Alf-Inge Haaland: la lite con Roy Keane e la carriera di un padre d’arte

Alf-Inge Haaland: la lite con Roy Keane e la carriera di un padre d’arte

Il papà del fenomeno norvegese del Manchester City vestì la maglia dei Citizens prima del figlio. È ricordato soprattutto per l’episodio avvenuto durante un derby del 2001

Emanuele Iorio/Edipress

23.11.2022 ( Aggiornata il 23.11.2022 14:10 )

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Inghilterra, Premier League, 21 aprile 2001: si gioca il derby di Manchester, United contro City, un match che al giorno d’oggi è uno scontro tra due potenze, economiche e tecniche, del calcio europeo, anche se negli ultimi tempi i Red Devils si sono pesantemente ridimensionati, a differenza dei Citizens che, guidati in panchina da Pep Guardiola (e dai soldi degli sceicchi emiratini in tribuna) sono diventati la squadra dominante della Premier League.

Haaland senior e la questione con Roy Keane

Nel 2001 però le cose erano totalmente differenti: se lo United di Ferguson era già da tempo considerata la squadra più forte della nazione, il City era invece in uno dei periodi peggiori della sua storia: pochi anni prima si trovava addirittura in Second Division (la terza serie del calcio inglese) mentre in quella stagione stava lottando per non retrocedere. La partita regalò poche emozioni, venne giocata dai Red Devils a marce basse – essendo già matematicamente campioni nazionali – e terminò col punteggio di 1 a 1.

Tuttavia entrò nell’immaginario collettivo-calcistico per un episodio avvenuto negli ultimi minuti di gioco, ovvero un violento fallo di Roy Keane (capitano dello United) ai danni di Alf-Inge Haaland, centrocampista norvegese del City, che costò all’irlandese il rosso diretto. Un anno più tardi – tramite l’autobiografia dello stesso Keane – si venne a sapere che quell’intervento (un brutto calcio al ginocchio destro del collega) era premeditato, essendo una “vendetta personale” nei confronti del norvegese per un episodio accaduto 4 anni prima, quando giocava per il Leeds. In quella partita il capitano dello United si ruppe il crociato, ma Haaland, pensando che stesse fingendo l’infortunio per procurarsi un rigore, lo insultò più volte, intimandogli di rialzarsi. Dopo aver rivelato la sua “vendetta”, Keane venne squalificato dalla Federazione per 5 giornate, oltre a dover pagare una pesante multa, finendo nell’occhio del ciclone mediatico con l’accusa di avere distrutto la carriera di Haaland. Dopo quel brutto intervento si ritirò dal calcio a soli 30 anni, giocando appena quattro partite nei successivi due anni. In realtà lo stesso Haaland smentì pubblicamente questa ricostruzione, ammettendo che non fu il fallaccio di Roy a costringerlo a smettere, ma un altro brutto infortunio al ginocchio sinistro (non quello colpito dall’irlandese quindi) che si trascinava già da diverso tempo. Ad ogni modo il norvegese non ha mai perdonato il collega per ciò che fece al tempo, accusando Keane di soffrire di problemi mentali, e di essere un codardo.

Alf-Inge Haaland, un “padre d’arte”

Questa vicenda di “cronaca calcistica” era, sino a poco tempo fa, l’unico motivo per cui il nome di Alf-Inge Haaland, un giocatore dalla carriera appena discreta e senza acuti particolari, fosse conosciuto dall’intero mondo calcistico globalizzato... sino all’arrivo sulla scena internazionale del figlio, Erling, destinato a diventare, con ogni probabilità, il più grande calciatore del suo Paese, ed uno dei più grandi centravanti di questo sport. Questo ha già reso Alf un cosiddetto “padre d’arte”.

Come giocava il papà di Erling Haaland

Ma che tipo di giocatore era Haaland senior? Fondamentalmente, un mediano, che all’occorrenza poteva giocare anche terzino destro, più bravo in fase di copertura che in quella di spinta, non molto dotato tecnicamente, ma in grado di sopperire alla pochezza qualitativa con un grande spirito di sacrificio per la causa. Metteva in campo grinta da vendere e forte personalità (anche perché per avere il coraggio di insultare uno come Roy Keane bisogna essere parecchio sicuri di sé). Una sorta di Gary Neville scandinavo, ma più “sfortunato” del collega inglese, causa diversi problemi fisici che gli hanno impedito di affermarsi ulteriormente.

La sua carriera inizia in patria, con la maglia del Bryne (la stessa con cui inizierà anche il figlio), per poi, dopo quattro anni, approdare in First Division (la seconda serie inglese), per vestire la maglia del Nottingham Forest, nel dicembre 1993. Nei primi due anni e mezzo Alf gioca con poca continuità, causa ovvi problemi di adattamento ad una nuova e importante realtà calcistica, ma nella terza stagione diventa finalmente titolare, e con 6 gol realizzati addirittura il miglior marcatore stagionale della squadra, che però, dopo essere risalita in Premier due anni prima, retrocede nuovamente.

Haaland decide di trasferirsi al Leeds United, campione d’Inghilterra 6 anni prima (nel 1991-92), ma in netto declino in quel momento: guidati da un nuovo allenatore, lo scozzese George Graham, e da una nuova coppia d’attacco, formata dall’olandese Jimmy Floyd Hasselbaink e dall’australiano Martin Kewell, si classificheranno in due stagioni rispettivamente al quinto (1997-98) e al quarto posto (1998-99) della Premier, qualificandosi in Coppa Uefa.

Dopo l’addio di Graham, il suo sostituto, l’irlandese David O’Leary, farà ancora meglio, portando il club al terzo posto in Premier e alle semifinali di Coppa Uefa, anche se Alf, a causa di un brutto infortunio, giocherà poche partite in quell’annata, consolandosi però, a livello personale, con la nascita di Erling, avvenuta nel luglio del 2000 proprio a Leeds. Solo un mese più tardi Alf deciderà di trasferirsi nell’attuale squadra del figlio, il Manchester City, con cui però disputerà solo una singola stagione per intero, la 2000-01, quella segnata dall’infausto calcio di Roy Keane al suo ginocchio, per poi ritirarsi due anni dopo, nel 2003, senza essere quasi mai sceso in campo.

A livello internazionale, Haaland senior fece parte della cosiddetta “generazione d’oro” del calcio norvegese, che si qualificò per due Mondiali consecutivi, nel 1994 e nel 1998 (Alf disputerà solo il primo), formata da giocatori di livello come Rune Bratseth, Ole Gunnar Solskjaer, Tore Andrè Flo, Stig Inge Bjornebye, Henning Berg e Ronny Johnsen.

Dopo anni di oblio, una nuova gold generation, guidata proprio dal figlio Erling, sembra essere finalmente tornata, e potrebbe presto regalare tante gioie al calcio del Paese scandinavo.

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