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Seppi più forte di Juventus e Inter

Redazione

04.11.2012 ( Aggiornata il 04.11.2012 18:13 )

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Juventus-Inter è stato. è e soprattutto sarà molto più del cosiddetto Derby d'Italia. Definizione che ha molti padri, il più noto è Gianni Brera ma quello reale è probabilmente Emilio Colombo, direttore della Gazzetta dello Sport negli anni Trenta. E' uno scontro non fra due filosofie, verrebbe quasi da dire religioni, che si piccano di essere 'migliori' ma che alla fine sono come tutte le altre solo tifo e ricerca della vittoria. In concreto l'ultimo episodio della saga ha detto però molto sullo stato di salute del calcio italiano, che per mancanza di talenti e di soldi sta diventando sempre più un calcio da allenatori. La Juventus di Conte, l'Inter di Stramaccioni. Non riusciamo a pensare alla Juventus di Vidal e all'Inter di Milito e non siamo i soli. Del dopopartita, al di là dell'analisi folle di dichiarazioni standard e di un moviolismo che è stato troncato e sopito dal risultato visto che i due errori capitali (in realtà quello da 'cattivi sapori di una volta' è stato uno, la mancata espulsione di Lichtsteiner, mentre sul fuorigioco si può anche sbagliare mille volte) sono stati commessi da Tagliavento (ma più che altro dai suoi collaboratori) ai danni dell'Inter, ci ha colpito l'atteggiamento di Stramaccioni. Non una parola per i giocatori, se non presi come aggregato, ma una autoesaltazione che partiva dalla pretattica (non dare la formazione alla vigilia non è esattamente una novità) per arrivare al risultato frutto del lavoro (le altre 19 squadre di A non preparano le partite, come è noto) passando per le puntualizzazioni tipiche e un po' spocchiose di chi non è stato un calciatore di serie A (sembrava di ascoltare Sacchi, prima ancora di Mourinho) e pensa-crede-sente-teme di non essere preso sul serio dall'ambiente e dai suoi stessi giocatori. Al netto dei suoi tanti anni da centrocampista della Juventus e della Nazionale, è un po' anche l'atteggiamento di Antonio Conte: noi, la mia squadra, la Juventus, il lavoro. Quando senza Pirlo, cioé il più grande calciatore italiano degli ultimi dieci anni, la squadra di Conte lo scudetto dell'anno scorso l'avrebbe visto in cartolina e a desso a Milanello invece dell'esonero pendente ci sarebbe per Allegri una statua equestre. Cosa vogliamo dire, in maniera farragginosa e cercando di uscire dalla cronaca di una partita che hanno visto tutti? Che non è un caso che queste due squadre siano in questo momento le migliori d'Italia, nonostante le loro evidenti lacune: i campioni non hanno un solo attaccante affidabile, ma un gruppo di mezzi giocatori di talento, mentre gli sfidanti sono l'esatto contrario avendo il talento (di trentenni) tutto in avanti e dietro elementi da compitino trascinati dai resti dei vecchi. Sono però due squadre che hanno un senso e una loro coerenza interna, al di là delle risorse limitate con cui sono state costruite e che comunque non hanno impedito che gli ultimi bilanci di entrambe fossero come al solito fallimentari. Più delle chiacchiere è l'Europa a dire cosa vale il calcio italiano, cioé poco. Andreas Seppi è il tennista numero 22 del mondo, in uno sport individuale e dove ad ogni livello (anche challenger e future) ci si confronta con il mondo, un traguardo pazzesco, ma il 99% di chi ha guardato Juventus-Inter non sa nemmeno che faccia abbia. Juventus e Inter non sono di sicuro fra le prime ventidue squadre del mondo, ma il loro duello è quest'anno appassionante come al solito. La forza del calcio è proprio questa: ci basta essere primi a casa nostra, senza porci il problema del valore sportivo di quello che vediamo. Con tutto il rispetto (il giornalismo celebrativo non è storicamente nelle corde del Guerino) per l'impresa di Stramaccioni, che ha rivitalizzato e motivato una squadra che i super-iper ottimisti davano al massaimo da quarto posto, giocandosi al meglio la grande occasione della vita.

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