Erasmo Iacovone: il Re di Taranto volato via troppo presto

Erasmo Iacovone: il Re di Taranto volato via troppo presto

Il 22 aprile del 1952 nasceva lo sfortunato attaccante rossoblù, morto giovanissimo in un terribile incidente d’auto. Gli bastarono due stagioni per diventare la più grande leggenda del club 

Jacopo Pascone/Edipress

22.04.2022 ( Aggiornata il 22.04.2022 07:50 )

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C’era una volta a Taranto un giovane attaccante che faceva sognare la città. Nel pieno degli anni ’70 le speranze del popolo rossoblù risiedevano nei piedi di un ragazzo di origini molisane. Nacque il 22 aprile del 1952 nella piccola Capracotta Erasmo Iacovone, anche se già da piccolissimo si era trasferito a Tivoli con la famiglia per via dello spostamento lavorativo del padre. Aveva un passato nelle giovanili della Roma, seguito da un inizio di carriera difficile, vissuto tra OMI Roma e Triestina, ma con Carpi e Mantova aveva cominciato a buttarla dentro.

Erasmo Iacovone, 400 milioni per un Re

Fu proprio per questo che il presidente rossoblù, Giovanni Fico, si fece persuadere dall’allenatore Seghedoni, a sua volta spinto dal secondo Tommaso De Pietri, che già conosceva l’attaccante avendoci condiviso l’esperienza a Carpi. Qui Erasmo conobbe anche colei che sarebbe poi diventata sua moglie, Paola. “Mi auguro di non aver commesso un errore che non mi perdonerei mai”, disse il presidente dopo aver concluso la trattativa. Quei 400 milioni versati nelle casse del Mantova gli sembravano eccessivi. Invece, Giovanni Fico aveva appena regalato la speranza a un intero popolo.

Con Iacovone il Taranto sognava la Serie A

Taranto ci mise poco a incoronare il suo nuovo Re: due gol nelle prime due partite, di cui uno nel derby vinto contro il Lecce (2-1). Otto centri in 27 gare nel primo campionato di Serie B, con i Delfini agevolmente salvi. Iacovone in campo era letale: fortissimo di testa, per segnare affondava di spada o di fioretto, come quando durante un sentitissimo derby del novembre ‘77 sbeffeggiò il portiere barese De Luca, decidendo la gara con un tocco delizioso. Indimenticabile per ogni tifoso tarantino. L’istinto killer da bomber veniva accompagnato fuori dal campo da un ragazzo d’oro. A detta di tutti. Uno casa e famiglia, quella che il giovane Erasmo si stava costruendo con la moglie Paola, rimasta incinta nel luglio ’77. Nella stagione 1977-78 le cose addirittura migliorarono. Taranto era in fermento. Una città innamorata del calcio, ma che dal calcio non aveva mai ricevuto nulla, si trovava in piena corsa per la promozione in Serie A. Tutti ci credevano perché c’era “Iaco-gol”. Così lo chiamavano i tifosi tarantini, inneggiando il suo nome dagli spalti del Salinella. Mentre l’Ascoli veleggiava verso una promozione scontata, coadiuvato da un altro attaccante niente male come Franco Selvaggi, Iacovone segnava a ripetizione: alla tredicesima giornata il bomber del Taranto ne aveva già messi dentro 7. I rossoblù erano lì a -5, secondi in classifica e quindi virtualmente promossi (salivano le prime tre). Nonostante un periodo di appannamento da parte della squadra e del suo numero 9, l’incredibile bagarre creatasi nella prima metà della classifica consentì agli Ionici di terminare il girone d’andata ancora in corsa. Erasmo tornò a segnare contro la Pistoiese, nell’1-1 della prima di ritorno. In campo si batteva come un leone e quando non riusciva a vincere s’intristiva, rimuginando per ore sulle occasioni mancate o sulle prodezze dei portieri avversari.

Erasmo Iacovone, quel maledetto 5 febbraio 1978

Esattamente quello che successe quel maledetto 5 febbraio 1978. Al Salinella la Cremonese aveva strappato lo 0-0 grazie all’eccezionale prestazione di Alberto Ginulfi, portiere a fine carriera dopo tanti anni passati in Serie A. Erasmo non se ne faceva una ragione, era disperato. Il portiere grigiorosso gli aveva preso di tutto e stavolta ci si erano messi anche i legni. Quella sera dopo la partita i ragazzi rossoblù organizzarono una cena al ristorante “la Masseria”; nel locale era previsto anche il cabaret e insistettero perché Erasmo prendesse parte alla serata. Il bomber era triste e inizialmente declinò l’invito. Poi sentì Paola, che nel frattempo si era recata a Carpi dai genitori per un controllo al pancione. Anche lei lo esortò a uscire per distrarsi un po’, senza stare sempre a pensare al Taranto. Erasmo salì così sulla sua Citroen Dyane 6 e raggiunse gli altri al ristorante. Finita la serata, passata la mezzanotte, si apprestava a fare ritorno a casa: uscì dal locale, percorse il breve tratto che separa la Masseria dalla statale e imboccò la strada verso Taranto. In quel preciso istante un’auto che viaggiava a fari spenti lo colpì ad altissima velocità. Al volante c’era Marcello Friuli, pregiudicato, che scappava a 200 all’ora dai carabinieri a bordo di un’Alfa 2000 GT, veicolo appena rubato. Il corpo di Erasmo venne ritrovato senza vita a diversi metri di distanza dalla Citroen. 

Una tragedia che rese leggenda Erasmo Iacovone troppo presto, molto prima del tempo in cui questo sarebbe dovuto avvenire. Non ebbe mai la possibilità di vedere la sua bambina Erasmo e i tifosi del Taranto ancora aspettano un calciatore in grado di scaldare i cuori a tal punto; di poter portare i rossoblù così in alto, anche solo vicino al sogno.

Appena due giorni dopo il tragico incidente, lo Stadio Salinella venne intitolato a Erasmo Iacovone, mentre dal 2002 è presente una statua in suo onore eretta nei pressi dello stadio.

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