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Il contratto di Paolo Rossi

Redazione

18.08.2017 ( Aggiornata il 18.08.2017 10:58 )

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Difficile spiegare a chi ha iniziato a seguire il calcio dopo la sentenza Bosman, quindi dalla stagione 1996-97 in avanti, cosa fosse l'epoca del vincolo. In pratica calciatori anche senza contratto non erano liberi di andare dove volessero: o accettavano le offerte del club per cui erano tesserati o stavano fermi. Naturalmente non si arrivava quasi mai a questi estremi, perché i club non erano così autolesionisti da far deprezzare un loro patrimonio, ma sul piano filosofico il calciatore non era soltanto un dipendente ma una sorta di proprietà. Per questo i casi di Paolo Rossi, Tardelli e Gentile, freschi di Mondiale vinto in Spagna, fecero epoca. Nella meravigliosa estate del 1982 i tre campioni osarono l'inosabile: dissero di no alle proposte di Boniperti per i loro nuovi contratti con la Juventus. L'offerta di partenza del presidente bianconero, abituato a ricevere un sì quasi immediato sia dai grandi sia a maggior ragione dai meno grandi, era la seguente: 130 milioni di lire (90 netti, stando alla tassazione dell'epoca) per Rossi e 115 sia per Tardelli sia per Gentile. Cifre che i tre, al top della loro carriera, ritennero inadeguate: il capocannoniere del Mundial chiedeva 200 lordi, i suoi compagni 150. Una trattativa molto diversa da quelle di oggi: i tre avevano sì consulenti vari, fra commercialisti e avvocati, ma agli incontri con Boniperti e il direttore generale Giuliano ci andavano da soli, entrando nel merito dei contratti con il loro cervello e le loro competenze. Va detto che Boniperti consulenti, agenti e mediatori non voleva nemmeno vederli dipinti, almeno ufficialmente. Una normale trattativa si trasformò così in questione di principio, vista l'importanza dei personaggi, con i media quasi compattamente schierati con Boniperti (i calciatori che non avevano accettato le offerte vennero definiti 'dissidenti' o 'ribelli') e sbeffeggianti Rossi per l'infelice frase "Cosa darò da mangiare a mio figlio?". E così, di fatto, i tre campioni del mondo vennero messi fuori squadra, nemmeno convocati per l'esordio stagionale in Coppa Italia, contro il Catania di Claudio Ranieri (giocatore), partita che sarebbe stata quella del rientro di Bettega nove mesi dopo il tremendo infortunio contro l'Anderlecht. Rossi, Tardelli e Gentile facevano un paragone ovvio: Giordano appena amnistiato per il calcioscommesse, oltretutto grazie al loro trionfo in Spagna, aveva strappato alla Lazio e in serie B un contratto da 200 milioni netti a stagione. Alla fine la situazione si sbloccò, probabilmente (non ci sono certezze) per un intervento di Agnelli: per l'immagine della Juventus quei campioni del Mondo tenuti fuori non erano una bella cosa. Dopo un incontro, sempre senza procuratori, in una Torino deserta (quando c'era il lavoro c'erano anche le ferie), il 18 agosto si arrivò alle firme a cifre abbastanza vicine a quelle chieste dai giocatori anche se rimase la stranezza del calciatore in quel momento più famoso del mondo, nella squadra più forte d'Italia, pagato meno di un suo collega in serie B.

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