il giusto valore alle cose e lasciamo ampio margine all'umilt&agrave;, in campo e nelle dichiarazioni alla stampa. @damorirne

&laquo;Faccio sempre gol, se mi fossi chiamato Pellinho avrei avuto pi&ugrave; fortuna nel campionato italiano&raquo;. Il nostro calcio &egrave; probabilmente quello pi&ugrave; impaziente, che tenta di ottenere il massimo nel minor tempo possibile. La storia di Pell&egrave; la conosciamo tutti, una vita passata - in prestito - in varie parti del belpaese, senza aver mai conseguito&nbsp;lo sperato successo. La tardiva esplosione - a 27 anni - in occasione del secondo viaggio olandese, a Rotterdam con la maglia del Feyenoord, dove mise a referto 50 reti in 57 gare di Eredivisie e il successivo passaggio in Premier, al Southampton, terra nella quale ritrov&ograve; uno dei suoi due mentori, Ronald Koeman, l'altro &egrave; Louis van Gaal. Buona la stagione d'esordio, 12 marcature, giocata da titolare, cosa che in Italia accadeva raramente. Le prestazioni del centravanti salentino non lasciarono indifferente Antonio Conte, che decise di schierarlo, per la prima volta, nell'undici azzurro che affront&ograve; Malta ormai un anno fa. Pell&egrave; ha tutto il diritto di lamentarsi per il fatto che in Italia nessuno abbia avuto fiducia nelle sue potenzialit&agrave;, per&ograve; &egrave; bene fare un po' di autocritica. Non &egrave; un big, piuttosto il volto pulito della nuova Italia operaia, quanto mai priva di nomi altisonanti, come da consuetudine nell'ultimo periodo storico. &Egrave; uno di quei giocatori che hanno gi&agrave; il biglietto per il prossimo Europeo francese, manifestazione che lo vedr&agrave; impegnato da titolare dal 1' al 90' di ogni impegno, anche per mancanza di alternative. Se c'&egrave; un reparto dove l'Italia ha fallito, quello &egrave; sicuramente l'attacco. Vuoi per mancanza di testa da parte di alcuni, come Balotelli, vuoi per l'accanimento della sfortuna nei confronti di altri, vedi Giuseppe Rossi, vuoi per chi ha vissuto annate importanti e poi &egrave; finito per tornare a degli standard normalissimi, vedi Ciro Immobile.&nbsp;Fare affidamento su un giocatore che in Francia avr&agrave; 31 anni &egrave; una missione a breve termine, poi ci toccher&agrave;&nbsp;nuovamente fare i conti con gli stessi problemi. Questo &egrave; quello che passa il convento, tentiamo di dare il giusto valore alle cose e lasciamo ampio margine all'umilt&agrave;, in campo e nelle dichiarazioni alla stampa.  @damorirne

Pell&egrave; e il momento dell'attacco italiano

Tutto avrebbe potuto immaginare, nel non remoto 2012, il tredicenne Gigio Donnarumma, diventare il nuovo volto&nbsp;del marchio Kinder, piantare la bandiera italiana sul K2 o addirittura trovarsi a Bologna in una manifestazione salviniana. Tre anni dopo accade l'insperabile: un ex portiere del Real Madrid, dalla non trascurabile esperienza internazionale, viene messo da parte e l'allenatore del Milan carica di responsabilit&agrave; un adolescente alle prime armi. Il delicato passaggio del testimone avviene in un momento di profonda ricostruzione per la societ&agrave;, che in realt&agrave; dura ormai dalle partenze di due supereroi come Ibrahimovic e Thiago Silva. Il ragazzo si sente pronto e risponde sul campo con delle prestazioni sorprendenti, che di certo non si addicono a chi lanciava invettive dal passeggino ai danni dell'arbitro Moreno durante il Mondiale di Corea e Giappone. Qualche pecca, &egrave; chiaro, come la rete incassata sul proprio palo all'esordio in A, nella vittoria sul Sassuolo. D'altronde, si fa fatica a non passare dagli errori se l'intento &egrave; quello di formarsi e riuscire nei pertinenti obiettivi. "Sbagliando si impara" &egrave; un concetto trito e ritrito a tal punto da essere entrato in competizione, per noia, con i salotti notturni di Vespa. Eppure &egrave; il meccanismo chiave in grado di portarci alla pi&ugrave; nobile della facolt&agrave; umane, la conoscenza. I vissuti cowboy - in crescita anche il fenomeno delle cowgirl - che criticano i vecchi post di Donnarumma, colpevolizzato per aver dato spazio sulla propria bacheca a delle parole contro l'allora tecnico della Juventus Antonio Conte, dimenticano di recitare il mea culpa perch&eacute; loro stessi, a quell'et&agrave;, ne combinavano di peggiori. Per&ograve;, col senno di poi, &egrave; facile darsi delle arie, quindi tutti gi&ugrave; per terra. Evitate di augurare ancora la buonanotte alla vostra Barbie e riprendetevi. Ma la cosa che fa pi&ugrave; ridere &egrave; leggere da alcune parti - e ci ficchiamo dentro pure la stampa - robe del tipo: &laquo;Si &egrave; gi&agrave; giocato l'Italia?&raquo;. Gigione continui sereno nel percorso di crescita e dimostri di essere pi&ugrave; forte del becero gossip. L'ultimo appunto &egrave; rivolto al comunicato ufficiale della societ&agrave; rossonera in merito alla questione. Apprezzabile il tentativo di protezione nei confronti del giovane tesserato, totalmente inutile il&nbsp;contenuto. Non c'era bisogno di nessuna scusa, anche Conte e le altre "vittime" hanno avuto 13 anni. Capiranno. @damorirne

