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Dalla lotta al freddo alle bistecche: storia dell’espereinza in Italia del brasiliano che sembrava un po’ Pruzzo e un po’ Rush
Benedetta sia la stufetta elettrica. Benedetto il tepore salvifico che ha riscaldato le notti bergamasche di un brasiliano che non aveva mai sperimentato temperature sotto i dieci gradi. Ma benedetto pure l'inverno, che per un po' ha permesso all'Atalanta 1988-89 di sognare lo Scudetto.
“Ebbene sì, siamo fortissimi” si era spinto a dichiarare il solitamente cauto Mondonico il 29 gennaio 1989, dopo un magnifico pareggio contro l'imbattibile Inter di Trapattoni. Il merito? In parte di quello che Mazzola si spinge a definire “fuoriclasse”, il brasiliano Evair che ha segnato il gol dell'1-1, ma soprattutto di una stufetta.
Le similitudini tra la vicenda Evair e quella di Aristoteles nel film del 1984 con Lino Banfi L'allenatore del pallone, non sono poche. A cominciare dal cognome del presidente delle rispettive squadre, Atalanta e Longobarda, che nella finzione era Borlotti e nella vita vera Bortolotti, accomunati pure dall'indole sparagnina.
Misconosciuto in Italia, nonostante cinquantacinque gol in tre anni in Brasile ereditando la maglia di Careca nel Guaranì, Evair Aparecido Paulino viene pescato grazie ai consigli di due che ricordano un po' i Gigi e Andrea del film: il “gringo” Sergio Clerici, bomber in A tra i Sessanta e i Settanta, e Paulo Roberto Falcão.
Bortolotti, dopo la semifinale di Coppa delle Coppe appena disputata, sogna di riportare in Europa i neopromossi bergamaschi – per i grassi ritorni economici, malignano i giornali – e punta forte sul Pallone d'oro 1986, il sovietico Igor Belanov. Dopo lunghe trattative, però, dalla Russia gli rispondono “niet”, costringendolo a spedire emissari a caccia in Brasile. Dice nulla?
Arrivato nella finestra del mercato riparatorio di settembre, il ventitrenne brasiliano sbarca a Malpensa accolto con entusiasmo da cinquecento tifosi: “Evair portaci in Europa” recita uno striscione. Clerici, al suo fianco nelle prime settimane, lo paragona ad Altobelli, ma adattarsi alla A è più difficile di quanto vogliano far credere il gol al debutto e quello di due settimane dopo. Il 16 ottobre alla seconda giornata, il neo centravanti atalantino segna dopo dieci minuti nel 2-2 di Bergamo contro il Verona del futuro compagno d'attacco Caniggia, poi si ripete nel 2-0 al Bologna.
I primi freddi, tuttavia, lo aggrediscono come il malintenzionato nell'ombra di un vicolo buio e quando il 18 dicembre Evair parte per le vacanze di Natale in Brasile c'è chi è convinto non tornerà.
L'Atalanta brilla, ma il “Corriere” nelle pagelle di metà anno stilate per valutare i nuovi stranieri lo inserisce tra gli “scarsi”. Per la cronaca: tra gli “ottimi” c'è tal Milton, brasiliano del Como, mentre Rijkaard è solo “bravo”.
Evair è un solitario, taciturno, senza hobby né amici. “Cortese, modesto, umile, introverso”, nelle prime settimane in hotel rifiuta spaghetti, polenta e salame in favore di riso bianco e fagioli, piatto della tradizione brasiliana. Dopo gli allenamenti rientra a casa e pare studi l'italiano – tanto che con l'anno nuovo “lo parla meglio di alcuni suoi compagni” – ma soprattutto è “terrorizzato dal freddo”.
La società gli ha messo a disposizione una casa Gescal, dove vive in grigia solitudine, ma alle ventiré nel condominio staccano la caldaia ed Evair batte i denti. Esasperato, piomba in sede a protestare: “Così non si può andare avanti, per favore aiutatemi”. È a questo punto che entra in gioco la salvifica stufetta elettrica e con cento mila lire Bortolotti salva il suo investimento.
Evair, che al rientro nel “derby dei poveri” (come cambiano i tempi) del 31 dicembre contro il Como è stato addirittura lasciato in tribuna, nel 1989 si trasforma. L'8 gennaio a Genova, contro la Samp, firma il momentaneo 1-0 e dopo sette giorni si ripete in casa contro l'Ascoli. “Grazie a Dio e al sole” spiega nelle interviste benedicendo due belle giornate.
Falcão lo descrive “potente e fortissimo di testa” e dice gli ricordi Pruzzo, altri più simile a un centravanti inglese alla Ian Rush, “longilineo e specializzato nei gol di rapina”. E riscaldato da tanti complimenti, oltre che dalla stufetta, Evair il 22 gennaio firma un gol storico per la Dea con uno splendido diagonale, dopo una serpentina che lascia sdraiato sul ghiaccio Pasquale Bruno.
Dopo ventisei anni e quattro mesi, l'Atalanta vince a Torino a due minuti dal novantesimo ed Evair, che il mattino si era preso paura vedendo i primi fiocchi di neve della sua vita dalla finestra dell'hotel, ormai è considerato uno dei migliori colpi della stagione.
Il 29 gennaio l'Atalanta ospita l'Inter capolista e il brasiliano segna il quarto gol consecutivo, il quinto contando pure la coppa Italia, con una capocciata alla Pruzzo che fa pentire Trapattoni di aver scelto come centravanti Ramon Diaz. L'eroe atalantino, dal canto suo, è felice soprattutto perché in Brasile i genitori lo hanno potuto guardare in diretta tv.
Dopo quindici giornate l'Atalanta è terza e con il suo nuovo bomber sogna in grande, ma la seconda parte di stagione è meno esaltante. Si chiude comunque con il sesto posto della Dea, che vale l'agognata l'Uefa, e la doppia cifra per Evair.
Nella seconda annata “Paulino” gioca meno a causa di una frattura del malleolo che lo tiene fuori da maggio a fine ottobre. Si dice che la colpa della cattiva guarigione – a luglio non si è ancora formato il callo osseo – sia l'alimentazione “povera” a base dei soliti fagioli. Quando rientra, dopo una dieta a base di bistecche, Evair riesce a togliersi qualche altra soddisfazione, in primis il gol d'apertura che permette all'Atalanta di battere 2-1 a Bergamo l'Inter campione in carica. Con il nuovo arrivato Caniggia, “biondissimo e velocissimo” forma una coppia molto ben assortita.
Il terzo anno lui e l'argentino segnano dieci reti a testa in A e il 17 marzo 1991 Evair firma un'altra vittoria di prestigio: l'Atalanta batte 1-0 a San Siro il Milan bicampione d'Europa. A fine stagione, come per Aristoteles, la saudade lo riporta in Brasile, al Palmeiras, mettendo fine a una storia d'amore un po' timida che a Bergamo ricordano ancora. Tutto merito della stufetta.
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