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Cosa resterà di Qatar 2022© Getty Images

Cosa resterà di Qatar 2022

Le pagelle al Mondiale più strano della storia, che però ha visto arrivare in finale due delle tre favorite e brillare quasi tutti i campioni annunciati. Alla fine giocare in autunno non è stato così male...

Stefano Olivari

19.12.2022 ( Aggiornata il 19.12.2022 16:13 )

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La ventiduesima edizione del Mondiale è ormai purtroppo dietro di noi, con il trionfo dell’Argentina e tutto il resto, ma la malinconia è minore che nelle precedenti occasioni: a United 26 mancano infatti soltanto tre anni e mezzo, non quattro, e fra Euro 2024 e Mondiale 2025 per club in qualche modo ci arriveremo. Per Qatar 2022 è quindi il momento del bilancio non solo calcistico, perché il calcio non è mai soltanto calcio, con le classiche pagelle. Impossibile l’originalità dopo un mese in cui si è scritto di tutto su tutti, ma in ogni caso siamo convinti che di questo torneo rimarranno tante cose e non soltanto perché le ultime immagini sono state quelle di una finale fantastica.

10 MESSI – Nemmeno la Coppa del Mondo alzata al quinto ed ultimo tentativo porrà fine al confronto pop fra lui e Maradona. Da una parte un fuoriclasse che ha vinto tutto anche a livello di club giocando in grandi squadre (fondamentalmente una, il Barcellona) e con altri campioni, dall’altra un fuoriclasse che dava il meglio trascinando classe media e mezze figure, che ha vinto molto meno ma è stato icona pop e politica del tipo anti-sistema. Certo Messi ha fatto il massimo possibile su un campo da calcio in tempi moderni. Da dimenticare la premiazione, con quell’atto di sottomissione di cui probabilmente nemmeno si è reso conto.

9 RECUPERI – In attesa del tempo effettivo, questo Mondiale sarà ricordato per i megarecuperi, che rientrano perfettamente nella logica del gigantismo: rose da 26 giocatori, 5 e più sostituzioni, deroghe varie, eccetera, in attesa delle 48 squadre e di tutto il resto. Questi minuti di recupero hanno avuto il merito di neutralizzare tante furbate, comprese le esultanze della durata di due minuti, e di permettere un più sereno ricorso al VAR. Senza abolire gli errori arbitrali, ma togliendo un po' di tensione negativa. Difficile che nel grande calcio di club si vedano partite durare 138 minuti, ma il segnale è stato lanciato ed il circo dei finti infortuni potrebbe anche finire.

8 MAROCCO – Prima squadra africana ad arrivare alle semifinali, pur con il termine ‘africano’ da maneggiare con cura: 14 giocatori su 26 nati fuori dal Marocco, quasi tutti formati in Europa, lo stesso Regragui molto più francese che marocchino. Questo non toglie, anche considerando il Marocco come una nazionale europea di fascia media, che il suo Mondiale sia stato clamoroso: 0-0 con la Croazia nel girone, vittoria con Belgio e Canada, impresa ai rigori con la Spagna negli ottavi, 1-0 al Portogallo, sconfitta con la Francia segnata da un errore arbitrale clamoroso. Grande organizzazione, sconfinante in un difensivismo quasi autolesionistico. Certo non c’entra con il resto dell’Africa.   

7 MBAPPÈ – Capocannoniere del torneo e protagonista di una finale pazzesca, a 24 anni potrebbe già ritirarsi avendo già vinto quasi tutto e guadagnato l’impossibile. Ovviamente non lo farà, proprio adesso che Messi e Cristiano Ronaldo stanno per uscire di scena, con Neymar che a 30 anni certo non andrà a migliorare. A livello calcistico ha una superiorità atletica devastante, da primo Ronaldo (nel senso di Luis Nazario da Lima), ed una tecnica nascosta dal fatto che faccia sempre le stesse cose (una specie di Insigne nel corpo di un decathleta), ma a livello mediatico gli manca qualcosa di indefinibile, una magia che non si può spiegare. Leader di una Francia ormai quasi tutta nera, in certi momenti della finale dieci undicesimi, prima favorita per il 2026.

