Italia-Macedonia: Zaccardo, Palermo e un gol Mondiale: "Emozione unica"

Italia-Macedonia: Zaccardo, Palermo e un gol Mondiale: "Emozione unica"

Intervista esclusiva all'ex difensore rosanero. Fu proprio lui contro la Slovenia al Barbera a dare la matematica qualificazione ai Mondiali 2006 grazie al suo primo e unico sigillo in maglia azzurra 

Marco Ercole/Edipress

24.03.2022 ( Aggiornata il 24.03.2022 11:56 )

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Come in una favola. Davanti al proprio pubblico, nel suo stadio, pochi minuti dopo essere entrato in campo. Il ricordo del primo (e unico) gol in Nazionale di Cristian Zaccardo ha tutti i connotati di una di quelle storie dal lieto fine scontato, ma che applicate al mondo del calcio sono l’esatto contrario della banalità. Il suo “c’era una volta” da raccontare ai nipoti l’ha scritto personalmente l’8 ottobre del 2005, quando era un 23enne giocatore del Palermo e proprio al Renzo Barbera si giocava la partita dell’Italia contro la Slovenia: in palio l’accesso matematico ai Mondiali del 2006. Dopo un’ora di gioco, con il risultato fisso sullo 0-0, il ct Marcello Lippi lo ha chiamato per dare il cambio a Gilardino (d’altronde anche un pareggio sarebbe stato sufficiente per staccare il pass per la Germania). E poco più di un quarto d’ora dopo, al 78’, su un cross dalla sinistra del compagno di squadra in rosanero Fabio Grosso, Zaccardo è arrivato più lesto di tutti all’appuntamento con il destino e con un tuffo di testa ha spedito il pallone alle spalle di Mavric, regalando all’Italia la certezza della presenza ai Campionati del Mondo: "Sono ricordi fantastici. Ero ancora giovane, ma già giocavo in una squadra importante come lo era il Palermo dell’epoca e facevo parte del gruppo della Nazionale. Riuscii a segnare davanti al mio pubblico un gol pesante, che diede la matematica qualificazione al Mondiale. Ricordo ancora la soddisfazione il giorno dopo nel leggere sui quotidiani 'Zaccardo porta l’Italia ai Mondiali'. Sono delle emozioni che faranno parte di me per sempre".

Pensando a quel Mondiale, quali sono i ricordi più belli?

"Ce ne sono tanti. Personalmente non posso non menzionare l’esordio con il Ghana, dove ho giocato titolare. La partita più bella ed emozionante invece è stata la semifinale con la Germania, mentre quella memorabile ovviamente è la finale con la Francia: una partita molto stressante, perché tra vincere o non vincere cambia la vita. Se arrivi primo rimani nella storia, se arrivi secondo non si ricorda nessuno di te. Fortunatamente quella era la nostra serata".

Quanto è stato pesante invece l’autogol contro gli Stati Uniti?

"Mi fece male, anche perché ero partito bene, con il Ghana avevo fatto una grande partita, Lippi mi ripropose nella seconda gara del girone e quindi sulla carta ero diventato titolare. Purtroppo, la prima palla sbagliata al Mondiale ho fatto autogol. Quando capita un episodio del genere toglie un po’ di serenità, di fiducia. È stato un episodio sfortunato, ma la cosa che conta è che quella coppa è tornata in Italia con noi al termine di quel torneo".

Quando avete capito di poter davvero vincere il Mondiale?

"Dopo la partita con la Germania, senza dubbio. Giocare a Dortmund, in uno stadio caldo, in casa loro, arrivando ai supplementari e poi vincendo 2-0 in quel modo… Una libidine per tutta Italia. Lì ho pensato che fosse il nostro anno. La partita in cui invece ho avuto più paura di tornare a casa è stata paradossalmente quella con l’Australia. Avevo sensazioni negative e non credevo riuscissimo a sbloccarla".

Lei, Barzagli, Grosso e Barone, più Toni passato alla Fiorentina l’estate precedente. Si aspettava che il blocco Palermo potesse essere così numeroso in Germania?

"Ci speravamo. Facevamo parte di quel gruppo, c’erano tutti i presupposti affinché potessimo essere in quella spedizione. Dipendeva da noi, dalle prestazioni con la maglia rosanero. Eravamo consapevoli che se avessimo continuato a giocare bene e a fare quello che sapevamo fare, ci sarebbe stata la possibilità concreta di farci convocare. Per fortuna così è stato e a livello personale non potrò che essere per sempre grato a Marcello Lippi".

Cosa ha significato per lei vestire la maglia azzurra?

"Giocare in Nazionale è il sogno di tutti i calciatori, sentire l’inno prima delle partite è il massimo e farlo al Mondiale è un qualcosa di irripetibile. Più di quello non c’è niente. Rappresenti 60 milioni di persone in quel momento, sai che c’è una bella responsabilità. Sono pressioni pesanti, ma che fai scivolare in secondo piano di fronte all’onore di vestire la maglia azzurra, dando sempre il massimo. Poi se riesci anche a vincere, allora hai fatto il massimo. Perché da calciatore puoi conquistare scudetti, Champions o trofei personali, ma più dei Campionati del Mondo non c’è niente».

Adesso l’Italia torna a Palermo per giocarsi l’accesso ai Mondiali. Che valore aggiunto può dare il pubblico del Barbera?

«È una tifoseria calorosa, che ti fa sentire la passione e ti dà adrenalina. Sicuramente aiuterà i nostri giocatori ad avere più energia da mettere in campo. In certe situazioni sentire la loro vicinanza ti fa dare qualcosa in più, anche inconsciamente magari. Ti senti responsabile per loro. Mi fa piacere che l’Italia giochi a Palermo e ci sarò anche io in tribuna a tifare per gli azzurri".

Che si aspetta da queste due partite?

"Sembra scontato, ma bisogna ragionare una sfida alla volta. Prima di tutto è importante vincere con la Macedonia del Nord, e non è affatto scontato. Poi, molto probabilmente, potrebbe essere il Portogallo l’altra finalista, penso che abbia qualcosa in più rispetto alla Turchia. Si tratta di due gare secche in cui non ci sono favoriti. Passa chi sta meglio, chi ha l’episodio fortunato ed è in serata".

Darebbe qualche consiglio particolare ai giocatori di Mancini?

"Di mantenere sempre alta la concentrazione. Si tratta di due finali. Ma nell’Italia ci sono giocatori che hanno vinto l’Europeo qualche mese fa e sanno perfettamente l’importanza di certe sfide. Sanno che in palio c’è una posta altissima ed è un genere di gare che hanno già giocato quasi tutti, quindi ne conoscono i pericoli. L’importante è non dare niente per scontato e lasciare tutto su ogni pallone, consapevoli che da quello potrebbe dipendere l’andare o il non andare al Mondiale. O va tutto bene o va tutto male, purtroppo non ci sono vie di mezzo. Speriamo nella prima".

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