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Lo spirito della Supercoppa italiana© Juventus FC via Getty Images

Lo spirito della Supercoppa italiana

Le polemiche intorno al prossimo Juventus-Milan in Arabia Saudita portano a ricordare l'idea originaria di questa manifestazione, fortemente voluta da Paolo Mantovani nel 1988. Ma il modello Charity Shield non fu applicato nemmeno all'inizio...

Stefano Olivari

03.01.2019 20:54

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La Supercoppa di Gedda fra Juventus e Milan sarà in ogni caso un evento storico: sia che le donne non accompagnate possano entrare allo stadio, come ha spiegato il presidente della Lega Micciché, sia che non possano farlo come è spiegato sul sito degli organizzatori arabi e come appare dalla divisione dei posti. Di sicuro una partita che sarà ricordata, la prima Supercoppa italiana disputata in Arabia Saudita ma certo non la prima all’estero, dopo le edizioni del 1993 (Milan-Torino a Washington), 2002 (Juventus-Parma a Tripoli), 2003 (Juventus-Milan a East Rutheford), 2009 (Inter-Lazio a Pechino), 2011 (Milan-Inter ancora a Pechino), 2012 (Juventus-Napoli a Pechino, per la terza volta), 2014 (Juventus-Napoli a Doha), 2015 (Juventus-Lazio a Shangai) e 2016 (Juventus-Milan ancora a Doha). Insomma, 10 edizioni su 31 disputate fuori dall’Italia per una manifestazione sempre alla ricerca di un’identità che però nella testa dei suoi ideatori era molto chiara.

Tutto nacque in una delle leggendarie cene del Cerchio Blu, il club di giornalisti e appassionati di calcio che il presidente della Sampdoria Paolo Mantovani aveva creato con lo scopo di creare simpatia intorno al club blucerchiato, trattato con sufficienza dai media che per motivi politici ed editoriali sostenevano le grandi tradizionali che in quegli anni la la squadra di Boskov, Mancini, Vialli, Vierchowod sfidava sul serio. Lo spirito di quei ritrovi era molto goliardico, ma durante quelle serate passate a parlare di calcio senza inibizioni a volte nascevano idee concrete ed una di queste venne nel 1988 a Enzo D’Orsi, inviato del Corriere dello Sport, che osservò che sarebbe stato bello avere anche in Italia qualcosa di simile al Charity Shield inglese, cioè una partita fra la vincitrice del campionato e quella della coppa nazionale. L’idea entusiasmò subito Mantovani, forse anche perché la sua Sampdoria aveva appena vinto la Coppa Italia, che la portò in Lega (ai tempi il presidente era Nizzola). Va ricordato il contesto televisivo: la serie A era praticamente invisibile, un tempo di una partita in differita, quindi ogni manifestazione in più che fosse vendibile alle televisioni (in particolare a quella lanciatissime di Berlusconi) era vista con grande favore. Insomma, c'era bisogno di un nuovo prodotto per telespettatori affamati di calcio che fosse quanto di più simile possibile al calcio vero.

E Supercoppa Italiana fu, anche se fin da subito dello spirito del Charity Shield ci fu ben poco. E non solo perché la partita di Wembley aveva già 80 anni di tradizione, ma perché si disputava a inizio stagione quando il desiderio di calcio è al massimo. Peraltro anche questa tradizione prima di essere una tradizione è stata una novità, perché questa collocazione in calendario è partita nel 1959 ed è arrivata fino ai giorni nostri pur con il cambio di denominazione (dal 2003 si parla di Community Shield). Senza contare il cuore di tutto, cioè la beneficenza, visto che gli incassi del Charity Shield inglese venivano distribuiti ad enti di carità nazionali o ai club perché li distribuissero ad enti di carità locali. Un meccanismo che si prestava a malversazioni, che infatti ci sono state più di una volta, ma che aveva una sua nobiltà. 

Fin dall’inizio la data e la sede della Supercoppa Italiana sono state un’opinione, legata più agli impegni delle due qualificate che a una decisione della Lega. Comunque si partì a San Siro, con Milan-Sampdoria, ma… quasi un anno dopo, nel giugno del 1989, quando c’erano già altri campioni d’Italia (l’Inter) e in mezzo alla doppia finale di Coppa Italia che poi la Sampdoria avrebbe vinto sul Napoli. Per sottolineare che stiamo parlando davvero di altri tempi ricordiamo che quel 14 giugno 1989 la partita fu trasmessa sì da Canale 5, ma… in differita. Di soltanto mezz’ora, inizio alle 21 invece che alle 20.30, ma pur sempre differita, visto che per legge soltanto la RAI poteva trasmettere in diretta su tutto il territorio nazionale. Inter-Sampdoria del 29 novembre dello stesso anno ebbe la stessa sorte: differita alle 21 su Italia 1. Dal 1990 ci si avvicinò al modello inglese, con Napoli-Juventus disputata il primo di settembre e finalmente la diretta televisiva su Canale 5. La Sampdoria di Mantovani, artefice di tutto questo, avrebbe messo le mani sulla Supercoppa soltanto una volta, nel 1991, grazie a una prodezza di Mancini contro la Roma. Sembrava che finalmente la tradizione iniziasse a consolidarsi, invece quasi ogni anno è stato diverso dal precedente, fino ad arrivare all’attuale formula itinerante. Con la beneficenza che non è esattamente il primo pensiero e nemmeno il secondo.

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