Spagna ’82: l’Italia rinasce con l’Argentina e aspetta il Brasile

Spagna ’82: l’Italia rinasce con l’Argentina e aspetta il Brasile

Dopo un girone passato a fatica, il 29 giugno di 40 anni fa, la Nazionale di Bearzot batteva l’Albiceleste, regalandosi una speranza con la Seleçao. Decisive le reti di Tardelli e Cabrini

Paolo Valenti/Edipress

29.06.2022 ( Aggiornata il 29.06.2022 00:02 )

  • Link copiato

Nel mondiale spagnolo del 1982, dopo un girone eliminatorio superato a stento, per l’Italia arrivava la partita della verità: quella del 29 giugno contro l’Argentina. La vigilia di quel match contro i campioni del mondo in carica, offuscati dalla ruggine che aveva intaccato le forze degli eroi del 1978 (pur rinvigoriti dalla presenza dell’astro nascente Maradona), era stata il preambolo di una sentenza di condanna che pareva già scritta. Troppo scadenti le prestazioni dell’Italia per poter coltivare una pur flebile speranza di vittoria nei confronti della Selección di Menotti che, seppur non scintillante come in passato, rimaneva la seconda forza del girone di ferro nel quale erano scivolati gli azzurri dopo il passaggio farraginoso del primo turno. Favoritissimo era il Brasile dei meravigliosi Zico, Socrates, Falcão, Cerezo, Junior, Eder: campioni che sembravano arrivati in Spagna per spiegare il verbo di un calcio inarrivabile a discenti ammaliati da quella bellezza sublime.

Il problematico cammino degli azzurri

Al 29 giugno ci si era arrivati a fatica: quella di un girone nel quale l’Italia era giunta alle spalle della Polonia di Zibì Boniek e a pari punti con il Camerun, presente per la prima volta alla fase finale di un campionato del mondo. L’esordio coi polacchi aveva parzialmente ammansito il furoreggiare delle critiche verso Bearzot e i suoi ragazzi, colpevoli da mesi di partite noiose e dai risultati scadenti. Come il 2-0 rimediato a Parigi contro la Francia di Platini a febbraio, l’umiliante 1-0 subito a Lipsia con la Germania Est ad aprile e il pareggio conseguito in Svizzera (1-1) a pochi giorni dall’inizio del Mundial. Italia-Polonia aveva avuto le sembianze della mattina nebbiosa che lascia sperare che a mezzogiorno s’alzerà il sole, con una traversa colpita da Tardelli a far immaginare per un attimo che la Nazionale si fosse destata e l’aria fresca della Galizia avesse rinfrancato energie e morale di una squadra ormai lontana da quella brillante d’Argentina. Anche il primo tempo col Perù fece intravedere buone trame che trovarono esaltazione nel gol di Bruno Conti e naufragarono nel pantano di una ripresa della quale Rossi non fece parte, ancora sofferente di quell’apatia post squalifica dovuta al calcio scommesse di cui non era ancora riuscito a spogliarsi.
La partita qualificazione col Camerun riportò il barometro delle polemiche sulla bassa pressione: brutta Italia, in grado di avanzare al girone successivo solo per via di un gol in più segnato rispetto agli africani, appaiati in classifica con gli stessi punti e la stessa differenza reti. La stampa nota, con masochistico sarcasmo, che la nostra Nazionale è la prima, nella storia della Coppa del Mondo, a passare il turno eliminatorio senza vincere nemmeno una gara. Le critiche sono feroci, prendono di mira soprattutto Paolo Rossi, che nello sguardo sciupato di quei giorni condensa la fragilità di una condizione psico-fisica deficitaria. Quando, ai commenti da campo, si aggiungono quelli da caserma (con le illazioni che colpiscono proprio Pablito e il compagno di stanza Cabrini), la sopportazione degli azzurri arriva a superare quel limite che li porta al silenzio stampa. Si interrompono così le interlocuzioni coi giornalisti, lasciando che le loro elucubrazioni vengano alimentate esclusivamente dalle scarne dichiarazioni di capitan Zoff. E si vola a Barcellona, dove nell’inferno del caldo catalano gli azzurri dovranno affrontare due partite impossibili cominciando, appunto, dall’Argentina di Menotti, anch’egli critico verso un’Italia ritenuta non all’altezza di quella del Mondiale precedente. A onor del vero anche l’Albiceleste non appare il più irresistibile degli avversari: è inciampata all’esordio (0-1 contro il Belgio), è andata bene con l’Ungheria, quando Maradona ha realizzato una doppietta (4-1), e ha svolto il compitino contro El Salvador (2-0). Ma appare comunque favorita, soprattutto perché può avvalersi del Pibe de Oro, motivato a presentarsi al meglio nella città che dopo l’estate lo vedrà protagonista del campionato spagnolo.

