Il sogno di Giulio Drago: la Juve, la Cremonese e la Serie A con l’Empoli

Il sogno di Giulio Drago: la Juve, la Cremonese e la Serie A con l’Empoli

Scartato dal Torino e prelevato dai bianconeri, squadra per cui faceva il tifo, salì alla ribalta in grigiorosso e azzurro. Nel ‘94 sconfisse la Nazionale di Sacchi con il Pontedera

Massimiliano Lucchetti/Edipress

25.06.2022 03:57

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Giulio Drago, come tanti suoi coetanei, fin da piccolo è stato partecipe di quelle interminabili partite che duravano tutto il giorno lungo le strade e lepiazze della natia Caltagirone. Un bel giorno suo padre, che di mestiere faceva il contadino, venne assunto alla Fiat come operaio e quindi tutta la famiglia si dovette trasferire a Orbassano. Era l’epoca delle grandi migrazioni interne che portarono molti lavoratori meridionali a trasferirsi al nord.

A 14 anni venne notato da Franco Sattolo (ex portiere del Torino) che lo portò a fare un provino proprio con i granata. Giulio era ovviamente al settimo cielo, ma purtroppo l’avventura durò pochi mesi e venne spedito a casa senza un reale motivo. La delusione gli fece meditare il ritiro ma fortunatamente il supporto dei genitori lo spinse a continuare e a credere nel proprio sogno: in quella circostanza fece una promessa a se stesso: “Prima o poi giocherò negli stadi più belli d’Italia”.

Nel 1979-80 venne adocchiato dai dirigenti della Juventus (strano scherzo del destino venire scartato dal Toro, per poi essere preso dalla Vecchia Signora). Nella squadra bianconera militò tre anni, principalmente nella formazione Primavera. Con la prima squadra, anche se aggregato come terzo portiere, non ebbe mai l’occasione di scendere in campo. Intervistato in quegli anni dal mensile “Hurrà Juventus” dichiarò: “Su Zoff, sul suo modo di intendere il ruolo, dovrebbero scrivere un libro!”. Il sogno di giocare per la sua squadra del cuore – già perché Giulio era tifoso bianconero sin da piccolo - finì proprio a causa del nome che aveva davanti: l’impareggiabile Dino.

La gioia della Serie A, solo sfiorata, in quel di Cremona

Nel mercato invernale del 1982 passò in prestito alla Cremonese; ma fu nel 1983-84 che la sua carriera subì una svolta. La squadra grigiorossa era pronta ad affidargli i galloni da titolare, con l’esperto Antonio Rigamonti che gli avrebbe fatto da secondo. La società cremonese, aveva un buon mix tra calciatori di esperienza e giovani da mettere in mostra, tra i quali spiccava Gianluca Vialli. Le prime 10 giornate fecero capire al campionato cadetto - solitamente torneo più adatto ai vecchi volponi - di che pasta fosse fatto Drago: la Cremonese grazie alle sue prestazioni veleggiava nelle zone alte della classifica. In quell’occasione anche la Nazionale Under-21, guidata dal futuro Ct Azeglio Vicini, si accorse di lui. Malgrado ciò il giovane portiere non riuscì mai a imporsi come titolare a causa della presenza di Michelangelo Rampulla. Nonostante questo, le sue prestazioni unite alla convocazione tra gli azzurrini, fecero circolare sempre più il suo nome. Giulio non vedeva l’ora di assaporare quello che con la Juventus aveva solo pregustato e invece la società del Torrazzo, inspiegabilmente, non lo confermò decidendo di puntare su Fausto Borin.

La consacrazione della carriera a Empoli

Dopo un breve passaggio a Bergamo, Drago si ritrovò così a Empoli, nuovamente in B: si rimboccò le maniche e ripartì alla grande. Dopo una prima stagione di assestamento, il campionato 1985-86 divenne quello della storia. L’Empoli per la prima volta approdò in Serie A anche se in modo davvero rocambolesco. La gratificazione personale più grande, comunque, arrivò il 22 marzo, quando fu scelto come numero uno della Nazionale di Serie B in occasione di un match contro una selezione croata.

