Ciro Muro: il mago delle punizioni oscurato da Maradona

Ciro Muro: il mago delle punizioni oscurato da Maradona

Napoletano dai piedi d'oro, ha giocato in Serie A con Napoli, Pisa e Lazio: "Bearzot vedeva in me e Pasa il futuro del calcio Italiano. Diego mi disse di avere pazienza, ma io volevo giocare"

Jacopo Pascone/Edipress

03.09.2022 13:52

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“Napoli-Brescia di Coppa Italia, punizione dal limite, dal lato mio però”. Sul pallone Maradona e Ciro Muro, il giovane scugnizzo si avvicina, nessuno osava farlo quando c’era Diego: “Ci guardiamo e mi fa: ‘Batti tu, se non fai gol non le tiri più’”. Il pallone finisce all’incrocio, come spesso accadeva quando si presentava sulla sfera il centrocampista napoletano.

A scoprirlo è Giovanni Lambiase, responsabile del settore giovanile che girovagava per la città cercando i talenti grezzi che giocavano per la strada: “Quando avevo 11 anni il Napoli venne a fare un’amichevole al Cristo Re, Lambiase mi vide e mi portò a Soccavo”. Dai campi d’asfalto del collegio di Portici, dove si trovava insieme al fratello, alle strutture attrezzate del Napoli Calcio, dove ruba con gli occhi: “Ho avuto grandi maestri come Corso, Sormani, Abbondanza (altro doppio ex di Lazio-Napoli). Dopo gli allenamenti mi fermavo a guardare Corso e Sormani che battevano le punizioni”. Il leggendario Mariolino gli ha insegnato a calciare a giro con la sua rinomata “foglia morta”; Angelino come imprimere potenza al pallone: “Grazie a loro ho imparato l’arte dei calci piazzati”. Il piedino d’oro gliel’aveva già dato Madre Natura, ma prima del Napoli Ciro non aveva mai messo piede in una scuola calcio: “Giocavamo per strada con il famoso Super Santos, con 4 buste dell’immondizia a fare da pali”.

Bearzot parlava di lui e di Pasa (riserva di Zico all’Udinese): “Dopo i Mondiali del 1982 ci ha seguito con attenzione, vedeva in noi il futuro del calcio italiano. Purtroppo entrambi ci siamo poi persi”. La carriera di Ciro Muro infatti parte col botto, tra i ragazzi gioca alla grande. Sogna di diventare come i suoi idoli concittadini (Juliano, Esposito e Montefusco) e si merita le prime chiamate: “A 16 anni già mi allenavo con la prima squadra. Ho fatto anche qualche panchina con Giacomini. Ricordo che andammo a Kaiserslautern per la Coppa Uefa, segnò Briegel e perdemmo”. Lo mandano in C1 a farsi le ossa a Monopoli. Ciro continua a crescere tanto da essere selezionato appena ventenne per la Nazionale Serie C: "Andammo a fare una tournée e venne un osservatore del Pisa per ispezionare Ivo Pulga. Ma quel giorno Pulga non giocava. Dopo quella partita Anconetani cominciò a chiamarmi due volte la settimana". L’evoluzione di Muro continua a Pisa, una piazza appena tornata in Serie A dove può trovare spazio. Inizialmente entra per lo più a partita in corso – accumulando un paio di presenze da titolare in Coppa Italia – ma nel girone di ritorno le cose cambiano: Guerini capisce che se vuole provare a salvarsi deve puntare sulla sua classe e gli affida la numero 10. Memorabile il gol alla Fiorentina, ovviamente su punizione con tanto di aneddoto: “Perdevamo 1-0 a 10 minuti dal termine, sul pallone c’erano Kieft e Berggreen, calciatori nel giro delle rispettive nazionali, li spostai e dissi: Calcio io!’. Pareggiai la partita e Pisa impazzì”.

