Gianpiero Combi: i trionfi con Juve e Nazionale lo resero immortale

Gianpiero Combi: i trionfi con Juve e Nazionale lo resero immortale

Campione del Mondo 1934, il numero uno azzurro è considerato, insieme a Planicka e Zamora, il miglior portiere dell’anteguerra. Nasceva a Torino il 20 novembre del 1902

Massimiliano Lucchetti/Edipress

20.11.2022 ( Aggiornata il 20.11.2022 00:16 )

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I giocatori del periodo prebellico nelle varie classifiche all-time vengono spesso trascurati: un po’ perché non si hanno molti filmati a riguardo, un po’ perché forse lo si considera un calcio troppo “primitivo”. Gianpiero Combi è uno dei pochi calciatori che emerge da questa sottovalutazione, poiché che si parli di Juventus, di Nazionale oppure degli estremi più forti di sempre, il suo nome è sempre menzionato.

La Vecchia Signora

Gianpiero nacque a Torino il 20 novembre 1902; il suo amore per il calcio era talmente forte fin da ragazzino che costrinse i genitori, che lo volevano coinvolto nella loro ditta di liquori, a spedirlo in collegio. Gianpiero non si scoraggiò, anzi, lontano dalle influenze paterne, si propose al Torino; il provino non andò per niente bene tanto che la compagine granata lo scartò; nonostante la giovane età la determinazione non mancava di certo a Combi e così tentò con l’altra squadra della città: la Juventus.

A quel tempo i ruoli in campo non erano “fissi” come nel calcio odierno, così poteva capitare di vedere Combi passare dalla porta all’ala oppure agire come centro-mediano. Nel campionato 1921-22 venne aggregato come terzo portiere, ma molto presto divenne il secondo; finalmente il 30 ottobre esordì contro lo Spezia nella partita terminata sul risultato di 2-2. Nel giro di qualche anno divenne non solo il numero 1 della Juve, ma anche quello della Nazionale; con i bianconeri visse il magico quinquennio d’oro, quello che portò in dote altrettanti scudetti tra il 1930 e il '35. In quegli anni il terzetto difensivo formato da Combi-Rosetta-Calligaris era riconosciuto a livello internazionale come il più forte al mondo. Vari giornali dell’epoca definirono il Nostro, molto bravo tra i pali e un po’ meno nelle uscite; quando Gianpiero morì, Guido Masetti, suo amico e rivale dichiarò: ”Anche io avessi avuto davanti Rosetta e Calligaris non sarei mai uscito dalla porta”.

Il nostro protagonista venne soprannominato “Fusetta", in piemontese “petardo”, per la straordinaria esplosività fisica e per l'incredibile coraggio. Proprio questa qualità lo costrinse spesso a infortuni: nella stagione 1925-26 nel match decisivo per l’assegnazione del titolo contro l’Alba Roma (22 agosto 1926) ebbe un brutto infortunio al braccio destro, ma con coraggio decise di restare in campo, riuscendo perfino a mantenere la porta inviolata; il giorno seguente sulla Gazzetta dello Sport Combi venne descritto come: ”Il magnifico portiere torinese che dolorante, volle rimanere al suo posto servendosi solo del braccio sinistro”.

Nel 1930-31 un altro grave incidente lo tenne fermo ai box per quasi l’intera annata. Il giovane Felice Borel, astro nascente dell’attacco bianconero, disse alla stampa: ”Io giocavo all’attacco e a Gianpiero voltavo quasi sempre le spalle, ma sapevo che era lì, lo sentivo distintamente dietro di me ed eravamo sicuri che le puntate degli avversari nella nostra area di rigore si sarebbero arrestate sotto la nostra porta, perché lui era tra i pali”. L’avventura bianconera da giocatore si concluse nel 1934 con e 5 scudetti in bacheca. 