Italia-Argentina, la partita del Sarriá

Bearzot non cambia la formazione che è scesa in campo col Camerun: deve solo decidere a chi far controllare Maradona, già affrontato in passato da Tardelli. Alla fine, però, non è lui a doversi occupare del 10 argentino: il prescelto è Gentile, ruvido e capace di concentrarsi sulla marcatura, meno utile del compagno nella fase di appoggio alla manovra. Una mossa che risulterà decisiva.
Così, alle 17.15 del 29 giugno 1982, l’arbitro rumeno Rainea fischia l’inizio della prima partita del gruppo C che eleggerà una delle quattro semifinaliste. Lo stadio è il Sarriá, del quale oggi è possibile solo coltivare il ricordo, il campo dove è solito disputare le partite casalinghe l’Espanyol. Le squadre sono decise, tese, determinate già nei primi contrasti. Gentile si appiccica a Maradona dando vita a un duello che sembra affondare le radici più nei canoni della lotta libera che nelle regole del calcio. La maglietta del Diez si allunga, viene stracciata; i suoi scatti bloccati sul nascere da ostruzioni a braccia aperte, gambe intrecciate, sgambetti cercati. L’Italia è attorcigliata sul filo di una tensione che ne evidenzia una combattività finalmente rinata. I giocatori, iniettati di fiducia da Bearzot, giocano alla pari coi campioni del mondo. Chi osserva da fuori non si capacita di una metamorfosi agonistica insperata, piacevolmente sorprendente. Andare all’intervallo senza aver subito reti è un primo miracolo che induce a una speranza che il secondo tempo trasforma nella realtà di una Nazionale ormai libera dal fardello di una negatività inibente. La ritrovata mobilità di Rossi, i dribbling di Conti, le discese di Cabrini e le incursioni di Tardelli sono i fattori sui quali si costruiscono i gol che segnano l’esito della partita: al 57’ è il centrocampista a infilare con un bel diagonale Fillol mentre tocca al Bell’Antonio andare al raddoppio dieci minuti più tardi. Non serve, nel finale, il gol su punizione di Passarella a rimettere in discussione una vittoria convincente che restituisce orgoglio a giocatori, tecnico e tifosi. Pensare al Brasile, in quel momento, è solo un pensiero che può incrinare la festa: domani è un altro giorno, si vedrà.

Italia-Argentina 2-1 del 29 giugno 1982: il tabellino

ITALIA: Zoff (C), Gentile, Cabrini, Oriali (31' st Marini), Collovati, Scirea, Conti, Tardelli, Rossi (36' st Altobelli), Antognoni, Graziani. A DISP.: Bordon, Galli, Baresi, Vierchowod, Bergomi, Dossena, Causio, Massaro, Selvaggi. CT: Enzo Bearzot. 

ARGENTINA: Fillol, Olguin, Galvan, Gallego, Passarella (C), Tarantini, Bertoni, Ardiles, Diaz (14’ st Calderon), Maradona, Kempes (14’ st Valencia). A DISP.: Baley, Pumpido, Trossero, Van Tuyne, Olarticoechea, Barbas, Hernandez, Santamaria, Valdano. CT: Cesar Luis Menotti. 

ARBITRO: Rainea (Romania). MARCATORI: 12' st Tardelli (I), 22' st Cabrini (I), 38' st Passarella (A). 

Condividi

  • Link copiato

Commenti