Argentina-Francia: Monti, l'argentino campione del mondo con l'Italia

Argentina-Francia: Monti, l'argentino campione del mondo con l'Italia

Nei Mondiali del 1930 decise il primo precedente assoluto tra Albiceleste e Bleus, prima di perdere in finale. Quattro anni più tardi giocò e trionfò con la maglia della nostra Nazionale

Paolo Marcacci/Edipress

18.12.2022 10:26

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Non si erano mai affrontate in una Finale della Coppa del Mondo; avevano incrociato i tacchetti in tre occasioni nel corso di un Mondiale, ma mai all’ultimo atto. Argentina - Francia sarà dunque una finale inedita, con quattro titoli mondiali in campo: quelli del 1978 e del 1986 per gli argentini, del 1998 e del 2018 per i transalpini.
La prima occasione in cui si confrontarono coincide con la prima volta in assoluto del Mondiale di calcio, vale a dire l’edizione del 1930 in Uruguay. Nella fase a gironi gli argentini ebbero la meglio sui francesi solamente a dieci minuti dal termine: uno a zero, con la firma di Luis Monti. Primo gol in assoluto di un calciatore argentino nella Coppa del Mondo, nonché, sempre per la storia della manifestazione, primo gol in assoluto su calcio di punizione.

Luis Monti, l'argentino campionde del mondo con l'Italia

Chi è stato Monti per la storia del football? Sarebbe meglio chiedersi “cosa” ha rappresentato, uno come lui: oriundo, nato a Buenos Aires nel 1901, in quella edizione uruguaiana della Coppa lo troviamo finalista, sconfitto, con la maglia dell’Albiceleste contro la nazionale di casa: 4-2 per l’Uruguay allo stadio del Centenario di Montevideo.
Sin dal 1932, i suoi avi vissuti in terra emiliana gli valsero la possibilità di essere naturalizzato e poter di conseguenza vestire la maglia azzurra, indossando la quale vinse il Mondiale italiano del 1934, dopo la finale vittoriosa di Roma, allo Stadio Nazionale del PNF, 2 - 1 alla Cecoslovacchia dopo i tempi supplementari. Da quel giorno, il 10 giugno del 1934, Monti divenne l’unico e fino a oggi ultimo giocatore ad aver disputato due finali mondiali con due nazionali differenti. Con l’Italia, in particolare, conta diciotto presenze e un gol, dal 1932 al 1936. Oltre alla vittoria della Coppa del Mondo, un altro episodio storicamente rilevante fu la sua partecipazione alla celeberrima “Battaglia di Highbury”, il 14 novembre del 1934, quando il centravanti inglese Drake con un pestone gli fratturò l’alluce.

Come giocava Lusi Monti

Di statura non elevata ma di straordinaria compattezza muscolare e solidità, Monti era un centrale di difesa con una capacità naturale di agire anche da centromediano, con i compiti tipici del ruolo all’epoca: francobollare, come si usava dire, il centrattacco avversario, per poi, in fase di possesso, rilanciare l’azione sovrintendendo, di fatto, alla prima fase della costruzione del gioco.
Dopo una carriera importante anche a livello di club, in Argentina, soprattutto con le maglie del CA Palermo e del San Lorenzo, Monti in età calcisticamente matura arrivò in Italia, a trent’anni, per vestire la maglia della Juventus dal 1931 al 1939, totalizzando 263 presenze con 21 reti, vincendo quattro scudetti e una Coppa Italia.

La rivalità tra Monti e Schiavio

Proverbiale, molto cavalcata dai rotocalchi giornalistici dell’epoca, la sua rivalità con Angelo Schiavio, affrontato già nell’estate del 1929 a Buenos Aires, quando Schiavio era in tournée in Sudamerica con il Bologna: interventi al limite del regolamento e rissa sfiorata. Nel 1932, in Italia, Schiavio venne colpito da Monti con una gomitata durante una gara di campionato tra Bologna e Juventus e perse i sensi per una buona mezz’ora. Furono riavvicinati dal Commissario Tecnico azzurro Vittorio Pozzo, che ne fece due perni della Nazionale.
Nel nostro Paese è stato poi allenatore, dal 1939 al 1950, cominciando dalla Triestina e finendo con il Pisa, passando per Juventus, Varese, Fossanese, Atalanta, Vigevano.
Se n’è andato nel 1983, Luis Monti, a causa di un arresto cardiaco, nella sua casa di Escobar, alle porte di Buenos Aires; di lui si ricordano, oltre alle imprese calcistiche e ai trofei, tanti aneddoti e tanti episodi a metà tra reali e leggendari, come quelli dei telegrammi con minacce di morte in occasione delle due finali disputate con Argentina e Italia: il primo da parte della mafia, che minacciava i più importanti giocatori argentini; il secondo, si narra, quattro anni dopo da parte di Benito Mussolini alla vigilia della finale contro la Cecoslovacchia: “Siete padroni del vostro destino; se vincerete, bene; se perderete, che Dio vi aiuti”.

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