Tutto avrebbe potuto immaginare, nel non remoto 2012, il tredicenne Gigio Donnarumma, diventare il nuovo volto&nbsp;del marchio Kinder, piantare la bandiera italiana sul K2 o addirittura trovarsi a Bologna in una manifestazione salviniana. Tre anni dopo accade l'insperabile: un ex portiere del Real Madrid, dalla non trascurabile esperienza internazionale, viene messo da parte e l'allenatore del Milan carica di responsabilit&agrave; un adolescente alle prime armi. Il delicato passaggio del testimone avviene in un momento di profonda ricostruzione per la societ&agrave;, che in realt&agrave; dura ormai dalle partenze di due supereroi come Ibrahimovic e Thiago Silva. Il ragazzo si sente pronto e risponde sul campo con delle prestazioni sorprendenti, che di certo non si addicono a chi lanciava invettive dal passeggino ai danni dell'arbitro Moreno durante il Mondiale di Corea e Giappone. Qualche pecca, &egrave; chiaro, come la rete incassata sul proprio palo all'esordio in A, nella vittoria sul Sassuolo. D'altronde, si fa fatica a non passare dagli errori se l'intento &egrave; quello di formarsi e riuscire nei pertinenti obiettivi. "Sbagliando si impara" &egrave; un concetto trito e ritrito a tal punto da essere entrato in competizione, per noia, con i salotti notturni di Vespa. Eppure &egrave; il meccanismo chiave in grado di portarci alla pi&ugrave; nobile della facolt&agrave; umane, la conoscenza. I vissuti cowboy - in crescita anche il fenomeno delle cowgirl - che criticano i vecchi post di Donnarumma, colpevolizzato per aver dato spazio sulla propria bacheca a delle parole contro l'allora tecnico della Juventus Antonio Conte, dimenticano di recitare il mea culpa perch&eacute; loro stessi, a quell'et&agrave;, ne combinavano di peggiori. Per&ograve;, col senno di poi, &egrave; facile darsi delle arie, quindi tutti gi&ugrave; per terra. Evitate di augurare ancora la buonanotte alla vostra Barbie e riprendetevi. Ma la cosa che fa pi&ugrave; ridere &egrave; leggere da alcune parti - e ci ficchiamo dentro pure la stampa - robe del tipo: &laquo;Si &egrave; gi&agrave; giocato l'Italia?&raquo;. Gigione continui sereno nel percorso di crescita e dimostri di essere pi&ugrave; forte del becero gossip. L'ultimo appunto &egrave; rivolto al comunicato ufficiale della societ&agrave; rossonera in merito alla questione. Apprezzabile il tentativo di protezione nei confronti del giovane tesserato, totalmente inutile il&nbsp;contenuto. Non c'era bisogno di nessuna scusa, anche Conte e le altre "vittime" hanno avuto 13 anni. Capiranno.  @damorirne

