Nené, il “brasiliano di Sardegna” che ha fatto la storia del Cagliari

Nené, il “brasiliano di Sardegna” che ha fatto la storia del Cagliari

Arrivò nel 1964 dopo gli anni? al Santos di Pelé e alla Juventus con Sivori. Giocò 12 stagioni, vinse uno storico scudetto e nell’isola restò per tutta la vita

Redazione Edipress

01.02.2022 06:47

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Quando Nené approda in Sardegna, ha già giocato con Pelé e Sivori. Buono di carattere, figlio d’arte, ha un padre calciatore che al pallone ha dato più di quanto abbia ricevuto e per questo si è messo a fare l’elettricista. La mamma vorrebbe che il figlio ne seguisse l’ultimo esempio, ma il richiamo del bianconero del Santos è troppo forte. È la squadra di Pelé, che a 17 anni ha già vinto un Mondiale e incantato una nazione. Segna alla prima in bianconero, contro la Juventude di Sao Paulo. In bianconero continuerà, in una squadra che alla stessa gioventù si ispira, prima ancora che la giovinezza diventasse simbolo di una diversa stagione, già dalla nascita sulla panchina di un liceo molto ben frequentato già quel primo novembre 1897. Nené, ormai sarà chiaro, dopo aver vinto diversi titoli fra campionato paulista, Coppa Libertadores e Coppa Intercontinentale, arriva alla Juventus colpita da questo brasiliano che dialoga con Pelé con una naturalezza disarmante. Il tecnico Amaral lo dispone sulla linea di Sivori in un sostanziale 4-2-4 dai risultati balbettanti. Ma quel brasiliano educato e garbato, che a Torino incontra la sua futura moglie, piace a tutti. Amaral viene esonerato, arriva Monzeglio, gentiluomo d’altri tempi, che lo dirotta al centro dell’attacco. La Juve ha bisogno di cancellare il ricordo di Charles, ma Nené è al massimo un centrocampista offensivo, un attaccante esterno, non certo un numero 9. Nemmeno 11 gol gli valgono la conferma.

Nené e la storia d'amore con il Cagliari 

Un’isola che guarda il mare è una protezione dalla nostalgia. È un abbraccio davanti al blu delle possibilità. La Sardegna nell’Italia del boom economico, delle 600 sull’Autostrada del Sole e dei frigoriferi comprati con le cambiali sembra ancora un luogo lontano. Ma non c’è posto abbastanza distante dall’orizzonte di Nené che a Cagliari mette piede nel 1964. È il Cagliari di Riva, Albertosi e Boninisegna, che già nell’Italia dei movimenti studenteschi culla il desiderio di scudetto. Un sogno realizzato la stagione successiva, in quel 1970 che per Brera ha davvero spinto la Sardegna nella geografia italiana. Cagliari e la Sardegna tutta lo adotta, come ha fatto con Gigi Riva, come poi farà con Fabrizio De André all’Agnata ripagandolo anche con un sequestro da prima pagina. Come il cantautore genovese, in questi posti davanti al mare, con questi cieli sopra il mare, Nené non si saprà raccontare ma rimane. Gioca fino al 1976, quando del suo Cagliari restano solo i ricordi. Maestro da giocatore, di calcio e fair play, è stato a lungo lo straniero con più presenze nel club, 311, superato poi da Diego Lopez. È diventato poi maestro di giovani, e ha ripercorso la stessa tratta allenando a Cagliari e alla Juventus, dopo i successi con la Primavera della Fiorentina. In bianconero è stato tecnico di Claudio Marchisio che l’ha omaggiato di un dolce ricordo nel giorno della morte: "Ho avuto la fortuna di averti come allenatore, mi hai insegnato a calciare con tutti e due i piedi". La sua è una collana anche di dolori e difficoltà, che si chiude in un ospizio di Capoterra, periferia di Cagliari. Muore qui, nel 2016. Protetto dalla nostalgia.

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