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John Terry rimarrà per sempre quello "dello scivolone". Ha vinto campionati e Champions League, è stato il capitano del Chelsea più forte della storia, chissà, ma se non fosse caduto in quella notte di Mosca parleremmo ancora di più di una leggenda. Eccolo comunque, JT26, leader assoluto, anche in Nazionale. Fin troppo leader a volte, per i compagni di squadra. Indiscutibilmente nel pantheon dei migliori difensori inglesi di sempre.

Nasce centrocampista, John Terry: famiglia tifosissima del West Ham. Lui stesso inizia a giocare proprio nel settore giovanile degli Hammers. Figurarsi quando il ragazzo finisce al Chelsea, invece di indossare i magici colori "Claret & Blue" del West Ham. No, John Terry sarà per sempre uno dei Blues, con una piccola deviazione in prestito al Nottingham Forest e un finale di carriera all'Aston Villa. Leadership innata, fisico bestiale, veloce e forte di testa, JT è un portento. Già a vent'anni, nel 2000, è praticamente titolare al centro della difesa del Chelsea. Non è ancora l'epoca di Roman Abramovich e delle sue spese folli, la squadra si fonda su un consolidato gruppo di ottimi mestieranti provenienti da ogni parte del mondo (anche i nostri Di Matteo, Zola e Dalla Bona), mentre manca un po' la presenza inglese. Terry diventa il volto locale, lui peraltro nato dalle parti di Londra, di questa internazionale del pallone. Gli allenatori impazziscono per lui a cominciare da Claudio Ranieri, ma sarà con José Mourinho che troverà la consacrazione definitiva. Il Chelsea non prende mai gol, praticamente, e nessuno si sogna di togliere JT da quella posizione, difensore centrale e capitano, una scelta di Mourinho appena arrivato in Inghilterra, nel 2004.

Quando arriva il suo "gemello" Frank Lampard, altro fuoriclasse ma a centrocampo, il cerchio è come se si chiudesse. Il Chelsea spende e spande ma la spina dorsale inglese è composta da JT e dal numero 8, una coppia inscindibile. Piovono Premier, due di fila, e nel 2008 la grande occasione in finale di Champions: derby inglese contro il Manchester United di Cristiano Ronaldo, a Mosca. Finisce 1-1 anche dopo i supplementari, si va ai calci di rigore. Proprio Ronaldo sbaglia uno dei tiri dagli undici metri, il Chelsea non ha più Mourinho in panchina bensì Grant, traghettatore chiamato in emergenza quell'anno, e sta per vincere la sua prima Champions League. L'ultimo rigore spetta a Terry, che al momento di calciare spiazza, sì, Van der Sar, ma scivola e spedisce il pallone sul palo. Allucinante ribaltamento della situazione, con lo United che alla fine trionfa lasciando su JT la macchia indelebile della figuraccia. Questo non lo scalfisce granché, continua a macinare presenze e titoli (il Double inglese nel 2010, Premier + FA Cup) fino a quando, nella Champions 2011-12, il Chelsea torna in finale. Piccolo dettaglio, Terry è squalificato perché si è fatto espellere nell'eroica gara di ritorno della semifinale contro il Barcellona, in cui i Blues di Di Matteo tengono botta alla squadra di Guardiola nonostante l'inferiorità numerica. Niente finale per John, ma vittoria del Chelsea, agonica, ai calci di rigore in casa del Bayern Monaco. La coppa la solleva Lampard, capitano in campo, con Terry comunque accanto a lui. L'apice della carriera di JT è qua. Vincerà anche l'Europa League con i Blues nel 2013, ma nella finale contro il Benfica sarà assente per infortunio, anche qua capitano non-giocatore. Giocherà al Chelsea fino al 2017 accumulando un totale di 717 presenze, più di 500 da capitano dei Blues. Poi l'ultima annata in Championship, la B inglese, all'Aston Villa.
In Nazionale, invece, più ombre che luci. Troppo giovane per esserci nel 2002, già titolare nel 2006 e in seguito nel 2010, due mondiali finiti amaramente per l'Inghilterra, fortissima sulla carta ed eliminata per dettagli: calci di rigore (contro il Portogallo) o gol-fantasma non visti (clamoroso, quello della Germania in Sudafrica nel 2010). Un'epoca contraddittoria per i Tre Leoni, una squadra ricca di talento e di prime donne, forse troppe perché qualcuno potesse fare da gregario: Terry e Rio Ferdinand, Lampard e Gerrard, allenatori come Fabio Capello, ma tutto inutile per arrivare al minimo risultato. Di certo c'è che per oltre un decennio JT è stato la quintessenza della regolarità in una squadra diventata d'élite anche grazie alla sua leadership. Con qualche problema extra-campo, le accuse di razzismo o di aver avuto storie clandestine con le fidanzate degli ex compagni di squadra al Chelsea (Wayne Bridge, nello specifico: celebre il suo rifiuto di dare la mano a Terry prima di una partita contro il Manchester City).
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