Le giocate del campioncino non bastano purtroppo a salvare i nerazzurri e per Ciro è ora di tornare a casa: “Allodi mi riportò a Napoli. Ricordo che sulle ‘probabili formazioni’ del Guerin Sportivo dell’epoca partivo sempre tra i titolari. Non ero più un ragazzino, avevo già esperienza in A: Allodi credeva moltissimo in me”. Comincia a giocare il ragazzo, ad accumulare diverse presenze nella prima parte della stagione che porterà Napoli in paradiso: “All’inizio giocai tanto, sia in Coppa Uefa che in Coppa Italia”.

Non giocherà solo al posto di Maradona, ma anche al suo fianco, come nella finale d’andata di Coppa Italia contro l’Atalanta. Ottavio Bianchi lo butta dentro per sbrigliare la situazione e in tandem con Maradona confeziona il 2-0: “Fu un gol bellissimo e Diego esultò più di me, sembrava l’avesse fatto lui. Questo era Maradona, una persona generosa e gentile con tutti”.

Ma le rassicurazioni del Pibe non bastano: “Mi fece intendere che dopo di lui sarebbe toccato a me, mi disse di avere pazienza, ma io volevo giocare e intanto Bruno Giordano mi riferiva che la Lazio lo stava martellando per me. Lui mi consigliò di trasferirmi a Roma dicendomi che i tifosi della Lazio sarebbero impazziti per un giocatore con le mie caratteristiche”. Al timone dei biancocelesti c’è Eugenio Fascetti che dá il via libera all’operazione perché lo ha già visto all’opera, proprio contro la Lazio: “L’anno prima giocammo un’amichevole infrasettimanale, organizzata per gli accordi pattuiti nel trasferimento in biancoceleste di Raimondo Marino avvenuto nella finestra autunnale. All’Olimpico segnai sotto gli occhi del mio grande amico Giancarlo Camolese”. Nonostante la B, Ciro Muro ci mette poco ad accettare: “Alla Lazio c’erano grandi giocatori: Galderisi che aveva fatto i Mondiali, Monelli, Beruatto che veniva dal Toro, Pin dalla Juve, Acerbis... Era uno squadrone e infatti risalimmo in A”.

Qualcosa cambia nell’anno successivo con l’arrivo di Materazzi in panchina: “Forse pagai un po’ l’exploit di Di Canio che fece un grande campionato. Ricordo anche che per una settimana non venne agli allenamenti perché aveva paura che i romanisti lo picchiassero (ride). Lui come Chinaglia anni prima ha avuto il coraggio di fare una cosa che nel derby non si dovrebbe fare. Nel derby di ritorno fu caccia all’uomo: ognuno di loro voleva fargli male”. In quella partita tra l’altro Ciro Muro indossa la fascia da capitano e viene espulso, cacciato insieme al romanista Gerolin dall’arbitro D’Elia per un accenno di rissa tra i due.

Anche nelle due stagioni passate in biancoceleste continua a dispensare prodezze balistiche, sono 4 i gol segnati, tutti su punizione: “Memorabile quella del 3-3 a Taranto nei minuti finali; difficilissima quella segnata al Barletta”. A fine campionato lascia la Lazio, una decisione che rimpiange tantissimo ancora oggi: “Lo sbaglio più grande che ho commesso da calciatore. Avevo un altro anno di contratto ma Gigi Simoni mi tormentava da Cosenza. Ero già il suo pallino quando era allenatore del Genoa, mi feci convincere... da lì non sono più riuscito a tornare in Serie A. Dovevo restare per mantenere la categoria. In Serie B si fa fatica”. Un vero peccato, un talento dai piedi d’oro che avrebbe potuto avere nobili fortune. Ciro Muro si ritiene comunque un privilegiato: “Sono l’unico napoletano ad aver indossato la maglia numero 10 di Maradona. In Coppa Italia la portavo al posto suo. I trionfi col Napoli li sento tantissimo: fui protagonista in Coppa e mi ritagliai un buono spazio in campionato, oltre a giocare la Coppa Uefa. In quanti avrebbero fatto questo con davanti il giocatore più forte di sempre?”.

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