Approdato nella massima serie, l’Empoli dovette correre ai ripari cercando di allestire una rosa più competitiva possibile. Il 14 settembre del 1986 finalmente per Giulio e per glia zzurri arrivò il momento di debuttare in A. La compagine guidata da Gaetano Salvemini allo stadio di Firenze (il Castellani era inagibile per le prime tre gare) incontrò l’Inter. Come per magia – sapete che queste cose nel calcio accadono - in quella domenica pomeriggio soleggiata, i nerazzurri guidati dal neo tecnico Giovanni Trapattoni, furono battuti dal piccolo Empoli. Il gol vittoria venne siglato da Marco Osio ma il nostro Drago, come il suo cognome imponeva, fece il resto. Al triplice fischio il pensiero sarà certamente tornato all’antica promessa fatta a se stesso con la consapevolezza di averla mantenuta! 

Alla fine dell’anno, contro ogni tipo di pronostico, il gruppo guidato da Salvemini si salvò terminando al tredicesimo posto e Drago fu uno dei migliori portieri del torneo. Prova ne fu che la squadra rimase con la porta inviolata per 6 mesi nelle partite casalinghe. Dalla partita Empoli-Verona, datata 9 novembre, fino al 32° minuto di Empoli–Avellino (gol di Walter Schachner) del 10 maggio passarono esattamente 931 minuti. Mica male per la prima esperienza in massima serie.

La stagione 1987-88 purtroppo partì ad handicap, poiché per un illecito sportivo la CAF condannò la compagine empolese a iniziare il campionato con 5 punti di penalizzazione. Non bastò la favolosa stagione del nostro protagonista che si issò sul podio degli estremi difensori della Serie A, con un rendimento al pari di quello di Zenga e Tacconi, il “gotha” del ruolo. Durante quella disgraziata annata, a metà girone di ritorno, riuscì comunque a mantenere la porta inviolata per 491 minuti, registrando il record d’imbattibilità nella storia dell’Empoli - tutt’ora imbattuto - che faceva il paio con il record d’imbattibilità interno della stagione precedente. Tuttavia gli azzurri chiusero all’ultimo posto con 20 punti e il pensiero tornò alla penalizzazione, senza la quale ci sarebbe stata la salvezza.

Purtroppo il momento peggiore non era ancora arrivato. L’anno successivo infatti la squadra toscana incappò in una stagione disastrosa, chiusa al quart’ultimo posto al pari di Brescia e Monza. I biancorossi si salvarono grazie alla classifica avulsa mentre Brescia ed Empoli si giocarono tutto in un drammatico spareggio. Allo stadio Dino Manuzzi di Cesena, le due compagini frenate dalla paura terminarono la gara sul risultato di 0-0; sarebbero stati i tiri dagli 11 metri a decretare il vincitore. Gli empolesi sbagliarono tre rigori su tre:uno fuori e due parati da Alessandro Zaninelli. L’istantanea di Drago inginocchiato in lacrime con le mani a coprirgli il volto rimase l’ultima immagine con la casacca che gli aveva fatto esaudire il suo sogno di bambino.

La chiusura a Pontedera

Tornò in A nel 1989 con il Bari, ma dopo un anno e mezzo la sua avventura finì malamente. Un'altra annata non fortunata fu quella di Trieste. Le cocenti delusioni patite lo fecero smettere momentaneamente per due stagioni, ma nel 1993-94 il Pontedera militante in C2 gli fece tornare la voglia di mettersi la maglia numero uno. Un’ottima stagione per l’estremo con la conseguente promozione in C1 e lo sfizio di battere la Nazionale nell’amichevole preparatoria a Usa ’94. Dopo un passaggio a Empoli in C1 nel 1994-95, Drago chiuse la carriera sempre al Pontedera con 4 stagioni in C2.

La miglior dote di un portiere? “Il coraggio. È un ruolo in cui rischi di ammazzarti e se hai paura di tuffarti, non so, fra i piedi di un attaccante in corsa, puoi cambiare mestiere”. Così Drago fotografa l’essenza del ruolo.

Giulio, non ha mai avuto paura di tuffarsi, soprattutto nelle difficoltà che la carriera gli ha messo davanti e con un coraggio da leone, anzi da Drago, ha raggiunto il suo più grande sogno: giocare negli stadi più belli di Serie A.

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