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Copa América. La prima volta del Cile e l'ennesima delusione argentina

Copa América. La prima volta del Cile e l'ennesima delusione argentina

Redazione

05.07.2015 ( Aggiornata il 05.07.2015 09:30 )

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Il Cile è Campione del Sudamerica per la prima volta nella sua storia. La Roja trionfa meritatamente di fronte al proprio pubblico, portando a termine un’edizione, dove - al netto di qualche aiuto arbitrale - ha ben figurato in tutte le gare e garantendosi una storica vittoria, frutto di un carattere battagliero che rispecchia la volontà del proprio allenatore e anche lo spirito dei minatori di San José, che lo scorso anno furono protagonisti di un video nel quale chiedevano prove di carattere ai propri idoli.

Per la formazione di Sampaoli, primo straniero a vincere la rassegna dal 1963, quando la Bolivia si laureò campione col brasiliano Danilo Alvim in panchina, la Copa è iniziata con un 2-0 all’Ecuador, firmato da Vidal e Vargas, due dei migliori giocatori del torneo. Poi c’è stato lo spettacolare 3-3 contro il Messico, unico match (esclusa la finale) non concluso con una vittoria e frutto ancora delle reti di Vidal (doppietta) e Vargas. Alla terza uscita, la Bolivia è stata spazzata via per 5-0, grazie alla doppietta di Aranguiz, alla rete di Sanchez, a quella di Medel e a un autogol. L’eliminazione diretta è stata inaugurata dal gol di Isla che ha fatto fuori i detentori dell’Uruguay, nella famosa partita della “toccatina” di Jara su Cavani, seguita dalla sceneggiata che gli è costata l’esclusione da semifinale e finale. Una doppietta di Vargas al Perù, nel “derby del Pacifico” ha spalancato infine le porte della finale, dove il Cile si presentava per la terza volta nella propria storia. Di fronte, un’Argentina considerata la grande favorita alla vigilia: finalista agli scorsi Mondiali, l’Albiceleste si presentava al torneo con la consapevolezza di essere la compagine più forte, grazie a una rosa di nomi da far paura e a un ottimo stato di forma. I risultati con cui il Tata Martino (a proposito, perse la finale anche quattro anni fa, quando il suo Paraguay si arrese all’Uruguay) è arrivato a giocarsi l’ultimo atto, poi, davano l’idea della solidità di Messi e compagni: ai gironi, avevano battuto gli eterni rivali dell’Uruguay, ai quarti la temibile Colombia dopo i calci di rigore e in semifinale, avevano estromesso il Paraguay con un non replicabile 6-1.

E invece, la finale di Santiago ha stabilito che gli argentini, a digiuno dal 1993, dovranno aspettare ancora per sollevare un titolo. I rigori, che ai quarti avevano fatto gioire, in finale si rivelano fatali, a seguito dei decisivi errori di Higuain, al secondo sbaglio grave dal dischetto nel giro di pochi mesi (ricorderete quello sbagliato contro la Lazio all’ultima giornata) e di Banega. Il Cile è cresciuto tanto negli ultimi anni, e finalmente può passare alla cassa a riscuotere. Il Ct Jorge Sampaoli ha sfruttato al meglio la generazione di talenti cresciuta nel Paese andino e ha assemblato una squadra capace di giocare con intensità per partite intere, di raddoppiare costantemente le marcature sugli avversari, di ingabbiare i talenti delle altre squadre e di esaltare i propri. Arturo Vidal è l’anima della squadra e probabilmente il miglior giocatore del torneo. Gary Medel rappresenta la parte “sporca”, combattente, carismatica. Alexis Sanchez e Jorge Valdivia sono il meglio della parte tecnica. Eduardo Vargas l’ha buttata dentro con costanza, accaparrandosi la palma di capocannoniere. Questo cocktail di uomini giusti con le mansioni giuste ha permesso alla Roja di disporsi al meglio in campo. L’equilibrio è stato completato dalla sostanza del sottovalutato Marcelo Diaz, comprimario in Europa nelle fila del Basilea prima, dell’Amburgo poi, intoccabile in nazionale. Senza scordare poi Oscar Bravo, votato miglior portiere della kermesse e Mauricio Isla, sempre positivo in nazionale. Quello di Sampaoli, allievo della scuola Bielsa, è stato un capolavoro. Già ai Mondiali, il Cile aveva mostrato cose egregie, fermandosi ai rigori contro il Brasile, all’altezza degli ottavi di finale. Questa volta l’undici era ancor più collaudato, trascinato dal proprio pubblico e determinato a mettere il suo primo trofeo in bacheca, convinto che era un “adesso o mai più”. Mescolando questi fattori, Vidal e Sanchez si sono spinti dove non avevano mai osato illustri predecessori come Salas o Zamorano. È l’ottava nazionale a scrivere il proprio nome nell’albo d’oro, il Cile (l’ultima volta in cui aveva trionfato una squadra nuova, fu nel 2001, quando vinse la Colombia). Ecuador e Venezuela rimangono a zero, uniche nazionali a non aver mai conquistato l’alloro (escluse quelle a invito dalle altre confederazioni).

L’Argentina invece deve accontentarsi ancora una volta della piazza d’onore, come era accaduto ai Mondiali e anche in altre due edizioni recenti della Copa América, quella del 2004 e quella del 2007. Resta la sensazione di una compagine che prima o poi dovrà raccogliere i suoi frutti, anche se il tempo passa e le occasioni si assotigliano. Quella dei Mondiali del 2018, sarà l’ultima per molti protagonisti. Come sempre, in questi casi, ci sono dei rimpianti. Se ai Mondiali 2014 era stato l’errore sotto porta di Palacio, questa volta è la palla non corretta in porta da Higuain al 92’ a togliere il sonno ai tifosi biancocelesti. Tutto il Cile ha soffiato su quella palla per non farla entrare dentro, e una volta uscita, l’Estadio Nacional ha cominciato davvero a pensare che stava per scoccare la propria ora. Per i cileni, era appena passato il momento più difficile.

Quanto al torneo in generale, va detto dei quattro allenatori argentini in semifinale (Martino-Argentina, Sampaoli-Cile, Gareca-Perù, Diaz-Paraguay); dell’ennesima amarezza del Brasile, uscito ai rigori contro il Paraguay, proprio come quattro anni fa; dell’ottimo Perù, una delle migliori espressioni di questo mese e giunto sul gradino più basso del podio per la seconda edizione consecutiva (vanta anche il cannoniere Paolo Guerrero, quattro gol al pari del cileno Vargas); della delusione della Colombia, considerata tra le favorite soprattutto per il suo attacco, rimasto invece totalmente a secco di reti. Se dovessimo scegliere un Best 11, sarebbe il seguente: Bravo (Cile); Advincula (Perù), Medel (Cile), Murillo (Colombia), Rojo (Argentina); Aranguiz (Cile), Mascherano (Argentina), Vidal (Cile); Sanchez (Cile), Guerrero (Perù), Vargas (Cile).

Giovanni Del Bianco @g_delbianco

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