I guai di (chi insulta) Donnarumma

- Palermo, Zamparini ha cambiato allenatore per la 53&ordf; volta. Pensa se avesse esonerato Veronica Lario. - Scandalo doping nell'atletica russa, la WADA si &egrave; finalmente accorta che i test facevano vodka da tutte le parti. - Conte che dice "Insigne fuori per scelta tecnica" &egrave; come Carlo Conti che a Sanremo dice "Iva Zanicchi dentro per scelta libidinosa". - La barba di Zenga &egrave; da interpretare come segnale di avvicinamento al Milan per il dopo Mihajlovic. Il colore &egrave; lo stesso dei capelli di Berlusconi. - Zlatan Ibrahimovic senza freni: conquista il decimo Pallone d'Oro svedese, il nono consecutivo. Ormai la trama del premio &egrave; pi&ugrave; scontata di una sconfitta di Di Caprio alla notte degli Oscar. - Nella frenesia del GP di Valencia nessuno si &egrave; accorto che nel paddock di Lorenzo sedeva, indisturbato, Antonio Banderas. - Pornhub, il noto sito di intrattenimento per adulti, annuncia di voler sponsorizzare una maglia italiana. In pole position c'&egrave; l'Entella. @damorirne

- Palermo, Zamparini ha cambiato allenatore per la 53&ordf; volta. Pensa se avesse esonerato Veronica Lario.  - Scandalo doping nell'atletica russa, la WADA si &egrave; finalmente accorta che i test facevano vodka da tutte le parti.  - Conte che dice "Insigne fuori per scelta tecnica" &egrave; come Carlo Conti che a Sanremo dice "Iva Zanicchi dentro per scelta libidinosa".  - La barba di Zenga &egrave; da interpretare come segnale di avvicinamento al Milan per il dopo Mihajlovic. Il colore &egrave; lo stesso dei capelli di Berlusconi.  - Zlatan Ibrahimovic senza freni: conquista il decimo Pallone d'Oro svedese, il nono consecutivo. Ormai la trama del premio &egrave; pi&ugrave; scontata di una sconfitta di Di Caprio alla notte degli Oscar.  - Nella frenesia del GP di Valencia nessuno si &egrave; accorto che nel paddock di Lorenzo sedeva, indisturbato, Antonio Banderas.  - Pornhub, il noto sito di intrattenimento per adulti, annuncia di voler sponsorizzare una maglia italiana. In pole position c'&egrave; l'Entella.  @damorirne

Zamparini, Ibra e Zenga: le pillole della settimana

Una lettura superficiale rivolta alle convocazioni di Antonio Conte per le amichevoli contro Belgio e Romania potrebbe portare a una falsa pista, quella della diatriba tra il CT della Nazionale e la qualit&agrave; in mezzo al campo. A questo giro rimangono fuori Insigne e Berardi, rimandano il loro esordio Jorginho, Baselli e Saponara e perde la maglia (fino al prossimo Europeo?) Vazquez. Ma, conoscendone il carattere, si fa fatica a pensare che l'esclusione dei primi due possa essere di natura esclusivamente tecnica. Giocare a vestire i panni del sergente di ferro va benissimo, fare i permalosi a poche partite da un torneo cos&igrave; importante un po' meno. Il ritorno di Giaccherini, in questo senso, non &egrave; da considerare come un monito all'evasione dei talenti di Napoli e Sassuolo: Conte lo ha sempre adorato, non se ne sarebbe privato neanche ai tempi della Juve, ritenendolo un esempio per tutti. E allora perch&eacute; non cominciare a provare insieme i papabili di Euro 2016? Al giorno d'oggi, il solo pensiero di poter lasciare a casa uno come Insigne rischierebbe di favorire le condizioni per l'insurrezione popolare, quasi come avvenne con Prandelli e Pepito Rossi all'ultimo Mondiale anche se l&igrave; i motivi erano parecchio differenti. Tuttavia non riteniamo che il mancino di Cerci sia pi&ugrave; meritevole di quello di Berardi, al di l&agrave; delle questioni comportamentali. Come, del resto, potremmo prendere almeno due o tre portieri che non hanno nulla da invidiare a Padelli, ma queste sono scelte personali oltrech&eacute; discutibili. Di una cosa, per&ograve;, va dato atto a Conte: l'aver portato il milanista giusto, Bonaventura. Un mese fa era soltanto un buon ripiego - prese proprio il posto di Lorenzo Insigne dopo il ritorno a Napoli -, stavolta uno dei 28 di partenza, fortunatamente. Le doti e le competenze del jolly appaiono cristalline anche quando non si mette in gioco, temiamo che basti andare a rivedere lo sciatto 0-0 contro l'Atalanta. In lista anche Gabbiadini e Zaza, riserve nei rispettivi club e quindi in controtendenza con quanto affermato da Conte, ma queste son cose che si risolvono col tempo e non in maniera biunivoca perch&eacute; spetta soprattutto a loro. Piccola provocazione: meglio convocare chi gioca (male) da titolare nel proprio club o chi gioca (bene) alzandosi dalla panchina? Ogni riferimento non &egrave; puramente casuale. @damorirne

