Rampulla: “Quel gol all’Atalanta, una forte emozione che mi resta dentro”

Rampulla: “Quel gol all’Atalanta, una forte emozione che mi resta dentro”

A 30 anni dalla storica rete segnata di testa con la maglia della Cremonese, l’ex portiere rivive i suoi ricordi e ripercorre la sua lunga esperienza alla Juventus

Jacopo Pascone/Edipress

23.02.2022 ( Aggiornata il 23.02.2022 11:32 )

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Michelangelo Rampulla, una vita in mezzo ai pali, un portiere che è stato protagonista per tutti gli anni ’80 e ’90, appendendo gli scarpini al chiodo nel 2002, all’età di 39 anni. Partito in Serie B nel 1980 con la maglia del Varese, ha poi difeso i pali della Cremonese (dal 1985 al 1992), prima di trasferirsi alla sua amata Juventus, maglia con la quale ha vinto tutto quello che si poteva vincere, vestendo il ruolo atipico di secondo portiere, viste le tante presenze accumulate. Michelangelo Rampulla, però, non è ricordato solo per i trofei vinti in bianconero, ma anche per un primato storico: è stato il primo portiere a segnare un gol su azione in Serie A. Era il 23 febbraio 1992, quando durante la sfida giocata contro l’Atalanta al Comunale di Bergamo, Michelangelo salì alla disperata nell’area avversaria sugli sviluppi di un calcio di punizione battuto al 90esimo. Pennellata di Chiorri e incornata vincente di Rampulla per l’1-1 finale. Una rete rimasta nella memoria di milioni di appassionati, segnata con un colpo di testa da vero attaccante…

Michelangelo ma è vero che volevi fare l’attaccante?

“Da ragazzini difficilmente si decide di stare in porta. Volevo fare l’attaccante, un po’ come tutti. Il portiere è un ruolo “passivo”, un ruolo d’attesa, quindi tutti i bambini iniziano a giocare all’attacco. Io facevo la punta, e mi piaceva molto. Poi fu mio padre a indirizzarmi verso il ruolo del portiere”.

E perché?

“Era un appassionato del ruolo e voleva che suo figlio giocasse in porta. Mio padre è cresciuto con Sentimenti IV come idolo, portiere della Juventus dell’epoca: fu grazie a lui che diventai portiere”.

Immagino la felicità quando seppe che la Juve ti aveva acquistato…

“Assolutamente. Era un grande tifoso juventino, passione che poi ha trasmesso a me. Quando sono arrivato alla Juve, forse, era addirittura più contento di me”.

Tu che ricordi hai di quel gol segnato all’Atalanta?

“Nonostante siano passati 30 anni, i ricordi sono ancora vivi. È stata un’emozione forte, quelle sono cose che rimangono”.

Scherzi ancora con il tuo collega Ferron, il portiere a cui segnasti il gol?

“Con Ferron ci sentiamo ancora oggi, ogni tanto ci vediamo, perché insieme a Marco Roccati e altri colleghi ha una scuola calcio per portieri. Ogni volta che ci vediamo viene quasi naturale ricordare quell’episodio. Più passa il tempo e più è bello ricordarlo. Ferron ha subito un gol che è stato rimarcato in maniera notevole da tutti gli organi di stampa. All’epoca, in quanto portiere che aveva subito un gol da un collega, poteva sembrare che venisse preso in giro, ma non era così. Ricordo che dopo il gol andai da lui e gli dissi che era meglio aver preso gol da un amico/collega, rispetto che da chiunque altro”.

Quel giorno ti applaudirono anche i tifosi avversari... 

“Lo stadio applaudì perché aveva assistito a una cosa mai successa prima, un inedito. Mi applaudirono quando tornai in porta, sotto la curva ospite della Cremonese. Quel giorno i nostri tifosi in trasferta erano pochissimi, ci pensò il resto del Comunale”.

Anche Massimo Taibi anni dopo segnò un gol di testa: ti è mai capitato di incontrarlo? 

“Con Taibi ci siamo incontrati in una trasmissione televisiva un paio d’anni fa, abbiamo scherzato sul fatto che i due portieri che hanno segnato in Serie A (escluso Brignoli ndi) siano entrambi siciliani”.

Ma Rampulla non è solo il gol alla Cremonese e le vittorie alla Juve, è anche un ragazzo che a 18 anni è salito alla ribalta con la maglia del Varese…

“In quegli anni era difficile trovare un portiere così giovane che giocasse tra i professionisti. Una volta si diceva che un portiere per giocare a quei livelli doveva avere almeno 25/26anni. Fascetti ha avuto il coraggio di lanciarmi titolare in una squadra che doveva salvarsi, e alla fine ebbe ragione. Per questo lo ringrazierò sempre”.

Debuttasti in Serie B contro il Milan, che ricordi hai?

“Basti pensare che due anni prima il Milan aveva vinto lo scudetto: giocare contro certi campioni che ero abituato a vedere solo sull’album delle figurine Panini, come Baresi, Collovati, Piotti, De Vecchi, Buriani… per me è stata un’emozione grandissima”.

Poi nell’estate 1992 il passaggio alla Juventus… ti cercò anche qualche altra squadra? 

