Beppe Bergomi, lo "Zio" del calcio italiano tra Inter e Nazionale

Beppe Bergomi, lo "Zio" del calcio italiano tra Inter e Nazionale

Personaggio iconico del mondo del pallone nostrano, ha vinto la Coppa del Mondo nel 1982 e ha legato la sua intera carriera ai colori nerazzurri

Paolo Marcacci/Edipress

22.12.2023 ( Aggiornata il 22.12.2023 11:30 )

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Potremmo iniziare dicendo che non era lui a doversi adattare alle caratteristiche degli attaccanti avversari che calpestavano le sue stesse zolle; erano loro che dovevano partire dal presupposto che, per giocare d’anticipo sul controllo dello “Zio”, ci sarebbe voluta una trovata davvero speciale, una volta varcata la soglia dell’area di rigore. Nel giorno dei suoi sessant’anni, ci si rende conto di quanto calcio sia passato sotto i ponti di una carriera che sin dal momento dell’alba aveva già fatto vivere al ragazzino ciò che la maggior parte dei calciatori, pur prestigiosi, può soltanto continuare a sognare fino al tramonto. Del resto, già la vita lo aveva temprato e dolorosamente sorpreso ben più di un girone di quarti di finale con il Brasile e l’Argentina.

Beppe Bergomi, il “giovane veterano”

Beppe Bergomi, milanese della cintura periferica, classe 1963, nato maturo e ringiovanito nel corso degli anni, una sorta di Benjamin Button dal viso del quale un giorno sono caduti i baffi che esibiva quando era poco più che bambino. Non aveva ancora diciotto anni che un senatore dello spogliatoio interista come Giampiero Marini trovò naturale chiamarlo “Zio”, per l’appunto, proprio in ragione dell’atteggiamento naturalmente serio - non serioso - e composto. Disse di lui Enzo Bearzot che era in grado di ricoprire qualsiasi ruolo in difesa e di controllare qualsiasi avversario, con la sua fisicità imponente ma non prorompente, dati il metro e ottantacinque centimetri di statura lungo i quali era distribuito un peso forma che non arrivava agli ottanta chilogrammi e che ancora oggi forse di poco li supera. Questione di attitudine, allora, in primis; un’attitudine suffragata da una assoluta soglia di concentrazione e da un’intelligenza calcistica che gli ha consentito di adattare le sue doti difensive a più di un modulo. Atleta ancora prima che calciatore, dal piede che gli consentiva di non doverlo soltanto buttare via, il pallone; perentorio nel gioco aereo anche in fase di proiezione offensiva; con una sorta di predestinazione per il senso dell’anticipo che fece dire a Sua Maestà Marco van Basten che Bergomi era sempre stato uno dei più difficili in assoluto da affrontare, anche per un re del gol come il Cigno di Utrecht.

La Coppa del Mondo e la carriera all’Inter

Non ne aveva ancora diciannove, di anni, essendo nato a dicembre, che si trovò a vincere la Coppa del Mondo del 1982: quella cosa, dicevamo, che centinaia di milioni di calciatori di ogni livello, nel mondo, si vergognano anche soltanto di sognare, nella loro vita. Quella stessa vita che ti può rendere orfano di padre a sedici anni, come è accaduto a lui, mentre si trovava a Lipsia in trasferta con la Nazionale giovanile. Forse anche per quello ha gestito i sorrisi con la stessa tempistica delle sue entrate in scivolata: senza sprecare mai un istante di troppo.

Venti anni di Inter, contando solo la prima squadra; 757 presenze bagnate da ventotto reti; due scudetti, una Coppa Italia, una Supercoppa Italiana e tre Coppa UEFA. Rispettato e ammirato ieri come calciatore da ogni appassionato, oggi come commentatore autorevole che non ha mai avuto bisogno di “urlare” le proprie opinioni.

 

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