Kerry Dixon, simbolo di un football che non c’è più

Kerry Dixon, simbolo di un football che non c’è più

Ripercorriamo la carriera di Kerry Dixon, centravanti prolifico e leggenda del Chelsea, prototipo di un calcio inglese ormai scomparso

 

Tommaso Mangiapane/Edipress

25.07.2023 ( Aggiornata il 25.07.2023 11:10 )

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In nove stagioni tra il 1983 e il 1992, Kerry Dixon è diventato uno dei giocatori più amati di sempre del club”. Descrizioni come questa non si leggono tutti i giorni. Il sito del Chelsea, nella pagina dedicata al suo ex attaccante, ha così riassunto in poche parole ciò che Kerry Dixon ha rappresentato per una intera generazione di tifosi dei Blues.

Proprio quei tifosi che lo hanno visto gonfiare la rete 193 volte, un record di marcature con la maglia del club battuto soltanto da Bobby Tambling (202) e da Frank Lampard (211), ricordano ancora le incredibili doti aeree e fisiche del centravanti di Luton. Segnare valanghe di reti era nel DNA di Dixon fin dal suo esordio nel calcio professionistico con il Reading. Dopo la retrocessione del club in quarta divisione, nell’estate del 1983 il Chelsea acquistò l’attaccante come parte del piano per risalire nell’allora First Division dove mancava dal 1979.

 

L’approdo al Chelsea di Dixon: è amore a prima vista

Per portare Dixon dalle parti di Stamford Bridge lo storico proprietario Ken Bates, che aveva acquistato il club un anno prima per la cifra simbolica di 1£, dovette sborsare 150.000£ con una clausola di altre 25.000£ qualora il giocatore avesse fatto registrare almeno una presenza con la nazionale inglese. Una cifra importante per l’epoca. L’attaccante ripagò fino all’ultimo centesimo speso per il suo acquisto, a partire dalla sua prima stagione quando segnò 34 gol tra cui una tripletta nella partita della promozione contro il Leeds. Il figlio di Michael Dixon, a sua volta centravanti passato per le serie minori del Regno di Sua Maestà negli anni ’60, ebbe un impatto devastante anche con la massima divisione finendo per diventarne il capocannoniere con 24 gol alla pari con Gary Lineker del Leicester.

C’è una rete in particolare che descrive meglio di qualsiasi altra il forte legame instaurato dal numero 9 con i supporter Blues. Prima giornata del campionato dopo la promozione, derby in casa dell’Arsenal, al gol iniziale di Paul Mariner risponde un tiro al volo memorabile di Dixon che termina sotto la traversa facendo letteralmente impazzire i tifosi ospiti stipati nella curva sotto lo storico orologio di Highbury. Il ricordo di quella giornata è rimasto impresso nella mente dell’autore di quella rete, che in varie interviste ha ricordato: “Le persone ancora mi fermano per strada per dirmi che sono il loro eroe”. 

Dixon, la chiamata della nazionale e il lento declino

Numeri e sensazioni che non potevano restare inosservati agli occhi del tecnico della nazionale inglese dell’epoca, Sir Bobby Robson. E così dopo una sola presenza (con tanto di gol, ovviamente) con l’U21 nel 1985, Dixon fece il suo esordio pochi mesi più tardi con la nazionale maggiore venendo poi chiamato nella spedizione dei Tre Leoni al Mondiale messicano dell’anno successivo, in cui collezionò però solo sei minuti.

Da quel momento in poi il classe 1961 di Luton riuscì solo parzialmente a rivivere i fasti dei primi anni con il Chelsea, finendo per inciampare in una serie di ostacoli tra infortuni e problemi con il gioco d’azzardo. Il suo declino culminò con l’addio al Chelsea nel 1992 e, cinque anni più tardi, con il ritiro dal calcio giocato dopo la poca fruttuosa esperienza di player-manager del Doncaster in terza divisione.

 Dixon, uno degli emblemi del football che fu

La parabola del nostro centravanti coincide perfettamente con quella del calcio inglese, un modo di pensare e vivere il football ormai scomparso che ha trovato in giocatori come lo stesso Dixon, Lineker, Smith e Rush alcuni dei suoi rappresentanti. Classici numeri 9 alti, fisici e amanti del gioco aereo che incarnavano lo spirito inglese operaio di quei decenni, proprio a cavallo tra gli anni ’80 e ’90 nel periodo di transizione dalla First Division alla moderna Premier League. Erano gli anni degli hooligans e delle riforme della Tatcher, delle mai dimenticate tragedie di Hillsborough e dell’Heysel.

Il passaggio ufficiale avvenne nel 1992, quando le squadre iniziarono a fare pressioni sulla English Football League per ottenere migliori ripartizioni dei diritti televisivi e dei contratti pubblicitari. Nello stesso anno Dixon lasciava la squadra della sua vita. Proprio mentre una delle bandiere del football di quegli anni dava il via alla fase calante della sua vita sul campo, l’intero sistema del calcio made in England iniziava la sua ascesa verso il campionato ricco, seguito e appassionante che conosciamo oggi.

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