6 AUTUNNO – Il Mondiale in novembre e dicembre non è stato peggio di quelli estivi, anzi ha permesso di avere giocatori, almeno quelli non infortunati, nel pieno della forma e non con la lingua per terra dopo una stagione da 70 partite. Discorso valido soprattutto per le stelle, Messi in testa, quasi tutte all’altezza della loro fama. Ottimi i riscontri mediatici in tutto il pianeta, alla fine le tradizioni si possono sempre cambiare visto che ai loro tempi sono state novità. Possibile che l’autunno venga riproposto nel 2030, se il torneo sarà organizzato dall’Arabia Saudita.

5 CRISTIANO RONALDO – Per una volta nella sua incredibile carriera avrebbe messo davanti un successo di squadra al suo individuale, anche se ovviamente ha preso male il modo in cui Fernando Santos lo ha escluso dai titolari, facendo passare la sua decisione come scelta dello spogliatoio. Il meno colpevole nel suicidio del Portogallo contro il Marocco nei quarti, ma adesso a quasi 38 anni il sogno è finito, oltretutto guardando realizzarsi quello del rivale di sempre. Non l’ha vinto Eusebio, non l’ha vinto lui.

4 MANCINI – Cosa avrebbe fatto in Qatar l’Italia in missione di Euro 2020? Non peggio di Croazia e Marocco, al di là degli incroci in tabellone. Il Mondiale ha dimostrato l’inutilità dei discorsi sui massimi sistemi: Germania, Spagna e Brasile sono rimaste deluse ma non certo perché i loro settori giovanili lavorino male o le promesse non trovino spazio. Nelle grandi manifestazioni vincono e perdono le squadre: 11 giocatori, facciamo 26, non certo i movimenti nel loro complesso. Per questo il fallimento azzurro nelle qualificazioni è ancora più amaro. 

3 BRASILE – La grande delusione fra le tre grandi favorite, le altre due sono arrivate alla finale, ma non per il risultato visto che ai quarti di finale si può anche uscire senza disonore. Tite ha proposto la nazionale che il mondo sognava, con quattro giocatori iper-offensivi, a volte anche cinque con il solo Casemiro a recuperare palloni, ma nella partita più importante tre su quattro lo hanno tradito. Non Neymar, che ha dato l’anima reagendo bene ad un infortunio e segnando con la Croazia il gol più importante della vita. Considerando che il suo declino fisico, a soli 30 anni, è già iniziato, è difficile che abbia come Messi e Cristiano Ronaldo a disposizione un ultimo ballo.

2 INFANTINO – Riconferma alla presidenza FIFA scontata, non essendoci avversari, e possibilissimo mantenimento del potere fino al 2031. Ha difeso il Mondiale in Qatar quando sarebbe stato possibile, visto ciò che è emerso dalla votazione del 2010, cambiare sede, ed è per questo che è diventato una specie di idolo del mondo arabo, oltre che un attore della grande politica internazionale. Con il mega-Mondiale per club a 32 squadre, dal 2025 forse in Marocco, vuole stravincere e far rientrare dalla finestra la Superlega uscita dalla porta, ma l’Europa ed il Sudamerica potrebbero riservargli una brutta sorpresa.

1 CENTRAVANTI – Mai un Mondiale è stato così povero di prime punte di valore, fra infortuni (Benzema su tutti), nazionali non qualificate (la Norvegia di Haaland), scelte tattiche (il falso nueve) e soprattutto l’assenza di giocatori con queste caratteristiche. Giroud tranne che nella finale giocata da mezzo rotto è stato decisivo, Gonçalo Ramos è esistito solo in una partita ed in ogni caso è un giocatore in evoluzione, Lewandowski ha combinato poco in un tristissima versione della Polonia (male come quasi tutta l'Europa di fascia media: impresentabile la Danimarca, fra l'altro), En-Nesyri è stato bravissimo ma penalizzato dalla tattica del suo Marocco, Lukaku era totalmente fuori forma e di una pensatezza che avrà impressionato Conte davanti al televisore. Si è arrivati al punto che la migliore Germania si è vista con in campo Füllkrug. La fine del tiki taka, come hanno detto in tanti? Forse. Perché il tiki taka avendo un centravanti è un’altra cosa.

0 QATAR – Uno stato con risorse finanziarie illimitate ha compiuto una perfetta operazione di sportwashing, pur proponendo la peggior nazionale ospitante nella storia del Mondiale. Fra Mondiale ed il PSG di Messi e Mbappé i soldi qatarioti hanno comprato tutto il comprabile, forse anche le coscienze. Inutile boicottare il Mondiale di uno stato di cui si compra il gas, ma andarci con più dignità si sarebbe potuto.

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