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Redazione

10.04.2014 ( Aggiornata il 10.04.2014 09:23 )

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Ben lontani anche dalla sola partecipazione alla Champions League per quest'anno e quelli a venire, addirittura in dubbio per quella alla coppetta, in Europa i tifosi interisti fanno il tifo per il Chelsea e forse anche per l'Atletico Madrid di Simeone, la meno ricordata fra le scellerate cessioni di Moratti (il podio rimane però Roberto Carlos-Pirlo-Ronaldo), in questo come in altri casi mal consigliato da Lippi. I tifosi milanisti chiaramente sperano che ad alzare il trofeo sia il Real Madrid di Carlo Ancelotti, icona rossonera da giocatore e da tecnico, che nonostante le tante vittorie non ha perso la testa e continua a pensare che si possa vincere solo con i grandi giocatori. Escludendo le tre squadre citate, gli juventini si devono ridurre a tifare per il Bayern di Guardiola e di una gestione societaria che per i bianconeri rappresenta da anni il punto d'arrivo, sia pure senza l'azionariato popolare. Insomma, portiamo in Europa i nostri pregiudizi italiani e riconoscerlo è senz'altro più onesto che tirarsela da esperti super partes (esiste poca gente che davvero capisca di calcio e fra l'altro noi non facciamo parte di questa elìte, in ogni caso nessuno è super partes), buttando lì verità inconfutabili. Per questo il gol di Demba Ba all'87' ha trasformato Mourinho da eliminato (quindi fallito, perché chi non vince è mediaticamente un fallito secondo i media che poi lamentano l'assenza di cultura sportiva) di lusso a uomo del momento in tutta Europa, al di là dell'impressione che il suo Chelsea ha destato in tutta la stagione, considerando anche la Premier League. Dove il gioco è ben inferiore alla posizione in classifica e il 'fuoco', la capacità di metterla sul piano della battaglia, ha spesso latitato. Mancano punte che segnino a prescindere (Eto'o si difende ancora bene ma ha ormai limiti di tenuta, Torres è da anni sceso di livello) e centrocampisti di sostanza (la soluzione meno peggio è David Luiz, cioè un difensore, in coppia con l'anziano Lampard), mentre dei tre tenori dietro l'attaccante centrale solo Hazard è di categoria lusso. Mourinho è però sempre Mourinho: straordinario motivatore, con parole giuste sia per le stelle che per i comprimari, tattico per niente attaccato ai dogmi e con un buonissimo feeling per la partita (ha riconosciuto il 'culo' avuto nelle sostituzioni, però è anche vero che le sbaglia raramente anche quando il risultato finale gli dice male), maestro nel compattare un ambiente contro nemici esterni reali e immaginari (strategia di allenatori anche molto diversi fra di loro, da Bearzot a Conte passando per Lippi). È il Chelsea che non è più il Chelsea di qualche anno fa, come se la fortunosa Champions vinta nel 2012 con Di Matteo avesse spento l'entusiasmo di Abramovich. Intendiamoci, fra estate e gennaio il rosso di mercato è stato di circa 65 milioni di euro, ma nella sostanza il Mourinho bis al Chelsea è stato salutato da un mercato ben lontano da quelli di 'una volta' o da quelli di adesso riferiti a Paris Saint-Germain o Real Madrid: due talenti sopravvalutatissimi, come Schurrle e Willian, una vecchia gloria come Eto'o e poco altro, con le cessioni eccellenti di Mata e l'addio gratis ad Essien, che non era più nemmeno parente dell'Essien di prima ma che non è stato di fatto sostituito da un centrocampista di rottura di pari rango. Insomma, come rosa il Chelsea è superiore all'Atletico Madrid e molto inferiore a quelle di Real e Bayern, solo un sorteggio fortunato (però i bene informati UEFA sostengono sia già stata apparecchiata la semifinale Chelsea-Real Madrid, per ottavi e quarti avevano azzeccato tutto) potrebbe dargli la finale. Ha il più grande allenatore del mondo, ma probabilmente non gli basterà.

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