Roberto Ayala, il “piranha” argentino di Napoli, Milan e Valencia

Roberto Ayala, il “piranha” argentino di Napoli, Milan e Valencia

Difensore tra i più forti della sua generazione, in Italia lasciò il segno sotto il Vesuvio ma non a Milano. Poi in Spagna visse gli anni della maturità calcistica

Alessio Abbruzzese/Edipress

14.04.2023 ( Aggiornata il 14.04.2023 10:09 )

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Veloce, preciso nei tackle, forte nel colpo di testa nonostante un’altezza non particolarmente irresistibile. Roberto Ayala è stato un difensore completo, affidabile e soprattutto scomodissimo, motivo per cui venne anche soprannominato "El piranha". Lo ricorda bene anche Christian Vieri, che in un’intervista rilasciata anni dopo aver appeso gli scarpini al chiodo dirà: “Lui era tremendo, era uno che ti spaccava in due. Sembrava che avesse i chiodi in testa, quante testate che ho preso”. Oltre alle indiscutibili capacità tecnico-tattiche, la sua forte personalità lo colloca a buon diritto nel gotha dei difensori della sua generazione.

Gli inizi tra Ferro Carril e River Plate

Nato a Paraná il 14 aprile del 1973, a differenza di molti ragazzi delle sue parti che cercano fortuna a Santa Fè, il giovane Roberto si trasferisce a Buenos Aires, precisamente tra le fila del Ferro Carril, piccola squadra del barrio di Caballito. Le sue qualità non ci mettono molto ad attirare le attenzioni di un grande club e nell’estate del 1994 è il River Plate ad assicurarsi le sue prestazioni. Con los Millonarios disputa solamente quella stagione, in cui è uno dei protagonisti del cammino trionfale che li porterà ad aggiudicarsi il campionato di Apertura, prima che inizino a suonare le sirene europee per il giovane difensore. Soprattutto in Italia si scatena una vera e propria asta che vede, tra le altre, Roma e Inter fortemente interessate al ragazzo, anche se a spuntarla alla fine sarà il Parma di Tanzi. 

Roberto Ayala, dal Napoli al Milan

Con i gialloblù a dire il vero non giocherà mai: per una particolare congiunzione astrale Ayala si ritroverà nella piazza italiana in assoluto più legata all’Argentina e agli argentini, Napoli. In quei giorni il club partenopeo si trova in grosse difficoltà economiche, e deve rinunciare ad un giovane Cannavaro, uno dei suoi pezzi più preziosi, che si ritrova proprio a Parma. In Emilia il posto per l’extracomunitario è già preso, agli azzurri serve un difensore centrale ed è così che il gioco è fatto. Quella che doveva essere inizialmente una semplice parentesi, diventa di fatto una grande avventura: a Napoli Ayala non farà rimpiangere Cannavaro, formerà un’ottima coppia difensiva con Andrè Cruz ed entrerà nel cuore dei tifosi partenopei, arrivando nell’ultima delle tre stagioni passate all’ombra del Vesuvio, anche ad indossare la fascia da capitano. Nel 1998 le strade del difensore argentino e del Napoli si dividono, quando il Milan di Zaccheroni è alla ricerca di un centrale da affiancare a Maldini e Costacurta e la scelta ricade proprio sul calciatore di Paraná. Purtroppo l’avventura rossonera non avrà la stessa fortuna di quella partenopea. Ayala non riesce mai a replicare le ottime prestazioni che lo avevano fatto entrare nel cuore dei tifosi napoletani, anche se paradossalmente è proprio a Milano che alza l’unico suo trofeo italiano: lo scudetto della stagione 1998-99. 

Le esperienza in Spagna e la nazionale

Nel 2000, dopo due stagioni deludenti, approda nel Valencia di Hector Cuper, dove passa probabilmente gli anni migliori della sua carriera, riuscendo a replicare quanto di buono fatto durante il periodo passato all’ombra del Vesuvio. Nelle sette stagioni al Mestalla vince due campionati, una Coppa Uefa e una Supercoppa Europea, sfiorando anche la vittoria della coppa dalle grandi orecchie, persa in finale  contro il Bayern Monaco. Nel 2007 si trasferisce al Real Saragozza e nel 2010, dopo una brevissima parentesi nel Racing Club de Avellaneda, appende gli scarpini al chiodo. Oggi fa parte dello staff del ct argentino Scaloni, riuscendo a vincere ciò che aveva mancato da calciatore. Sebbene in patria sia una vera e propria leggenda, la sua lunga avventura con la maglia della Seleccion è stata tutto meno che fortunata: ha partecipato a tre Mondiali e a diverse edizioni della Copa America, senza riuscire mai a vincerle, e risultando a volte decisivo nella sconfitta.

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