Gianpiero Combi, il primo portiere campione del mondo con l'Italia

La storia con la squadra azzurra non partì sotto buoni auspici: il 6 aprile 1924 a Budapest l’Italia subì una delle umiliazioni più pesanti della sua storia: Ungheria-Italia 7-1 e Combi era il “povero” numero uno della disfatta. Fortunatamente uno con il suo carattere non si fece di certo buttare giù da una sconfitta, seppur così bruciante, e in effetti nel 1928 arrivò subito un bronzo alle Olimpiadi di Amsterdam. La Nazionale fu battuta solamente dal team più forte in quel momento, l’Uruguay, che si aggiudicò l’oro olimpico e due anni dopo avrebbe conquistato il primo Campionato del Mondo. Nel 1930 l’Italia decise di non partecipare alla Coppa Rimet e così per Gianpiero sembravano svanire le possibilità di vincere quel trofeo. Poco prima del Mondiale 1934, infatti, decise di chiudere con il calcio agonistico. Il titolare designato per quella manifestazione era Carlo Ceresoli, allora estremo dell’Ambrosiana – Inter, ma durante la preparazione su un tiro di Pietro Arcari si ruppe il braccio; gli altri due portieri erano Giuseppe Cavanna e Guido Masetti, ma il CT Vittorio Pozzo non esitò a richiamare il suo fido Fusetta, che ovviamente non poté che accettare con grande entusiasmo la proposta che gli avrebbe consentito di confrontarsi con il gotha del ruolo: Frantisek Planicka e Ricardo Zamora.

Combi non solo partecipò, ma fu il capitano della selezione italiana: l’immagine iconica e unica nella storia della Coppa del Mondo di Planicka e Combi che si stringono la mano prima del calcio d’inizio della finale rimane un’istantanea indimenticabile per il ruolo. La finale fu molto tesa e nonostante il Nostro sapesse che quella sarebbe stata la sua ultima partita da giocatore, non si fece condizionare, anzi si erse a protagonista con grandi parate, emulando il suo leggendario avversario. L’Italia vinse per due reti a uno, grazie ai gol di Orsi e Schiavio laureandosi per la prima volta campione del mondo. Gianpiero Combi alla sua ultima partita da professionista, da capitano, alzò al cielo il trofeo alimentando ancor di più la sua leggenda.

Il commosso ricordo del CT

Una volta conclusa la sua carriera, rimase nell’orbita della società bianconera, nel 1946-47 allenò nel precampionato prima di lasciare il posto a Renato Cesarini. Purtroppo, pochi anni dopo, il 13 luglio 1956, in villeggiatura sulla Riviera ligure, venne colto da un infarto. Morì il 12 agosto e durante il funerale Vittorio Pozzo gli riservò un commosso ricordo: ”È tutta una serie di pagine della vita nostra, vissute e scritte assieme, che Gianpiero porta con sé. Tutte le cause a cui fu chiamato le ha servite con fedeltà e onore”.

La Juve nel 1956 intitolò il campo d’allenamento della prima squadra a Gianpiero. Nel 2011, con l’inaugurazione dello Juventus Stadium, gli è stata dedicata una delle cinquanta stelle all’interno di esso.

Nella rivista "Il Campione" del 19 novembre 1956 il giornalista Bruno Roghi lo definì così: “…ai tempi del suo massimo splendore atletico ricordo d’averlo paragonato all’orso bruno: bonario, tranquillo, ma quando stringe strozza…”. Nella stessa rivista sei esperti tra cui Gianni Brera e Silvio Piola stilarono una classifica dei numeri uno più forti fino a quel momento e Gianpiero finì al terzo posto dietro ai “soliti due”.

Gianpiero non è stato soltanto uno dei portieri più forti nella storia, ma anche un precursore del ruolo, con il suo look: maglioni di sobria fantasia, cinture ai pantaloncini e ginocchiere; in più fu uno dei primi a studiare i tiratori avversari dagli 11 metri e nella sua carriera, in effetti, ne ipnotizzò diversi.

Oggi molto probabilmente non approverebbe del tutto l’evoluzione che ha avuto il suo amato ruolo, ma da signore quale era non credo avrebbe fatto parole a riguardo; forse però da lassù parlando con Planicka e Zamora potrebbe avere la tentazione di intervenire per insegnare al meglio il ruolo più bello del mondo.

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