Pietrangeli, 90 anni senza compromessi del tennista dei record

Pietrangeli, 90 anni senza compromessi del tennista dei record

Nato a Tunisi l’11 settembre del 1933, Nicola Pietrangeli è stato primo tennista italiano a vincere uno Slam (ha due Roland Garros in bacheca) e capitano del team campione di Coppa Davis nel 1976

Samuele Diodato/Edipress

11.09.2023 12:31

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Nell’era moderna dell’iper-professionismo, ci si ritrova spesso a pensare alla vita di un atleta come esclusivamente dedita al proprio sport. Ma la verità è che lo sport si inserisce nelle pieghe di un’esistenza che non è riconducibile alla sola carriera. È così oggi, e lo era ancor di più nel secolo scorso. Tutto questo, senza dimenticare l’epica che alle vicende conferiva l’alone di mistero intorno a personaggi e persone ancora in epoca pre-televisiva e pre-social. A questa prassi non è certo sfuggito neanche la prima vera star del tennis italiano, Nicola Pietrangeli. Che però, a differenza di tanti altri, un’esistenza straordinaria l’ha vissuta per davvero. Sia da ragazzino – prima ancora di diventare il “sommo Nik”, come lo aveva ribattezzato Gianni Clerici – sia da icona che rivendica orgogliosamente di essersi di nuovo messo in gioco affinché altri potessero assaporare momenti di gloria su un campo da tennis. Un’esistenza quasi all’insegna del dionisiaco, che non per questo significa abbandonarsi agli eccessi. D’altronde, se oggi di Pietrangeli possiamo festeggiare il 90° compleanno, è anche grazie ad un certo istinto di conservazione, senza mai snaturarsi, di uno dei più grandi sportivi italiani di sempre.

 

Pietrangeli, dall’infanzia a Tunisi alla doppietta al Roland Garros

 

Nato e cresciuto a Tunisi, Pietrangeli vive momenti molto difficili. Negli anni della guerra, ad esempio, sopravvive dapprima ad una bomba, e poi miracolosamente ad un campo minato. Successivamente, suo padre Giulio viene internato, mentre lui cresce con la sola mamma. È grazie al padre, tuttavia, che scopre il tennis, lo sport che gli cambia la vita dopo il rientro in Italia, dal 1946. Descrivere la sua carriera tennistica attraverso i numeri è un’operazione quanto mai complessa. Un riferimento chiave, però, è il 1954, annata del primo titolo ai campionati italiani, in doppio con Giorgio Fachini, dell’esordio in Coppa Davis e delle prime partite con lo storico compagno Orlando Sirola. Il primo dei 48 titoli attribuitigli dagli archivi, invece, è quello di Wiesbaden, l’anno successivo. Proprio nel 1956, in doppio, Pietrangeli-Sirola sfiorano l’impresa a Wimbledon, arrendendosi solo agli australiani Lew Hoad e Ken Rosewall in finale. Nel 1957, invece, arriva il primo dei due titoli al Foro Italico, e nel biennio 1959-60 la consacrazione definitiva. Pietrangeli è in quel momento uno dei migliori incontristi, dotato di uno dei migliori rovesci e di una “mano fatata”, con un’eleganza tennistica universalmente riconosciuta. E la storia più dolce si compie al Roland Garros del 1959: in singolare, Pietrangeli supera prima Neale Fraser e poi il sudafricano Ian Vermaak, vincendo il suo primo Slam; nel frattempo, in doppio trionfa con Sirola, battendo proprio Fraser e Roy Emerson. Una doppietta Slam ancora ineguagliata nella storia del tennis nostrano. L’anno dopo anche il bis a Parigi, nella finale contro Luis Ayala, ed una storica semifinale a Wimbledon, persa con più di qualche rimpianto (sempre al set decisivo) contro Rod Laver. Nel 1961, è ancora lui il favorito, ma nel giorno della finale deve obbligatoriamente tornare prima a Roma, per conoscere il primo dei tre figli, appena nato. Tornato in Francia, il terzo titolo gli sfugge di poco, con Manolo Santana capace di rimontare da 2-1 nel computo dei set. A fine anno, però, si consola con la classifica di Tennis World, che lo vede al terzo posto. È questo l’apice della sua lunghissima carriera, che gli riserva però diverse gioie anche negli anni a venire. Nel 1964 cede ancora a Santana nell’ultima finale al Roland Garros, mentre nel 1967 completa per la prima volta la tripletta agli assoluti, vincendo in singolare, in doppio con Sergio Tacchini e nel misto con Lea Pericoli.

 

Pietrangeli e la battaglia per il 1976: la sua storia in Coppa Davis

 

Da qui, prende avvio il ricambio generazionale in Italia, che si concretizza, come fosse un passaggio di consegne, nell’indelebile finale del 1970 degli assoluti italiani, vinti col punteggio di 6-1, 3-6, 3-6, 10-8, 6-4 dal giovane Adriano Panatta. Il rapporto tra i due, in ogni caso, è ottimo, tanto che il nuovo capitano di Coppa Davis, Giordano Maioli, schiera i due insieme in doppio a partire dal 1972. La maglia azzurra significa tutto per Pietrangeli, che con Sirola e compagni aveva raggiunto la finalissima del 1960 e del 1961, perse entrambe contro la corazzata australiana. La nuova occasione per “Nik” giunge quando diventa capitano non giocatore al posto di Fausto Gardini. Inizia così un vero e proprio idillio sportivo, fatto però di continui alti e bassi dal punto di vista professionale. Gli equilibri sono sottili, ma il team messo insieme da Pietrangeli, formato da Panatta, Paolo Bertolucci, Corrado Barazzutti e Tonino Zugarelli, si rivela straordinario Tra le loro vittorie, infatti, non manca la firma del capitano, che già nei quarti, sceglie a sorpresa Zugarelli per i due singolari fondamentale contro la Gran Bretagna, sull’erba di Wimbledon. E prima della finale contro il Cile, si batte in prima persona con la politica italiana ed il governo di sinistra, che non vuole che la nazionale vada a giocare in un paese controllato dal dittatore (di destra) Augusto Pinochet. Quando Pietrangeli torna sulla vicenda, in effetti, lo fa con orgoglio, spiegando anche le frizioni di oggi con la sua squadra. «La Davis l’hanno vinta loro; ma non mi riconoscono che sono potuti andare in Cile solo grazie a me», dice. Al successo di quell’anno, segue la finale persa per 3-1 contro l’Australia, e poi la rottura definitiva del 1978, in cui Pietrangeli rimprovera ai “suoi” ragazzi di averlo tradito, spingendo affinché fosse sostituito alla guida della squadra. La sua forte personalità gli impone ancora oggi di non fare passi indietro, neanche su quanto accaduto in passato. Un passato tanto glorioso quanto travagliato, che rende forse ancor più eccezionale la sua figura, in tutte le sue sfaccettature, mentre ancora l’Italia del tennis aspetta chi, dopo Panatta, possa emularne le gesta.

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