Francesco Rosetta, il capitano del primo scudetto della Fiorentina

Francesco Rosetta, il capitano del primo scudetto della Fiorentina

Il trasferimento a Firenze lo salvò dalla tragedia di Superga e gli permise di entrare nella leggenda del club toscano, con cui si laureò Campione d’Italia nel ’56. Nasceva a Novara il 9 ottobre di 100 anni fa

Alessio Abbruzzese/Edipress

09.10.2022 ( Aggiornata il 09.10.2022 19:17 )

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“La mia vita è stata un dribbling alla sventure” dirà Francesco “Cecco” Rosetta tanti anni dopo il suo ritiro. Non gli si può di certo dar torto, ripercorrendo la sua storia e soffermandosi soprattutto su quella seconda metà degli anni ’40, quando ancora ventitreenne lascia la sua Novara per vestire la maglia di quel Grande Torino che alla tragedia e alla sventura ha purtroppo legato il suo nome per sempre. Nella stagione 1946-47 Rosetta colleziona 13 partite e si cuce il tricolore sul petto per la prima volta, per poi essere ceduto all’Alessandria. Tra il Tanaro e il Bormida vive un’annata modesta, non riesce a salvare i grigi dalla Serie B e decide di cambiare aria: la tentazione di tornare in granata, squadra che lo riprenderebbe con piacere, è forte. È qui che Rosetta dribbla e beffa il destino, si ritrova ad un passo dalla fine e, come un novello Dostoevskij che sul patibolo riceve la grazia dallo zar Nicola a pochi secondi dall’esecuzione, ottiene la sua seconda possibilità. Lo zar Nicola nella storia di Rosetta si chiama Luigi Ferrero, il tecnico che lo ha avuto a Torino e ora lo vuole fortemente a Firenze, dove si è trasferito da una stagione: senza di lui lo stopper novarese sarebbe tornato nel capoluogo piemontese e con ogni probabilità sarebbe anche salito su quell’aereo per Lisbona. 

La seconda vita a Firenze 

La scelta di seguire Ferrero e trasferirsi alla Fiorentina non solo gli salverà la vita, ma segnerà il vero e proprio punto di svolta della sua carriera calcistica. Sulle sponde dell’Arno Rosetta arriva silenziosamente, già campione d’Italia ma proveniente da una stagione fallimentare. La fiducia che Ferrero nutre nei suoi confronti è però pressoché assoluta: gli consegna da subito una maglia da titolare oltre alle chiavi del reparto difensivo viola. “Cecco”, come viene soprannominato a Firenze, è un difensore puntuale negli interventi ed estremamente elegante, oltre che leale come pochi altri hanno saputo essere. I tifosi viola più attempati lo ricordano con grande piacere come un difensore pulito e dal tocco di palla morbido, che riusciva a toglier la sfera all’avversario giocando d’anticipo senza mai fare fallo. A Firenze ben presto conquista tutti, sopravvive anche all’addio di Ferrero nel 1951 e nel frattempo inizia a collezionare anche qualche presenza in Nazionale. La prima volta in azzurro, neanche a dirlo, la gioca proprio nella “sua” Firenze, il 22 maggio del ’49 nella vittoria sull’Austria in Coppa Internazionale. Con la maglia viola passa praticamente tutto il resto della carriera: in nove stagioni colleziona 245 presenze diventandone capitano. Ha la fascia al braccio anche nella stagione 1955-56, quella che come ben sanno tutti i tifosi viola, porterà il primo storico scudetto nella città gigliata. Con Bernardini in panchina e la coppia terribile Virgili-Montuori in avanti la Fiorentina in quell’anno è davvero un rullo compressore: la squadra toscana si prende la prima posizione alla settima giornata e non la lascia più, inanellando un’incredibile serie di partite senza sconfitta macchiata solo dal 3-1 a Genova dell’ultima giornata, ormai inutile ai fini della classifica. La vittoria del campionato fa entrare di diritto Rosetta nell’Olimpo degli eroi viola, anche se la sua storia con Firenze sta volgendo al termine. Nella stagione successiva vince la Coppa Grasshoppers, ma non fa parte degli undici che al Bernabeu perdono la finale di Coppa dei Campioni. Rosetta, ormai 35enne, decide di dire addio alla squadra che gli ha dato tutto, e termina la carriera nel 1958 dopo un anno passato con l’Hellas Verona. Rimarrà comunque per sempre legato alla Fiorentina e alla sua gente, anche una volta tornato nella sua Novara, dove rimarrà fino alla fine dei suoi giorni. 

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