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Redazione

16.09.2011 ( Aggiornata il 16.09.2011 15:31 )

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Visto che da Calciopoli, come ho scritto più volte, non ne usciremo più, sono convinto che questo post provocherà altre frizioni tra i sostenitori della guerra santa. Ma proprio non riuscivo a tacere di fronte all’intervista con Roberto Mancini comparsa stamani su Tuttosport. Reduce da una colossale figuraccia contro il Napoli - costato un ventesimo o forse meno del suo City e a lunghi tratti superiore alla squadra inglese nella sfida di Manchester - l’ex tecnico dell’Inter ha ritenuto opportuno intervenire sull’affaire che spacca da anni juventini e interisti. Sentite la frase lapidaria affidata all’inviato Sandro Bocchio: «E comunque senti tuoi gli scudetti vinti sul campo». Cioè non quello interista del 2006 assegnato a tavolino, che dunque Mancini non sente più suo. Testuale: «Non sono parte in causa e mi tiro fuori». Chiaro, no? Ma cosa è successo per fargli cambiare opinione così radicalmente? Ai tempi in cui era seduto sulla panchina nerazzurra, era infatti di ben altro avviso. Cito dalla Gazzetta dello Sport del 15 luglio 2006: «Lo scudetto di quest’anno credo sia giusto darlo all’Inter. Perché in tutti gli sport, se qualcuno vince barando, il premio va a chi è arrivato subito dietro. È giusto premiare la squadra che ha fatto le cose per bene». Per carità, è lecito cambiare parere, diceva Ruselle Lowell che solo gli stupidi non lo fanno mai, ma a questo punto vorrei capire qual è il pensiero vero di Mancini, quello più profondo. Era giusto un tricolore assegnato nonostante i 15 punti di ritardo sul campo o invece, esattamente questo distacco, sconsigliava l’assegnazione del titolo a Moratti? Mancini è uomo intelligente, esperto e scafato, forse fin troppo. Capirà che le parole e le prese di posizione chiedono una coerenza e, in caso di cambiamento, una spiegazione. Non voglio credere che uno come lui l’abbia fatto solo per motivi speculativi, di opportunità. Però vorrei un unico Mancini: è quello che un anno e mezzo fa si professava ex tifoso juventino da ragazzino, nelle ore in cui era diventato un papabile di Madama, oppure è quello che a Siena - per lo scudetto 2006-07 - parlava di un successo «a prova di intercettazioni» (Gazzetta dello Sport, 23 aprile). Mancini uno o due? O two is mei che one?

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