Roma-Milan, quante panchine scambiate

Roma-Milan, quante panchine scambiate

Non solo Capello e Liedholm ma anche Radice e Montella Garbutt e Burgess: i racconti di tutti gli allenatori in comune

Lorenzo Scalia/Edipress

01.09.2023 ( Aggiornata il 01.09.2023 12:01 )

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Cromatica. Un po’ come la storia della Roma e del Milan, legata a doppio filo a chi ha allenato squadre forti e vincenti. Il rosso in comune. Da un lato il giallo, dall’altro il nero. In mezzo anche degli scudetti mescolati nel tricolore, con il rosso sempre in evidenza al fianco del bianco e del verde. Sono due gli allenatori che hanno portato in alto Roma e Milan, lì davanti alla concorrenza, contro tutto e tutti, lassù dalle parti dell’arcobaleno: Nils Liedholm e Fabio Capello. Anche se la lista di chi si è seduto su entrambe le panchine è lunghissima: si va da William Thomas Garbutt a Herbert Burgess, da Gigi Radice a Vincenzo Montella, giusto per citare alcuni nomi.

Uno svedese tra il Duomo e il Colosseo: Liedholm

Classe, eleganza e carisma da vendere. Che esercitava dentro e fuori dallo spogliatoio. Nils Liedholm è l’allenatore che ha speso la sua esistenza, calcistica e non, tra il Duomo e il Colosseo. Era un centrocampista. Arrivò in Italia quasi per caso, dopo l’oro olimpico di Londra con la Svezia (correva l’anno 1948) e non la lasciò mai più. Con la maglia del Milan mise da parte 394 partite, 89 gol e quattro scudetti. Da tecnico successivamente diventò leggenda. Perché aveva una visione del calcio futuristica pensando che la sua carriera prende la rincorsa negli Anni Sessanta, esplode negli Anni 70 e 80, e va a finire negli Anni Novanta. Filosofia chiara e limpida: possesso palla, tecnica e difesa a zona. «Finché la palla ce l’abbiamo noi, sono gli altri a doversi preoccupare», è la frase cult del Barone, soprannominato così perché sposò una nobildonna piemontese. Ha guidato il Milan per otto stagioni diverse, in mezzo e in coda le annate alla Roma, undici. Nel 1979 confezionò lo scudetto della prima stella in rossonero, tra l’altro promuovendo un giovanissimo Baresi e inventandosi Bigon come falso nove. In quella rosa c’erano Capello, Collovati, Buriani e Maldera e fino all’anno prima Turone: gente che anche a Roma ha inciso e non poco. Dopo il successo al Milan, Liedholm passò in giallorosso per centrare il secondo scudetto del club nel 1983, dopo 41 anni, puntando forte su Falcao, Conti, Di Bartolomei, Ancelotti e Pruzzo. Vinse anche tre volte la Coppa Italia. In Coppa Campioni fu beffato dal Liverpool nella finalissima del 1984 e poi ci fu la macchia del gol di Turone che il Barone comunque prese con filosofia. Successivamente andò e tornò da Milano a Roma, lanciando Maldini a 16 anni e assaggiando la classe di un baby Totti.

Capello, sergente di ferro

Concretezza. Un sergente di ferro. E allievo di Liedholm. Fabio Capello ha giocato e allenato sia Roma che Milan, ma anche la Juventus. Dopo un lungo periodo di apprendistato, prese il testimone da Arrigo Sacchi in rossonero e da lì iniziò un’avventura unica sotto la presidenza di Silvio Berlusconi, che disse: «Fabio Capello è il tecnico giovane su cui puntiamo». Ci aveva visto lungo: quattro scudetti e la Champions League del 1994 rappresentano larga parte del bottino. Sul tetto d’Europa ci arrivò con la classe di Boban e Savicevic, una difesa completamente Made in Italy (Maldini, Panucci, Galli e Tassotti) e una coppia di centrocampisti centrali mostruosi come Albertini e Dasailly, perni del 4-4-2. La Roma fu un un altro capitolo lungo, durato cinque stagioni, che vide il punto più alto nel terzo scudetto giallorosso. Era il 2001. Franco Sensi voleva il tricolore a tutti i costi. Samuel, Emerson e Batistuta erano lo scheletro dell’undici di Capello, che sfruttò poi l’esplosione di Tommasi in mezzo al campo e un reparto avanzato che poteva contare, oltre sull’argentino arrivato dalla Fiorentina, su capitan Totti, Montella e Delvecchio. Il Circo Massimo in festa, clacson e fuochi d’artificio. Quel 3-4-1-2 è rimasto nella storia. Capello, va sottolineato, ha avuto come collaboratore Italo Galbiati nella doppia avventura tra Milan e Roma.

Un Roma-MIlan da Garbutt a Montella

Le panchine di Roma e Milan sono legate da un filo invisibile fin dall’inizio. Nel 1927 la squadra giallorossa fu affidata all’inglese William Thomas Garbutt (vince la Coppa Coni) che poi passò il testimone al connazionale Herbert Burgess, il quale lasciò il Milan per approdare in riva al Tevere dopo un passaggio (il secondo) al Padova. Garbutt, invece, finì sulla panchina rossonera nel 1936, prendendo il posto di Adolfo Baloncieri, guida della Roma nel 1950. Insomma, siamo di fronte a una sorta di puzzle che va dalla notte dei tempi fino all’era moderna. Già, perché nel 1951 sbarcò a Roma Giuseppe Viani, poi direttore tecnico per un decennio al Milan tra scudetti e una Coppa Campioni. Un percorso inverso rispetto ad Antonio Busini, che prima ricoprì il ruolo di direttore tecnico e sportivo del Milan (1940-1953) e molto tempo dopo fece il vice alla Roma, verso la fine degli Anni 50. Altri nomi con un doppio passato tra Roma e Milan? Gustavo Giagnoni, Luis Carniglia e Gigi Radice. L’ultimo in ordine di tempo è stato Vincenzo Montella, traghettatore della Roma nel 2011 e poi allenatore del Milan per quasi una stagione e mezza, tra il 2016 e 2017.

Ancelotti e Nordahl

Carlo Ancelotti, unico allenatore ad avere vinto i cinque più importanti campionati europei, ha indossato da giocatore le maglie di Roma e Milan, vincendo scudetti e coppe. Ma ha allenato solamente i rossoneri (per otto stagioni di fila) prima di intraprendere una carriera dal respiro internazionale tra Chelsea, Psg, Real Madrid e Bayern Monaco. Alla panchina della Roma è stato accostato più volte ma la firma non è arrivata. Un discorso simile si può cucire addosso a Gunnar Nordahl, ex bomber di Milan e Roma, che una volta appese le scarpette al chiodo iniziò ad allenare partendo proprio dalla Capitale. Sulla panchina del Milan però non si è mai seduto.

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