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Il portiere monzese è stato un formidabile esempio di professionalità e longevità, protagonista tra i pali di numerose squadre
Francesco Antonioli è uno dei pochissimi portieri capaci di vincere uno scudetto con due squadre diverse, Milan e Roma, ma è stato un grandissimo anche "in provincia", con squadre non programmate esattamente per conquistare titoli.
Un formidabile esempio anche di longevità, in un mix ottimale che lo rende forse uno dei più sottovalutati numeri uno degli ultimi decenni, uno anche nel giro della nazionale.
Francesco Antonioli, monzese di nascita, non poteva che finire al Milan quando all'epoca, metà anni Ottanta, il Diavolo teneva sempre i radar accesi su quanto accadeva in zona, con il Monza come bacino privilegiato.
La solita scalata, la gavetta in B (Modena) e finalmente la possibilità di vivere la prima squadra, in un periodo in cui la porta rossonera è "vacante", dopo l'addio di Giovanni Galli e l'alternarsi in rosa tra Pazzagli, Sebastiano Rossi e, appunto, Antonioli.
Quando il primo se ne va, ecco che si forma un dualismo in cui è Rossi a partire teoricamente dietro nelle gerarchie, mentre il Milan diventa quello degli "Invincibili": scudetto 1992 in carniere con Capello in panchina, stagione successiva con Antonioli titolare fino al derby del 22 novembre quando il Milan, che sta conducendo 1-0, viene raggiunto dall'Inter grazie a un gol di De Agostini con la goffa compartecipazione del portiere monzese, ingannato da una zolla e beffato dal rimbalzo della palla, che gli sbatte sulla spalla e poi rotola in rete.
Sarà quella la sua penultima presenza in rossonero. La settimana successiva dopo 19' si fa male in uno scontro con lo juventino Casiraghi e deve essere sostituito da Sebastiano Rossi, che para un rigore a Vialli e sigilla l'1-0 milanista di Simone. Fine della carriera di Antonioli al Milan, mentre "SuperSeba" diventa la colonna della squadra che di lì a un anno trionferà in Serie A e in Champions League.
Si redime subito comunque, ha l'umiltà di ripartire dal basso, dalla B e dal Pisa, prima di trovare a Bologna l'habitat ideale con 4 stagioni notevolissime.
Sarà curiosamente ancora Capello a dargli fiducia, ripescandolo nel 1999 con la Roma. La difesa giallorossa è una garanzia e il portiere infonde sicurezza tranne in rarissime occasioni, che forse spiccano di più nel contesto di una regolarità di rendimento invidiabile, specie nell'anno dello scudetto romanista.
Anche qua c'è di mezzo una sorta di dualismo con il giovane Lupatelli, ma è anche Antonioli portiere dei grandi appuntamenti, come il rigore parato a Mihajlovic nel derby di campionato della stagione 2002-03, un gol che avrebbe significato la vittoria della Lazio. Finisce invece 2-2.
Fuori da Roma, già un po' in là con gli anni, dopo qualche anno nel giro della nazionale (è il secondo di Toldo a Euro 2000) torna in provincia ed è di nuovo spettacolo, soprattutto alla Sampdoria e al Bologna, di nuovo. Sembra indistruttibile, Antonioli, non si infortuna mai e soprattutto è come se fosse stato immerso nell'elisir dell'eterna giovinezza. Chiude al Cesena, con ritiro nel 2012 a quasi 43 anni, ancora titolare in Serie A, due decenni dopo l'esordio.
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