Oliver Bierhoff, il colpo di testa migliore di sempre

Oliver Bierhoff, il colpo di testa migliore di sempre

Il centravanti tedesco ha vestito in Italia le maglie di Ascoli, Udinese, Milan e Chievo Verona, vincendo la classifica marcatori del 1997-98

Alessio Abbruzzese/Edipress

01.05.2023 ( Aggiornata il 01.05.2023 08:48 )

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Il lungo cammino di Oliver Bierhoff all’interno della storia del calcio inizia nel sud della Germania, dove il celebre cannoniere nasce il primo maggio del 1968. Figlio di un dirigente che nel tempo libero si diletta a indossare i guanti e a giocare come portiere, grazie a lui si avvicina ben presto al calcio. Quando mette piede per le primissime volte su un rettangolo verde lo fa con l’Essener Turnerbund Schwarz-Weiß, e probabilmente non immagina quanto e come lascerà il segno nella storia del football. Attaccante quasi unico, è stato un centravanti quantomeno anacronistico, grezzo e spigoloso, in un calcio che negli anni ’90 stava pian piano trasformandosi nella grande macchina dello spettacolo che è oggi, con punte funamboliche, veloci e dribblomani. Di serpentine e dribbling Bierhoff non ne ha mai voluto sentir parlare, con la palla tra i piedi sembra un gigante d’argilla, quasi un pesce fuor d’acqua. Non il massimo se fai il calciatore, direte voi. Eppure il ragazzone di Karlsruhe ha calcato i campi degli stadi più prestigiosi d’Europa e del mondo senza mai sfigurare. La sua migliore caratteristica, quella che gli ha fatto sempre sopperire le sue mancanze tecniche? Il colpo di testa. Unico per precisione, esecuzione e costanza nell’andare in rete in questa maniera. Bierhoff è stato un glitch nel sistema calcio moderno, una falla sgraziata in quel Matrix di attaccanti rapidi e tecnici, un goleador teutonico, sobrio ed essenziale nell’aspetto come in area di rigore. In estrema sintesi, il colpitore di testa più forte di sempre.

I primi anni tra Germania e Austria

A sbocciare e a diventare il grande calciatore che tutti conosciamo ci mette un po’, nei suoi primi anni in Bundesliga tra Bayer Uerdingen, Amburgo e Moenchengladbach non esplode e decide quindi di trasferirsi in Austria, al Salisburgo. Qui rimane nella stagione 1990-91 e segna 23 reti in 32 presenze. L’esperienza nella città di Mozart sarà, a detta dello stesso calciatore, una delle parentesi più felici di tutta la sua carriera e gli varrà la chiamata della Serie A.

 Gli anni in Italia con Ascoli, Udinese e Milan

Ad aggiudicarsi le sue prestazioni è l’Inter, che lo gira subito in prestito all’Ascoli. Con i marchigiani il primo anno non è dei migliori e il Picchio retrocede. Bierhoff decide di rimanere ed è proprio nella serie cadetta che vive il suo grande riscatto vinvendo anche il titolo di capocannoniere nella stagione 92-93. Le sue tre stagioni con i piceni gli valgono la chiamata dell’Udinese, dove si consacrerà come uno dei centravanti migliori della sua generazione. Nel frattempo arriva la chiamata della nazionale maggiore, con cui vince l’Europeo da protagonista. Nella finale contro la Repubblica Ceca entra con i suoi in svantaggio, segna la rete del pareggio e poi il primo Golden Goal della storia, consegnando il trofeo ai suoi. Ad Udine Bierhoff ha raggiunto la sua piena maturità, segna con una continuità incredibile, e nel 1998 si laurea capocannoniere della massima serie e si merita la chiamata di una grande squadra. Il Milan infatti, dopo due stagioni pessime, decide di affidarsi proprio al tecnico dell’Udinese Zaccheroni, che non può non portarsi via il suo pupillo. In coppia con Weah segna 19 reti e vince lo scudetto nella sua prima stagione in rossonero, entrando di diritto nel cuore dei tifosi milanisti. Nel 2001 si trasferisce al Monaco, dove rimane solamente una stagione prima di tornare in Italia, al Chievo Verona, dove al termine della stagione 2003-04 decide di appendere gli scarpini al chiodo. Divenuto dirigente, oggi è il direttore sportivo della nazionale tedesca.

 

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