“Dovevo andare alla Lazio insieme ai miei compagni della Cremonese Marcolin, Bonomi e Favalli. Il ds Regalia mi voleva, ma durante il calciomercato andò via e non se ne fece più nulla. Poi si aprì la porta di Torino e andò bene così”.

A Torino andavi a fare il secondo a Peruzzi, mentre avresti potuto giocare titolare da qualsiasi altra parte. Ripeteresti la scelta fatta?

“Assolutamente sì, anche perché arrivai a 30 anni dopo aver giocato già dodici stagioni tra A e B e dopo aver fatto parte per due cicli dell’Under 21 di Azeglio Vicini. Avevo fatto tutte le mie esperienze e sicuramente era l’ultima occasione per giocare in una grande squadra. Inoltre il fatto che poi abbia giocato quasi 100 partite tra campionato e coppe mi riempie d’orgoglio. Dalle altre parti avrei potuto giocare di più, ma le 10 presenze l’anno con la Juventus per me valevano più di un campionato da titolare con qualsiasi altra maglia. Al termine della prima stagione ebbi anche delle richieste, ma preferii rimanere alla Juventus”.

Quattro campionati, una Coppa Italia, due Supercoppe, una Coppa Uefa, una Champions League, una Supercoppa Uefa, una Coppa Intercontinentale e una Coppa Intertoto. A  quale di questi trofei vinti con la Juve  sei più legato?

“Mi verrebbe da dire tutti, mi fa piacere ricordare anche l’Intertoto. Ma forse quello che sento più mio è lo scudetto 1994-95, il primo dell’era Lippi, quando a causa dell’infortunio di Peruzzi giocai da titolare le ultime 7/8 partite. Nella gara che ha determinato la vittoria dello scudetto contro il Parma ero in campo: vincere da titolare uno scudetto con tanto di invasione di campo da parte dei tifosi è stata l’apoteosi. Il sogno da bambino che si concretizza con te in campo. Ricordo anche con piacere le due semifinali della Coppa Uefa 1992-93 poi vinta. Giocai titolare entrambe le gare: da tifoso juventino arrivare a quei livelli europei vestendo da protagonista i colori che tifi fin da bambino è qualcosa di impagabile”.

Hai avuto tanti allenatori, tra cui Marcello Lippi, con il quale hai collaborato anche in Cina facendo parte del suo staff. Sicuramente un rapporto speciale. 

“Ho avuto Lippi per sei anni come calciatore e poi ci ho collaborato per altri sei anni: è stata un’esperienza unica, un onore e un grande privilegio. Da persone come Lippi s’impara giornalmente: oltre alla Nazionale, ha portato anche la Juve sul tetto del mondo”.

Dieci anni di Juve da secondo. Che rapporto hai avuto con Peruzzi, Van der Sar e Buffon?

“Ho avuto un buon rapporto con tutti, in particolare con Peruzzi, con cui ci frequentiamo ancora. Angelo è rimasto uno degli amici più cari, come Maspero, Giandebiaggi e Montorfano alla Cremonese, o come Ravanelli, Torricelli e Di Livio alla Juve. Con Peruzzi ci frequentavamo anche durante l’estate, oltre a essere compagni di camera durante tutto l’anno. Con lui c’è un rapporto di vera amicizia. Con Van der Sar, nonostante due splendidi anni passati insieme, non ci siamo più sentiti. Anche con Buffon eravamo compagni di stanza, l’anno passato con lui è stato importante dal punto di vista tecnico e da quello umano, perché Gigi è un ragazzo eccezionale. Ebbi poi la fortuna di allenarlo in due occasioni: in Serie B nella stagione 2006-07 e per sei mesi nel 2009-2010. L’anno della Serie B è stato veramente bello, lo ha riconosciuto anche lui stesso: restando con la Juve anche in B si è legato indissolubilmente ai colori bianconeri. Nonostante tutto è stato un anno di festa, ovunque andavamo c’era il pienone perché arrivava la Juventus”. 

Hai giocato con una miriade di campioni. Chi era il più forte? 

“Per fortuna non ce n’è solo uno. Mi viene subito in mente Alviero Chiorri, tecnicamente fortissimo che purtroppo non ha avuto la fortuna che avrebbe meritato. Alla Juventus ti dico sul piano tecnico Baggio, Zidane e Del Piero, mentre dal punto di vista mentale dico gente come Nedved, Vialli e Ravanelli, calciatori dall’infinita volontà. Ma ce ne sono tantissimi, non posso non citare anche Peruzzi o gente come Deschamps che è stato uno dei più grandi centrocampisti del nostro campionato. Giocare con tanti campioni è stata la mia grande fortuna”.

Tra gli avversari chi ti faceva più “paura”?

“Tutti gli attaccanti (ride ndi). Anche lì ho avuto la fortuna di giocare contro Maradona, Van Basten, Gullit, Klinsmann, Matthaus… campioni che facevano paura”. 

La parata più bella?

“La prossima (ride ndi)! Questa è una battuta di Vialli, che diceva sempre: quando mi chiederanno qual è il gol più bello che ho fatto dirò il prossimo. A parte gli scherzi, ce ne sono tantissime belle, forse la più importante quella nella semifinale di ritorno della Coppa Uefa 1992-93 su Weah contro il Psg. Ma ce ne sono tante altre, che magari a distanza di anni neanche ricordo. Per me il solo fatto di scendere in campo era già una bella parata!”.

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