Cesar Aparecido Rodrigues: l'esterno brasiliano di Lazio e Inter

Cesar Aparecido Rodrigues: l'esterno brasiliano di Lazio e Inter

Arrivato in Italia sulla sponda biancoceleste del Tevere, è stato uno dei pupilli di Mancini, che lo ha portato con sè anche a Milano

Paolo Colantoni/Edipress

16.05.2023 ( Aggiornata il 16.05.2023 18:22 )

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Quattro stagioni e mezza con la maglia della Lazio, iniziate tra mille difficoltà, proseguite con una crescita esponenziale e concluse con la vittoria di una Coppa Italia e la fascia di capitano. Poi il passaggio all’Inter, vivendo una storia simile: problemi fisici e di ambientamento che ne hanno limitato l’esplosione, i prestiti, il ritorno alla base e la capacità di mettersi in evidenza, recitando un ruolo fondamentale nella vittoria di uno scudetto. Cesar Aparecido Rodrigues (ribattezzato Cesaretto nella Capitale) ha lasciato il segno con le maglie di Lazio e Inter. Arrivò in Italia l’estate del 2001, fortemente voluto da Sergio Cragnotti. “Il presidente viveva dal lunedì al venerdì in Brasile, poi tornava a Roma. Era in contatto con diversi osservatori, anche se poi preferiva spesso acquistare i calciatori argentini. Venni proposto alla Lazio e dopo esser stato visto dal direttore sportivo Nello Governato, fui acquistato”.

L’inizio non fu facile, vero?

“I metodi di allenamento europei erano completamente diversi rispetto a quelli a cui ero abituato. E anche il ritmo di gioco. In Brasile si giocava dinamicamente e con la palla tra i piedi. Il livello tattico non era paragonabile a quello italiano. Anche il ruolo a cui ero abituato, il terzino, era concepito in modo diverso”.

Le cose cambiarono con Mancini in panchina?

“Ha avanzato il mio raggio di azione, ha creduto in me. Mi ha dato fiducia e io l’ho ripagato: ho giocato terzino, esterno di centrocampo e a volte anche attaccante. È stato fondamentale per me, sia alla Lazio che all’Inter”.

Il momento più bello vissuto nella Lazio?

“I due anni con Roberto Mancini in panchina, che si sono conclusi con la vittoria della Coppa Italia a Torino contro la Juventus e il gol nel derby. Quel giorno affrontammo la Roma con una squadra che era in grandissima difficoltà. Avevamo cambiato da poco l’allenatore, avevamo tantissime assenze. Non so se nella storia dei derby la Lazio si sia mai presentata in quelle condizioni: i problemi societari, la classifica che era pericolante. Vincere quel derby fu fantastico”.

Quel gol segnato alla Roma è rimasto nel cuore dei tifosi.

“Io non mi sono reso subito conto di aver segnato. L’ho capito vedendo la curva che impazziva e la rete che si è gonfiata. Ma l’ho capito un secondo dopo. Ancora oggi, quando riguardo quel gol, mi rendo conto della difficoltà di quel gesto tecnico: calciare la palla in quel modo, tenerla bassa”.

A gennaio del 2006 il passaggio all’Inter.

“All’inizio ho trovato le stesse difficoltà vissute quando arrivai alla Lazio. Ero reduce da un infortunio fastidioso, lasciai Roma, con un clima piacevole per arrivare a Milano, che era stata colpita dalla nevicata più intensa degli ultimi anni. Il freddo, la tanta concorrenza: per me non fu facile. Poi però mi sono divertito”.

Appiano Gentile sembrava una piccola Formello?

“Questo aiutò il mio inserimento: Mancini, Mihajlovic, Stankovic, Favalli, tutto lo staff sanitario che conoscevo benissimo. L’Inter è sempre stata una squadra che ha legato il suo destino alla Lazio. Molti calciatori che hanno fatto bene a Roma poi sono passati a Milano, senza dimenticare il gemellaggio tra le tifoserie. Inter e Lazio sono le squadre che hanno segnato la mia storia. I biancocelesti mi hanno permesso di arrivare in Italia e hanno creduto in me. Con i nerazzurri ho vinto lo scudetto e ho giocato in un club fortissimo”.

Il segreto di quella squadra?

“La mentalità. Mancini pretendeva il massimo. In campo e negli allenamenti. Io mi allenavo contro gente come Zanetti, come Mihajlovic, come Ibrahimovic. Quanti ne trovavo più forti nelle altre squadre? Pochi, ma arrivavo alla partita conscio che, affrontare Cafu o un altro calciatore era esattamente la stessa cosa. L’Inter è cresciuta quando ha iniziato a ragionare così. E la vittoria di Parma, con lo scudetto fu una soddisfazione grandissima”. 

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