Armando Segato, il “tuttocampista” del primo scudetto della Fiorentina

Armando Segato, il “tuttocampista” del primo scudetto della Fiorentina

Dagli inizi al Torino agli anni nella culla del Rinascimento fino alla morte per SLA: una carriera di corsa box to box

Paolo Marcacci/Edipress

19.02.2023 13:05

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Una storia dai tanti colori sociali, col granata in origine e il viola predominante in seguito: l’alba a Torino, dunque, poi la Fiorentina più prestigiosa della storia a occupare il centro di una grande carriera, di una storia calcistica che ha intersecato nomi e destini, fino a pagare con largo anticipo quella specie di tributo della sorte da parte di un calcio che ancora sapeva troppo poco. 

Armando Segato, vicentino classe 1930, originariamente ala sinistra: è così che sboccia al football nelle giovanili del Torino. A cavallo tra gli anni Quaranta e i Cinquanta lo svezza al calcio un girovagare di provincia, nelle categorie inferiori: due anni a Cagliari, altrettanti a Prato, esibendo oltre alla facilità di corsa lungo la fascia di pertinenza, una qualità tecnica superiore a quella di un’ala. 

Armando Segato a scuola da Bernardini

Il 1952 è la sua seconda alba calcistica. Approda alla Fiorentina, guidata dall’ex calciatore e allenatore più evoluto, in ogni senso, del calcio italiano: Fulvio Bernardini. Il Dottore, laureato in Scienze economiche, vide in Armando Segato un prototipo di centrocampista completo e in grado di coprire varie porzioni di campo, svariate fasi di gioco. Quando lo sposta sulla linea mediana, Bernardini già vede quella che in corso d’opera sarà l’evoluzione di Segato: la naturale propensione a leggere e di conseguenza infrangere le linee della manovra avversaria, si accompagnerà in maniera sempre più tecnicamente pregiata alla qualità che il vicentino esibisce nell’accompagnare l’azione offensiva. Una mezzala dal bagaglio tecnico di prim’ordine, che possiede anche la dote e i giusti tempi per confezionare l’ultimo passaggio, tipici del trequartista. Una specie di centrocampista “totale” insomma, molti anni prima che questo aggettivo scenda dai Paesi Bassi ad avvolgere l’Europa calcistica.

 

Segato e la grande Fiorentina: i traguardi con i viola

Con la Fiorentina si laurea Campione d’Italia nel 1956, poi è protagonista di stagioni in cui la Viola frequenta stabilmente i quartieri alti del calcio italiano: quattro secondi posti di fila e tre finali perse. Quella di Coppa dei Campioni del 1957 contro il Real Madrid è, pur nella delusione della sconfitta, un traguardo memorabile nella storia del calcio italiano, in quanto rappresenta la prima occasione in cui un club del Belpaese abbia raggiunto l’ultimo atto della massima competizione calcistica officiata dall’Uefa. Le altre sono le finali di Coppa Italia del 1958 e 1960. 

Segato e la maglia azzurra, quell’Italia di Wembley

Con la Nazionale italiana, Armando Segato ha totalizzato venti presenze, che raccontano della partecipazione al Mondiale svizzero del 1954 e lo storico precedente del pareggio per 2-2 a Wembley il 6 maggio del 1959, prima occasione in cui gli azzurri riescono a uscire imbattuti dalla cattedrale del Football in terra d’Albione. 

Segato allenatore

Nella stagione 1963-64 comincia a Udine a fare l’allenatore, pur non avendo ancora appeso gli scarpini al chiodo: doppio ruolo di tecnico-calciatore, alla maniera britannica. Il vero inizio in panchina è a Venezia, nel 1965-66, dove centra una storica promozione in A. In seguito, sarà a Reggio Calabria, dove scopre e lancia Franco Causio.

La scoperta della malattia: la prima volta della SLA

Quando arriva in Calabria, ha già subito un malanno inizialmente difficile da diagnosticare, perché dopo uno scontro di gioco in una partitella, quando era ancora a Venezia, aveva iniziato ad accusare una mancata ripresa del tono muscolare una volta tolta l’ingessatura. La successione delle diagnosi, porta a un verdetto spietato e anche, a suo modo, epocale: Segato è il primo ex calciatore italiano a essersi ammalato di SLA, Sclerosi Laterale Amiotrofica, conosciuta anche come Morbo di Lou Gehrig. Convive con il male fino al 19 febbraio del ‘73, quando saluta il mondo all’età di quarantadue anni. 

 

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