Bobby Moore, il baronetto gentile che alzò la Coppa Rimet a Londra

Bobby Moore, il baronetto gentile che alzò la Coppa Rimet a Londra

Il difensore ha passato una vita tra le fila del West Ham, diventando una vera e propria leggenda degli Hammers e del calcio inglese

Alessio Abbruzzese/Edipress

24.02.2023 ( Aggiornata il 24.02.2023 09:05 )

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Guadalajara, 7 giugno del 1970. In Messico si giocano i Mondiali di calcio, e all’Estadio Jalisco si disputa uno dei grandi classici di questo sport: da una parte ci sono gli inglesi di Alf Ramsey, campioni del mondo in carica, mentre dall’altra c’è il temibile Brasile di Pelé, che di Mondiali ne ha vinti già due. Il match alla fine lo vinceranno i verdeoro per 1-0, rivelandosi per la squadra incredibile che sono. Ma non è per il risultato che quella partita entra nella storia. Sono almeno due i momenti che in quel lontano pomeriggio di più di 50 anni fa diventano vere e proprie icone, momenti indimenticabili della cultura calcistica inglese e mondiale. Il primo è la celeberrima parata di Gordon Banks sul colpo di testa a colpo sicuro di Pelè, gesto tecnico definito da molti come “la parata del secolo”, mentre l’altro, forse leggermente meno celebre ma spettacolare in egual misura, vede protagonista il capitano Bobby Moore. Anche in questo caso, non si tratta di un’azione offensiva, tutt’altro. Siamo ancora nel primo tempo quando il terribile Jairzinho si invola sulla fascia destra, poco dopo la metà campo. Davanti a lui si para Moore, che indietreggia fronteggiandolo. Sono attimi tesissimi, l’esterno brasiliano è a dir poco letale per la sua capacità di saltare l’uomo. Moore continua ad arretrare, con gli occhi sempre fissi sulla sfera. Nell’esatto momento in cui entra in area, Jairzinho si sposta la palla sulla destra, tentando di saltare l’inglese. È in quell’istante che Moore apre la gamba destra in spaccata, prende nitidamente il pallone con il brasiliano che nello slancio finisce a terra. Per precisione e pulizia dell’intervento, ben presto quello diventerà “The Tackle”, un gesto tecnico destinato ad entrare nella cultura pop britannica. 

Bobby Moore, dalla Rimet al carcere di Bogotà

E pensare che quel Mondiale stava rischiando di non giocarlo, Bobby Moore. Qualche settimana prima, la nazionale dei Tre Leoni si trova in Colombia, dove è in ritiro. Durante una giornata libera il capitano inglese accompagna Bobby Charlton in gioielleria: la stella dello United vuole fare un regalo a sua moglie Norma, e approfitta della mattinata senza allenamenti per farlo. L’acquisto va a buon fine, ma quello che succede dopo ha dell’incredibile: i titolari della gioielleria piombano nell’hotel degli inglesi con la polizia, accusando Moore di aver rubato un bracciale. Il difensore viene arrestato, facendo quasi scoppiare un incidente diplomatico. Con il passare dei giorni, e grazie all’intervento del Primo Ministro britannico, ovviamente il caso si sgonfia, si scopre che quello dei gioiellieri è un tentativo di truffa e Moore può raggiungere i compagni in Messico. È incredibile pensare che il difensore del West Ham stesse per perdersi il Mondiale giocato da campione in carica. A quel tempo Moore era già una stella sia in patria che all’estero, proprio grazie a quella Coppa Rimet alzata al cielo di Londra quattro anni prima, poco dopo aver stretto la mano di Sua Maestà Elisabetta II. 

Una vita tra Barking e Upton Park

Calcisticamente e non solo Moore ci è nato e cresciuto a Londra, per la precisione a Barking, sobborgo del nord-est reso famoso dal baronetto molto prima della ribalta internazionale che gli ha regalato la canzone del rapper britannico Ramz. Dopo i primi calci approda al West Ham, legando indissolubilmente il suo nome a quello degli Hammers, tant’è che ancora oggi dalle parti di Upton Park è più facile imbattersi in qualche pub che porta il suo nome che in una cabina telefonica rossa. Dopo aver vestito per 15 anni il claret and blue, passa tre stagioni e mezza al Fulham, prima di chiudere la carriera negli States. Vera e propria leggenda del football d’Oltremanica e mondiale, si è spento nella sua casa londinese il 24 febbraio del 1993, sconfitto da una lunga malattia, a soli 51 anni d'età.

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