Arthur Friedenreich, il campione brasiliano che viveva come un dandy

Arthur Friedenreich, il campione brasiliano che viveva come un dandy

Nato 130 anni fa a San Paolo e soprannominato El Tigre, secondo alcuni segnò più gol dello stesso Pelé

Alessio Abbruzzese/Edipress

18.07.2022 ( Aggiornata il 18.07.2022 00:05 )

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“Ci sono alcuni paesi e villaggi del Brasile che non hanno una chiesa, ma non ne esiste neanche uno senza un campo di calcio”. Con queste parole lo scrittore sudamericano Eduardo Galeano fa ben capire cosa sia il calcio in Brasile. Anzi, fa ben capire cosa sia il calcio per i brasiliani. Il paese verdeoro è senza dubbio quello con la maggiore tradizione calcistica del mondo. Se è vero che il football è nato e cresciuto in Europa, è altrettanto vero che ha raggiunto la sua massima espressione nel paese sudamericano, la cui nazionale non ha caso vanta ben 5 titoli mondiali. Sebbene molti individuino in Pelè la figura primordiale del grande fenomeno brasiliano, la verità è un’altra: il primo grande calciatore verdeoro si chiamava Arthur Friedenreich.

El Tigre, tra dribbling, gol e sigari

Figlio di una lavandaia brasiliana e di un commerciante emigrato dalla Germania, Arthur nasce a San Paolo il 18 luglio del 1892 e come molti ragazzini si ritrova per le strade a passare il tempo con una palla, cimentandosi in quel gioco che Charles Willian Miller aveva importato dai suoi viaggi in Inghilterra verso la fine dell’800. Purtroppo il Brasile dell’inizio del 20esimo secolo è un paese profondamente razzista, dove l’enclave dei ricchi bianchi detiene potere e soldi. Anche avere accesso ad una squadra di calcio è appannaggio dell’élite, ma Arthur non ci sta, e fa di tutto per giocare. Nonostante sia evidentemente mulatto, il giovane Friedenreich sfrutta in primis il suo cognome, e poi si comincia a pettinare i capelli (crespi ai limiti del riccio) all’indietro con la brillantina, assumendo un aspetto tutto sommato piuttosto caucasoide. Non cambierà mai pettinatura. Friedenreich milita per quasi la totalità della sua carriera al Paulistano, diventando grazie alle sue doti, il primo calciatore famoso della storia brasiliana. Attaccante eccezionale, univa una grande grinta (che gli valse il soprannome di El Tigre, insieme agli occhi insolitamente chiari) ad un’eleganza sopraffina. Arthur corre, salta, scarta, gioca in una maniera che nessuno aveva mai visto, per rifugiarci di nuovo nelle parole del grande Galeano:“Da Friedenreich in avanti il calcio brasiliano, quando è davvero brasiliano, non ha angoli retti”. 

Ma soprattutto, El Tigre Friedenreich è un grande goleador, anzi, il più grande di tutti. Purtroppo gioca in un periodo in cui tabellini e conti ufficiali scarseggiano, ma secondo la leggenda avrebbe segnato addirittura più di 1300 gol, anche più di quelli di Pelé. Secondo un’altra credenza popolare, a cui noi vogliamo credere fortemente, non sbagliò mai un rigore in tutta la carriera. Con la nazionale brasiliana alterna momenti di estasi e grande sconforto: nel ’19 e nel ’22 trascina la Seleçao alla vittoria della Copa America, diventando l’idolo di un paese intero, prima di essere escluso dal giro. Il presidente Pessoa ha deciso: in nazionale vanno solamente calciatori bianchi e carioca e per lui, che è scuro e paulista, non c’è più spazio. Poco male per Friedenreich, che nel frattempo è diventato uno degli uomini più ricchi e famosi del paese, fuma sigari, beve cognac e si fa spedire dall’Europa le cravatte più alla moda. El Tigre vive da vero e proprio dandy, si gode in pieno il suo riscatto sociale, con buona pace di chi non avrebbe voluto farlo scendere sul prato verde. 

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