Una lettura superficiale rivolta alle convocazioni di Antonio Conte per le amichevoli contro Belgio e Romania potrebbe portare a una falsa pista, quella della diatriba tra il CT della Nazionale e la qualit&agrave; in mezzo al campo. A questo giro rimangono fuori Insigne e Berardi, rimandano il loro esordio Jorginho, Baselli e Saponara e perde la maglia (fino al prossimo Europeo?) Vazquez. Ma, conoscendone il carattere, si fa fatica a pensare che l'esclusione dei primi due possa essere di natura esclusivamente tecnica. Giocare a vestire i panni del sergente di ferro va benissimo, fare i permalosi a poche partite da un torneo cos&igrave; importante un po' meno. Il ritorno di Giaccherini, in questo senso, non &egrave; da considerare come un monito all'evasione dei talenti di Napoli e Sassuolo: Conte lo ha sempre adorato, non se ne sarebbe privato neanche ai tempi della Juve, ritenendolo un esempio per tutti. E allora perch&eacute; non cominciare a provare insieme i papabili di Euro 2016? Al giorno d'oggi, il solo pensiero di poter lasciare a casa uno come Insigne rischierebbe di favorire le condizioni per l'insurrezione popolare, quasi come avvenne con Prandelli e Pepito Rossi all'ultimo Mondiale anche se l&igrave; i motivi erano parecchio differenti. Tuttavia non riteniamo che il mancino di Cerci sia pi&ugrave; meritevole di quello di Berardi, al di l&agrave; delle questioni comportamentali. Come, del resto, potremmo prendere almeno due o tre portieri che non hanno nulla da invidiare a Padelli, ma queste sono scelte personali oltrech&eacute; discutibili. Di una cosa, per&ograve;, va dato atto a Conte: l'aver portato il milanista giusto, Bonaventura. Un mese fa era soltanto un buon ripiego - prese proprio il posto di Lorenzo Insigne dopo il ritorno a Napoli -, stavolta uno dei 28 di partenza, fortunatamente. Le doti e le competenze del jolly appaiono cristalline anche quando non si mette in gioco, temiamo che basti andare a rivedere lo sciatto 0-0 contro l'Atalanta. In lista anche Gabbiadini e Zaza, riserve nei rispettivi club e quindi in controtendenza con quanto affermato da Conte, ma queste son cose che si risolvono col tempo e non in maniera biunivoca perch&eacute; spetta soprattutto a loro. Piccola provocazione: meglio convocare chi gioca (male) da titolare nel proprio club o chi gioca (bene) alzandosi dalla panchina? Ogni riferimento non &egrave; puramente casuale.  @damorirne

Non basta amare l'azzurro

Antonio Conte nell'immaginario collettivo &egrave; stato, &egrave; e sar&agrave; sempre l'allenatore della Juventus: vale per i tifosi bianconeri ma anche per gli antipatizzanti. Questione di physique du r&ocirc;le da uomo di calcio anni Settanta, di mentalit&agrave;, di immagine (nel suo caso rispondente al vero) di allenatore martellante che pensa soltanto al campo. Per questo Metodo Conte, il libro di Alessandro Alciato uscito oggi per Vallardi, far&agrave; discutere molto, soprattutto per la parte riguardante il burrascoso divorzio dagli Agnelli avvenuto a stagione 2014-15 appena iniziata. Abbiamo appena acquistato l'eBook, quindi non commentiamo un'opera non ancora letta e ci limitiamo alle anticipazioni, come il racconto di uno sfogo contro Buffon e Marotta alla vigilia della partita con il Cagliari, a scudetto gi&agrave; conquistato, importante giusto per il superamento dei 100 punti. Una scena teatrale ma molto credibile, in cui c'&egrave; tutto Conte e la sua ossessione per la tensione da tenere sempre alta: a volte un bene, per evitare episodi tipo le calze di Morata, a volte un male perch&eacute; i giocatori ad un certo punto scoppiano di testa. Di sicuro un atteggiamento studiato, senz'altro non alla base del divorzio dalla Juventus che ha avuto come prima causa un calciomercato ritenuto non da prima fascia europea. La societ&agrave; e Allegri gli hanno subito dimostrato, andando ad un passo dalla vittoria in Champions League, che ad avere torto in questo senso era Conte. Ed &egrave; l&igrave; che nella testa del c.t., primo obbiettivo del prossimo Milan e primo ex aequo (con Ancelotti) della prossima Roma, si sono scatenati sentimenti e atteggiamenti che definiremmo irrazionali, pur con tutta la stima per quel grande allenatore che &egrave;. Ha basato ovviamente la Nazionale su giocatori della sua Juve o di area Juve, ma in quest'ultimo anno&nbsp;anche l'ultimo collaboratore della FIGC riferisce che Conte si senta perseguitato dal club con cui ha vinto tre scudetti in tre stagioni e che lo ha difeso nella vicenda calcioscommesse quando avrebbe potuto lasciarlo al suo destino. Perseguitato? Un po' i soliti problemi fra commissari tecnici e club, dal caso Marchisio ad episodi di semplice 'stanchezza', un po' motivi economici (lo sostiene Tavecchio), un po' per ragioni personali tuttora non chiarite: per&ograve; la freddezza &egrave; una cosa, la persecuzione un'altra. I motivi del divorzio erano gi&agrave; noti, mentre non si capisce perch&eacute; 'questa' Juventus sarebbe come societ&agrave; contro un uomo che le ha dato tanto in campo e in panchina. Di solito tifiamo per i fanti e contro i santi, specialmente quelli che controllano i media, ma in questo caso in Conte ci sembra di ravvisare vittimismo e un'operazione 'mani avanti' buona sia per l'Europeo che soprattutto per il post. Twitter @StefanoOlivari

