Napoli-Milan, Nando De Napoli: "Il mio calcio con i fenomeni"

Napoli-Milan, Nando De Napoli: "Il mio calcio con i fenomeni"

Doppio ex della sfida, nell'intervista il centrocampista ricorda gli anni in cui prima vinse con gli azzurri e poi, in disparte, con i rossoneri

Marco Ercole/Edipress

06.03.2022 ( Aggiornata il 06.03.2022 18:22 )

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Bandiera del Napoli, comprimario nel Milan. Seppur con due ruoli dal peso specifico differente, Nando De Napoli ha vissuto entrambe le realtà, vincendo ovunque. Due scudetti, una Coppa Italia, una Supercoppa italiana e una Coppa Uefa in Campania, altri due campionati, due Supercoppe Italiane, una Champions League e una Supercoppa europea in rossonero. L’ex centrocampista, oggi coordinatore tecnico del settore giovanile dell’Avellino, è il punto in comune tra quelle due squadre fenomenali, in un periodo in cui il calcio italiano dominava in Europa. Ecco perché questa partita per lui rappresenta qualcosa di molto speciale: "Il primo ricordo che mi viene in mente di quelle sfide è quando con il Napoli vincemmo in casa contro il Milan di Sacchi. Una squadra fortissima e difficile da battere. Il secondo invece è la sconfitta che subimmo al San Paolo, quando i rossoneri vinsero lo Scudetto. Fecero una gara straordinaria e anche Maradona al termine dell’incontro andò nel loro spogliatoio per complimentarsi".

Che sapore avevano quelle sfide?

"Senza voler togliere niente a nessuno oggi, ma all’epoca c’erano dei calciatori veramente forti, capaci di risolvere le partite da soli. E non lo dico per il fatto che io giocassi con loro, ma perché erano di un altro livello sia in campo durante le partite che nel corso degli allenamenti. Sono stato fortunato a giocare a quei tempi, con gente come Gullit, Van Basten, Maradona, Careca, Rijkaard, Maldini o Baresi tanto per dirne alcuni".

C’è un momento specifico in cui quel Napoli si rese conto di poter lottare per lo Scudetto?

"Eravamo un grande gruppo, andavamo tutti d’accordo e quello è fondamentale. Senza questa componente non otterrai mai dei risultati. Ci rendemmo conto di poter vincere quando i dirigenti allestirono una squadra competitiva e forte in tutti i reparti. Lì abbiamo capito che Ferlaino volesse davvero ottenere qualche successo".

Anche perché dalla vostra parte c’era un certo Maradona…

"Diego ha avuto un ruolo centrale. Personalmente con lui ho avuto un ottimo rapporto, ma penso che la stessa cosa la possa dire chiunque abbia avuto l’onore di conoscerlo. Una persona per bene, che ti diceva in faccia quello che pensava. E un giocatore che ci ha fatto vincere, perché senza di lui sarebbe stato complicato farlo. Con tutto il rispetto per chi faceva parte di quella squadra, Maradona rappresentava da solo il 50% della forza di quel gruppo".

Come riusciva a caricarvi fuori dal campo?

"Lo faceva continuamente con il suo carisma, a partire dal cinque che ti dava nel sottopassaggio prima dell’ingresso sul terreno di gioco. Ma pure con il suo desiderio di vincere che trasmetteva sempre. Anche quando aveva mal di schiena, si sottoponeva a punture importanti pur di giocare. In quel momento capivi che ci teneva alla squadra, perché non si tirava mai indietro, nonostante potesse essere al 60 o al 70%. Quello mi caricava moltissimo".

Da Maradona al Milan, come ha vissuto quel trasferimento?

"Ho avuto la sfortuna di arrivare lì infortunato. Non è una scusa, ma Capello mi aveva voluto per farmi giocare. A quei livelli se non stavi al 100% e non eri Maradona non giocavi. Mi spiace non aver potuto dare quello che avrei voluto, ma nonostante questo devo veramente ringraziare la società e i miei compagni di squadra di allora. Mi hanno accolto benissimo, sono stato bene. Ho partecipato poco, però mi sono sentito uno di loro. Li ringrazierò per sempre".

E lì ha potuto giocare con Van Basten. Che effetto le fece passare da Diego a lui?

"Van Basten era un giocatore completo, che tutti volevano in squadra. Davvero fenomenale. In allenamento voleva vincere tutte le partitine, non si accontentava mai. Oggi, nel settore giovanile dell’Avellino, ogni tanto faccio questi esempi ai ragazzi. Spiego loro che i giocatori forti non dimostrano di esserlo solo in partita, ma anche in allenamento. Lui faceva paura solo a pensarci quando dovevi sfidarlo. Era fortissimo".

Passando a oggi, invece, chi è più forte tra Napoli e Milan? 

"In questo momento penso un po’ più il Napoli, dove si vede in modo evidente la mano di Spalletti. Ma va sottolineato che Pioli al Milan sta facendo un lavoro davvero straordinario. È un allenatore giovane, che ha preso una squadra con molti problemi e ora la sta facendo rendere al massimo delle proprie potenzialità".

Il Napoli può davvero puntare allo Scudetto?

"Dico solo che se non vince quest’anno farà fatica a vincerlo in futuro. Deve provarci, perché la squadra è da Scudetto. A Roma contro la Lazio si è visto un Napoli che vuole fare bene".

Trova qualche analogia tra questo Napoli e il suo?

"Così come era accaduto nel mio Napoli, anche in questo vedo un gruppo compatto, con pochi scontenti. Pure chi è in panchina esulta, l’allenatore può prendere qualsiasi decisione e loro non si arrabbiano. Questo è importante. E lo è pure che il capitano Lorenzo Insigne, sapendo che andrà via al termine di questa stagione, voglia lasciare il segno. Mi auguro che sia la volta buona".

A proposito, come giudica la scelta di Insigne di trasferirsi a Toronto?

"Una decisione un po’ inaspettata. Ma anche nel passato si pensava ai soldi, è normale. Nel calcio ne girano tanti, vuoi o non vuoi ci pensi. Ce ne sono pochi come Totti o Maldini, che hanno indossato la stessa maglia per tutta la vita. E ce ne saranno sempre di meno".

Per concludere, se la sente di fare un pronostico?

"Sarà una bella partita, però non è bello partire con i favori del pronostico in certe sfide. Quindi meglio che il Napoli non parta favorito (ride, ndr), perché altrimenti può capitare qualcosa di strano. Direi 1-X".

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