Mario Frustalupi: il cervello dello scudetto della Banda Maestrelli

Mario Frustalupi: il cervello dello scudetto della Banda Maestrelli

Inizialmente scartato da Fuffo Bernardini perchè troppo gracile, prese poi in mano il centrocampo della Lazio. Tante stagioni con la Sampdoria, il tricolore con l'Inter e la storica promozione con la Pistoiese a fine carriera. Se ne andò troppo presto in un tragico incidente

Alessandro Ruta/Edipress

12.09.2022 ( Aggiornata il 12.09.2022 12:13 )

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Con quel fisico, volendo anche con quel cognome, non ci credeva nessuno. Si dice che il grande Fulvio Bernardini, addirittura, vedendoselo arrivare giovanissimo per un provino con la Lazio, gli avesse detto di lasciar perdere: "Ne riparliamo tra qualche anno". Era convinto, “Fuffo”, di non incontrarlo più, quel piccoletto, e invece si sarebbe dovuto ricredere, perché Mario Frustalupi, che oggi avrebbe compiuto 80 anni, era destinato a una grande e sottovalutatissima carriera. 

Il tragico destino di Mario Frustalupi

Parliamo al condizionale, purtroppo, perché Frustalupi non c’è più dal 1990: 14 aprile, sabato di Pasqua, mezza Italia che si sposta in macchina o in treno. Mario parte da Pistoia, dove dopo il ritiro è diventato direttore sportivo della Pistoiese, in direzione Cervinia, Valle d’Aosta. C’è la famiglia ad attenderlo, moglie e due figli: carica in auto regali per tutti, compreso un uovo di Pasqua. Piove tantissimo, guai a distrarsi, ma il destino non guarda in faccia a nessuno. Frustalupi va tranquillo sulla sua Lancia Thema bianca, non può immaginare che qualcuno, all’altezza di Ovada, in Piemonte, sta tentando una strana e pericolosissima manovra in autostrada, appena fuori da una galleria, un’inversione di marcia in un tratto in cui il guardrail si interrompe. Mario sotto il diluvio non vede quella macchina, con a bordo quattro persone compresa una bimba di 3 mesi, che sta invadendo la sua corsia e la centra in pieno. Muoiono tutti sul colpo. 

Frustalupi, il cervello dello scudetto della Banda Maestrelli

Anche se Frustalupi aveva chiuso la carriera da giocatore a Pistoia rimanendo poi a vivere nel capoluogo toscano, era stato con la Lazio (oltre che con la Sampdoria da giovane) che aveva ottenuto i primi grandi successi. Arrivato in biancoceleste nel 1972, già oltre la trentina, da un’Inter che l’aveva di fatto scaricato ritenendolo già bollito, sarà uno dei protagonisti dello scudetto di due anni dopo. Nel centrocampo laziale è il cervello, il faro, l’uomo che vede tutto un attimo prima degli altri: al suo fianco Re Cecconi, l’inesauribile. Mariolino, col suo metro e 66, giganteggia, cosa che all’Inter non gli era riuscita pur avendo vinto anche in nerazzurro un tricolore, nel 1971. Quando muore, la Lazio sta giocando in campionato contro l’Ascoli (3-0, gol di Sosa, Amarildo e Marchegiani) e la notizia piomba allo stadio Flaminio come una coltellata. Giorgio Chinaglia, il suo vecchio compagno, è distrutto: "Mario era stato uno degli artefici di quello scudetto, era una persona intelligente, qualunque commento sarebbe superfluo", prova a commentare “Long John”, sottolineando la maledizione di quella squadra che aveva già perso proprio Re Cecconi (ucciso da un gioielliere per sbaglio) e l’allenatore Tommaso Maestrelli, stroncato da un tumore. Solo tre anni in biancoceleste, poi la cessione al Cesena e il finale, appunto, alla Pistoiese, culminato con la prima storica promozione in Serie A. In mille si radunano il giorno del suo funerale, perché “Mariolino” era speciale, una persona perbene e un grande giocatore.

Nicolò Frustalupi, vice nel nome del padre

Orfano di padre a 13 anni, Nicolò Frustalupi ha deciso di intraprendere presto una carriera nel mondo del calcio. Per lungo tempo è stato lo storico assistente e viceallenatore di Walter Mazzarri, che ha seguito ovunque, dai tempi della Pistoiese (dove in teoria doveva solo occuparsi di marketing e del giornale ufficiale della squadra) fino al Livorno, alla Reggina, al Napoli, all’Inter e persino nell’avventura del tecnico toscano al Watford, in Inghilterra. Calciatore modesto, la sua prima esperienza come capoallenatore è stata, tanto per cambiare, alla Pistoiese, il “club di famiglia”. "Sono molto contento, è la piazza dove ho sempre sognato di arrivare. Penso che anche mio padre da lassù sia molto contento. Lui è il mio mito, lo porto sempre dentro di me", ha spiegato Nicolò al momento della firma. Purtroppo per lui, poca fortuna con la Pistoiese: 12 partite nell’ultima stagione, poi l’esonero. Dall'anno scorso è diventato, invece, tecnico della Primavera del Napoli.

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