Antonio Conte nell'immaginario collettivo &egrave; stato, &egrave; e sar&agrave; sempre l'allenatore della Juventus: vale per i tifosi bianconeri ma anche per gli antipatizzanti. Questione di physique du r&ocirc;le da uomo di calcio anni Settanta, di mentalit&agrave;, di immagine (nel suo caso rispondente al vero) di allenatore martellante che pensa soltanto al campo. Per questo Metodo Conte, il libro di Alessandro Alciato uscito oggi per Vallardi, far&agrave; discutere molto, soprattutto per la parte riguardante il burrascoso divorzio dagli Agnelli avvenuto a stagione 2014-15 appena iniziata. Abbiamo appena acquistato l'eBook, quindi non commentiamo un'opera non ancora letta e ci limitiamo alle anticipazioni, come il racconto di uno sfogo contro Buffon e Marotta alla vigilia della partita con il Cagliari, a scudetto gi&agrave; conquistato, importante giusto per il superamento dei 100 punti. Una scena teatrale ma molto credibile, in cui c'&egrave; tutto Conte e la sua ossessione per la tensione da tenere sempre alta: a volte un bene, per evitare episodi tipo le calze di Morata, a volte un male perch&eacute; i giocatori ad un certo punto scoppiano di testa. Di sicuro un atteggiamento studiato, senz'altro non alla base del divorzio dalla Juventus che ha avuto come prima causa un calciomercato ritenuto non da prima fascia europea. La societ&agrave; e Allegri gli hanno subito dimostrato, andando ad un passo dalla vittoria in Champions League, che ad avere torto in questo senso era Conte. Ed &egrave; l&igrave; che nella testa del c.t., primo obbiettivo del prossimo Milan e primo ex aequo (con Ancelotti) della prossima Roma, si sono scatenati sentimenti e atteggiamenti che definiremmo irrazionali, pur con tutta la stima per quel grande allenatore che &egrave;. Ha basato ovviamente la Nazionale su giocatori della sua Juve o di area Juve, ma in quest'ultimo anno&nbsp;anche l'ultimo collaboratore della FIGC riferisce che Conte si senta perseguitato dal club con cui ha vinto tre scudetti in tre stagioni e che lo ha difeso nella vicenda calcioscommesse quando avrebbe potuto lasciarlo al suo destino. Perseguitato? Un po' i soliti problemi fra commissari tecnici e club, dal caso Marchisio ad episodi di semplice 'stanchezza', un po' motivi economici (lo sostiene Tavecchio), un po' per ragioni personali tuttora non chiarite: per&ograve; la freddezza &egrave; una cosa, la persecuzione un'altra. I motivi del divorzio erano gi&agrave; noti, mentre non si capisce perch&eacute; 'questa' Juventus sarebbe come societ&agrave; contro un uomo che le ha dato tanto in campo e in panchina. Di solito tifiamo per i fanti e contro i santi, specialmente quelli che controllano i media, ma in questo caso in Conte ci sembra di ravvisare vittimismo e un'operazione 'mani avanti' buona sia per l'Europeo che soprattutto per il post.  Twitter @StefanoOlivari

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