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Alla ricerca del Sevilla perduto

Redazione

15.10.2010 ( Aggiornata il 15.10.2010 11:06 )

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Con Barça e Villarreal, gli ultimi anni di calcio spagnolo hanno visto nel Sevilla una delle squadre dall’identità più forte. Scampato dal fallimento agli inizi del decennio, ricostruendo ha costruito un miracolo: una gestione al tempo stesso virtuosa dal punto di vista economico (scoperta e valorizzazione di elementi della cantera o di talenti stranieri poco conosciuti, su tutti Dani Alves) e sempre più competitiva sul campo, con l’impronta inconfondibile di uno stile di gioco di inconsueta intensità per un calcio come quello spagnolo, dominato dalla “pausa”. L’ingranaggio si è però inceppato: l’indecorosa eliminazione dai preliminari di Champions con il Braga è il punto d’arrivo di un declino evidente nelle ultime due stagioni. Fra le prime quattro solo per il livello un po’ in ribasso della Liga, il circolo virtuoso tecnico-economico è a rischio: gli acquisti più recenti effettuati dal prima infallibile direttore sportivo Monchi si sono rivelati degli insuccessi (Konko, Romaric, Chevantón e Arouna Koné sono solo alcuni degli esempi), mentre la mancata vendita di pezzi da novanta che per motivi anagrafici potranno soltanto veder scendere la propria valutazione (questa era l’estate giusta per monetizzare da Luis Fabiano), unita ai mancati introiti della Champions, impedirà probabilmente la ricerca di obiettivi più ambiziosi nelle prossime sessioni di mercato. Sul campo il Sevilla si è trasformato in una squadra paurosamente statica e legata in tutto e per tutto alle iniziative individuali dei suoi due grandi uomini di fascia, Jesús Navas e Perotti. Non si andava da nessuna parte, e così è già saltato il tecnico Antonio Àlvarez, uomo del club che già aveva dovuto mettere una pezza la stagione passata a un altro esonero in corsa, quello di Manolo Jiménez. Ora tocca a Gregorio “Goyo” Manzano, tecnico da sempre sottovalutato, eccellente in palcoscenici minori (al punto di portare il Mallorca 2003 alla conquista della Copa del Rey, e ad un inimmaginabile quasi-quarto posto lo scorso anno) ma mai testato in una grande, se si esclude un Atlético Madrid che comunque nel 2003-2004 ancora si leccava le ferite della recente retrocessione. Laureato in psicologia, tatticamente flessibile, Manzano ha avuto un ottimo inizio, con una vittoria fortunosa in casa del Borussia Dortmund e un 3-1 invece assai convincente in Liga con l’Atlético. Ora lo Sporting, ma soprattutto il Camp Nou nel turno successivo. (a cura di Valentino Tola)

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