        Una specie di Nureyev, solo a tratti pi&ugrave; elegante e capace di danzare sulle punte ma con gli scarpini, nonostante un fisico monumentale, che sfiora il metro e novanta. &Egrave; quell&rsquo;incantesimo del gol che all&rsquo;anagrafe risponde al nome di Marcel van Basten, per tutti Marco. Come tutti gli autentici prodigi, destinato a durare troppo poco, maledettamente poco: pi&ugrave; degli interventi killer, regolarmente frustrati dalle finte con le quali cesellava i suoi dribbling in controtempo, a spezzargli la carriera, gi&agrave; divenuta comunque magnifica, furono le diagnosi sbagliate dei medici, le cure palliative per le sue caviglie, la destra in particolare, la cui cartilagine alla fine non teneva pi&ugrave; insieme quel concentrato di eleganza e precisione che erano i suoi piedi: due capolavori essi stessi, nonch&eacute; strumento d&rsquo;esecuzione per altri capolavori, straordinariamente belli e numerosi in modo sovrabbondante, forse per compensare il tempo che agli appassionati non pot&eacute; bastare. Che per uno come lui non sarebbe bastato in ogni caso.&nbsp;  Van Basten e quell'ultimo giro di campo al Meazza Gi&agrave; che ci siamo, togliamo subito il dente della nostra malinconia, che ancora duole; cominciamo dalla fine, dopo che tutto era in realt&agrave; gi&agrave; finito molti mesi prima, oltre ogni vana speranza: il 18 agosto del 1995 Marco van Basten saluta il pubblico di San Siro per la prima volta da ex calciatore. Accanto ai compagni in divisa da gioco, lui indossa un giubbetto leggero di renna, una camicia, un paio di jeans. Corricchia lungo il perimetro del rettangolo di gioco, mentre il Milan capitanato da Baresi e la Juventus sono gi&agrave; disposti, con Collina al centro, pronti per iniziare il rito che a Marco non appartiene pi&ugrave;. Saluta con gli occhi lucidi uno stadio che gli riserva la pi&ugrave; dolorosa, anzi dolente delle ovazioni, mentre Fabio Capello non riesce a trattenere le lacrime, in panchina: &egrave; stato lui, molto pi&ugrave; di Arrigo Sacchi, il tecnico che ha esaltato il fantasmagorico potenziale realizzativo di Van Basten, con il suo modulo pi&ugrave; duttile tatticamente rispetto a quello del Vate di Fusignano. Due maledizioni patisce Marco in quei minuti: dover guardare quelli che sono stati i suoi compagni fino al termine del ritiro pre - campionato, quando ha preso atto di dover smettere, mentre escono da quello spogliatoio del quale lui &egrave; ora un ospite; avere ancora la forma del calciatore, anche perch&eacute; ci ha provato fino a qualche giorno prima a restare tale.&nbsp;Il Cigno di Utrecht si congeda esibendo un involucro fisico che sembra ancora quello grazie al quale ha scritto pagine connotate dalla prosa delle vittorie e dalla poesia dell&rsquo;estetica. Corricchia, dicevamo, per dissimulare il pi&ugrave; possibile il fatto che ancora zoppica. La sua caviglia destra non &egrave; mai guarita, in quasi due anni durante i quali si sono succeduti interventi, consulti tra medici in disaccordo, illusioni di ripresa. E un costante dolore, spesso lancinante, all&rsquo;articolazione. Ci&ograve; che in quel 18 agosto, quando sta per andare in scena il trofeo &ldquo;Luigi Berlusconi&rdquo; viene ufficializzato, era gi&agrave; accaduto pi&ugrave; di due anni prima, perch&eacute; il resto era stato soltanto un andirivieni tra medici e impossibilit&agrave; di forzare sul campo, speranze dirigenziali e un fittizio prolungamento di contratto.&nbsp;  L&rsquo;ultima di Van Basten, il calcio senza il suo Leonardo L&rsquo;ultima volta che era sceso in campo con la maglia del Milan era il 26 maggio del 1993, all&rsquo;Olympiastadion di Monaco di Baviera: Finale di Coppa dei Campioni tra Marsiglia e Milan, in vista della quale era stato rimesso in campo poco tempo prima e, ironia della sorte, aveva messo a segno il suo ultimo gol in Serie A, il 9 maggio del 1993 ad Ancona, di testa su corner di Donadoni, battendo il portiere Nista, lo stesso al quale aveva segnato il suo primo gol in Italia il 13 settembre 1987. In quello stesso stadio, cinque anni prima, aveva segnato una delle sue reti pi&ugrave; memorabili: quella contro l&rsquo;URSS, con la maglia dell&rsquo;Olanda, nella finale dell&rsquo;Europeo del 1988, battendo il grande Dasaev con una conclusione al volo, da posizione incredibilmente defilata.&nbsp;Quella sera, marcato agevolmente da Basile Boli, il quale avrebbe poi segnato il gol decisivo per il Marsiglia, aveva mostrato con ogni evidenza di non essere pi&ugrave; lui. "Capello mi richiam&ograve; in panchina, in altre occasioni non lo avrebbe mai fatto. In quel momento non ho capito il motivo, non mi aveva mai sostituito fino ad allora, con lui non avevo mai perso una partita. E invece quella sera accadde. Ero completamente demoralizzato, per quel risultato, perch&eacute; in campo non ero riuscito a fare quasi nulla, perch&eacute; mi aspettava un&rsquo;altra operazione. In quel momento non potevo saperlo, ma sarebbe stata l&rsquo;ultima volta che avrei camminato su un campo da calcio in una partita ufficiale".&nbsp; Van Basten e i numeri di una carriera straordinaria &Egrave; incredibile, se pensiamo che quando lascia il campo quella sera Marco van Basten ha ventotto anni, considerare tutto quello che nel frattempo ha gi&agrave; vinto con le maglie di Ajax e Milan e il numero delle sue realizzazioni. Tre Eredivisie e tre Coppe d&rsquo;Olanda, pi&ugrave; una Coppa delle Coppe, con l&rsquo;Ajax; quattro scudetti, quattro Supercoppe italiane, tre Coppe dei Campioni, tre Supercoppe Uefa, due Coppe Intercontinentali con il Milan; un Campionato d&rsquo;Europa con l&rsquo;Olanda. 152 gol in 172 presenze con l&rsquo;Ajax; 124 gol in 201 presenze con il Milan. 24 reti in 58 presenze con la Nazionale olandese. Sul piano individuale, tra i vari riconoscimenti, gli viene assegnato per tre volte il Pallone d'Oro: 1988, 1989 e 1992.&nbsp;Per ogni volta che ci capiter&agrave; di rivedere le immagini dei suoi gol, continueremo a non capire una volta di pi&ugrave; se siano stati pi&ugrave; belli o pi&ugrave; importanti, per le vette estetiche che le sue realizzazioni toccavano nelle occasioni calcisticamente pi&ugrave; solenni. La certezza che abbiamo &egrave; che aveva ragione Adriano Galliani, nel giorno in cui il mondo del calcio dovette prendere atto del congedo di Van Basten: "Il calcio ha perso il suo Leonardo da Vinci".       

<p>Il 26 maggio 1993 il Cigno di Utrecht giocava con la maglia del Milan la sua ultima partita in carriera, ma lui ancora non lo sapeva&nbsp;</p>

1 risultato per '26 maggio 1993'

Marco van Basten, l'ultimo canto del Cigno di Utrecht