Ottavio Bianchi: Roma-Napoli è come un derby

Ottavio Bianchi: Roma-Napoli è come un derby

L’ex tecnico delle due squadre ricorda le sfide più accese: «È una partita sempre molto sentita e partecipata da tutti»

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A Napoli ha fatto la storia, a Roma non ci è riuscito per poco. Il destino ha scelto di far diventare grande Ottavio Bianchi all’ombra del Vesuvio, lasciandolo con l’amarezza di una finale di Coppa Uefa persa (a fronte di una Coppa Italia vinta), quando invece sullo sfondo aveva il Colosseo. Questione di dettagli, che nel calcio, però, fanno tutta la differenza del mondo nella percezione dei tifosi, nel modo in cui un allenatore (o un giocatore) sarà ricordato per sempre. Resta il fatto che l’ex tecnico ha guidato entrambe le squadre e lo ha fatto sempre con la massima professionalità, rimanendo legato a tutte e due le piazze, anche se inevitabilmente con quella partenopea si è stretto un rapporto più intenso, determinato pure dalla sua precedente esperienza da calciatore con quella maglia e, soprattutto, dalla vittoria del primo scudetto della storia del club azzurro, arrivata proprio con lui in panchina. Nel corso degli anni trascorsi in Campania ha vissuto tante volte la sfida con la Roma, ben 11, riuscendo a vincerla solo una volta, grazie a una prodezza di Maradona (e chi sennò) nella partita all’Olimpico del 26 ottobre 1986. A parti invertite, da guida giallorossa, il discorso non cambia: in 6 precedenti complessivi, solamente in una circostanza ha battuto la sua ex, il 30 ottobre 1991 con 1-0 all’Olimpico negli ottavi di Coppa Italia decisi da Rizzitelli all’85’ su calcio di rigore. Tra tutti questi confronti, però, quello a cui è rimasto ancora oggi più legato Ottavio Bianchi è un altro, che risale a molti anni prima, precisamente al 2 ottobre 1966, quando indossava gli scarpini ai piedi e difendeva i colori del Napoli da calciatore: «È quello il mio ricordo più bello, con Fiore presidente e Pesaola allenatore. Sentivano moltissimo questa partita, il “derby del Sud” e prima della gara il patron ci regalò una medaglia d’oro bellissima, con un Ciuccio che scalciava due palle in rete. Ecco, vincemmo proprio 2-0, con un gol magnifico di Sivori e uno di Braca. A inventarlo non sarebbe stato possibile farlo così. È già di per sé inusuale che un presidente ti regali una cosa del genere prima della gara, figurarsi se poi il risultato finale è proprio 2-0».

 

Come viveva queste partite?

«Ho un ricordo magnifico di quei derby, sempre infuocati. Quello andò bene, altri male, ma l’aspettativa di questa partita è sempre di grande tensione e partecipazione del pubblico, di uno spettacolo sempre caloroso da entrambe le parti. In effetti, è sempre stato definito il “derby del Sud” ed è sempre stato così. Una sfida diversa da Lazio-Roma, anche perché la squadra biancoceleste in quel periodo faceva su e giù tra Serie A e B. Il derby del Sud era proprio Napoli-Roma».

Qual è la differenza tra il viverlo a Roma o a Napoli?

«La differenza è sostanziale. Roma ha sempre avuto due squadre, la tifoseria è divisa in due parti. A Napoli invece c’è solo il Napoli ed è sentito in maniera particolare. E non è lo stesso poi tra Lazio e Napoli. La rivalità con la Roma ha questo aspetto di derby da sempre, è una partita molto particolare, sentita e partecipata da tutti».

E lei ha avuto una tradizione abbastanza positiva su entrambe le panchine.

«Da allenatore della Roma ho perso solo una volta contro il Napoli in campionato e non sono mai uscito sconfitto contro la Lazio. Posso dire che i derby non mi andavano male, anche quando eravamo in difficoltà. Quando sei allenatore pensi solo al risultato, a mettere in campo i giocatori che stanno bene. Si vive in modo leggermente più distaccato. Ti ricordi magari i momenti particolari di qualche giocatore che si è fatto male, che ha segnato o cose del genere, ma quelli più nitidi restano quelli da giocatore. Certo, potrei dire della rete di Maradona, equiparandola a quella di Sivori di vent’anni prima. Quelli sono dei giocatori straordinari che mettono la ciliegina sulla torta. Ma quando sei giocatore vedi l’episodio, quando sei allenatore vedi il comportamento della squadra, è un po’ diverso».

Qual è oggi il suo rapporto con queste due piazze?

«Avendo vissuto da calciatore per tanti anni, poi da allenatore e anche da dirigente, la mia vita sportiva l’ho trascorsa per gran parte a Napoli. A Roma sono stato solo due anni, anche se il primo anno è venuto a mancare il mio punto di riferimento, che ho avuto la sfortuna di conoscere troppo poco, l’ingegner Viola. Passava tutto da lui, lavorare con lui era come andare a passeggio vicino al Tevere. Tu facevi bene la tua professione e lui pensava a tutto il resto. Poi è venuto a mancare, ma nello stesso anno abbiamo fatto due finali. Questo è il ricordo di Roma, dove avevamo grossi problemi societari per il post-Viola. Malgrado questo abbiamo sfiorato la vittoria di due trofei e non era poco».

Oggi, invece, come vede le due squadre?

«Il Napoli di Conte ha tutte le caratteristiche per parlare di scudetto, anche se lì non si può perché porta male. Il cammino che sta facendo è però da leadership. C’è da dire che per il campionato italiano ha il grosso vantaggio di non fare le coppe. Ha una rosa di valore e lavorare per portare in condizione i giocatori settimanalmente è un privilegio enorme. Più si va avanti e più ci sono traumi e microtraumi, quelli che ti impediscono di rendere al massimo. Di solito servono 3-4 giorni per recuperare, ma questi adesso non ci sono per tutte le altre squadre. Poi adesso ci sono 5 sostituzioni, che sono due partite diverse in una. Per la lotta scudetto il Napoli sotto questo aspetto ha un grosso vantaggio. Poi la squadra è gestita bene, la società è sana e c’è entusiasmo, elemento importantissimo in questa piazza. Non dimentichiamo che il Napoli è ormai abituato a vivere nelle zone altissime del campionato italiano, mentre prima la situazione era ben diversa. La Roma invece ha avuto un sacco di problemi, almeno vista da fuori. Non so specificare quali siano, è cambiato allenatore, è arrivato uno di grande esperienza che sta raddrizzando la rotta. Siccome l’organico è buonissimo da una parte e buono dall’altra, queste sono partite fuori dal pronostico. C’è sempre quel qualcosa in più sia per giocatori che per gli spettatori».

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